Premio Racconti nella Rete 2016 “Quel giorno d’estate” di Michele Emidi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016La poggiarono con cura nella zona interrata come fosse un neonato. I raggi splendenti cadevano ed accendevano i visi, io stavo col capo chino e le mani incrociate, in silenzio, fermo come un telamone ma convinto che quell’episodio sarebbe stato decisivo per tutta la mia vita futura. Il sole effuso e le nuvole dorate erano alti, non tirava un alito di vento, i miei occhi stanchi erano quasi corrosi dalla luce ed ero costretto ad abbassarli per farli riposare. Appena finito ci salutammo tutti, mani sulle mani, guance sulle guance, con gesti puramente formali, sperando ognuno in cuor proprio di non rivedersi almeno per un pò.
Il sudore scivolava dalle tempie dei parenti eleganti e scrollava nell’aria prima di atterrare sul suolo arroventato mentre i ventagli delle truccatissime zie si spostavano in dietro e in avanti con ritmo cadenzato.
Guizzai allora come un levriero verso l’uscita, intorno era tutto incustodito, i fiori spogli e abbandonati, i giardini incolti e trascurati, i muri di una casetta separata dal resto erano ripuliti; aleggiava un silenzio quasi assoluto, non udivo altro che il mormorio debole dell’acqua che scorreva in una fontana, il fruscio delle foglie degli alberi e su di essi un cinguettio intermittente. Non vidi nessuno di mia conoscenza, mi imbattei solo in un povero cane scarno che si abbrustoliva al sole e cercava penosamente un’ ombra sulla quale giacere. Una folata calda si mescolò ai profumi dei fiori, sui tetti delle case luccicanti al sole le ventole dei condizionatori giravano vertiginosamente e il cielo ardente era privo di fantasia.
Poco importava, ero ormai talmente immerso nei miei pensieri, sul mio futuro che sarebbe cambiato rapidamente come i colori e le luci di una spiaggia impressionista e dovevo ancora prendere la decisione definitiva su come e dove trasferirmi ad abitare. Era una decisione meritevole di tutta la mia saggezza e qualche dubbio frivolo ancora mi pungeva ma avrei sicuramente lasciato decidere alla provvidenza.
E così proseguii senza ritorno verso l’uscita, tutto proteso al futuro, mordendo con le suole consunte delle scarpe il piccolo viale soleggiato, con gli occhi fissi a terra, impenetrabili e stampati nel viso vagamente arrossato, la bocca leggermente indurita, l’aria accorata di finta indifferenza e l’espressione consapevole di chi ha preso un’ eterna decisione; purtroppo la mia sensibilità si era dolorosamente acutizzata come se fossi armonizzato a tutte le amarezze del mondo; e mentre il cielo era vestito torrido e i miei ricordi di appannaggi proseguii sempre più vicino all’uscita ed alla mia nuova vita, col vento caldo piacevole che giocava con i miei capelli, le lacrime che scivolavano come sul marmo sulle guance imporporate e malinconico come un sepolcro imbiancato; all’improvviso pensai a quando dovetti affrontare la prima volta una delusione o una situazione difficile, dopo che il sogno mi era sembrato così vicino come una stella ad un desiderio, avvolto in quel mistero però che solo le chimere sanno consolare ed essere irraggiungibili, mi ci ero quasi del tutto avvicinato ma si era frantumato in un attimo come un bicchiere tintinnante.
Perché il sogno è ingannevole, è come il sole nel cuore del tramonto, si ferma un istante e noi cerchiamo di afferrarlo ma un attimo dopo è scomparso; e mentre il sole radioso e polveroso si abbassava sempre di più ed il vento tiepido incalzava con morbidezza le nuvole aperte simili a strisce di lana mi lasciai il grande cancello aperto alle spalle che si stagliava sotto un cielo rossastro, mi voltai per un’ultima volta, mi portai l’indice alle labbra per un leggero bacio e me ne andai, senza far rumore.
Mancavano solo quattro giorni all’incontro ufficiale con il notaio per l’espletamento della pratica burocratica per l’eredità, e poi sarebbe stato finalmente tutto mio….”Nonna…..Grazie nonna…….”
“e mi seppelliranno tra le rose
ma si litigheranno le mie cose” CIT
Finalmente un po’ di sano egoismo, la stragrande maggioranza dei racconti, anche se belli, ostenta perbenismo e buoni sentimenti.
Non qui.
Quell’atmosfera triste si sgretola nelle battute finali, e trasforma tutto il racconto.
Piaciuto!
Se ti va dai un’occhiata ai miei racconti, mi farebbe piacere.
Non dare mai niente per scontato! Il colpo di scena finale mi dice questo,perché il sogno è ingannevole. è come il sole nel cuore del tramonto, si ferma un istante e noi cerchiamo di afferrarlo ma un attimo dopo è scomparso.
BRAVO!
Grazie Daniele
Grazie Barbara