Premio Racconti nella Rete 2016 “Il nonno” di Laura Gori (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Il nonno era morto da pochi giorni. Lo aveva visto nella bara di legno chiaro, imbottita di raso beige. La mamma glielo aveva mostrato. Era morto, morto. Se avesse preso un martello e glielo avesse tirato in testa non si sarebbe risvegliato. La mamma gli aveva detto che il nonno era diventato un angelo ed era volato in cielo. Adesso aveva un nuovo angelo custode. D’ora in poi se faceva qualche birbonata, il nonno gli avrebbe suggerito la strada giusta in un orecchio. Se si fosse trovato in pericolo il nonno sarebbe andato da Gesù bambino e ci avrebbe messo una buona parolina. Il giorno del funerale però dei tati avevano scavato una buca profonda, profonda e poi ci avevano calato la bara del nonno. Poi avevano preso mattoni e calce e lo avevano chiuso nella tomba. Chiuso, chiuso. E poi con le pale avevano tirato la terra sopra fino a coprire la buca. Da lì il nonno non poteva più uscire.
“Mamma ma il nonno vero è sottoterra, quello falso è in cielo?” aveva detto proprio così alla mamma, al risveglio, la mattina dopo il funerale.
“No, Riccardo, il corpo di nonno, quello che sempre vedevi è nella sua nuova casina che è la tomba; l’anima, il nonno vero, è in cielo! ” così gli aveva risposto la mamma.
“E in cielo il nonno che fa? Vola?”
“Si, vola insieme agli altri angeli. In cielo, nonno non è solo, è in buona compagnia, ha ritrovato tutti i suoi vecchi amici, la sua mamma e il suo papà, la sua sorella, la zia Adele, quella che hai conosciuto da piccolo anche te, nonno ci sta bene in cielo, non ti devi preoccupare per lui”
“Ma quando ci metterà il corpo di nonno a diventare tutti ossicini?” continuava a chiedere alla mamma.
“Tanto, tanto, tempo”
“Ma dopo li possiamo portare a casa gli ossicini di nonno?”
“No, Riccardo, gli ossicini di nonno non si portano a casa, restano lì nella nuova casina”
“Ma se nonno si portava all’ospedale sarebbe guarito?”
“No, Riccardo, nonno era molto vecchio e tanto malato. Ci sono malattie che si possono curare ed altre di cui non c’è cura. Nessun dottore poteva curare il nonno”
“Ma anch’io morirò un giorno?”
“Quando sarai vecchio, vecchio, vecchio, con i capelli bianchi, bianchi, bianchi e la barba lunga, lunga lunga.”
“E tu, mamma, sarai già morta quel giorno?”
“Sicuramente, ma per il momento non ho alcuna intenzione di morire. Adesso hai finito con le domande? Possiamo alzarsi dal letto e andare all’asilo? Siamo già in ritardo”
“Ma a me, manca nonno, come si fa mamma? Puoi trovare una soluzione?” disse sconsolato alla mamma.
“Quando ti manca nonno, pensa alle cose belle che hai fatto con lui, quando giocavi con la lego con lui, o ti portava al parco giochi, o quando ti raccontava della guerra, quando lui era piccolo, vedrai che ti sentirai meglio, poi se gli vuoi mandare un messaggio, una sera di queste, si lancia una lanterna con legato un biglietto per nonno, volerà dritta, dritta in cielo e nonno lo leggerà”
Riccardo, di tanto in tanto, pensava a tutte le parole che gli aveva detto la mamma ma non capiva in pieno il loro significato. Poi non gli piaceva l’idea che nonno fosse sotto terra. Non aveva freddo? Non sarebbe morto di fame e di sete la sotto? Chi gli avrebbe dato da mangiare? Riccardo voleva riportarsi il vero nonno a casa, ma non sapeva come fare. Quei tati, il giorno del funerale, avevano scavato una buca profonda, profonda, e poi ci avevano messo i mattoni, come avrebbe fatto lui a sfare tutto quello? Lui aveva solo la pala blu del mare, quella con cui d’estate fa i castelli di sabbia, il martello doveva prenderlo nella cassetta degli attrezzi di papà in soffitta. Doveva pensare ad un piano. Il suo cervellino doveva riflettere.
La chiesa e il cimitero erano vicino alla sua scuola. La strada la conosceva bene perché con papà ci andava tante volte a giocare a pallone sul sagrato della chiesa. Una sera mentre mamma era intenta a cambiare suo fratellino sul fasciatoio lui sarebbe andato in soffitta ed avrebbe preso qualche attrezzo utile di papà e l’avrebbe nascosto nello zaino della scuola, il mattino seguente mentre sarebbe stato all’asilo, con la scusa di andare in bagno sarebbe uscito in giardino e da qui avrebbe preso la strada per il cimitero ed avrebbe raggiunto il nonno. Qualche giorno dopo mise in atto il piano. Non avrebbe fatto morire di fame il nonno. Chiese alle maestre se poteva andare in bagno ed in un atto di distrazione della bidella, uscì nel giardinetto della scuola materna, e da un buco della rete, che aveva notato una settimana prima col suo amico Matteo, si trovò in strada con in spalla il suo zainetto. Raggiunse il cimitero, il cancello di metallo era aperto. La tomba del nonno era in fondo vicino al muro di cinta. C’erano ancora i fiori che erano sulla bara il giorno del funerale. Tirò fuori dallo zainetto la sua pala blu del mare e il martello che aveva preso nella cassetta degli attrezzi di papà. Si mise a scavare, dove avevano fatto la buca i tati il giorno del funerale. La terra era ancora morbida, sembrava sabbia bagnata. Certo non era come fare i castelli di sabbia, poi al mare c’era suo papà che lo aiutava. C’avrebbe messo tanto, tanto tempo ma ci sarebbe riuscito. Mentre stava scavando si avvicinò un uomo dai capelli bianchi e col viso scavato dalle rughe e nascosto dalla barba, anch’essa bianca.
“Ehi, bambino che fai?”
“Mio nonno è morto, e dei tati lo hanno seppellito qui, qualche giorno fa. Voglio farlo uscire, perché voglio che torni a casa con me” gli rispose Riccardo.
“Ma tuo nonno non è più li, bambino”
“E tu come lo sai?”
“L’ho visto uscire l’altra notte”
“Cosa?”
“Si, da quella fessura lì e col dito indicò una fessura all’angolo della tomba del nonno che fino ad allora non aveva scorto”
“Ma era il mio nonno vero?
“Certo, c’ho fatto pure due chiacchiere, seduti su quel sasso là e poi ha detto che doveva andare, ci siamo salutati e se n’è andato”
“E ti ha detto dove andava? Tornava da me e da nonna?”
“Mi ha detto che doveva andare da Gesù bambino, perché doveva fare in modo d’ora in poi, di proteggere il suo nipotino”
“Ma tu chi sei?”
“Io sono il custode delle anime di questo cimitero”
“E questo lavoro lo fai da tanto tempo?”
“Da moltissimi anni, conosco quasi tutti gli abitanti di questo cimitero, ho parlato con ognuno di loro. Quando arrivano qui, sono tutti un po’ spaesati, confusi, io ci parlo e gli mostro la strada da prendere”
“E il mio nonno ti ha detto altro quando c’hai parlato? Aveva fame, perché era qualche giorno che non mangiava?”
“Tuo nonno è tra le migliori anime che abbia incontrato qui dentro, era sereno e sapeva già quale strada doveva percorrere. Non gli ho dovuto spiegare nulla. Bambino, stai tranquillo, tuo nonno sta bene. Tu piuttosto, non dovresti essere a scuola adesso? Qualcuno in questo momento si preoccuperà per te?”
“Ero a scuola ma sono scappato perché volevo liberare il mio nonno. Ma ora che ho parlato con te, sono felice. Torno a scuola prima che la bidella si accorga che non sono più in bagno. Ciao custode delle anime, poi nei prossimi giorni torno con la mia mamma e te la presento”
“Ciao bambino, abbi cura di te”
Riccardo aprì il cancello e percorse il viale del cimitero a ritroso, si sentiva sollevato, chissà se le sue maestre si erano accorte della sua assenza.
In fondo al viale vide due carabinieri con sua madre che appena lo vide iniziò a corrergli incontro.
Sua madre non gli dette neppure il tempo di aprire bocca che già lo abbracciava forte.
“Mamma che ci fai qui con i carabinieri?”
“Mi hanno chiamato le maestre che non ti trovavano più a scuola ed hanno dato subito l’allarme, mi hai fatto morire di paura. Pensavo ti fosse successo qualcosa, te l’ho detto che esistono i ladri di bambini, avevo paura che tu avessi incontrato uno di loro”
“No, mamma, ho incontrato il guardiano delle anime e mi ha detto che hai ragione tu, non mi hai raccontato una bugia, il nonno vero è in cielo. Lui l’ha incontrato l’altra notte. Hanno parlato a lungo con lui.”
Riccardo prese per mano la mamma
“Mamma, ora però, si può andare a casa che sono stanco?”
Una fiaba moderna, un amore antico come il mondo: il nonno per un nipote. Mi piace pensare che ci sia qualcosa di realmente accaduto… bella!
Grazie Aurora, sono contenta che ti sia piaciuto il racconto. Grazie per le tue belle parole!
Tanto candore, ma anche tanta determinazione in Riccardo. E una grande tenerezza a permeare questo bel racconto, quella tenerezza che dovremmo riscoprire anche noi adulti, imparandola dai bambini. Grazie per la tua favola.
Grazie Bruno, del tuo commento. Sono contenta che col racconto
sia riuscita a far emergere la determinazione del piccolo protagonista…
Che in noi grandi genera tanta infinita tenerezza…
Come fare a spiegare ai bambini il ‘senso’ della morte? Nulla di più difficile e triste. A te, il merito di aver suggerito una formula apposta per loro.
Ti invito a leggere il mio racconto.
Grazie Barbara del tuo commento, mi fa piacere che ti sia piaciuto. Ho letto il tuo racconto in rima: molto particolare ed unico. Una vera filastrocca per bambini! Complimenti veramente!
Grazie a te Laura e…W I BAMBINI !!