Premio Racconti per Corti 2016 “Quando ti sistemi?” di Claudia Dalmastri
Categoria: Premio Racconti per Corti 2016Un elegante bar del centro, i tavolini all’aperto. Rosy, splendida cinquantenne mechata, è seduta da sola e si controlla il trucco. Accavalla le gambe, si guarda intorno, nota lo sguardo del giovane cameriere e si sistema la gonna troppo corta. Arriva la sua amica Ale, coetanea, bella e meno appariscente, tailleur di classe e top scollato.
-Ale tesorooo, sei una bellezza! Punturine?
Ale si siede di fronte a Rosy.
-Chi, io? Ma figurati, mi fa senso pure pungermi con uno spillo, tu piuttosto vacci piano o ti ritrovi che assomigli a un trans!
-Vipera!
-Scema, il format è quello, sembrate uscite tutte da una stampante 3D! E ormai gli uomini si attaccano solo alle donne finte, tettone, labbroni, e col coso in più tanto meglio, servizio completo!
-Be’, il coso non dispiace neanche a me però…
Una signora anziana seduta accanto storce il naso, dice qualcosa al marito imbambolato, poi si alza e lo trascina via. Ale lancia uno sguardo di rimprovero all’amica, poi scoppia a ridere mentre la coppia si allontana.
-Non ne dubito. Comunque, un’altra punturina e ti sgonfi come un preservativo usato.
-Bella immagine …
-Dammi retta, Rosy!
-Vabbè dottoressa, hai sempre ragione tu. Il solito?
Rosy fa segno al cameriere che arriva subito.
-Un cappuccino con molta schiuma per la signorina e un succo di ananas senza zucchero per me. Ma insomma com’è così bellina?
Ale fa una smorfia perplessa.
-Signorina io… in effetti. Be’, sarà che… Ecco, finalmente Giorgio se n’è andato.
-Gesù, e così me lo dici?
-Come te lo devo dire? Da due mesi ci aveva la valigia pronta!
-Gliel’avevi fatta tu…
-E certo, sennò aspetta e spera! Due mesi parcheggiato in salotto, dormiva sul divano, e la mattina non ti dico il casino che lasciava!
-Però così Ale, ci hai rinunciato.
-A che?
-A lui! Ormai sta fuori e c’è rischio che ci resti sul serio …
-Ma fuori deve restare, sul serio e per sempre.
Il cameriere ritorna e poggia cappuccino e succo sul tavolino, e due pasticcini.
-Omaggio della casa.
-Grazie. Ora però vai, eh. Ma Ale, vi amavate tanto…
-Sì, dieci anni fa, e ora no. Dai, non ci parlavamo più, al massimo un post-it sul frigo per le bollette e il pane. Gli faceva comodo un tetto e una che puliva e cucinava. Ma lo stacco gli faceva paura. Sarebbe rimasto sul divano a vita, ogni tanto ci scappava pure una scopatina, e intanto fuori si scopava quella scimunita.
-Be’ non è il primo.
-Per me è l’ultimo. Troppe se n’è ripassate con la storia della coppia aperta! Ci faceva tanto l’alternativo, il matrimonio roba da borghesi, ogni giorno è una scelta e tutte ‘ste boiate. Ci voleva il ‘68 per farsi l’harem? Scema io che il post-sessantottino figo mi piaceva un sacco e me so’ ritrovata ‘sta specie di sultano dei poveri, anzi delle poveracce. Colpa mia, se ai tempi avessi insistito mo’ l’assegno di mantenimento non me lo levava nessuno e invece così m’attacco…
-Macché scema, bel coraggio piuttosto a mandarlo via!
-Già. E ora sono cavoli suoi.
-Questo, Ale, lo dici tu. Lui ora se la spassa …
-Dico che mo’ sono cavoli della signorina che se l’è preso, e se ci ripensa e lo rispedisce al mittente col cavolo che me lo riprendo!
-Ammazza sei proprio imbufalita! Solo che… poi quello che trovi in giro non è che sia molto meglio di Giorgio.
Rosy si guarda intorno e lo sguardo incrocia quello di un paio di anziani signori qualche tavolo più in là, loro ammiccano, lei si gira con l’aria seccata.
Ale si accende una sigaretta.
-Chi l’ha detto poi che devo trovarmene un altro?
-E quando ti sistemi, Ale? Vuoi resta’ da sola? Che triste!
-E invece così era allegro!
-No. Però io senza un uomo non ci so stare.
-Infatti abbozzi sempre e te li prendi pure sposati.
-Mica è colpa mia se i meglio so’ occupati.
-Già, se sono liberi ci sarà un motivo! E gli altri col cavolo che lasciano la moglie. Poi stai male tu.
-Mica tutte le mogli ci hanno le palle come te, Ale! Mi dovevo innamorare di Giorgio…
Ale mima una pistola con il pollice e l’indice della mano destra e la punta sogghignando verso Rosy.
-Si così vi ammazzavo a tutt’e due!
Rosy scuote la testa ridendo.
-No, figurati, troppo alternativo e intellettuale, Giorgio, per i miei gusti…
-Ma guarda che pure lui un neurone solo c’ha, che gli parte da lì e non necessariamente trasmette al cervello segnali degni di nota.
Rosy rimane pensosa. Guarda il pasticcino con l’aria vogliosa ma poi butta giù l’ultimo sorso di ananas.
-Senti Ale, ma se domani mi accompagni?
-Dove, a una di quelle tremende feste middle age in discoteca?
-Ho detto domani, non domani sera.
-Tesoro, domani è lunedì e si dà il caso che lavoro, e presumo anche tu.
-Prendo un giorno di ferie e inizio un secondo lavoro.
-Tu?
-Sì. Io. E’ da un po’ che ci sto dietro, leggi qua.
-Oddio i necrologi! Pure l’altro giorno te li guardavi, ma sei andata in fissa?
-Dai non ci arrivi? Guarda qui: “I colleghi sono vicini al professor Franco e ai ragazzi per la dolorosa perdita della moglie Cinzia”
-E chi è Franco? E la povera Cinzia, mai sentita…
-Ma non capisci niente! E’ perfetto!
Rosy guarda Ale fissandola negli occhi. Intanto fa girare il piattino col pasticcino, se lo avvicina e poi lo lascia lì.
Ale guarda Rosy stupita e risponde:
-No scusa non ci arrivo…
-Allora, Franco è appena rimasto vedovo, è professore e ha una buona posizione, c’è una sfilza di necrologi di colleghi. Non è un vecchio pensionato, ma nemmeno troppo giovane, insomma l’età giusta, ha dei figli quindi è normale. Domani sarà disperato e inconsolabile: ma chi lo è davvero? Allora, vieni con me?
Ale gira il cucchiaino nel cappuccino rimasto nella tazza, tira su un po’ di schiuma e rimane col cucchiaino sospeso per aria.
-Non ci posso credere…
-Senti, basta fare finta che conoscevamo la poverina, lo abbracciamo, le solite cose, poi lascia fare a me, e vedrai che prima o poi ti tornerà utile.
Il cucchiaino di Ale finisce sul tavolino.
-Rosy! Sei un mostro! Come ti viene in mente?
-Guarda tesoro mio, le ho provate tutte e a parte qualche scopata non si rimedia altro, qui il tempo passa e tra un po’ manco con tutti ‘sti tiraggi qualcuno mi si piglia più, è ora di cambiare aria.
-Ovvero alzare il tiro. Ma proprio i tiraggi ti fregano. Secondo te il professore addolorato si fa infinocchiare da una iena ridens in leggins?
-Eh? Sto male?
-No, un po’ ridicola.
-E tu un po’ stronza.
-Fai tu, ma così il prof te lo scordi.
-E che dovrei fare?
-Vai a casa, rimetti la roba di tua figlia nel suo armadio, e comprati qualcosa di decente…
-Da vecchia…
-No, da piacente e giovanile signora di 50 anni.
Rosy diventa all’improvviso seria e impallidisce. Si porta il dito sulle labbra, fa segno di abbassare la voce.
Il cameriere si è avvicinato ma loro non se ne accorgono e lui rimane immobile lì vicino.
-Non dirlo.
-Cosa?
-Quel numero.
-Che?
-Cinquanta. Mi fa senso.
-Uh! Allora, ripeto, vai a…
-Ho capito. Che tristezza. E poi?
-Poi la pianti col botulino. E preghi che l’effetto cementante svanisca. Solo ci vorrà un po’ di tempo prima che ti passi quella faccia da ebete che sorride pure quando non c’è un cazzo da ridere.
Ale si gira, dà un’occhiataccia al cameriere alle sue spalle e gli mette in mano una banconota da dieci euro.
-Tieni il resto e torna di là, ok?
Rosy è ancora un po’ pallida. Debolmente chiede:
-Altro?
-A che ora è sto funerale?
-Che ti importa? Tanto non ci vieni.
-Be’ ti accompagno, magari il tuo professore ha qualche amico pure lui da consolare…
Fa pensare. Ci vedo una forte critica ai valori di questa società: apparire più che essere, successo e denaro a tutti i costi. Meditate gente…….leggete meditate. Complimenti.
Cara Claudia, il tuo racconto ricorda la solitudine cinica del film Amici miei, tutti vicini lontani e poi vicini, tutti alla fine a cercare un po’ di gioventù e compagnia. Grazie, mi ha fatto sorridere.