Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2016 “Vista sui tetti” di Claudia Dalmastri

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

La cosa più bella dell’attico era sempre stata la vista spettacolare sulla città: correva su tetti e terrazze fino all’orizzonte, dove le cime innevate ancora brillavano al sole. Rocco Valenti, sbracato nella comoda poltrona di vimini dell’elegante salotto da esterni che arredava un angolo dell’ampia terrazza, si godeva la sua posizione privilegiata. In cima alla collina, il lussuoso palazzo in cortina rossa, quattro piani più attico, l’aveva costruito lui come tutti quelli lì intorno, era stato il primo a capire che quel posto era una miniera d’oro, il centro di Roma si allargava in tutte le direzioni e lui aveva acchiappato la direzione giusta. Mica quegli orridi palazzoni sulla Casilina o Tiburtina, no, lui era il signore dell’edilizia, solo palazzine eleganti che all’epoca del boom i nuovi ricchi avevano giustamente bisogno di un luogo adeguato dove abitare. E lui sapeva come accontentarli, cazzuola in mano a 16 anni, geometra a 19, soldi a palate dai 25 in poi. Anche ora con tutta la crisi le sue case si vendevano a peso d’oro. Le sue creature. Se le abbracciava con lo sguardo, qualcuno ci aveva messo del suo, terrazze coperte di gusto discutibile, verande di acciaio inox o legno o simil legno… ma insomma, la libertà prima di tutto, che ognuno a casa sua facesse pure come gli pareva, e pure quelle parabole, tutti a criticarle ma poi chi non ce l’aveva? Almeno lui non ci trovava niente di male, anzi, belle aperte verso il sole mettevano pure allegria. Ai Parioli non si vedono, diceva sua moglie, ma ci sono, si però non si vedono, bisogna saperci fare a nascondere le brutture, l’aveva messo in croce per trasferirsi e non glielo perdonava che non gliel’aveva mica data vinta, dio quanto aveva strepitato, con la storia che era più chic, ma lui adorava stare lì, signore e padrone del suo feudo. Che ne sapeva di che vuol dire sgobbare tutta la settimana lei abituata a fare la signora, grazie a lui. Il quale ora si godeva il sole di un tranquillo pomeriggio di domenica, cazzo se se lo meritava, pure Dio si era riposato dopo sei giorni al chiodo. Rocco guardava avanti, girava lo sguardo all’orizzonte e riabbassava gli occhi a quel maledetto cubo di Rubik, l’aveva lasciato così domenica scorsa e se l’era ritrovato ancora più incasinato, se lo rigirava tra le mani ma non c’era verso. Assurdo, aveva tirato su mezza Roma, e ora si bloccava davanti a uno stupido cubetto a colori. Lui che si era fatto dal nulla come si dice, che nemmeno ci pensava più ormai, non fosse che per quel nome un po’ vecchiotto preso dal nonno, Rocco, avesse potuto cambiarlo che sembrava messo apposta per ricordargli da dove veniva e soprattutto per sbandierarlo a tutti, ma se l’era dovuto tenere che per quello proprio non poteva farci niente, e ora era perfino di moda, qualche attrice ci aveva chiamato il figlio, e comunque ormai lui era il Commendator Rocco. In fin dei conti andava più che bene. Solo il cubo lo faceva impazzire. Dicono che rilassa, col cavolo. Si scervella a cercare di farlo venire. Domenica prossima arriva Tommaso e se non riesce a finirlo che figura ci fa? Il cubo gliel’aveva regalato lui, l’adorato nipotino di otto anni. L’unica cosa buona fatta da sua figlia Paola. L’aveva coperta d’oro fin da piccola, ma niente, ribelle e scocciata e sempre lì a fare domande, bellina sì ma meno della madre e poi non ci metteva nemmeno un po’ di impegno, brava a scuola questo sì ma chissenefrega, ogni tanto se la portava al cantiere, lei ci teneva tanto, finché aveva visto buttar giù una casetta di contadini sulla Cassia, una delle tante catapecchie da demolire, li pagavano a quei morti di fame e infatti il vecchietto era tutto contento che quando mai li aveva visti tanti soldi tutti insieme, la moglie invece, una donnetta rattrappita stava lì che piangeva manco le avessero tirato giù palazzo Barberini, e Paola aveva fatto una scenata proprio lì davanti a tutti, ingegnere, capomastro e operai, poi da allora aveva smesso di parlargli. Strana, strana e testarda. Ma tanto che se ne faceva di una figlia in cantiere, roba da uomini, se solo suo figlio Fabrizio si fosse raddrizzato un po’… A calci in culo per fargli prendere una laurea ma niente, in compenso ci sapeva fare a compravendite, a qualcosa era pur servito il suo esempio e Fabrizio in questo campo era proprio un mago, tutti ’sti bei ristoranti nuovi erano roba sua, anzi no, meglio, passavano per le sue mani e poi finivano in quelle di qualcun altro, mo’ però doveva aver combinato qualche pasticcio più grosso, domani avrebbe sentito il suo amico avvocato per vedere di sistemare la faccenda. Diceva che i precedenti non lo aiutavano, ma che precedenti, qualche sprangata tra ragazzini? Roba passata, accidenti, possibile che uno in gamba come suo figlio non lo lasciassero lavorare in pace? Certo stavolta gli sarebbe costata assai, molto più che per i “precedenti” ma vabbè per il suo ragazzo questo e altro. Che palle, e questo cubo non vuole saperne… accidenti pure a Tommaso, il piccolo genio di casa ma che si crede che non ci riesce suo nonno, proprio lui, a mettergli a posto ’sto giochetto da imbecilli. Che razza di regalo di merda da fare a uno che già passa la vita a combattere. Già, e domani giornata di avvocati, c’è pure l’appuntamento per la questione della sicurezza della collina che pare che viene giù. Ora ci pensano… Sempre qualche rompiscatole rampante al comune, si svegliano e devono venirti a sfracassare a te che già lavori come un matto tutto il giorno. Vent’anni sono passati da quando aveva costruito quel condominio, bello elegante, venduto tutto in un batter d’occhio. Piani regolatori manco l’ombra, lavoravi che era un piacere. E ora qualcuno si fa venire in mente che forse sotto la collina frana? E che era colpa sua se a Roma da qualche anno pioveva come ai tropici? Buttar giù tutto e ricominciare daccapo? Sì, e i proprietari se li portava a casa sua? Roba pesante dice il suo avvocato, stavolta sembra davvero preoccupato, la cosa va oltre le solite speculazioni. E già, secondo loro senza qualche mazzetta come le faceva tutte ‘ste belle casette? Comprese quelle dove abitano comodi comodi lui e tanti altri principi del foro, o no? Dopo tutto quello che ha fatto sembra che gli si stiano mettendo tutti contro, e pure ’sto cavolo di cubetto si è rimescolato peggio di prima! Ma ti sistemo io a costo di farti a pezzi e rifarti daccapo, Rocco lo sbatte con forza sul tavolino accanto alla poltrona, il legno si scheggia e la tazzina si rovescia, c’era ancora un po’ di caffè che cola giù. Rocco si sistema meglio sulla sua poltrona, questi pensieri gli fanno venire l’affanno, ah già, domani deve pure andare dal cardiologo, ha pensato a tutto sua moglie, insisteva da mesi con questa storia dell’affanno e pure per tenerlo a dieta, sai che gliene importa a lui di un po’ di pancetta, ma lei no, lo controlla, lo spia, e ha pure telefonato a Giacomo il luminare, e quello probabilmente per non sentirla più gli ha infilato un appuntamento la mattina tra i suoi mille impegni, e ora gli tocca andarci, ma forse meglio così, quest’affanno è davvero fastidioso. Colpa di questo accidenti di cubo, porca miseria uno sta qui a smaltire i casini di tutta la settimana e questo è peggio di una mandria di assessori e avvocati assatanati, Rocco continua a rivoltarlo con rabbia e senza seguirne più i movimenti che tanto è talmente idiota che si gira come gli pare. Meno male che ci pensa sua moglie alla sua salute. E tanto di guadagnato per Susanna. Porca miseria, da quando c’era lei era rinato. Quarant’anni di meno, pure più giovane di sua figlia, ma tutta un’altra cosa. Domani c’è anche Susanna tra le cose da fare, deve chiamarla che ritarderà un po’, con l’avvocato non sarà una passeggiata ma dopo, dopo sarà ancora meglio stare con lei. Un brivido lo percorre rapidamente, il respiro si fa serrato, ma si diffonde dal basso un senso di calore che gli sale su fino alla testa ed ecco che le strisce si allineano, il giallo col giallo, il blu col blu, e Susanna, no cazzo di nuovo il rosso, lo rigira così, sì, ci sta quasi, sì Susanna… un gran pezzo di… no, gli piace pensare anche quanto è dolce, sì, e poi appassionata, mai avuta una donna così, ci doveva arrivare a settant’anni per farsi davvero qualche bella scopata, a Susanna si vede che proprio le piace, quando si inginocchia davanti a lui e lo guarda con quei suoi occhi sognanti, le labbra socchiuse e poi si abbassa, i capelli sparsi sul suo ventre, non le importa della pancetta, apre la bocca e comincia a succhiare e Rocco sente la sua erezione salire, lo sguardo annebbiato su tetti e parabole, il respiro ancora più affannoso, la sua mano si apre sui pantaloni, il desiderio interrotto da un dolore più forte al braccio, il cubo gli cade e finisce per terra. Cade di spigolo e il blu va col blu, il rosso col rosso. Rocco non sbaglia un colpo. Gli occhi vuoti ora fissano i tetti.

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2 commenti »

  1. Un bel ritmo. Brava Claudia.

  2. brava claudia, davvero, è descritto in modo chiaro , veloce si riesce facilmente ad immaginare i personaggi , uno spaccato non troppo raro del “nostro mondo”

    grande

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