Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2016 “A pezzi” di Claudia Dalmastri

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Già il terzo squillo. Di solito al primo saltava su come una molla. Ma stamattina era proprio a pezzi. Strana. Via, non c’era tempo per star lì a crogiolarsi. Bianca si gira verso il comodino e allunga la mano verso la sveglia. Che continua a suonare implacabile. Si avvicina ma la spalla si spalma sul cuscino. Rimane là. Non c’è altro.
“Cazzo la spegni quella maledetta sveglia?”
“Non posso.”
“Ma ti sei rimbecillita?”
Non sia mai che dovesse fare uno sforzo di troppo, Aldo, già si era girato dall’altra parte, la testa ficcata sotto le coperte. Lui si alzava dopo. La sveglia toccava a lei con tutto quello che veniva appresso. Bianca prova a girarsi, non è facile con quella spalla vuota, e cerca di allungare l’altra mano.
“No, guarda, davvero non posso.”
“Porca miseria, ma che ti è preso?”.
“E’ che non ho le braccia.”
“Il cervello ti sei bevuta, altroché!”
La sveglia squillava senza pietà, Aldo non si muoveva e si erano svegliati pure i bambini. Non era il caso che la vedessero così. Non all’improvviso, almeno. Senza le braccia. Non uno, tutt’e due. E come faceva ora senza? Chi la preparava la colazione? E Marco, a 7 anni che non sapeva allacciarsi le scarpe!
“Aldo accendi la luce.”
“Pure!”
“Ho detto accendi la luce.”
“Tu sei pazza.”
Aldo accende la luce, si solleva assonnato e ringhioso, si avvicina alla sveglia dall’altra parte e la spegne.
“Fatto. Posso dormire adesso?”
“Se vuoi. Però c’è un problema. Guarda qua.”
Era da un pezzo che non guardava sua moglie appena sveglio. Una volta bastava uno sguardo e gli si rizzava, ora stava lì moscio come le due maniche a fiorellini che ciondolavano dalle spalle di Bianca.
“Che è ’sta novità?”
“Davvero non ne ho idea. Ieri sera c’erano e ora no. Temo che dovrai alzarti prima”.

Bianca rimase a letto e li portò Aldo i bambini a scuola. Disse che la mamma non stava bene ed era meglio non svegliarla. Marco e Cecilia si guardarono seri, poi guardarono il padre, sbuffava, non c’era da preoccuparsi. Bianca invece era preoccupata eccome. Il letto però era bello caldo e la casa silenziosa, strano trovarsi lì da sola, lei non stava mai male ma anche adesso non stava malissimo, solo un po’ più stanca. Si svegliò che erano le undici, la luce entrava dalle avvolgibili semi aperte e filtrava tra le tende, e lei si sentiva stranamente riposata dopo quel sonno profondo. Aveva un po’ fame. Un problema. Quasi buffo… Da quando non chiedeva aiuto per sé? Ma c’era poco da ridere. Lentamente, girandosi di fianco, piegate le gambe, ecco che riesce a sedersi e piano scivola giù in piedi. La sua immagine la aspetta nello specchio di fronte. Non sembra così diversa dal solito, anzi, pure senza trucco, il viso è decisamente più riposato, solo, niente braccia. Sarebbero ricresciute, inutile perder tempo a farsi domande. E nemmeno a pensare ad Aldo… Un altro si sarebbe almeno un po’ spaventato a vedersela così, lui non aveva fatto una piega.
“Ma che hai combinato?”
Aveva il tono un po’ seccato,come di fronte ai contrattempi, cioè quasi sempre.
“Però non stai male, no?”
Lei era rimasta zitta e immobile.
“Se serve ti porto all’ospedale, ma non vedo sangue, insomma intanto vado che se no faccio tardi, dopo semmai chiama”.
Una parola, chiama. Come li faceva i numeri al telefono, col naso? Certe volte si chiedeva se Aldo non fosse completamente cretino o piuttosto convinto che lei era onnipotente. Si fece coraggio e uscì sul pianerottolo a chiedere aiuto alla vicina. Almeno un po’ di spesa per la sera. Piegò la testa per suonare il campanello.

Bianca non si era persa d’animo, Aldo bofonchiava ma aveva capito che toccava darsi una mossa e, soprattutto, i bambini l’avevano presa bene. Cioè, il piccolo all’inizio si era un po’ impressionato, ma poi non ci faceva più caso, comunque lei era sempre lì, anzi di più. Era venuto il medico fiscale e senza fare domande le aveva dato due settimane di malattia. Per la prima volta in tanti anni di onorato servizio alle poste. Sarebbe ripassato. Mai visto un caso così. Naturalmente le sue braccia le avevano cercate dappertutto, sotto al letto, in bagno, pure in cucina e in terrazzo, non sia mai per sbaglio ci fossero finite chissà come, perfino nella cesta dei panni sporchi e in tutti i bidoni della differenziata. Ma niente. Sparite.
Dopo una settimana toccò alle gambe. Allo stesso modo, cioè senza un modo né un perché. Una mattina, appena sveglia, non c’erano più. Bianca sente il vuoto e caccia un urlo. Non urlava mai, brontolava e basta, ma adesso era troppo. L’urlo sveglia Aldo, e questa volta si spaventa un po’. Niente 118 che tanto era inutile ma finalmente decide di dar retta a qualcuno.
La sua amica Rita aveva insistito tanto per parlare con un professore che conosceva lei, tanto bravo, era pure venuto a casa, 200 euro senza ricevuta, Aldo rosicava in silenzio che con quei soldi ci voleva cambiare la televisione ma certo il luminare andava sentito, e infatti, eccolo là, che guardava, tastava, auscultava, scuoteva la testa, sorrideva serio, e alla fine se ne era andato dicendo di aspettare, era questione di tempo. Forse.

Certo, così era proprio brutta. Solo un tronco inservibile. Curioso che nemmeno sentiva il dolore dell’arto mancante. Da qualche parte l’aveva letto, che quando manca un braccio o una gamba certe volte fa male come se ci fosse e allora uno va lì per toccarlo e si ricorda di botto che non c’è. Lei no. Tutt’e quattro partiti e nemmeno un doloretto.
Dicevano che aveva la soglia del dolore molto alta, da quando, con tutte le doglie, aveva guidato da sola fino all’ospedale, scusandosi che non ce la faceva a parcheggiare meglio, e aveva mollato la macchina davanti al pronto soccorso prima di mollare lì pure la creatura.
Il medico fiscale era tornato, continuava a non capirci niente e le aveva dato un mese. Il medico della mutua aveva spiegato ad Aldo come fare per l’invalidità e l’accompagno e lui, smoccolando nelle lunghe file alla ASL, aveva messo insieme tutti i documenti necessari. In compenso gli avevano dato tre giorni al mese di permesso speciale.
In qualche modo le cose si stavano assestando. Passerà, pensava Bianca. Ma non passava.
Aldo intanto aveva imparato a fare tante cosette, i bambini li portava e li riprendeva, se ne faceva un vanto che fossero sempre puntuali, e loro erano pure meno capricciosi. E quella santa donna della portiera la mattina saliva su un’oretta e dava un aiuto in casa, poi se ne tornava giù in guardiola con qualche euro in tasca tutto per sé e contenta in cuor suo che una disgrazia simile non fosse capitata a lei. Bianca guardava fuori dalla finestra e leggeva: teneva in bocca una pinza e ci girava le pagine da sé. A volte si assopiva finché qualcuno non rientrava. Ogni tanto Rita le faceva fare un giro sulla carrozzella di sua nonna, un pomeriggio l’aveva portata pure al cinema. Con suo marito non ci andava da anni al cinema, manco di sera.

Una mattina, il colpo. Aldo dormiva e lei aveva un disperato bisogno di bere, se non avesse avuto proprio la gola secca non l’avrebbe certo chiamato, ma la voce non esce, non le esce nessun suono: A-l-d-o è un tentativo che muore prima di nascere. Bianca apre la bocca, la richiude, sente un vuoto in fondo alla gola, sbatte i denti, come fai a sentire qualcosa se non c’è più? Con quell’agitazione, Aldo si sveglia di colpo, accende la luce: la testa di Bianca è rovesciata sul cuscino con la bocca spalancata e un buco nero al centro. La lingua non c’è più.
Fortuna che aveva imparato a scrivere tenendo una penna in bocca, e anche a usare la tastiera del computer e telefonare con lo stesso sistema. Un po’ lento, avrebbe dovuto perfezionarsi, ma non c’era scelta. Certo, bel casino. Ma ora non brontolava più, sarebbero stati contenti. A Marco però mancavano le favole della mamma la sera, allora le guardavano insieme sui libri e leggeva lui, così imparava meglio. Bianca trovava sempre qualcosa di positivo, per forza. A Cecilia mancava proprio la voce della mamma, e lì non poteva farci niente. Accidenti, questa non ci voleva. Quanto le piaceva chiacchierare! E anche parlare. Lo capiva adesso, da come si disperava Rita.

Quella mattina, Bianca aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu il faccione di Aldo chino su di lei, lo sguardo terrorizzato, la bocca spalancata, paonazzo, urlava qualcosa. Ma lei non sentiva. Non sentiva la voce di Aldo, né quella dei bambini di là, nessun rumore in casa. La finestra era aperta ma dalla strada non arrivava nessun suono. Erano sparite le orecchie. Tutt’e due.
A questo punto la decisione era inevitabile. Il Centro di recupero convenzionato aveva una discreta fama, il dottore l’aveva consigliato come estremo tentativo ma si capiva che pure lui non aveva ben chiaro cosa si potesse “recuperare”. L’avevano messa in macchina, dietro, tenuta con le cinture per non farla scivolare sotto al sedile, e dopo un paio d’ore erano arrivati in questa specie di clinica di riabilitazione in mezzo alla campagna. Aldo l’aveva consegnata a due infermieri e per la prima volta gli aveva visto due lacrime sul viso. La mattina la venivano a prendere ma c’era poco da riabilitare, quindi mentre gli altri facevano fisioterapia, lei la mettevano in ammollo in piscina e siccome non poteva chiamare, certe volte se la scordavano lì fino a ora di pranzo. La ritrovavano beata con gli occhi chiusi e un sorriso serafico che galleggiava col suo tronchetto nell’acqua tiepida. Aveva sempre sognato di fare il bagno nella vasca con la schiuma e le candele profumate come nei film, ma non c’era mai tempo, solo una doccia veloce prima di andare a letto e piombare in un sonno senza sogni ma già pronta per il giorno dopo. La doccia le sarebbe piaciuta di più di mattina, anche per svegliarsi, ma non c’era tempo. Con gli occhi chiusi, la testa poggiata su quella strana ciambella verde, Bianca partiva per mari lontani mai visti, c’erano le palme invece degli ombrelloni sgangherati della spiaggia libera, e frutta tropicale fresca invece dell’insalata di riso tiepida e leggermente inacidita nei contenitori di plastica, e voci basse invece che urla di ragazzini e di altre madri che quel mare sporco non riusciva a rilassare, non c’erano telefonini con le loro orribili suonerie, solo il rumore di onde leggere, che arrivavano sulla spiaggia chiara e fina con la loro schiuma morbida che la avvolgeva e la massaggiava delicatamente.
“Signora, vogliamo uscire o rimane lì fino a domani?”
Evidentemente al nuovo bagnino non gliel’avevano detto che era pure sorda, chissà da quanto stava lì che la fissava. Pur avendone già viste di tutti i colori, una così non gli era mai capitata. Però a Bianca era parso di sentire la sua voce. E anche qualcosa che spingeva da dentro la spalla, una specie di punta che voleva uscire, non dolorosa, ma insistente. Guarda stupita il moncherino che spunta dalla spalla sinistra. Ringrazia il bagnino e un filo di voce le esce dalla bocca chiusa. Lui, ancora turbato dalla vista di quel tronco sorridente galleggiante, non nota né il moncherino né il filo di voce, la incarta nella spugna bianca e profumata e la riaccompagna dentro.

La mattina dopo, nell’acqua calda, le sue cellule atrofizzate riprendono lentamente vita, come in un liquido amniotico che ne protegga i primi passi, respirano, crescono, si dividono, e danno origine a un altro piccolo abbozzo a destra. Lo sente che spinge forte. Ancora è minuscolo. Non se ne accorgerà nemmeno l’infermiera che la mette sempre a letto.
Nei giorni successivi, Bianca continua la sua personale e silenziosa terapia lontano da medici e specialisti che da tempo si erano arresi. Lei non fa niente. Dorme e basta. Di un lungo sonno sereno. Vicino quasi alla morte. Ma è la vita che pian piano si reimpossessa di lei. Immersa nell’acqua ricomincia a percepire i rumori e, sola, articola qualche suono, fino a riuscire a mettere in fila due brevi parole. Ma non chiama. Aspetta. Qualcosa si muove anche giù, verso le gambe, ma ci vorrà tempo. E lei si prenderà tutto quello che ci vuole.

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21 commenti »

  1. eh sì, è proprio necessario che qualcuno si ricordi di noi per tornare a vivere

  2. Malinconico, struggente, efficacemente crudele. Brava Claudia

  3. Solo una parola: geniale!

  4. eccezionale

  5. A buon intenditor…

  6. Hai ragione, Claudia, dovremmo fermarci, almeno una volta, e prenderci tutto il tempo che ci vuole per ritrovarci! Un grande insegnamento!
    Perdiamo pezzi ogni giorno, ma nessuno se ne accorge. Con quel che rimane andiamo avanti a fare tutto, perché non è previsto che possa succedere, non a noi…

  7. Originale, divertente e spietato.

  8. mi è piaciuto tantissimo. i personaggi prendono un viso e un corpo e li puoi vedere e conoscere per come sono profondamente descritti. Mi piacerebbe che avrebbe un seguito, per poter seguire la storia di Bianca e degli altri personaggi. Bravissima!

  9. Inquietante, Claudia. Colpisce duro.

  10. Grazie! Mi piace che si veda quella sana cattiveria …
    Art, forse siamo noi stessi a doverci ricordare di noi per primi per ritornare a vivere.
    Ester, no, non è previsto, e se succede ci si stupisce, ma poi forse è vero che nessuno è indispensabile e allora tanto vale imparare a prenderselo quel tempo.
    Silvia, Bianca sta prendendo tempo …

  11. Bianca la sa lunga… Brava Claudia!

  12. Abbiamo troppa fretta di vivere ma non ci avvediamo che in quella fretta la vita ci sfugge.

  13. Brava! Ironico e molto originale. Complimenti

  14. Molto brava a tenere il lettore incollato al racconto fino alla fine..

  15. Grazie! per tutte le … Bianca…

  16. Originale! Mi piace!!! Bravissima!

  17. Originale e acuto! Molto interessante e straordinariamente vero!

  18. Quanto mi piace, questo racconto! E’ il racconto che avrei voluto saper immaginare e scrivere io e intanto, da lettrice, ringrazio per averlo potuto leggere! Mi ha colpito profondamente, provocandomi il pianto e, al tempo stesso, un grande senso di liberazione. Ero con Bianca, a mollo nell’acqua calda, e devo dire che ci si stava proprio bene 🙂

  19. Accidenti! Potrei dire povero Aldo e invece no! Brava Bianca che si riprende il tempo per sé !

  20. Mi ricorda Poe… ma molto più femminista, attuale e anche ottimista.
    L’ho trovato ben fatto e vicino alle donne!
    Brava e grazie

  21. Grazie per le vostre parole! Questo il bello di Racconti nella rete, che una volta dentro non ne esci più… e continui a scambiare letture e commenti. Grazie!

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