Premio Racconti nella Rete 2016 “Voglio addormentarmi così” di Ester Arena
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Sei in piedi, davanti alla vetrata, guardi il cielo e poi il mondo lontano. Luci di stelle, lampioni e luna che si confondono nel blu della notte. Un brivido percorre la tua schiena. Non è il freddo. Hai sentito la mia mano che ti sfiora.
Ti volti verso di me e mi chiedi “Ti ho svegliata? Ho cercato di fare piano. Dormivi così tranquilla.”
Ti guardo.
“Ho aperto gli occhi e non ti ho trovato. Non mi è piaciuta la sensazione. Dovevo essere sicura che ci fossi.”
Sorridi, mentre dici “Sono qui.”
Mi stringo a te in silenzio. Mi abbracci. Lo sai che ho bisogno di questo. Mi faccio piccola piccola ed è come se tu mi avvolgessi completamente.
“Sei la mia pelle, lo sai?”
Sorridi ancora. Sono una bambina tra le tue braccia. Ma non solo e questa è vita. Guardiamo insieme, oltre la vetrata, il cielo pieno di luci. Non c’è altro luogo ove vorrei essere. Tra le tue braccia, dimentico tutto.
Voglio addormentarmi così. Anche in piedi. Sono sicura che mi sorreggeresti.
Che dolore!
Ho visto le stelle. Molte più che nel cielo. Sono caduta dal letto e non c’è la tua mano pronta a sollevarmi. È evidente che stavo solo sognando. Tu non ci sei. Il gomito mi fa male. Ma meglio aver sbattuto quello, piuttosto che la testa. O forse no. Troppo complicato capirlo dopo un tonfo in piena notte.
Dovrei rialzarmi. Dovrei tornare a stendermi sul letto per dormire e provare a sognare ancora. Magari il sogno di prima. E se invece rimanessi qui, sullo scendiletto? Potrei far finta di essere il cane di me stessa. Così almeno saprei che c’è qualcuno che mi ama senza riserve. Ma non è comodo il pavimento, nemmeno con il tappetino. Come faranno i cani a stare sempre stesi a terra? Me lo sono chiesta tante volte, guardando la pelle callosa dei loro gomiti.
Risalgo, con la fatica di chi scala una montagna. Il letto, però, è decisamente meglio.
La luce della luna entra prepotente dai vetri aperti. Potrei chiudere le imposte, per evitare questo bacio di luce bianca, ma poi il buio sarebbe peggio. Mi soffocherebbe. Mi sono voltata dal tuo lato. Il letto sembra un gelato bi-gusto. Da te è ordinato. Cuscino gonfio, lenzuolo col risvolto spianato, come appena fatto. Di qua, invece, sembra ci sia stata una battaglia. Ma non una delle nostre.
L’orso Mao, mi guarda. È lui che segna il confine tra la mia e la tua parte del letto. Un giorno di questi voglio provare ad invertire i nostri posti. Vedere cosa si provava dalla tua prospettiva. Immaginare te, che guardavi me mentre dormo. Sarò stata un botolo ronfante?
Per il momento, però, sono io che guardo il ricordo di te. Forse è per questo che non riesco a dormire. Il tuo viso sul cuscino. Hai l’aria soddisfatta. Chissà se sogni quello che hai o quello che desideri. Fai un movimento, ti rigiri. Sulla guancia ti si sono stampate le rughe della federa stropicciata. Sei silenzioso. Abbastanza. Ogni tanto però miagoli. Avrei dovuto accarezzarti tutte le volte che me ne è venuta voglia e non l’ho fatto per paura di svegliarti.
Avevi promesso che mi avresti insegnato a fare un lungo unico sonno ogni notte. Perché tu saresti stato accanto a me. Sei andato via troppo presto. Hai lasciato incompiuta la tua promessa.
Così, durante i miei risvegli, ho rubato queste immagini di te. Sono le fotografie che non abbiamo mai fatto. Ti ho anche coperto, a volte, pensando avessi freddo. Avevo ragione, sai? Tu poi ti tiravi il lenzuolo fin sotto il mento, ti raggomitolavi e a me passava la paura di aver fatto movimenti che ti potessero svegliare. Ora non ho più questo problema. Al limite strapazzo e stringo l’orso Mao. Lui non protesta. È sveglio quando io sono sveglia. Tace, non si ritrae ai miei abbracci notturni.
Il sonno non ha pietà di me. Mi ignora, mentre il dolore al gomito non mi abbandona. Come il tuo fantasma che ascolta questa confessione notturna. Chiudo gli occhi. Il desiderio di non pensarti, ti fa restare prepotente nella mia mente e sfoglio il mio album immaginario. Vorrei fosse un’App, per cliccare il tasto delete e non pensare più.
Avverto reale la tua assenza e devo comprimere l’urlo che vuole uscire prepotente dalla mia bocca. Viene da dentro, molto in fondo. Sono qui, ma potrei essere nel deserto, oppure in un bosco, o nel caos della città. Non farebbe differenza. Mi sentirei comunque persa.
Respiro. Non ti permetto di farmi questo.
No, non te lo permetto. Non voglio fermarmi e arrendermi alla voglia di te. L’occasione è sfumata, pazienza. Pazienza. Quella che mi ci vuole per ricomporre il mio puzzle. Passerò il tempo con questo gioco, mentre il tempo passerà su di noi e dimenticherò anche di odiarti per avermi dato e poi tolto le tue mani, le tue labbra, la tua voce ed i tuoi abbracci. Dimenticherò i brividi che percorrono la mia schiena al solo pensarti.
Anche ora. Non ti illudere e lo ripeto anche a me. Non sono brividi di te. È l’aria fresca della notte che mi accarezza. Confido nella culla di Morfeo che prima o poi arriverà a stringermi tra le sue braccia, così tutto sembrerà normale e non dovrò riempire questo vuoto che, in realtà, è già riempito dalla tua assenza che tracima. È abbondanza. Almeno in questo sei stato generoso.
È venuto a piovere all’improvviso. Vedi come tutto cambia in un attimo?
Prima noi. Ora tu chissà dove ed io qui. Prima la luna e ora la pioggia.
Non chiuderò i vetri. Lascerò che l’acqua entri nella camera e la inondi. Magari mi porterà via, nei suoi flutti, adagiata sul materasso. E, come su un tappeto volante, comincerà il mio nuovo viaggio in un altro cielo.
Sento la pioggia sul mio viso.
Voglio addormentarmi così. Magari torno a sognare che ci sei.
Sensazione di bagnato sul viso. Non capisco.
Ero accanto a te, davanti alla vetrata. Ora sono sul divano. Devo essermi davvero addormentata tra le tue braccia e tu devi avermi sorretta e poi adagiata qui.
Le tue mani mi accarezzano. Sussurri, non ti capisco. Perché mi dici di non piangere? Piangere? Io? Aspetta. Se dormivo, forse ho sognato?
Si, ora ricordo. Ho sognato la pioggia prendere il posto della luna. Ho sognato l’incubo che tu non c’eri, ma c’erano il tuo fantasma che non mi dava pace e la mia paura che non riesce a guarire. Ho sognato le gocce di pioggia che bagnavano il mio viso, come queste lacrime che ora tu mi dici di non piangere.
Fuori c’è la luna. La sua luce bianca illumina il tuo volto.
Tu ci sei. Sei accanto a me. Sento le tue mani, le tue labbra, la tua voce, i tuoi abbracci. Non ho freddo, quello che sento lungo la mia schiena è il brivido di te.
Sono confusa.
Sono nel sogno? Sono nella realtà?
Sia quel che sia. La notte è ancora lunga e tra le tue braccia dimentico tutto.
Voglio addormentarmi così.
e questa è vita… Ester oscilli tra il sogno e la realtà come tra la vitae la morte. E quest’andamento dolcemente altalenante ti ipnotizza. Brava
Molto molto poetico. Sognare di aver perso quello che abbiamo puo aiutare ad apprezzare meglio i doni della vita.
MG, Art, grazie! Voglio addormentarmi così… pensando che vi è piaciuto!
Difficile guarire dai sogni… difficile raccontarne così bene la realtà
Complimenti! È bellissimo!!
Un racconto che ha la forza di un tempo presente, non sempre così facile e scontato e nemmeno così vincente come lo è nel tuo caso, un racconto che alla prime battute sembra banale amore ma che a poco a poco si sgretola in un’ode di sogno e risuona come una cantilena continua di sogni e ninne nanne e incubi e poi di nuovo singhiozzi ed aprire gli occhi per essere svegli e capire che ci si vuole sempre addormentare così, nel modo che più amiamo e che è solo nostro. Il tuo racconto merita però di essere letto in totale lucidità di mente sveglia, brava! Complimenti.
Questo raconto sembra esaudire il desiderio di chi vive una perdita e spera che sia solo un brutto incubo.
Il sogno viene descritto come fosse realtà e viceversa. Tutto prende il sapore di illusione.
Ottimo, ottimo veramente.
Uno splendido crescendo di intensità emotiva, sia di storia, con un intrigante concatenamento di sogno e realtà, ma anche di scrittura che via via si evolve risultando sempre più forte e incisiva. Brava.