Premio Racconti nella Rete 2016 “Un viaggio meraviglioso” – una storia a quattro mani di Aurora Vannucci (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Questo e’ un racconto scritto a quattro mani da mia figlia di 10 anni (che ha interpretato Michele) e da me (che ho interpretato Micael) con l’ obiettivo di assecondare la sua grande passione per la scrittura.
UN VIAGGIO MERAVIGLIOSO – una storia a quattro mani
MICHELE
Evvai! Vado in crociera! Sono in automobile e fra poco giungero’ al porto. Arrivato la’, saliro’ sulla nave che mi permettera’ di salpare come un pirata. A me piace il mare, perche’ e’ misterioso: che cosa si nasconde negli abissi piu’ profondi? Inoltre, conosco anche molti tipi di pesci ed ecco perche’, da quando avevo solo 7 anni, sognavo di andare in crociera. Eccomi al molo! La nave e’ gia’ arrivata: e’ immensa e maestosa, la vera regina del porto, non a caso si chiama “Queen”. Finalmente salgo sopra di essa: che sensazione fantastica, quasi che il natante dal nome regale mi accogliesse a braccia aperte, alla pari di un essere umano. Come regalo per i miei 10 anni non potevo desiderare altro! TOOOT TOOOOOTTTTT! Evviva, si parte!
MICAEL
Non e’ proprio la professione che mi ero immaginato da piccolo ma il rappresentante di attrezzature di salvataggio mi permette di stare spesso a contatto con l’elemento naturale che preferisco: il mare.
Alle volte i viaggi sono piuttosto lunghi ma quando non svolgo il mio lavoro ho la possibilita’ di leggermi un buon libro, conoscere persone di ogni parte del mondo, farmi un po’ di jogging sul ponte, praticare i miei sport preferiti, gustarmi un tramonto sul mare.
Insomma, alla fine, non posso certo lamentarmi…. Forse mi mancano un po’ le amicizie vere, lunghe e durature, quelle in cui specchiarti e con le quali riesci a trascorrere una parte della vita.
Questo pomeriggio, visto la giornata assolata con una leggera brezza nonostante mi trovi sul terzo ponte della “Queen”, mi dedichero’ sicuramente alla lettura di un romanzo che non sfoglio da tempo.
MICHELE
Mentre esploro la nave noto due tavoli da ping pong: che fortuna, ho portato le racchette! Vedo che su uno di essi e’ appeso un foglietto con scritto: gara di tennis tavolo “under 12” dalle 16.00 alle 18.00 – per iscrizioni chiedere a Davide e Ciro – attenzione: solo al lunedi’.
Che bello! Vado subito ad iscrivermi! Gli animatori mi faranno partecipare al torneo, che si terra’ tra pochi minuti. Ciro spiega le regole mentre Davide chiama i bambini che si devono sfidare: io sono contro un certo Mauro. Batte per primo il mio avversario ed io ricevo subito la pallina con un rovescio ben angolato, che fa commettere un errore al ragazzo: 1-0! La partita continua, finche’ sul 10 a 5 la pallina del punto decisivo, rimbalzando, finisce nel bel mezzo del libro di un signore. Mi avvicino e chiedo: “Scusi, posso riavere la pallina?”
MICAEL
Abbronzarsi, tuffarsi in un libro, bersi una buona bibita fresca e’ sicuramente un ottimo modo per passare il proprio tempo libero su questa nave. I lettini poi sono veramente accomodanti e da qui ogni tanto riesco anche a buttare un occhio sul torneo di tennis tavolo del lunedi’ pomeriggio.
Da bambino adoravo passare le giornate festive all’ oratorio dove sfidavo gli amici in lunghe ed estenuanti partite di ping pong ed, ogni tanto, quando i tavoli sono liberi, mi diletto con i componenti dell’ equipaggio per passare qualche mezz’ora in allegria. Oggi pero’ devo accontentarmi di guardare, gli animatori hanno organizzato un torneo per ragazzi ed immagino finiranno al calar del sole: quando mi verra’ a noia il romanzo avro’ qualcosa da osservare. Certo che il ticchettio delle palline non concilia la lettura…. Ehi ma…. E questa pallina da ping pong cosa ci fa nel bel mezzo del mio libro? E’ arrivata per caso o qualche rovescio maldestro l’ha fatta giungere fino a qua? Mi si avvicina un ragazzo con la racchetta nella mano destra ed il sudore a bagnare i capelli.
MICHELE
Quell’ uomo mi assomiglia un po’: e’ alto, con gli occhi azzurri come il cielo ed i capelli neri. Non ha l’ aria imbronciata, nonostante la pallina sia finita nel suo libro come avevo sospettato anzi, sembra perplesso. Ha una barbetta che gli rende il viso simpatico ed i capelli corti, come piacciono a me, simili a mio padre. L’ adulto si alza e mi consegna la pallina chiedendomi: “Pratichi il tennis tavolo come sport o giochi solo per divertirti?” ed io rispondo: “Mi alleno spesso e da poco piu’ di un anno gioco in una societa’” noto che ha una voce potente e sicura, come vorrei avere io. Mi continua a parlare e mi domanda se posso raggiungerlo dopo cena sul terzo ponte per una partita di ping pong ed io, entusiasta, rispondo di si’.
MICAEL
Era da un po’ che lo stavo osservando perche’ il suo modo di toccare la pallina e soprattutto le sue schiacciate erano simili alle mie da piccolo, quindi mi incuriosiva. Il ragazzo ha due brillanti occhi azzurro mare, che spiccano in quel viso tondo ed i capelli neri corti e spettinati dal sudore e dal vento. Avra’ 10 anni, piu’ o meno come me quando giocavo all’ oratorio ed anche se lo osservo non e’ affatto intimidito, anzi, non si fa problemi nel rivolere la pallina.
Mi alzo, gliela porgo e con l’ altra mano gli do’ una pacca sulla spalla chiedendo se il tennis tavolo per lui e’ solo un divertimento o lo pratica come sport, giusto per iniziare un dialogo. Lui risponde che si allena da circa un anno. La sua voce e’ stridula ed infantile ma esprime entusiasmo per quello che mi sta’ raccontando, lo stesso che mettevo io alla sua eta’ quando parlavo di argomenti che mi stavano a cuore.
Quel ragazzo mi incuriosisce davvero per cui decido di sfidarlo in una partita di tennis tavolo. La sera il ponte e’ illuminato e vista la calura estiva gli domando se vuole raggiungermi dopo cena e, come immagino, lui risponde prontamente di si’. In cabina cerco la mia vecchia racchetta, mi metto un paio di scarpe sportive e raggiungo il luogo della partita. Come pensavo sul terzo pontile la gente a quell’ ora e’ davvero poca, qualcuno osserva il mare notturno e qualcun’ altro passeggia lentamente. L’ illuminazione e’ sufficiente, mi metto seduto ad aspettare il mio contendente.
MICHELE
Stasera mangio velocemente perche’ non voglio assolutamente perdermi l’ appuntamento con quel simpatico signore. Chiedo ai miei genitori il permesso di recarmi ai tavoli da ping pong e loro rispondono che posso andare, ma ad una condizione: mi accompagneranno fino al ponte e dovro’ rientrare prima delle 22.30. Dopo il dolce io e papa’ saliamo al terzo ponte e lui mi lascia in procinto della zona del tennis tavolo, non senza prima aver buttato un occhio al mio futuro avversario. Quel signore e’ seduto su di un lettino ed io, dopo averlo salutato, chiedo: “Come vi chiamate?”. Il suo nome e’ Micael Brown e velocemente mi da una spiegazione non molto approfondita della sua vita. Io inizio a ridere e penso: “Che coincidenza! Michele Marrone, in inglese Micael Brown!”. Anche io racconto un po’ di me: “Ho 10 anni, sono italiano e da grande…. faro’…. ehm… sono indeciso fra il giocatore di ping pong ed il capitano di una nave”. Ci avviamo al tavolo e, con impegno, costanza e determinazione, vinco i primi 2 set. Sfortunatamente Micael rimonta ma alla fine mi aggiudico il match 3 set a 2. Andiamo al distributore di bibite e mi offre un the freddo, lui si prende una bottiglietta di acqua naturale. Micael si complimenta con me e mi dice che potro’ ottenere dei grandi risultati nel tennis tavolo. Tutti i bambini sarebbero stati felici di sentire dire una cosa del genere da una persona piu’ grande di loro, ma io chiedo dubbioso: “Lo dici solo per farmi contento o e’ proprio cosi’?”. Lui risponde di essere una persona sincera e che io sono davvero forte in questo sport e mi invita a sedermi ad una tavolino per continuare il discorso.
MICAEL
Finalmente il ragazzo sta’ arrivando, mi alzo sorridendo e mi avvicino pensando che non ci siamo nemmeno presentati. Lui e’ il primo a chiedermi il nome ed io, porgendo la mano in segno di saluto, rispondo: “Mi chiamo Micael, Micael Brown, sono italo-americano, ho 35 anni e sono un rappresentante di attrezzature di salvataggio. Non sono sposato, non ho figli, vivo solo e costantemente in viaggio” facendo una breve sintesi della mia vita. Lui dice di chiamarsi Michele Marrone ed io resto alquanto meravigliato dal fatto che i nostri nomi, debitamente tradotti, hanno lo stesso significato. Ci avviciniamo al tavolo ed iniziamo la nostra partita, il primo a battere e’ lui: battuta perfetta, una paio di diritti, un rovescio, una schiacciata ed il suo primo punto. Continuiamo, io faccio qualche punticino ma Michele, oltre ad essere tecnicamente preparato, ci mette un grande entusiasmo e tutto il suo impegno. Mi rendo subito conto che il tennis tavolo per lui deve essere proprio una grande passione. Sul 2-0 recupero i due set ma alla fine, per mia sfortuna e per sua bravura, finisce 3 a 2 per Michele. Vista la calura estiva ed il nostro sudore lo invito al distributore per offrirgli un the freddo. Inizio a parlare: “Sei davvero bravo in questo sport! Se e’ solo un anno che lo pratichi puoi davvero ottenere degli ottimi risultati”. Lui mi osserva con aria dubbiosa e mi chiede se sto’ dicendo questo solo per fagli un complimento. Rispondo che io solitamente sono una persona molto sincera, che non mi sarei mai complimentato con lui se non avessi visto in Michele una predisposizione naturale per questo sport.
Noto nel ragazzo una mancanza di fiducia nelle sue capacita’ ed improvvisamente mi ricordo che anche io da giovane, pur essendo una abilissimo nuotatore, non avevo mai voluto partecipare alle competizioni perche’ pensavo di ottenere pessimi risultati. Invito Michele a sedersi con me perche’ sento come un gran bisogno di continuare a dialogare con lui.
La prima domanda mi sorge spontanea: “Cosa provi mentre giochi a tennis tavolo?”.
MICHELE
Lui mi chiede cosa provo quando gioco a ping pong ed io rispondo: “Secondo me lo sport e’ un insieme di emozioni: sei felice quando vinci, sei triste quando perdi, sei arrabbiato quando non riesci ad imparare un colpo ed hai paura quando sfidi un avversario che sai essere molto forte”. Anche io a questo punto mi sento di dover fare una domanda: “Cosa volevi fare tu da grande quando avevi la mia eta’?”. Lui risponde che voleva lavorare a contatto con il mare e che, per fortuna, ci era riuscito. Ovviamente per realizzare la sua aspirazione aveva dovuto sottoporsi a tante rinunce ma, alla fine, ne era valsa la pena. Mentre parla mi sembra molto sicuro di se’, e questo mi fa riflettere: io non sono mai sicuro di me e delle mie qualita’ e non riesco a dare nulla per certo. Devo almeno credere maggiormente nei miei sogni ed esaltare le mie caratteristiche: solo questo puo’ farmi trovare il lavoro ed il tipo di vita adatta a me.
Guardando Micael pero’ mi viene da pensare che lui si senta spesso solo sulla “Queen” e dal mio punto di vista dovrebbe cambiare ancora piu’ in positivo la sua vita, senza pero’ rinunciare a quello che lo fa stare bene. Ho una nuova domanda da porgergli: “Ma non ti senti un po’ solo facendo il tuo mestiere?”
MICAEL
Michele mi domanda che cosa avrei voluto fare da grande ed io rispondo: “Di preciso non l’ ho mai saputo ma sicuramente avrei voluto avere a che fare con il mare: il campione di nuoto, il comandante, il guardacoste, il bagnino, il pescatore…..da giovane mi arruolai in marina e poi trovai questa professione: forse non e’ esattamente quello che sognavo ma ho ottenuto quello che volevo di piu’. Questo deve insegnarti a crederci, a provarci sempre ad arrivare ai tuoi obiettivi. Con la volonta’ e la perseveranza si possono raggiungere le proprie aspettative”. In fin dei conti se ci ero riuscito io a realizzare almeno in parte il mio desiderio perche’ non avrebbe potuto riuscirci lui? Mi pare che Michele stia riflettendo sulla mia risposta e che fermandosi a pensare possa trovare una maggiore fiducia nelle sue qualita’. Credo che chi ha talento ed inclinazione verso una qualsiasi attivita’ deve utilizzarlo al meglio nella sua esistenza.
Per quanto riguarda la sua domanda sulla solitudine in realta’ non sono mai stato veramente solo pero’ in alcune occasioni ho sentito l’ esigenza di fermarmi e di dare una maggiore stabilita’ alla mia vita. Parlando con Michele, osservando l’ entusiasmo e l’ ingenuita’ della sua giovane eta’ ora, piu’ che mai, rifletto su quanta gioia mi avrebbe potuto dare l’ essere padre, il costruire una famiglia e lottare per il futuro di qualcuno di speciale, oltre che per il mio.
Vorrei poter continuare a parlare con Michele anche nei giorni a venire, anche oltre questo viaggio. “Michele, cosa pensi di me tu che non mi conosci?” le parole mi escono di bocca quasi da sole, come nel cercare un’ opinione neutrale sulla mia vita.
MICHELE
Mentre rifletto sulle parole di Micael lui mi porge una domanda particolare chiedendomi cosa ne penso di lui, io che lo conosco appena.
Io ci rifletto un attimo e poi rispondo: “Non posso dirlo per certo perche’ ancora non ti conosco bene, ma secondo me sei una persona intelligente e socievole. Se fossi in te trascorrerei piu’ tempo con coloro che ritieni importanti. Visto le riflessioni che mi stai facendo fare e la persona che adesso con certezza so’ che potro’ diventare tu puoi essere di aiuto ai giovani e saresti un ottimo compagno di viaggio nella loro vita. Quello che poi vuoi veramente fare ora dipende solo da te”.
Guardo l’ orologio e mi accorgo che e’ davvero tardi e devo ritornare dalla mia famiglia ma domando: “Non e’ che possiamo vederci domani, quando hai finito il lavoro, qui al terzo ponte? Mi piace trascorrere un po’ del mio tempo con te!” e lui mi risponde che ci saremmo potuti vedere per le 18.30 e che non sarebbe mancato all’ appuntamento.
MICAEL
Io e Michele parliamo a lungo ed alla fine arriva l’ orario in cui deve rientrare. Mi da appuntamento all’ indomani alle 18.30 sul medesimo ponte e, visto quanto mi rallegra la sua presenza, accetto senza indugio. Mi reco sul ponte qualche minuto prima dell’ orario stabilito ma di Michele nessuna traccia. Lo attendo a lungo, anche vicino ai tavoli da ping pong, ma il mio nuovo giovane amico si e’ come volatilizzato nella luce di questo splendido tramonto estivo. Per la prima volta in vita mia mi sento veramente solo. Anche nei giorni seguenti e fino alla fine del viaggio lo cerco a lungo, ogni ragazzo che vedo mi pare avere le sembianze di Michele. Quell’ incontro, che fosse reale o immaginario, fu talmente intenso che diede una svolta netta e precisa alla mia esistenza.
MICHELE
Il giorno seguente mi presento sul terzo ponte in anticipo, alle 18.20. Prometto ai miei genitori che rientrero’ poco prima dell’ ora di cena ed aspetto impaziente che il mio orologio da polso segni le 18.30, ma l’ amico non si fa vivo. Sconsolato mi appoggio al tavolo da ping pong, dove avevo giocato la partita con lui, a guardare il tramonto. L’ immensa palla di fuoco cala sul mare, circondata da un alone arancione e nuvole rosee.
Ricordo la carica di fiducia che mi aveva trasmesso Micael il giorno precedente ed improvvisamente sento la sua mancanza. Gocce potenti scendono dagli occhi sul mio volto. Torno nella mia camera, pieno di malinconia. Non riesco piu’ ad incontrare il mio nuovo amico per tutta la vacanza e ne sono profondamente dispiaciuto.
MICAEL
Oggi vivo sulla terraferma, in una citta’ di mare naturalmente, ed ogni anno incontro le stesse persone che mi raccontano le loro storie, nel mio stabilimento balneare.
Con me, ad aprire e chiudere gli ombrelloni ogni giorno, c’e’ la mia dolce anima gemella ed a costruire enormi castelli di sabbia ed intrattenermi con interminabili sfide a ping pong c’e’ mio figlio, che ho chiamato Michele, perche’ i suoi occhi hanno la stessa luce ed il suo viso lo stesso entusiasmo del giovane amico incontrato nel mio viaggio meraviglioso.
MICHELE
Oggi mi sento particolarmente in forma: “Forza Michele!” urlano i miei genitori mentre l’ allenatore mi impartisce i giusti consigli importanti per battere il mio avversario.
Finalmente sto’ disputando un torneo di tennis tavolo vero e proprio! Durante questa finale sto’ giocando davvero bene, anche se andiamo ai vantaggi. Siamo 11 a 10 per me, ed anche il servizio e’ il mio. Uno dei miei limiti e’ che batto solo di diritto e sono prevedibile per l’ avversario.
Ma all’ improvviso mi viene in mente Micael: batteva di rovescio ed aveva provato ad insegnarmi come faceva lui. Provo a concentrarmi ed a ricordarmi quel momento: prendo fiato e…. la battuta mi viene benissimo! L’ altro non riesce a prenderla….. Evvai! Ho vinto! Sono primo su 20 partecipanti e ricevo una fantastica coppa tutta dorata. Felicissimo, bacio e sussurro al mio premio: “Grazie Micael, breve compagno di viaggio, ecco dove si arriva con la fiducia in se stessi!”.
Questa e’ una storia scritta a quattro mani con la mia mamma (ciascuno ha dato vita ad un personaggio) che ha condiviso con me, in questo breve racconto, la mia passione per la scrittura.
Dolcissimo melanconico e carino questo racconto!! Bravissima Dawn ! …uh , pardon ! Aurora!
Grazie Laura, in effetti abbiamo giocato… Ma del resto a 10 anni anche questo bisogna fare! L’ importante e’ scrivere!
Ad un certo punto del racconto, ho avuto l’impressione che Micael fosse in realtà Michele. Ho immaginato un dialogo con il bambino che c’è in ognuno di noi.
E mi chiedo se, Aurora bambina sia in realtà Aurora grande. Curiosità!
In ogni caso, brave entrambe!
Abbiamo giocato sullo scambio di ruoli dove il genitore insegna al figlio ma il figlio insegna al genitore. Aurora bambina e’ necessariamente Aurora bambina, ha 10 anni, ed io sono la mamna e scrivere a 4 mani mantenendo la narrazione di Aurora piccola e’ cosa ardua. Grazie Barbara
Un esperimento bellissimo! Brave, tutte e due 🙂