Premio Racconti per Corti 2016 “La Suocera” di Biagio Cinà
Categoria: Premio Racconti per Corti 2016È una calda giornata di fine ottobre. L’estate era ormai finita, ma a Palermo l’autunno tarda ad arrivare, ed in prigione, all’Ucciardone, l’afa è insopportabile. Lo sfigato Totò, Vicé, il grasso Raffaele detto u vagnato, e zio Ciccio, il più anziano tra i quattro, per ingannare la noia, stanno giocando a briscola. Fortunatamente hanno quel consumato mazzo di carte siciliane a tener loro compagnia.
«Carrica, Vicé!»
«Non ho nulla. Tre punti ti posso dare!»
«Mizzica; mi fai sprecare le briscole!»
«Li stiamo massacrando!» li sfotte zio Ciccio, rivolto al suo compagno, che si stava asciugando la fronte sudata con un fazzoletto.
«Minchia; oggi il caldo è insopportabile!» si lamenta il grasso Raffaele. Indossa solo una canottiera, tutta impregnata di sudore che emana un tanfo spaventoso.
«Questa, giornata da gita in campagna è!» esclama distrattamente lo sfigato, ma nessuno risponde a quell’inopportuna aspirazione del povero Totò, ed un profondo triste silenzio carico di rimpianti turba per un momento la concentrazione della partita.
Intanto, passa di lì il secondino, che li saluta cordialmente.
«L’avvocato è stato assolto!» li informa «Era stata la suocera!»
«Incredibile! E la figlia?» gli chiede lo zio Ciccio.
«Lei era all’oscuro di tutto: ha fatto tutto sua madre. C’erano coinvolte almeno dieci persone, ma ne sono state condannate solo tre!»
«Di cosa state parlando?» chiede interessato Totò.
«L’avvocato era un povero disgraziato che capitò qui qualche anno addietro!» risponde zio Ciccio, mentre la guardia li saluta. «Era un uomo distinto, educato. Quel poveretto non era fatto per un posto del genere. Arrivò qua, che quasi tremava come un picciriddu! Diciamo che non era il suo ambiente» aggiunge con un ghigno che voleva essere un sorriso. «La prima notte non fece altro che girarsi e rigirarsi nel letto».
«Nessuno dorme la prima notte!» s’inserisce serio Raffaele, con lo sguardo cupamente rivolto verso le carte.
«I primi giorni non toccava cibo, non mangiava, non parlava con nessuno» continua zio Ciccio.
«Era magro magro, e pallido come un cadavere. Sembrava malato!»
«Perché era dentro?» chiede Totò, sempre più distratto dalla partita.
«Asseriva che era innocente!» risponde zio Ciccio, continuando il suo racconto mentre fa cenno al suo compagno di caricare.
«Siamo tutti innocenti!» aggiunge Raffaele, che segue attentamente i cenni del volto di zio Ciccio.
«Segui il gioco!» si lamenta irritato Vicé, rivolgendosi a Totò, ma il suo compagno è ormai troppo interessato alla storia dell’avvocato.
«Continuasse, zio Ciccio!» lo esorta Totò, incurante dei rimproveri del compagno.
«L’avvocato era un uomo divorziato che stava partendo per le vacanze con la figlia; una bella figliola, te lo assicuro» aggiunge «Comunque; prima di lasciare la città, viene fermato dalla finanza: c’era stata una soffiata. Gli trovano della droga in macchina e lo arrestano!»
«È bravo l’avvocato!» esclama Totò.
«Ma che minchia dici? Ti ho detto che l’avvocato era innocente!»
«Mi scusassi zio Ciccio!»
«Mischino, quel povero cristo non si rassegnava all’accaduto. La cosa che più gli rodeva il cuore era che tutto questo era accaduto proprio davanti agli occhi della figlia. Si disperava per questo, piangeva ed era inconsolabile. Finalmente, quando si riprese un poco, l’avvocato, non rassegnandosi giustamente alla sentenza di primo grado del giudice, chiama amici, avvocati, ingaggia un investigatore privato, smuove un mondo. E in questo modo riesce a scoprire la verità!»
«Come lo avevano incastrato?» chiede ansioso Totò che pendeva ormai dalle sue labbra, mentre gettava sul banco una carta a caso.
«Totò, ma che cazzo fai?» si dispera Vicé. «Non lo vedi che c’è l’asso per terra?»
«Carta battuta!» lo ferma Raffaele, mentre Totò cercava di riprendere la carta per rimediare all’errore grossolano.
«Allora; cosa successe?» chiede ancora Totò, rivolgendosi nuovamente a zio Ciccio.
«Era stato architettato tutto dalla suocera!»
«Minchia, la suocera? E perché mai?»
«L’ex moglie dell’avvocato, si voleva risposare con uno straniero… un Greco. Si voleva trasferire ad Atena e portare con sé la figlia. Ma la bambina non poteva espatriare senza il consenso del padre. Così, la madre dell’ex moglie dell’avvocato, la suocera, aveva messo la droga nella macchina del genero, ed aveva corrotto un maresciallo della finanza per incastrare l’avvocato e permettere alla figlia di risposarsi e portare con sé a picciridda! Cosa non si farebbe per una figlia!» esclama, mentre la partita volge al termine.
«Ottanta punti, mentre voi avete fatto quaranta!» spiega Raffaele «Avete perso un’altra volta!» ride.
La storia dello zio Ciccio aveva irretito Totò, facendolo distrarre dalla partita. L’ennesima mano di briscola era andata perduta. Vicé si mette le mani tra i capelli:
«Non possiamo cambiare le squadre?» chiede sconsolato.
«Questi siamo!» esclama Raffaele, guardandosi attorno, come a dire che i compagni di quelle partite non sarebbero cambiati per un po’ di tempo.
Racconto di una classica giornata in un penitenziario, anche se molto semplice colpisce l’affermazione finale.