Racconti nella Rete 2010 “Zeki” di Vito Falco
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Fu nell’estate del duemila,la prima trascorsa in campagna.
La ristrutturazione della casa era stata ultimata in primavera ma intorno c’era soltanto una distesa di steli secchi dove venivano a pascolare le pecore. I pochi alberi vicino alla casa scampati ai mali dell’abbandono e della solitudine, erano le uniche macchie di verde . La calura già a giugno aveva spento i fiori delle piante spontanee nate ad aprile. La casa però era fresca per i muri spessi e per il tetto di tegole e legno .
La spiaggia vicina e il silenzio attorno ci avevano convinto che quello era un bel posto per trascorrere l’estate. Andavamo presto al mare, qualche ora dopo la sveglia del piccolo Alessandro.
Una mattina di luglio, me lo trovai davanti:un cane ossuto e scarno che cominciò ad abbaiare , entrambi impauriti ci scrutammo diffidenti. Agitai minaccioso una scopa ,lo mandai via. Il cane si mise a guaire, ma si fermò in mezzo alla campagna più o meno a cinquanta metri e mi osservava.
Anch’io lo guardavo: la sua pelle appiccicata a fatica alle ossa rendeva esattamente l’idea di quanto tempo fosse trascorso dall‘ultimo suo pasto.
Io, Annamaria e Alessandro andammo al mare un po’ più tardi quel giorno.
Al ritorno lo trovai di nuovo sotto la veranda, accucciato .Scappò immediatamente e sul pavimento rimasero malevoli zecche .La stessa situazione l’indomani e nei successivi cinque giorni. Tanto tempo impiegai per capire che quel cane mi aveva adottato: la sua tenacia andava ricompensata. Non avevo mai avuto un cane prima di allora ,compresi che il pericolo non era lui ma le zecche che aveva addosso.Andai a comprare qualcosa per combatterle e il negoziante mi consigliò una polvere da sciogliere in acqua per poi spruzzarla sul cane . Il problema era fare capire la faccenda al cane che , d’accordo ,voleva vivere con noi, ma rimaneva diffidente, sicuramente un padrone prima di allora lo aveva avuto e forse per questo non si fidava. Se penso alla scena rido da solo ancora oggi. Le istruzioni sulla confezione dell’antiparassitario, consigliavano di evitare il contatto con la pelle e gli occhi, così dopo avere indossato un k-way col cappuccio, messo la maschera da sub, indossato guanti per lavare i piatti ,pantaloni lunghi e stivali di gomma ,con la pompa irroratrice sulle spalle, mi presentai al cane che naturalmente ,quando mi vide si impaurì più delle altre volte e cominciò a scappare. Cominciai a correre anch’ io inseguendolo lungo tutto il perimetro interno del recinto di rete metallica.La scena a cui assistevano mio figlio,che rideva divertito, e mia moglie preoccupata , era a metà tra “oggi le comiche” e “giochi senza frontiere”. Dopo aver corso una decina di minuti, alternando, frenate strategiche, finte calcistiche(mie e del cane) e cadute rovinose( solo mie) riuscì a “metterlo all’angolo”. Non aveva più possibilità di sfuggire al suo destino. Lo vidi distendersi a terra a pancia in su , con le zampe anteriori piegate al torace e quelle posteriori distese, segno di resa totale a quell’alieno che aveva di fronte. Cominciai a far funzionare la pompa e lo spruzzai per bene.Era tutto bagnato. Anch’ io ero tutto bagnato (non vi consiglio di provare, ma vi assicuro che correre a luglio, abbigliato in quel modo, fa sudare parecchio).
Si alzò scrollandosi di dosso quello che poteva,poi si mise a sedere sulle zampe posteriori , gli offrii la mia mano e mi diede la zampa. Lo chiamai Zeki, per quelle zecche che d’ora in avanti non avrebbe più avuto . Da quel giorno divenne uno di famiglia e si riprese velocemente , cibo e affetto funzionarono bene . Rimase con noi tutta l’estate .
A settembre ritornammo in Paese,lui rimase in campagna, era il suo territorio ed era libero di scorazzare come voleva.
Andavo lì ogni giorno , mi sentiva arrivare e mi veniva incontro correndo e poi a fianco dell’auto mi “scortava” fino alla casa. A volte invece non lo vedevo subito, ma dopo un po’ , da lontano, lo vedevo giungere velocissimo e mi saltava addosso per farmi festa.
…Novembre è tempo di olive; si usa fare raccogliere i propri alberi ad altre persone e dividere il raccolto. Molti lo fanno,anche i miei vicini.
Il sei novembre andai come sempre in campagna, non vidi Zeki per tutto il tempo che rimasi lì. L’indomani non vedendolo ancora, feci un giro con la macchina per cercarlo .
Non lo vidi più, ma non penso sia andato via da solo, così come era venuto.
Di lui mi rimane una foto e il ricordo di quando mi riportava indietro i pezzi di legno che gli lanciavo oltre la rete ,che saltava con eleganza. Mi rimane l’affetto che mi ha dato e che gli ho dato. Affetto che non riesco a dare ai tre cani che possiedo adesso. Zeki era un meticcio, la definizione bastardo , nella sua accezione più dispregiativa è meglio riservarla , a chi se lo è portato via assieme ai sacchi di olive ,appena raccolte, da trasportare al frantoio.
La mia campagna oggi non è più come allora ,d’estate si colora di verde , il vigneto e i tanti alberi che ho piantato sono cresciuti ed è bello trascorrerci l’estate perché il mare è vicino.