Premio Racconti per Corti 2010 “Aquiloni” di Alessandra Ponticelli Conti
Categoria: Premio Racconti per Corti 2010Erano le otto. Andreina aprì la finestra. La giornata era fredda. Un pallido sole stava facendo capolino tra i palazzotti di via dei Malcontenti. Indossò una giacca di lana, si tirò dietro la porta e, con la sua andatura traballante, percorse il buio corridoio che dalla camera conduceva alla sala da pranzo. Si sedette al solito tavolo, e, come ogni mattina, aspettò che qualcuno le portasse il suo caffellatte. Oggi facevano tre anni che si trovava lì. Una lacrima le rigò il volto. Di fronte, sul muro, le parve di rivedere l’immagine di suo nipote che, con dolcezza, le diceva:”Vedrai, zia, qui ti troverai bene. Lo so che la propria casa è la propria casa, ma questa è un’ottima struttura; non è il solito ospizio; e poi, lo sai…non c’erano altre soluzioni. Non potevi più stare da sola!”. L’anziana donna ingollò a fatica qualche fetta biscottata, finì di bere, e si alzò. Dall’altro capo della stanza, una vecchietta magra magra, sorridendo, la chiamò:”Che c’è, ti senti giù? Dai, non abbatterti! Oggi è giorno di tombola! Ci divertiremo! E anche di lasagne!”. “Lo so, lo so”, rispose irritata l’Andreina, mentre si affrettava a uscire dalla stanza. Arrancando, attraversò il cortile interno che portava alla cappella.
L’aria frizzante del mattino la fece sentire viva. Si voltò: qualcuno aveva aperto il grande portone che dava su via Thouar. Guardò la strada. Udì, in lontananza, schiamazzi vivaci di bambini. Un fugace sorriso illuminò il suo viso stanco. Si rivide piccola. Una bella scolaretta dai lunghi capelli biondi, che, involtata in un lungo grembiulino nero dalla candida goletta bianca, con un magnifico fiocco rosso, recitava, compunta, a memoria, L’aquilone di Pascoli:
C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, /anzi d’antico…/Si respira una dolce aria che scioglie/Le dure zolle…/Un’aria d’altro luogo e d’altro mese/E d’altra vita: un’aria celestina/Che regga molte bianche ali sospese…/Sì, gli aquiloni!
Non sapeva chi avesse spalancato il portone. Non era mai capitato prima, ma comunque non era importante. Mai, come quel giorno, aveva avvertito un desiderio tanto intenso di libertà. Nemmeno quando il suo babbo, punendola per qualche marachella, le impediva di uscire a giocare con gli amici giù, tra le panchine di piazza Santo Spirito.
Aveva dimenticato il bastone. Non faceva niente. Lentamente s’avviò verso l’uscita; risalì quasi l’intera strada, svoltò a sinistra e raggiunse l’Arno. Il sole rischiarava di una luce cristallina le torbide acque del fiume. Si affacciò alla spalletta: la forte corrente trasportava rapida, con sé, qualunque cosa incontrasse. Girò gli occhi. Più su, il suo Ponte Vecchio resisteva ancora, come lei, agli acciacchi degli anni. A quegli impetuosi, rapinosi flutti che, imperterriti, tentavano, ad ogni istante, di travolgerlo.
Era tanto che non andava di là d’Arno. Forse non ci sarebbe più ritornata. Seguì con lo sguardo un canottiere che, con forza, affondava i suoi remi in quella imponente massa tempestosa e ripensò a tutta la sua vita. Rimase lì per ore a rimirare, attenta, lo scorrere veloce della fiumana.
Ormai era quasi mezzogiorno. Su una panchina, poco più in là, uno sconosciuto, assorto nei suoi pensieri, osservava il cielo. Andreina sentì improvvisamente un’enorme stanchezza. Lo raggiunse. Gli si sedette accanto. I due si guardarono, mentre lui, porgendole il braccio, disse:” Ti aspettavo; andiamo o faremo tardi”.
Andreina chiuse per un attimo gli occhi; li riaprì. Finalmente era nella sua bella piazza Santo Spirito, là, in mezzo agli alberi e a tanti bambini che, felici, lanciavano in alto i loro grandi aquiloni.
A me invece piace questo, lo trovo
liberatorio e suggestivo …