Premio Racconti nella Rete 2016 “La vestizione” di Elena Coppi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Elisabeth aveva cercato di offuscare i suoi ricordi di bambina e di adulta. La storia remota della guerra e la fine del suo amore con Sebastian l’avevano segnata nel profondo, dimezzando le sue ispirazioni e colpendo a morte le sue aspirazioni. Le immagini si offrivano ai suoi occhi in bianco e in nero, scolorite dal peso di enormi macigni grigi che rotolavano a tutta velocità verso un baratro che prima o poi sarebbe giunto sul suo cammino. La penombra era calata sul suo iride, annerito dai ricordi impressi nella sua mente. Era stanca. Le palpebre assonnate si adagiarono lentamente sui suoi occhi azzurri, immobili. Il suo corpo si fermò. Il respiro si fece profondo. Tutto tacque, la mente cercò il suo silenzio. Prima che gli incubi scomparissero dalla sua mente, lasciando tracce indelebili sulla sua pelle, Elisabeth si svegliò di scatto, madida di sudore. Il turbinio degli eventi che avevano invaso la storia negli anni della sua adolescenza unito al sentimento adulto della relazione finita con Sebastian l’avevano annientata. Dopo un primo momento di agitazione e di respiro affannoso, il risveglio divenne cauto, lento e investigativo: le sue mani si adagiarono sul petto alla ricerca del battito regolare di vita, quella vita che fino a poco prima aveva accelerato i ritmi dei suoi pensieri notturni trasformandoli in sensazione di morte senza ritorno. Eppure un ritorno doveva esserci, o comunque un perché a quello che le stava succedendo: non cercava dei ‘se’ per quello che era stato, era consapevole delle sue azioni passate, nonostante fosse stata criticata per la sua scelta. Era una donna affascinante, sensuale e avvenente, di questo era consapevole. Il suo passato da ballerina aveva testimoniato ogni sera i passi di una danza liberatoria su di un palco, attirando su di sé gli occhi e le richieste, da lei non corrisposte, di uomini soli e ricchi. Era una ballerina speciale, non come tante altre, era quel tipo di ballerina, una femmina ancora non maritata le cui rotondità profumavano di emancipazione e di censura. La sua nudità rivelava la ricerca di espressione di un corpo e di un’anima forzati dal nichilismo di un legame che faceva da padrone alle sue intenzioni di vita. Sebastian l’aveva resa schiava, ora lei stava elaborando il suo passato e ne stava traendo forza. Elisabeth si adagiò sulla poltrona. La sua vestaglia a fiori era abbandonata al suo corpo, mentre i lembi della cintura si sciolsero dal nodo appena accennato. Si massaggiò i capelli, cercando il nastro che li aveva tenuti legati. Li sciolse liberandoli dalla costrizione e facendoli cadere sulla nuca, mentre il profumo della sera prima evaporò nel gesto, consapevole e ricercato. Il sonno prese di nuovo il sopravvento, lento e graduale, mentre il corpo si lasciò andare nel suo assopimento fisico e mentale. Sperava di potersi ridestare sollevata da piedi determinati e consapevoli della vita stessa. La luce di un unico raggio di sole stava tentando di attirare la sua attenzione sulle sue palpebre in movimento. Elisabeth si era svegliata con un senso nuovo di leggerezza, forse ancora precario, ma diverso dai giorni precedenti. Il pensiero del mattino riandò nuovamente al suo passato, quando come ballerina aveva conosciuto un ricco generale giapponese con il quale aveva trascorso serate all’insegna del silenzio e del rispetto, parola che in quegli anni non aveva avuto, purtroppo, un gran significato in quelli che incontrava ogni sera. Quell’incontro era stato particolare: una sera lui entrò nel locale, silenzioso, con la sua divisa impeccabile e il suo sguardo oscuro e attraente allo stesso tempo. Mentre Elisabeth ballava il suo assolo e si spogliava dei suoi vestiti di scena, Yoshiiku – così il suo nome – non smetteva di fissarla. La fissava con rispetto, questa era la sensazione che – nonostante il locale e la situazione non facessero pensare così – lei si sentiva addosso: la sua nudità era rispettata. Mai prima Elisabeth aveva percepito tale benessere: molti uomini l’avevano spesso guardata, ma il loro sguardo non voleva dire nulla se non qualcosa di scontato o di carnale. Da quel momento aveva avvertito quel brivido di libertà per davvero. Non lo vedeva come un uomo presente nella sua vita, bensì come un uomo che l’avrebbe aiutata a fare funzionare la sua vita. Sapeva che un domani avrebbe avuto bisogno di lui. E così fu. Le conversazioni silenziose tra di loro si susseguirono una volta a settimana. La rigidità della divisa di Yoshiiku nascondeva la sensibilità di un uomo devastato da un passato sconvolgente. Ora le sue intenzioni avevano voglia di cambiare, come quelle di Elisabeth. Forse era questo che li accomunava: la meta di entrambi era quella di volere cambiare i loro destini. La strada era buia, ma il semplice stare insieme nella villa sontuosa di Yoshiiku rendeva le loro serate diverse, o semplicemente normali. Fu proprio da questa sensazione di normalità che Elisabeth si ridestò. Sapeva che in quel momento aveva bisogno di lui, di quell’uomo che l’aveva colpita nel profondo. Si ricordò dove poteva trovarlo: l’ultima volta che si erano visti le aveva lasciato un biglietto dove una scritta in giapponese tradotta rivelava l’indirizzo della sua dimora. Si vestì senza fretta – lui le ricordava sempre di non averne mai quando si trattava di prendere delle decisioni importanti nella vita – raccogliendo i capelli come quella volta quando lui le disse che assomigliava a un’attrice famosa. Ripeté l’acconciatura, si sentiva bene al pensiero che lui potesse guardarla come aveva fatto in passato, senza la necessità di toccarla e di assaporare la sua pelle. Spruzzò un profumo che aveva note di gelsomino indiano su un fondo di ambra, infilò un paio di scarpe comode e il suo completo giallo, adornato da un filo di perle che aveva trovato tra le gioie di sua madre. Le perle le davano un senso di onestà e trasparenza: voleva apparire tale, anche elegante e preziosa. Uscì con la sua borsetta di pelle marrone, facendo cenno al taxi di fermarsi. Pronunciò l’indirizzo e l’autista, dopo essersi accertato che la passeggera si fosse ben accomodata, accelerò in mezzo al traffico. Le auto e le biciclette avevano riempito le strade perché era la domenica della Festa della Vestizione in onore della Vergine Maria. L’auto si fermò davanti al numero civico richiesto e gli occhi di Elisabeth, appoggiati al finestrino, rimasero ammaliati dalla villa che si stagliava sullo fondo del viale alberato. Scese, pagando l’autista e dirigendosi verso l’immenso cancello, ove una guardia dalle sembianze orientali controllava il perimetro. Elisabeth si presentò col suo nome e la guardia, senza neanche attendere l’ultima lettera, la fece entrare, facendola dirigere verso l’ingresso principale dell’abitazione. Mentre lei si stava avvicinando a piedi, poiché la strada di ciottoli color porcellana si stendeva per un centinaio di metri, da lontano vide il portone aprirsi e una sagoma riconoscibile uscire in divisa. Era lui, uguale a quando Elisabeth lo aveva conosciuto: la sua ombra di media altezza ne riproduceva i contorni in controluce, rigidi e virili. Elisabeth si fermò di fronte a lui, si salutarono nella maniera in cui un’amicizia tra uomo e donna poteva esprimersi: stretti in un abbraccio caloroso, seguito da sguardi persi nella profondità dei rispettivi occhi neri e azzurri, per poi terminare in uno scambio breve ma denso di significato per entrambi.
«Yoshiiku, il grande uomo» lo salutò Elisabeth in ricordo dell’appellativo con cui lei usava omaggiarlo.
«Elisabeth, la donna, la grande madre di noi uomini – rispose Yoshiiku, ricordandole quello che lei rappresentava ai suoi occhi – Ti prego, entra, tu sei sempre la benvenuta»
Elisabeth lo fissò nuovamente negli occhi, liberandosi dall’abbraccio del Generale, lasciando lentamente scivolare la mano in quella di lui, per poi spostarsi dalla soglia all’ingresso della villa imponente. Essere accolta con naturalezza e senza che lui facesse ulteriori domande la fece sentire speciale come ai vecchi tempi. Quando erano insieme, cioè nello stesso spazio, i loro ruoli – laddove dovessero essere tali – erano liberamente invertiti rispetto alle costrizioni della loro società e della divisa, vissuti senza distinzione di genere e di pelle. Quello che accadeva tra loro era guidato da un motore unico, l’amore e il rispetto senza etichette di ogni sorta. I due si riavvicinarono, poi improvvisamente lui si voltò di schiena facendole cenno di seguirlo nella sua stanza. Elisabeth salì le scale ed entrò in quella stanza. La porta si chiuse alle loro spalle, leggera. Gli sguardi incrociarono nuovamente i loro destini. Il silenzio riempì le parole assenti. Era il momento. Lui allungò le mani sulla sua cintura, la spogliò lentamente dagli abiti pesanti della giornata, quelli che avevano riempito l’armadio dei suoi ricordi. La fece girare di spalle, lei non ebbe alcun timore: era libera dal suo sesso, con lui era una persona, degna di essere tale. Sapeva che non sarebbe accaduto nulla se non il sentirsi finalmente rispettata. Yoshiiku la avvolse in tessuti profumati e nuovi, avendola prima immersa in una vasca piena di schiuma bianca e densa. Il bagno era un rituale della terra di origine di Yoshiiku, ma con un elemento distintivo di una modernità assoluta: le mani di un uomo protagoniste nella purificazione di una donna attraverso il bagno dei sensi. Nella storia tutto ciò non era mai successo, mentre nella storia di Elisabeth tutto ciò stava per accadere. La purificazione lenta accompagnata da gesti delicati l’aveva resa inerme, ma presente nella sua nudità pura. Le mani di lui raccolsero la corposità della schiuma per coprirle il seno proporzionato da un velo delicato. Ora il corpo era avvolto dalla leggerezza dell’acqua. Lui si chinò, la guardò negli occhi, l’anima di Elisabeth stava riaffiorando dalla profondità trasparente dell’acqua. Yoshiiku si alzò, le sfiorò le labbra con i polpastrelli delle dita. Con un gesto gentile le fece cenno di alzarsi, senza preoccuparsi se alcune gocce avrebbero bagnato la superficie chiara del pavimento, ove era stata stesa una pedana su cui erano sparsi petali di rosa e gelsomino. Le girò intorno, mentre la schiuma continuava ad avvolgerla come una coperta di lana soffice, scivolando verso il basso. Le prese dolcemente le sue mani affinché potessero accogliere un asciugamano caldo: lui non la sfiorò minimamente, mentre la aiutava a indossare la vestaglia nuova. Le sue nudità si erano nuovamente impossessate delle loro origini. Un uomo aveva desiderato svestirla per poi rivestirla con amabile cura. Elisabeth non aveva dovuto chiederlo o subirlo, erano stati entrambi a desiderarlo.
Una maniera di dipingere davvero affascinante e seducente. Delicatezza e sensualità, come attraenti declinazioni della bellezza.
Voglio fare i complimenti per il tuo modo di scrivere: si percepisce che ami leggere. Brava. 🙂
@Angelo, che bel commento. Mi piace leggere ma soprattutto leggere ‘dentro alle persone e alle cose’, per poi descriverle come se dipingessi un quadro. Hai usato delle parole che appartengono al mio modo di scrivere, o almeno al mio obiettivo di scrittura. Difficilmente descrivo i personaggi da un punto di vista fisico, bensì li porgo al lettore sulla base di sensazioni ed emozioni che loro stessi provano, oppure alludendo a immagini che ne ritraggono le principali caratteristiche, lasciando comunque al lettore spazio per immaginarli come vuole. Sullo sfondo, metto molto colore e musicalità.
Ho appena postato il mio racconto, ora inizio anche a leggere tutti gli altri :).
Grazie ancora!
Grazie Elena per il tuo commento, mi fa piacere il tuo apprezzamento.
Ho caricato anche un altro racconto: se ti avanzano minuti da sprecare e non sai che farne, potrebbe essere tra le perdite di tempo meno noiose.. 🙂
Questo racconto l’ho letto tre volte, lentamente, per assaporarlo, per coglierne la delicatezza, la potenza, l’eleganza. Ottimo.
@Gino, grazie di cuore. Credo che la lettura di qualsiasi libro o racconto debba avvenire lentamente per potere assaporare l’essenza delle parole, il profumo delle immagini, i rumori dell’anima. Io non sono una divoratrice di libri, nel senso che sì mi piace molto leggere ma con i tempi giusti affinchè mi arrivino la maggior parte delle sfumature, dalla struttura stessa al messaggio finale. Si vede che anche nella scrittura trasmetto le stesse sensazioni che io desidero ricevere quando leggo.
Grazie e in bocca al lupo per il concorso.