Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2016″E cambiai vita…..” di Melania Fuligni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Era giovane con tutta la vita davanti e già sentiva la stanchezza per un’esistenza vuota, già vecchia, si sentiva così senza un futuro prosperoso, senza una prospettiva concreta.

Così in balia di questa inquietudine interiore e dell’incertezza sul futuro, aveva deciso di abbandonare l’Italia, la sua Firenze, la città dei Guelfi e dei Ghibellini, il provincialismo e il bigottismo in cui era cresciuta, per andarsene a Londra, meta ambita di tanti giovani in cerca di futuro e di libertà.
Londra l’aveva sempre affascinata, vedeva in questa città la possibilità di fuga da una vita che non era disegnata per lei.
Sarebbe stato difficile sola, senza il supporto della famiglia, con la sua timidezza, incancrenita dall’infanzia e consolidata nell’adolescenza.
E ora dall’alto dei suoi 21 anni, Lucia Palladini sentiva una forza dentro e una voglia di rivalsa, che le dettero la giusta determinazione per troncare i legami con la famiglia, con i genitori, oramai erano rimasti solo loro, per chiudere la porta a quella vita triste e piatta, che aveva fatto di lei una ragazza con un vissuto all’ombra del fratello.
Adolfo, il fratello, era il primogenito della famiglia Palladini, dal cognome altisonante.
Solo per il cognome perché si trattava di una famiglia decisamente modesta.
Lavorava solo il padre, la madre casalinga, era una donna dall’aspetto scialbo e dimesso, e si era occupata esclusivamente delle faccende domestiche e di accudire, crescere ed educare Lucia ed Adolfo.
Quest’ultimo compito era stato arduo per lei, così ottusa e poco lungimirante, che dei figli non conosceva niente e non aveva capito nulla.
I suoi occhi vedevano solo la scorza della sua prole, non si era mai soffermata su quei particolari, che avrebbero portato a galla la verità su quei ragazzi così complessi, che ognuno per la propria personalità difficile e per le problematiche adolescenziali, stava deragliando dai binari che definivano la “normalità”.
La famiglia Palladini apparteneva a quelle schiera di famiglie comuni, proletarie di genitori per bene, che fa i salti mortali per arrivare alla fine del mese.
Insomma una famiglia provinciale, frequentatrice di gruppi di chiesa, non di gruppi di gente altolocata e dotta, che frequentava i salotti colti fiorentini, i cui pensieri principali erano volti all’apparire, al mostrare le proprie origini o condizioni altolocate, dove tutto diventava competizione persino in ambito scolastico.
Per i figli di questi personaggi infatti primeggiare a scuola sia nel bene, che nel male era il solo obiettivo quotidiano.
Per Lucia e Adolfo no, era tutt’altra storia, loro non avevano nulla da mostrare, né casa, né vestiti all’ultima moda, ma solo la loro naturale attitudine allo studio e all’apprendimento che, faceva di loro degli studenti modello.
Lucia si era rivelata da subito una studentessa ineccepibile, regolare, mai saltato un giorno di scuola, sempre china sui libri.
Aveva portato a casa da subito delle pagelle invidiabili.
I genitori, quando andavano a parlare con i professori ne uscivano soddisfatti, si ma mai con un sorriso di approvazione per lei, per il duo operato.
D’altronde erano così loro, inespressivi, duri, col volto contrito, mai un sorriso, mai una luce nei loro occhi.
Come dargli torto dopo la perdita del loro primogenito.
Adolfo aveva 30 anni, quando fu trovato morto nella stazione di Firenze Rifredi, dopo l’ultima dannatissima dose di eroina, pigiata in quel sangue marcio dalla nascita.
Nel sotto scala, solo come un barbone puzzolente e senza più dignità, era morto così con la bava alla bocca, la siringa ancora piantata nel braccio e con la maglietta, che le aveva regalato la sorella con un logo memorabile “l’erba cattiva non muore mai”.
Lucia forse l’aveva comprata per incitarlo a riprendersi la vita, che la roba gli stava togliendo attimo dopo attimo o forse scaramanticamente per scongiurare, quello che invece sarebbe stata la sua fine. La fine di chi decide dal primo buco iniettato di morire poco alla volta, nel fisico ma anche nella mente, neurone dopo neurone, di chi decide di tenere scollegate le sinapsi per scollegare il pensiero, il pensiero di un’infelicita’ atavica che lui forse si portava dietro dalla nascita.
Aveva iniziato a bucarsi finito la scuola superiore con l’incertezza del futuro, non quello lavorativo, quello forse era l’unica cosa certa che aveva.
Aveva studiato Ragioneria, perché i conti devono tornare sempre ……così gli diceva il padre anche se di fatto lui propendeva più per le materie letterarie, il suo animo sensibile gli imponeva libera espressione nella scrittura, nel pensiero e anche nella lettura.
Li divorava i libri, se li mangiava a colazione, a pranzo, a cena, di notte quando non dormiva, la lettura e la scrittura erano diventati il suo rifugio, dove poter esprimere i propri disagi per una sessualità inespressa, che avrebbe devastato la madre e il padre.
Uscire allo scoperto avrebbe fatto scalpore sia a scuola, che in famiglia.
Allora aveva deciso per non affrontare la realtà, aveva deciso per la fuga dalla realtà e dalla vita.
La scrittura lo aiutava nella libera espressione, la droga lo rendeva leggero, alleggeriva i propri pensieri, i dissidi interiori, le contraddizioni fra l’essere e l’apparire. E così che aveva iniziato e così che era morto.
La sorella aveva scoperto, aveva capito , ma la sua difficoltà ad affrontare i genitori per vuotare il sacco, quel segreto custodito dentro l’avevano sempre frenata.
Quindi raggiunta la maturità, superata col massimo dei voti, aveva preso in mano la sua vita e con il cuore in gola rotto dal pianto aveva comunicato di volersene andare in cerca di fortuna di un’alternativa a Londra. La madre era morta due volte, ora perdeva la sola figlia rimasta, ma in cuor suo capiva ed accettava suo malgrado questa scelta. Il padre no, non s’era più voltato a guardarla, quando era partita col trolley consumato dai viaggi del fratello.
Così arrivò nella metropoli inglese, che tutta la gioventù moderna sogna di poter vedere almeno una volta nella vita.
Aveva cercato alloggio in uno di quei siti internet come ragazza alla pari. Timida era timida, ma la partenza in solitudine, l’impossibilità di appoggiarsi a qualcuno le sarebbe servito per vincere quel carattere introverso, che aveva influenzato da sempre i rapporti con gli altri.
La famiglia Campbell, con due simpatici inglesini come figli, Kate e Luke, la accolsero con calore e ospitalità, l’ospitalità e l’accoglienza di chi è abituato a viaggiare e stare con gente sconosciuta.
I bimbi inizialmente timidi, anche loro le si affezionarono presto e la videro come una sorella maggiore e compagna di giochi. Per una volta nella vita si sentiva a casa apprezzata e amata.
La madre di Kate e Luke era una donna moderna con due lauree alle spalle, una in lingue e una in legge e lavorava come barrister per i contenziosi di arte.
La donna noto’ da subito che, Lucia era una ragazza in gamba e desiderosa di imparare e conoscere.
Col passare dei giorni la Sig.ra Campbell si affeziono’ a questa ragazzetta italiana, così diversa da lei per temperamento e personalità, ma simili per affinità elettive.
Fu così che la Sig.ra Campbell convinse Lucia ad informarsi su quale fosse l’iter per l’ingresso al college di Londra per studenti stranieri.
C’era da sostenere un’esame di ingresso per chi aveva superato la maturità con il massimo dei voti e poi era fatta, dato che per l’università pubblica per studenti stranieri eccelsi non c’era niente da pagare.
Questo per lei avrebbe segnato la svolta, il cambiamento, l’opportunità di rivincita dalla precedente vita sfortunata e sfigata.
Doveva farcela per lei, per il suo riscatto ma anche per il fratello che non c’era più.
Studio’ notte e giorno fino alla data dell’esame, come se fosse la sola e ultima chance, che la vita le dava, come se non ci fosse un domani.
Si presentò all’esame, smagrita, con lo sguardo incavato dalla stanchezza e dalla paura.
Doveva farcela, lo doveva a se stessa ed a tutti quelli che speravano nel suo successo.
Dopo una settimana di tensione arrivarono finalmente i risultati dell’esame: accettata col massimo dei voti ……
Non era possibile finalmente la ruota aveva iniziato a girare, la vita stava cambiando.
Tutto succedeva così in fretta, si sentiva come protetta dalla presenza di un angelo, che tifava per lei, per il suo successo, per il suo riscatto da una vita sfigata, vissuta nell’ombra. Era lui che la proteggeva, era il fratello, Adolfo, che dall’alto guardava come la vita scorre e come ognuno possa essere artefice del proprio destino, anche lui lo era stato ma nel male e Lucia ce l’aveva fatta, era riuscita a riscattare entrambi se stessa e il fratello.
Dopo circa un mese iniziarono i corsi e Lucia puntuale si presentò al college, entro’ nella classe dell’università londinese, sali’ le scale carica di emozione e aspettative per il futuro chiuse la porta e non si guardò più indietro.

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