Premio Racconti per Corti 2010 “Olivia” di Rosanna Scimia
Categoria: Premio Racconti per Corti 2010Il mare, un regista. Le onde, figuranti a lambire la riva. Sassi bianchi dimoravano tra gusci di conchiglie. L’uomo era venuto giù dalla strada, scendendo gli scalini che portavano alla spiaggia per sedere sull’ultimo gradino in basso. Indosso, un paio di pantaloni color corda e una camicia blu di Prussia. Le gambe atletiche denotavano un passato sportivo, mentre le braccia incrociate gli conferivano una calma adatta a una sala d’aspetto. Sollecitata dalle insistenze della mamma, una bimba usciva dall’acqua insieme al suo barboncino. I due avanzarono verso la giovane signora che restò con l’accappatoio pistacchio in mano poiché la bimba, mimando alla perfezione le movenze del barboncino, si era già liberata dell’acqua.
– Olivia, vieni qui! E tu, Diamante, smettila! –
Diamante si drizzò sulle zampine posteriori, restando in bilico sui sassi scivolosi.
– Diamante! – Il cagnolino, sgocciolato come tonno in scatola, scodinzolò al richiamo della sua piccola amica e s’imbarcò per seguirla.
– Ollie! dove vai? –
Facendo orecchie da mercante, Olivia aveva lasciato il suo quartier generale per dirigersi verso l’uomo che sedeva a pochi passi da lei.
– Olivia, vieni qui! Diamante!! –
Ma la bimba era partita di gran carriera e il suo compagni di giochi l’aveva seguita con l’effetto di una calamita. Con le manine piantate sui fianchi la bimba cominciò il suo interrogatorio sotto il sole:
– Come ti chiami? Non fai il bagno?! Io mi chiamo Olivia e lui è Diamante! –
Il cagnolino abbaiò alle presentazioni per rientrare nei ranghi dopo un’occhiata eloquente di Olivia che diceva tutto, e niente. L’uomo regalò uno sguardo alla bimba e al suo costumino a pois verdi e blu, e rifilò un’occhiata alla scorta che s’era accucciata e sembrava una sfinge.
– Ce l’hai i bambini? –
Olivia aveva messo il broncio. Dopo aver inutilmente atteso la risposta ai suoi quiz, si voltò verso il compagno di giochi schioccando le dita per la ritirata.
– Olivia, devi ubbidire quando ti chiamo, quel signore non vuole essere disturbato e … –
– Ma io non volevo disturbarlo, mamma, voglio solo sapere come si chiama! – rispose delusa la bimba, sbirciando l’uomo dall’aria infelice. I lunghi capelli rossi ad incorniciarle il visino abbronzato si lasciò cospargere di crema dalla mamma, come un pesciolino di paranza. La signora tornò a sdraiarsi al sole.
– Mamma, posso camminare sulla riva? Porto Diamante con me! –
– Ollie, non ti allontanare! Non rientrare in acqua, e resta qui davanti perché io possa vederti, altrimenti andiamo via subito senza aspettare papà! –
Diamante abbaiò confermando di aver ben compreso le disposizioni e si lanciò all’inseguimento della sua padroncina. Per un po’ i due peregrinarono sul bagnasciuga, indecisi sulla direzione da prendere. Poi la bimba tornò sui suoi passi, attratta da quel nonno distratto. Seduta su un muretto Natasha disegnava. Olivia e Diamante avevano eletto a loro meta quel tratto di spiaggia e Natasha era lì per ritrarli. a loro insaputa. Protetta da un grande cappello a pagoda e provvista di cavalletto e matita, li aveva osservati per una settimana. Sul viso ricamato di lentiggini chiare, un paio di occhiali scuri. Olivia e Diamante suggerivano la pubblicità di un celebre abbronzante e Natasha era là, senza alcun incarico della ditta che lo produceva, per celebrare la magia dell’infanzia. Quelle immagini facevano rinascere in lei una vita che le si era sbriciolata tra le dita. Così aveva lasciato la città dell’Ermitage per trasferirsi in una mansarda a due passi da quel tratto di mare. E a tutti coloro che la salutavano con un semplice “Madame”, lei rispondeva con il sorriso dei suoi incredibili occhi marini. Quel giorno la pittrice russa era scesa tardi, avendo tirato fino al mattino per una traduzione dal francese al russo. Si era sistemata e aveva atteso l’arrivo di Olivia e Diamante. Dell’uomo aveva notato subito la presenza … Perché l’uomo non fissava il cielo, ma gli aerei che decollavano e atterravano in quell’aeroporto che aveva le piste come lingue sul mare. Li osservava affascinato dall’istante in cui uscivano dalle nuvole fino all’atterraggio, Poi, quando un nuovo aereo si alzava in volo, il suo sguardo lo accompagnava fino all’istante in cui s’immergeva tra le nuvole. Intanto Olivia aveva spostato il suo quartier generale, accampandosi davanti alla zona d’ombra come Lawrence d’Arabia. Improvvisamente Diamante prese un sassolino fra i denti e si accoccolò davanti all’uomo per invitarlo a giocare. L’uomo lo accarezzò, prese il sasso e lo lanciò lontano. Diamante partì a razzo. La spiaggia s’era fatta deserta. Natasha prese la matita e cominciò il ritratto.
– Ollie, amore, vieni a fare merenda? Vuoi una banana o lo yogurth? –
La mamma di Olivia trafficava con la borsa termica. Ma la bimba, prendendo al volo due banane e una salvietta, aveva escogitato altro … Nel frattempo, la signora di San Pietroburgo continuava la sua opera, tra sentimento e poesia. La bimba si avvicinò affettuosa all’uomo, sussurrando tenera:
– Vuoi una banana, oppure lo yogurth? –
Con un gesto l’uomo la invitò a sedere. Olivia non se lo fece ripetere e si sistemò al suo fianco, le manine sulle ginocchia, emulando una foto all’asilo. Accucciato davanti a loro, Diamante muoveva la testa di qua e di là, come una vecchia pubblicità. Natasha stava dando gli ultimi ritocchi. Quando alzò gli occhi restò a bocca aperta. L’uomo e Olivia era seduti l’uno accanto all’altra. Davanti a loro, in maniera assolutamente identica al suo ritratto, Diamante. L’uomo prese per mano la bambina nello stesso istante in cui un aereo usciva sbadigliando dalle nubi color delle lenzuola. La mamma e il papà di Olivia sorrisero allo strano drappello con tanto di scorta che s’incamminava verso di loro. Con la tela sotto il braccio e il cavalletto a tracolla Natasha si avviò sui sassi occidentali. Quando era ormai a pochi metri da loro, il controllore di volo si voltò e i loro occhi di cielo s’incontrarono per la prima volta. Diamante salutò abbaiando la pittrice. Olivia, felice, prese entrambi per mano.
P.S. per i curiosi, l’uomo si chiamava Pascal.