Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2016 “L’indifferenza della luce del giorno” di Alberto Vailati

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

«Dai per piacere Laura, lo sai che non ce la faccio, ti prego» e intanto sbatteva sconsolato la testa, dondolando le braccia avanti e indietro, ricordando a tratti il mulinare della coda delle mucche, in difesa da mosche e tafani. «Per piacere un bel niente! La stessa storia tutti gli anni! Arriva l’estate e tu, tu … », puntando il dito e nascondendo a fatica l’ira che cavalcava tumultuosa dal torace fino al cervello e ingrossava la carotide,  «cazzo Mauro, tu fai sempre così. Ah, ma questa volta sai che faccio? Sai che faccio? Fanculo la sabbia che ti infastidisce, fanculo il sole che poi ti scotti, fanculo la gente che schiamazza … io ci vado lo stesso e poi, quando viene sera e mi bevo un bel Margarita, ghiacciato, con la cannuccia fucsia e il lime a mezzaluna infilzato sul bordo del bicchiere, ecco, me ne bevo un altro, con la cannuccia verde larga e a mezza altezza e poi, non ti preoccupare, qualcuno che mi spalmi il doposole lo trovo! Ah sì che lo trovo», sempre più paonazza e congestionata. «Perché fai così amore! Per  fav …» e non riuscì a terminare  le parole in quanto, nel frattempo, Laura aveva sbattuto la porta e se ne era andata, furente, giù per le scale, attaccandosi al corrimano in legno e appiccicandosi a ogni curva, maledicendo quel mollusco di moroso e tutti i consanguinei in fila. Era un tira e molla che durava oramai da tempo, fra litigate e pause a cuoricini rosa, fra sorrisi e sonori alterchi, fra periodi in cui Mauro manco si vedeva e giorni in cui pressava per uscire e “debordare”, nel ricordo del tempo che fu, nel caos da movida, nella metamorfosi da bruco –uomo accoppiato- e farfalla –uomo libero-.

Pausa dalle grida, in solitudine.

Adesso passeggiava incerto, pinta di birra ambrata appena spillata in mano, osservando le piante di limoni che ormai esplodevano da quanto erano cariche e sentendo impellente il bisogno di liberare la mente; gli scooter sferragliavano fastidiosi rincorrendosi e il mare blu cobalto schiumava sulla arena senza posa, di onda in onda, sempre più nerboruto. E Mauro rifletteva e nel contempo non rifletteva, si pentiva e poi gonfiava il petto, convincendosi di non dover mollare la protesta: titubante. Fondamentalmente era insoddisfatto, su tutti i fronti: non si piaceva, era stanco della solita arrembante monotonia quotidiana e però faticava a spezzare il limbo, temeva che se la biglia avesse iniziato a rotolare, non sarebbe più riuscito a fermarla, sempre più spinta dalla pendenza del fastidio inconcludente. Era un immaturo cazzone, debosciato, frustrato e incapace. In questo modo romantico Laura l’aveva descritto ultimamente alle amiche ed era stata anche così carina da raccontarglielo.

Si fermò: la brezza iniziava la corsa entroterra – costa e portava con sé profumi dolciastri e ammalianti; le palme muovevano la testa quasi ammiccando e i gabbiani garrivano e sembravano chiamarlo e ripetizione. Sì, avrebbe seguito l’invito, in fin dei conti il mare non era poi una pessima idea: sdraio affittata, ombrellone e calzini, così da tener lontani i pruriginosi granelli, un bel cocktail ghiacciato e il desiderio di sentir echeggiare un nuovo jingle estivo. Si rilassò e lasciò fuggire il sincopato nervosismo degli ultimi giorni: appollaiato e protetto, non era così male. Non era affatto male nemmeno il gruppo di ragazze a fianco. Quanti anni avranno avuto? Uhmm, non più di venti, ventidue. Ascoltò i discorsi: esami universitari, serate, le vacanze da organizzare. Voleva provare a interagire, ma fortunatamente si accorse di quanto fosse impresentabile con calze e pelle color latte. Forse camminando piano, ben asciutto, senza alzare troppo i piedi … e subito, un bimbo sfrecciò a fianco, creando una nuvola di polvere e schizzando acqua da un secchiello divenuto semivuoto. Bestemmiò attirando gli sguardi straniti delle giovani; si nascose dietro gli occhiali scuri, fingendo indifferenza. Faceva caldo, no, non era stata assolutamente una buona idea; le idee di Laura non erano mai buone idee! Cazzo, gli aveva rovinato il pomeriggio anche a distanza!

A distanza, mica tanto … giusto un paio di file di ombrelloni più in là; se avesse allungato il collo e cercato con cura, l’avrebbe vista, lusingata da un bikini scosciatissimo color avorio, mentre godeva dei baci del sole e degli occhi degli astanti. Un animale a suo agio, tra una spalmata di crema, un reggiseno slacciato che lasciava sfuggire un bel seno vigoroso, e gli slip sempre più avvolti per celare solo quanto non era educato e permesso mostrare. Era talmente adirata che se ne era fatta tre di Margarita e adesso incominciava a sentirli crescere e urlare in testa. Però, quanti bei ragazzi! E che bicipiti, che denti bianchi e labbra da sfiorare, sportivi, sorridenti, abbronzati. Quanto tempo aveva perso appresso a quel finto compagno!

Si stese per cercare di calmare istinti e fumi dell’alcool e, quasi senza accorgersene, si assopì. Sognò di viaggiare, in sella a uno moto di grossa cilindrata, attraverso la Spagna del sud, da Malaga a Granada, poi su fino alla bianca Cordoba, col fiato rovente della calura a soffiare indomito in faccia, finché la colorata Siviglia non attanagliasse la sua anima, tra flamenco e cantate al chiaro di luna. E tra un abbraccio e un’occhiata rubata, si ritrovò avvinghiata a braccia sconosciute, un collo dal sapore speziato e un basso bacino voglioso che spingeva veemente.

Si destò madida e spaventata: le girava la testa e sobbalzava frastornato il cuore. Una ridda di emozioni faceva autoscontro nel petto e a ogni botta corrispondeva più affanno nel respiro. Pensò veloce a Mauro, a quei cinque anni in cui, in fondo, mai erano stati veramente felici e alla manifesta incapacità di comprendere e condividere, tipicamente maschile, che quell’essere magistralmente spruzzava da tutti i pori; digrignò i denti e con passi leggeri quanto un martello pneumatico, prese la via di casa. Era talmente furibonda che finì per travolgere un poveretto chinato a sbattere le scarpe ricolme di sabbia. «Caspita, mi scusi, mi perdoni, non l’ho propr … e tu che cazzo ci fai qui?», detto con tutto l’odio possibile e arcuando all’inverosimile le sopracciglia e le rughe della fronte; «io, io, son venuto a cercarti, immaginavo fossi qui e volevo farti una sorpresa», tapino, balbettando inizialmente e poi ben dissimulando l’incertezza.

Sedettero.

Mauro ascoltava, strusciando di nascosto i piedi per ripulirli; «non ci credo, non è da te. Sei stato veramente carino!» e, nel frattempo, gli accarezzava delicata la guancia sinistra. Era stupita e, come fosse stato strappato il foglio dei ricordi penosi, riusciva a vedere quell’uomo sotto una nuova luce, quel piccolo gesto le mostrava quanto lui realmente l’amasse.

Dentro sé sbuffava e maldestro: «però adesso che dici, andiamo? Incomincia a far caldo e quel gruppo di bambini …», cambio di espressioni, perplessi. Silenzio.

Distanza.

Nonostante il sole iniziasse ad aprire il tubetto delle tempere tinta arancione, un brivido percorse la schiena di entrambi, le mani tornarono staccate, le facce contrite. «Ok, come vuoi, puoi andare. Io mi fermo, dimenticavo che un paio di amici mi volevano offrire l’aperitivo», liberando i fianchi dal pareo turchese, «fatti sentire quando capisci quanto sei stronzo», voltando le spalle e sculettando come una modella sulla passerella.

Mauro scrollò le spalle e la fissò mentre si allontanava. Si grattò la testa, sgranò gli occhi, tolse i vestiti e buttò nella sabbia. Era sudato, si impanò a mo’ di cotoletta e convinse ancor di più di avere dannatamente ragione. Corse a perdifiato fino al mare, urlando come un pazzo frasi incomprensibili. Si tuffò e rituffò e quindi ancora una volta; stava capendo, finalmente non ascoltava più rimproveri e richieste sul “dover essere”; finalmente annusava solamente l’essenza del mare, del vento e del sole; finalmente si sentiva libero.

Le bandiere seguitarono a sbattere sospinte da folate più o meno consistenti; le campane dei pescherecci continuarono a sbatacchiare e ridondare lontano; un paio di ragazzi attesero il buio per appartarsi e promettersi amore eterno; altri due si incamminarono ognuno per un nuovo orizzonte, fermamente convinti di meritarsi qualcosa in più.

E il sole, dall’alto, strizzava felice un occhio, lasciando che fosse la luna a rimettere a posto le faccende di noi poveri umani, giocando a nascondino tra nuvole argentate e anime che quietavano e tentavano di dimenticare.

 

Loading

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.