Premio Racconti per Corti 2010 “E se fosse un ‘negro’ a salvare quella tua pelle bianca?” di Aine Cavallini
Categoria: Premio Racconti per Corti 2010E’ la domenica pomeriggio di una splendida giornata primaverile. Il sole è alto e illumina con tutta la sua generosità.
Siamo nel capoluogo di una delle più belle città d’arte italiane.
I chioschi di bibite e panini attendono l’uscita del pubblico: per ultimi, varcano i cancelli, gli ultrà, ansiosi di disperdere la tanta adrenalina accumulata in quei 90 minuti.
Matteo, giovane ventenne, alto e longilineo, dopo aver salutato gli amici, si dirige verso casa. Se ne va tranquillo a piedi, galvanizzato, dall’ennesima vittoria della sua squadra.
Si è, però, scordato di togliersi la bandana legata al collo, con i variopinti colori del suo team prediletto.
Un gruppetto di tifosi avversari lo vede, lo punta e inizia a pedinarlo.
Dopo soli pochi secondi, Matteo percepisce una costante presenza dietro di sé. Presagisce il male. Inizia ad aumentare il passo poi, a correre.
Si sta dirigendo verso una zona periferica isolata e la distanza tra lui e il branco si fa sempre più minima.
Inizia ad urlare e chiedere aiuto. Ma nessuno sente, nessuno vede. Oppure… tutti fingono di non sentire e di non vedere.
La t-shirt è madida di sudore; gli tremano le gambe e rallenta. Si gira un attimo e vede il primo di loro a pochi passi.
E’ spacciato!
Adesso sono lì, davanti a lui, ridono, sghignazzano, lo sfottono. Quello che sembra il leader, martella sul palmo della mano sinistra una mazza da baseball in alluminio. Poi, gli si lancia contro e gli pianta la mazza dietro le gambe, all’altezza del muscolo popliteo, obbligandolo ad inginocchiarsi.
Anche gli altri, lo aggrediscono con calci e pugni. I primi rivoli di sangue impermeano l’asfalto.
Non molto lontano, Amadou, giovane senegalese di trent’anni, di media statura, corporatura atletica e un bel volto fiero, sente le grida e si precipita verso quelle, ormai, velate, richieste di aiuto.
Retrocede di qualche passo, quando vede lo scempio; nota un cartello della segnaletica stradale, malamente piantato al suolo: STOP. C’è scritto.
Con tutta la forza che ha, lo sradica. Il tempo è tiranno, deve fare in fretta.
Si lancia urlando nella sua lingua madre: appena ha il primo sotto tiro, lo stende, prendendolo all’addome. Poi, giù, un altro e un altro ancora. Gli ultimi tre si danno alla fuga.
Amadou si china su Matteo, gravemente ferito e lo incoraggia a resistere. Un passante che, finalmente, ha visto… chiama il 118.
Matteo se la caverà.
<<Il mio sangue è rosso come il tuo>>. Dice lui all’altro…
Bello. Complimenti! Perchè non lo prosegui un poco?
Purtroppo, trattandosi di un soggetto per un corto, ho dovuto ‘sacrificare’ il testo originale – che era di 3 pagine (molto più corposo e descrittivo) – a scapito di un contenuto più rapido e scorrevole.
Mi è piaciuto moltissimo, brava!
Mi sono anche un po’ commossa……
Ciao
Sara