Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2015 “Sole rosso” di Paolo Olivato

Categoria: Premio Racconti per Corti 2015

Dalla notte spuntano le prime ombre opache di luce. Un taxi si ferma davanti ad un portoncino di ferro arruginito in una via della vecchia zona industriale, buia e abbandonata. Il tassista suona due volte e aspetta, poi scende dall’auto e si guarda attorno un po’ teso. E’ cinese. Rientra in auto e suona ancora, ma nessuno si fa vivo. Scende di nuovo e si avvicina al portoncino. Una finestra di lato lascia intravedere una debole luce all’interno. Il tassista guarda un po’ e poi pigia un campanello che non funziona, è fuori uso. Allora guarda la finestra e poi spinge il portoncino, che cigolando apre la vista ad un grande spazio interno semibuio, una specie di appartamento semiabbandonato.

-C’è nessuno? – chiede ad alta voce entrando di un paio di passi – sono il taxi, avete chiamato?

Una tremante voce femminile risponde dal buio al suo fianco.

-Sono qui, sono qui, non c’è bisogno di urlare.

Il tassista sobbalza.  Avanzando alla luce una vecchietta trascina un borsone sino ai suoi piedi.

– Sarebbe così gentile? – e senza aspettare la risposta si avvia incerta verso l’auto.

Avviando il motore l’uomo chiede dove deve portarla. La donna allunga un biglietto:

– Qui, grazie – ma quasi subito aggiunge: – … ma prima vorrei dare un saluto al mare.

-Al mare? – chiede tra lo stupito e lo scettico l’autista. La donna non risponde, prende dalla borsetta un pacchettino di banconote e gliele mostra allo specchietto. L’uomo annuisce sorridendo.

Per tutto il viaggio la vecchia guarda fuori dal finestrino il buio delle cose scorrere di luce in luce, mostrando via via nuove timide tonalità di colore. Nei pressi del mare la donna guida il tassista lungo un percorso preciso che sembra conoscere nel dettaglio, sino a far giungere l’auto a pochi metri dalla spiaggia. Il tassista apre la portiera alla donna, che scendendo si appoggia al suo braccio ringraziandolo con un sorriso.

– Come ti chiami?

– Ugo.

– Non sapevo ci fossero degli Ugo in oriente.

– Sono italiano.

– Ah – osservandolo con composta sorpresa – allora non sapevo che ci fossero degli Ugo orientali fra gli italiani.

Il tono è scherzoso, l’uomo decide di non offendersi. La donna gli lascia il braccio, si volta verso il mare, e dopo qualche istante di immobile contemplazione si avvia verso il bagnasciuga. La luce rende ormai distinguibile il mondo, separa la terra dall’acqua e l’acqua dall’aria. L’uomo pensa di non doverla seguire, si siede sul cofano e rimane ad osservarla. La donna giunge al bagnasciuga, ma il suo passo instabile non rallenta nè si ferma, continua, con la stessa direzione, con la stessa convinzione. Quando l’uomo la raggiunge  è già con quasi interamente sommersa, il cappotto aperto a galleggiare, gli occhi impauriti dentro uno sguardo determinato.

Una coperta da picnic ora l’avvolge anche in testa, sembra un profugo. La calma e la lentezza con cui gli parla tradisce un certo freddo disappunto:

– Per piacere, ho lasciato la mia borsetta in auto, grazie.

Tornando l’uomo scuote la testa.

– Perchè? – le chiede rispettoso – il posto dove devo portarla è molto bello.

– Sì, me l’hanno detto.

Poi apre la borsetta, prende una chiave  e gliela consegna.

– L’indirizzo è nei miei documenti. I soldi e i valori sono in una scatola dentro il cucirino, prendili tutti se vuoi. Lascia i fiori senz’acqua, ferma il pendolo e copri con delle lenzuola i divani.

-Cos è il cucirino?

-Non conosco il suo nome in cinese.

– Neanch’io.

Poi estrae ancora dalla borsetta un panno infagottato, lo posa sulle ginocchia, lo apre e impugna la vecchia Luger con agile dimestichezza. Ormai il giorno sta aprendo gli occhi, i colori diventano familiari. L’uomo quasi non fa in tempo a rendersi conto, lei gli prende una mano e gli fa impugnare l’arma, guardandolo con gravità.

– Nonono – si ritrare – nonono – e lascia l’arma nelle mani di lei.

-Allora lasciami qui, vattene, lasciami sola.

Il tassita non si muove, capisce benissimo e non si muove.

– Lasciami qui, ti prego. É morto qui, proprio lì dove sei tu, due colpi nella schiena, con questa pistola, aveva vent’anni, la resistenza, sai cos’è la resistenza? qui capisci, dove vuoi che vada io, in Cina? Cosa vuoi che faccia, che campi fino a dimenticare, che continui a vivere senza capire cosa farne della mia giovinezza, dei miei morti, di te e tutti gli Ughi come te, di parole come libertà, consapevolezza, sogno, felicità, amore, patria, solidarietà, malinconia, poesia?

L’uomo la guarda mentre lo guarda, sorride ed è triste, parla e guarda lontano.

Poi prende la pistola, la rimette nella borsetta con la chiave, aiuta la vecchia nella coperta, quel fantasma fradicio dentro e fuori, ad alzarsi e l’accompagna in auto.

Un sole rosso e immenso illumina l’ultimo taxi della notte che si allontana.

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2 commenti »

  1. E’ un racconto con due personaggi principali sui luoghi visitati ma con tante vicende da cui possiamo conoscere molti altri soggetti. Si percepiscono le atmosfere della via del sito industriale e delle zone attraversate dal taxi. La donna anziana vuole morire in mare, sulla cui spiaggia tantissimi anni prima fu ucciso il suo uomo, combattente della Resistenza. Ugo, il tassista, diventa consapevole del dramma e aiuta la donna a raggiungere l’ultima residenza, la casa di riposo.
    Ogni parola ha senso e può dare la dimensione dei drammi umani. Ciascuno vive di propri sentimenti ma solo a contatto degli altri trova le sue risposte, quelle giuste. alla sua vita.
    Bravo Paolo.

  2. Il passato non ci abbandona mai del tutto… E’ l’ombra che ci portiamo dietro ovunque andiamo, qualunque cosa facciamo… Una buonissima prova… Leggerlo mi ha fatto ripensare alle atmosfere di Collateral, un film di qualche anno fa… Complimenti. Se hai tempo sarei curioso di conoscere la tua opinione sul mio “La Torretta di Guardia”

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