Premio Racconti nella Rete 2015 “Del momento in cui sono scappata di casa” di Rosalinda Conti
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Del momento in cui sono scappata di casa, del momento in cui sono scappata mi è mancata
soprattutto una cosa.
Del momento in cui sono scappata di casa mi è mancata una cosa fondamentale, rituale,
illuminante. Del momento in cui sono scappata, che era una sera tardi, mi è mancato un
momento.
Sono scappata che era una sera tardi, ma non è vero che sono scappata, io dico così perché
mi piace come suona, mi piace che è un po’ melodrammatico, però è solo successo che sono uscita
dal lavoro e invece di tornare nella mia solita casa dove vivono i miei genitori sono tornata in
un’altra casa, a casa sua. È solo successo che abbiamo detto stiamo una settimana sempre insieme
e io allora mi sono fatta una borsetta con sette magliette e sette paia di mutande e sette paia di
calzini e tantissimi vestiti a fiori per stare proprio solo una settimana. Poi è successo che una
settimana sono diventate due settimane e due settimane sono diventate un mese e mia madre mi
chiedeva se sarei mai tornata a casa e io dicevo penso di sì però non è che alla fine sto male qua e
un mese è diventato un tempo lungo bello violento disperato caldo accogliente cattivo tenero
come una poesia di Prevert che mi piace tanto e come mi piace tanto sentirmi in una poesia di
Prevert.
Del momento in cui sono scappata mi è mancato il momento che dici ciao io scappo di
casa. Anche se non è vero che sono scappata, io dico così perché mi piace come suona, mi piace
che è un po’ melodrammatico, ma ho solo cambiato la casa in cui si torna a casa dopo il lavoro, e
per un sacco di tempo mi sentivo come se fossimo Persefone e Ade, in una casa sempre scura
perché Ade ama la penombra e ha la barba nera e gli occhi neri e la voce bassa, una casa che
aveva solo due finestrelle piccole, non come la casa di mia madre Demetra che è luminosa e piena
di spazio e piena di vento perché l’aria passa tra un terrazzo l’altro. E allora pensavo di essere stata
rapita dal dio dei morti, e mi piaceva essere stata rapita dal dio dei morti, perché ha la barba che
pizzica e la voce che parla poco ma dice cose che non avevo mai sentito prima.
Del momento in cui sono scappata di casa mi è mancata una cosa fondamentale, rituale,
illuminante. Mi è mancato dire Mamma, vado via di casa – E dove vai? – Vado a vivere con Ade –
Ma come con Ade? Lo conosci da così poco – sì lo so, però ci voglio andare, voglio stare con lui, e
se ci penso troppo lo sai che poi non faccio più niente – e lo hai detto a papà? – no, magari glielo
dico a cena – e a Paolo? Secondo me Paolo ci rimane male – Paolo, Paolo magari ci esco domani
pomeriggio ci prendiamo un gelato e glielo dico.
Del momento in cui sono scappata di casa mi è mancato sapere qual era l’ultima notte che
passavo in camera mia, e sapere qual era una specie di nostra ultima cena ufficiale, fare una lunga
telefonata col telefono di casa, invitare un amico a prendere il caffè. E poi andare al supermercato
per chiedere se mi davano delle scatole che avrebbero buttato, ricostruire le scatole con lo scotch
di carta, decidere cosa portare via e cosa non portare, mettere i libri in una scatola e scrivere sopra
“libri”, le scarpe in un’altra scatola e scrivere sopra “scarpe”, le cose fragili in un’altra e scrivere
sopra “fragile – cose fragili” con le frecce all’insù e scrivere col pennarello su una parte di muro
nascosta “allora vado via ma questa sarà sempre la mia camera”.
Allora immagino di dire a Paolo “vienimi a trovare quando non ti va di andare a scuola“,
immagino di farmi aiutare da mio padre a portare le scatole in macchina sotto al sole perché
comunque sempre agosto è, di fare almeno un paio di viaggi tra la casa di Demetra e la casa di
Ade. Immagino che a metà del primo viaggio ci fermiamo a prendere un caffè e mio padre mi dice
“divertiti con moderazione e se ti mena chiamami”. Immagino di abbracciare Demetra prima di
partire per il viaggio definitivo e di non sapere cosa dire neanche un po’ e di commuovermi perché
lei si commuove e di piangere per tutto il viaggio. Immagino di arrivare a casa di Ade, finalmente a
casa di Ade e che finalmente possiamo dire da oggi noi due da oggi noi due io e te e anche se c’è la
penombra comunque alla luce di qualcosa aiutami ad aprire le scatole posso mettere i miei libri
qua dammi una mensola di più in bagno.
Del momento in cui non sono scappata di casa mi è mancato questo momento perché io so
che in questo momento, che rappresenta una serie infinita di momenti che esistono normalmente
nella vita di chiunque, sono sempre io che manco, non il momento, perché io non ci so stare, non
lo riesco a gestire senza tremare piangere smettere di respirare e pensare di morire ferma senza
mai cambiare niente.
Una vera vomitata. Punteggiatura risicata e impaginazione (non so se è voluta ma, sennò, non la cambiare) incalzante, con tutti quegli “a capo” che ti tolgono il respiro. Impadronirsi della propria vita è faticoso, ma bisogna per forza farlo.
Mi è piaciuto tantissimo. Potrebbe essere una canzone. Complimenti.
Partire, si sa, è un po’ morire. Si lascia Demetra, la ” Madre Terra, la “Madre Dispensatrice” e si va incontro all’ignoto, verso l’Ade, la morte, il mondo degli inferi. Non è un caso se il padre le dice “… se ti mena chiamami” E’ così che si cambia e si cresce.
Brava, mi è piaciuto il ritmo, l’ossessività delle parole rese ancora più pressanti dalla mancanza della punteggiatura; scelta azzeccatissima. Complimenti.
Se ti va di leggerlo, il 25/5 ho anch’io pubblicato un racconto dal titolo “Un giorno sotto al porticato”. Di nuovo complimenti
Il coraggio di fare una scelta che è destinata a cambiare la propria vita per sempre. Ritmo serrato, incalzante, compulsivo… Tutto ciò che si sarebbe potuto fare ‘se’… Ma poi la vita è così che va presa, di petto, senza darsi il tempo per pensare… Tanto tempo per pensare ce n’è sempre… dopo! Rimandare sempre vuol dire non vivere mai! Bravo. Un consiglio a quelli che vogliono leggerlo: prima di cominciare prendete un bel respiro! Sarei curioso di conoscere la tua opinione sul mio “La Torretta di Guardia” del 27 maggio.
Un racconto tutto d’un fiato… come unico lungo pensiero. Quasi stordisce tutto quell’accumulo di parole, ma alla fine non rimane il vuoto… ma un respiro pino di riflessione.
Flusso di coscienza, un po’ Joyce un po’ Virginia Woolf. Difficile da tenere in piedi, si rischia talvolta di scivolare nell’incomprensibile. Tu ci riesci ed è già un bella cosa. Credimi.
Se ti va prova a leggere il mio Piccola storia di mare. Mi piacerebbe conoscere il tuo parere visto che i nostri stili sono molto diversi.
Molto bello. E’ come una pietra che rotola dalla montagna. Non si ferma finchè non arriva in fondo.
Trovata originale è quella della mancanza di punteggiatura, serve alo scopo di catturare l’attenzione e coinvolgere il lettore nella vicenda al punto di coinvolgerlo nelle decisioni. L’ultimo capoverso sembra aprire uno spiraglio e lascia sorpresi e riflessivi sui nostri comportamenti, noi siamo sempre pronti a giustificarci e trovare delle ragioni ai nostri pensieri anche a quelli per nulla razionali. In realtà dovremmo essere più attivi, più operosi, essere più dediti all’azione che al pensiero.
Brava.
Linguaggio plastico, la sintassi e la punteggiatura riproducono lo stato d’animo della protagonista. L’ansia, la paura, il dolore del distacco, il timore di perdere l’essenziale delle cose, tutto questo emerge molto bene. Molto bello. Il richiamo al mito da al racconto un’ulteriore connotazione e diverse possibilità interpretative. Complimenti!
Ci sono pagine che catturano le anime che raccontano, come un ritratto perfetto incorniciato in un quadro. E come un quadro, questo racconto merita di essere esposto per suscitare stupore in chi ha la fortuna di guardarlo. Complimenti sinceri all’autrice.
Grazie per tutti questi bei commenti, è bello sapere che ogni tanto la confusione che ho dentro viene accolta così spontaneamente e compresa. Appena avrò un po’ più di tempo (spero presto) leggerò i vostri racconti. Nel frattempo, ancora grazie.
Complimenti Rosalinda, per il racconto intenso che ci hai regalato e per la vittoria. Ci vediamo a Lucca.
Ciao Rosalinda, confermo il mio commento, Ci vediamo a Lucca.
Emanuele
Ti avevo già commentata e mi eri davvero piaciuta molto con questo racconto… bravissima e complimenti per la vittoria!
Sarà un piacere incontrarti a Lucca.
Si legge tutto d’un fiato e dispiace quando arriva il punto finale. E’ un soliloquio che trascina. Brava.
E’ stato emozionante accompagnarti in questo non viaggio, in bilico tra l’impulso ad agire e il freno dell’inerzia. Spero che a Lucca ci verrai davvero. Complimenti.
Che bello scoprire altri mondi e altre storie. Che bello leggere cose che riescono a stupirmi e restarne affascinata. Mi manca qualcosa, vorrei conoscere di più di queste mancanze/non mancanze…raccontati ancora, dai
Mi hai fatto ricordare la sera prima del mio matrimonio: l’ultima cena con i miei, l’ultimo film che avrei visto da sola con mia madre, l’ultima volta che avrei dormito nel lettino a una piazza della mia stanza. Riso e commozione. Bellissimo flusso di coscienza.
Molto bello e coinvolgente. Complimenti.