Premio Racconti per Corti 2010 “Silver” di Pina Greco
Categoria: Premio Racconti per Corti 2010“E’ tutto. Grazie per la cortese attenzione e appuntamento a domani mattina, alle ore sette, per la prossima edizione del radiogiornale. Buonanotte”. Via le cuffie e poi di corsa in stanza per spegnere il computer. Giulia amava il suo lavoro. E aveva la carica giusta per farlo. Era intraprendente, sicura di sé… si lanciava sulle notizie, fiutava il caso del giorno, realizzava le interviste più disparate. E poi in onda e provare l’emozione della diretta. Attorno a quel mondo girava la sua vita; lì aveva guadagnato i primi soldi, aveva avuto le prime soddisfazioni, i primi complimenti del capo, i riconoscimenti delle altre redazioni del circuito. E lì aveva incontrato Paolo. Occhi nocciola e ciglia lunghissime. Non c’era stata attrazione a prima vista. Lui si occupava dell’impaginazione del quindicinale di redazione ed era sempre seduto davanti al pc, occhi fissi al monitor e poche parole. La sua scrivania era sempre perfettamente in ordine. Era un abitudinario. Caffè al mattino ed un piccolo vezzo: due gocce di profumo, prima di iniziare a lavorare, dal flacone blu che si intravedeva nel primo cassetto che puntualmente era semiaperto. Era fresco, gradevole, ormai familiare. Lo riconoscevi, era il suo profumo. Ma dietro quello sguardo basso, Giulia aveva saputo far affiorare emozioni nascoste, aveva portato alla luce un animo sensibile, ma anche lati oscuri della sua personalità che mai avrebbe potuto immaginare. Si erano fermati a parlare più volte, prima timidamente, poi le conversazioni divennero sempre più intense. Amicizie, famiglia, e la passione per il modellismo. Paolo rimaneva ore ed ore incollato al tavolo da lavoro della sua casa in campagna dove costruiva piccoli e grandi capolavori: “Solo aerei… mi aiutano a volare via quando voglio…”, diceva. Fino a quando lui non le confidò le sue paure. Era accaduto tutto in una notte. L’orologio segnava le 23.15, aveva salutato i radioascoltatori pochi minuti prima quando, intenta a sistemare le ultime cose prima di andare via, una voce le sopraggiunse di spalle. “Il telefono squilla in segreteria, chiaramente non ho risposto…mi sembra un po’ tardi per richiedere una dedica!”, le disse sorridendo Paolo, “Prima di andare via potresti dare un’occhiata alla terza pagina del giornale, credo che Serena mi abbia dato un pezzo incompleto”. Insieme diedero uno sguardo al testo, ma gli occhi di lui erano fissi su di lei. “Qui probabilmente era inserito un periodo – diceva Giulia – forse cancellato per sbaglio…” continuava, volgendo la testa verso di lui, ma un bacio la colse di sorpresa. Le labbra di Paolo si posarono sulle sue, fino a schiuderle per lasciare spazio alla passione. Le sue braccia forti la strinsero fino a farle male. Giulia si sentiva impotente e allo stesso tempo desiderosa di lasciarsi andare. Le sue mani scesero lungo i fianchi formosi, la toccavano, invadevano il suo corpo. Avidamente la bocca di Paolo cercava i suoi seni. Un vortice di emozioni li imprigionava, li catapultò sul divano e li unì, mentre una fitta pioggia bagnava le finestre. Intorno a loro nessun rumore, soltanto la luce intermittente di un neon ormai guasto nell’ufficio accanto. I movimenti prima lenti diventavano poi rapidi, frenetici. Giulia aveva ormai perso il controllo della situazione. La sua camicia le penzolava da un braccio, e gli occhi chiusi si aprivano prima per volgere lo sguardo alle spalle di lui, poi al soffitto ed ancora in basso, alle scarpe finite sotto una sedia. Rivoli di sudore scendevano dalla fronte di Paolo, mentre la sua mano grande andava a stringere forte i polsi di lei. Giulia si sentiva bloccata, fortemente attratta ma spaventosamente impaurita dalla potenza di lui. Le carezze che prima erano dolci diventavano quasi violente. L’altra mano raggiunse il volto di Giulia, spingendolo lateralmente, schiacciando la guancia contro il bracciolo del divano. Lei era impaurita, si sentiva indifesa. Riuscì a liberare le braccia e con tutta la sua forza cercava di spingerlo in avanti e rallentare quella furia, ma invano. “Fermati” – gridò lei quando, quando le mani di Paolo le strinsero il collo fino quasi a soffocarla. “Non respiro…” sussurrò lei con un filo di voce, ma lui continuava ed il suo corpo sopra di lei non le lasciava spazio per allontanarsi. Lo sguardo terrorizzato di Giulia incontrò gli occhi di Paolo. “Scusami… non volevo”, bisbigliò lui scostandosi. “Scusami… non riesco a controllarmi quando…”, una lunga pausa li frenò ed il gelo scese tra i due. Il silenzio era interrotto dai loro respiri affannosi e dal ticchettìo di un orologio che fino ad allora non si avvertiva e che man mano sembrava diventare assordante, insopportabile. “…quando ricordo quei momenti non sono me stesso…non riesco a liberarmi di quelle immagini, ed ogni volta che mi avvicino ad una donna cerco di non pensarci, ma quelle scene ritornano prepotentemente…”, Paolo riprese a parlare. “Avevo otto anni e stavamo tornando a casa. Aveva inserito la chiave nella serratura quando una mano le tappa la bocca e l’altra le prende la mano, costringendola a girare la chiave per aprire la porta. La spinge a terra e si getta sopra di lei. Io non capivo cosa stesse facendo alla mamma… so soltanto che iniziai a piangere… piangevo a dirotto mentre guardavo quelle mani che le stringevano il collo, le facevano male…poi gli schiaffi, gli insulti, mentre le lacrime scendevano dal suo viso…lei non gridava ma ricordo il suo sguardo sofferente, triste, che per pochi attimi ha incrociato il mio…è stato terribile… forse anch’io sono così, si…sono così.. ma non vorrei… non voglio, aiutami ti prego…”. Sembrava tornato ad essere il bambino di ieri, la creatura ferita quel giorno lontano. Era seduto davanti a lei con il capo chino. Giulia tremava, ma si fece forza e attirò a sé Paolo. Un lungo abbraccio li unì teneramente. Con il suo calore Giulia tentava di calmarlo, mentre era ancora forte dentro di lei l’ansia provata durante quegli attimi vissuti, momenti durante i quali aveva nutrito terrore di fronte a quell’uomo che la teneva ferma con una veemenza mai avvertita e mai subita. Era viva l’angoscia di quelle parole ascoltate da una voce flebile, rotta dall’emozione che stava per sfociare in pianto. Paolo la guardava con dolcezza mentre le accarezzava i capelli. Le parole erano ormai superflue. Giulia lo scrutava e comprendeva la sofferenza che lo devastava. Le loro mani si cercavano per unirsi e le loro labbra facevano lo stesso, come per suggellare una nuova unione. I baci che seguirono cercarono di spazzare via tutte le inquietudini. Difficile abbandonarsi nuovamente, ma insieme raggiunsero la giusta intimità per farlo. Lunghi silenzi correvano tra loro. Non c’erano interrogativi, non c’erano perché, non c’era spazio per spiegare cosa era accaduto, cosa stava accadendo al corso della loro vita, ma sapevano entrambi che l’indomani non sarebbe stato più lo stesso. Era l’alba e Giulia aveva lasciato alle spalle lo studio, portando con sé il suo sguardo perso nel vuoto, mentre la mente viaggiava nei ricordi degli attimi vissuti, delle parole ascoltate, dei sapori, degli odori, e di quel suo profumo, Silver, che non andava via…