Premio Racconti per Corti 2015 “Il viale dei tigli” di Manuela Mandorlo
Categoria: Premio Racconti per Corti 2015Mario ancora non è ora di nasconderti dietro il tronco! – lo canzonò Gino, appena fuori il cancello della fabbrica
Gino avvertimi se vedi la mamma di Giovanna.
Ueh! Perché mai ti devo avvertire – ci si prendeva gusto a prendere in giro l’eccessiva “accortezza” dell’amico
Non voglio che mi veda mentre faccio lo sciopero, lo sai!
Ma prima o poi ti vedrà. Anche se lavoriamo a singhiozzo sono quattro mesi che viviamo questa tensione, e occupiamo i luoghi di lavoro.
E ho capito, ma non voglio che mi scopra.
Ma che lavoro fa questa donna?
Lavora come domestica, presso la signora Manfredi.
Ah pensavo fosse un’operaia anche lei! Ad ogni modo ha carattere per tenerti così all’erta.
A proposito, parliamo di cose serie. Sai se gli altri operai sono stati avvertiti dei turni nei prossimi giorni.
Che so io faranno sciopero quelli della fonderia e continueranno il giovedì e il venerdi per venti giorni
Noi ci sobbarchiamo per adesso tre giorni a settimana per un mese.
Mah loro hanno un problema di forni!
E le pelletterie?
Ah non me me ne parlare ogni lunedì andiamo a fare il picchetto per non fare entrare gli operai.
Ehi Ma si vede?
No. No. No non ti preoccupare ti avverto!
Sai non ti capisco ti presti a fare i picchetti, non ti mette paura niente e poi stai così nascosto … per quasi un quarto d’ora … dietro questo tiglio tutti i giorni
Pensi che durerà tanto questo sciopero sono già quattro mesi
E ma è giusto farlo anche se stiamo perdendo un mucchio di soldi! E poi tu ancora non sei sposato, io che ho due figli a casa e mia moglie non mi parla più da un pezzo….
Forse i capi cederanno
Lo spero – Gino si accese la metà di sigaretta lasciata interrotta dalla pausa per il pranzo, mentre Mario senza avvedersene si era un po’ distaccato dal suo tiglio, fedele compagno da quasi quattro mesi e si era anche lui messo a preparare la sua sigaretta con la “Nazionale”
Comunque dai “fogli” sulle gabbie salariali, si sa che i lavoratori del Nord prendono 45 mila lire al mese e noi solo 27 mila, non è possibile andare avanti con questa differenza. – continuava Gino – Facciamo le stesse ore di lavoro e produciamo allo stesso livello e poi il carovita è aumentato, oramai, anche qui da noi.
Questa volta dovranno cedere per forza stiamo lottando tutti, ho saputo che tutte le regioni del Centro e qualcuna del Sud si sono organizzate e hanno fermato il lavoro anche loro con scioperi a singhiozzo.
Certo che dopo tutti questi mesi il sindacato farà, di sicuro, qualche proposta!
Le toglieranno se continueremo fino in autunno?
Non illuderti. Non credo, se le eliminassero sarebbe a dir poco eccezionale. Le gabbie salariali non le toglieranno, però sono sicuro che mitigheranno i dislivelli magari arrivando alle 37-40 mila lire di un operaio del Nord e così potremmo dire addio alle nostre 27 mila lire.
Ahahahah!
Perché ridi?
Rido perché non abbiamo neanche la soddisfazione di vederle tutte quante insieme.
Mario, che ti possi! Hai ragione… con il nostro padrone che ci paga settimanalmente 6700 lire poco più!
E poi dati di lunedì!
Eheheh, saggezza, saggezza, … Mario sei giovane, ma ci paga di lunedì – mentre Gino gesticolava con la mano tenendo fra le dita la sigaretta ormai ridotta ad un mozzicone. – Ci paga di lunedì, perchè pensa che se ci desse il salario di sabato, lo spenderemmo subito per la serata.
Per quello che mi riguarda può darsi pure …Ma tu con la famiglia sei di certo “tirato, tirato”!
Fermo, Mario… Aspetta, mi sembra di scorgerla sta venendo verso di noi. Sì, sì è proprio lei, la mamma di Giovanna!
Allora ‘me busco! Grazie Gino, sei un amico.
Il giovane scatta dietro il tiglio, il tronco riesce bene a nascondere l’agile corpo, muscoloso, ma ben proporzionato. Deglutisce non vuole che la futura suocera lo veda che sta continuando lo sciopero, tiene molto a Giovanna, ma è diviso tra la passione di lottare contro le ingiustizie e la sua amorosa. Da quando è operaio una nuova consapevolezza ha preso il sopravvento ed il fatto di essere giudicato dalla mamma di lei come uno che non ha voglia di lavorare, uno “scioperato” appunto.
Bruciano, ancora nei ricordi, i commenti dell’epoca “Ed ora questi operai che cosa vogliono che si mettono a scioperare che cosa manca loro!” sentenziavano così le persone che li vedevano sfilare in corteo.
Ora sono ricordi teneri, un ritratto di anni passati, dove in quel lontano ’62 soltanto la giovane età la faceva da padrone, ma quel pensiero che la suocera avrebbe potuto scoprirlo è rimasto dentro, per cui era giusto buscarsi!
Mi piacerebbe avere un commento o critica dai lettori. Da parte mia, posso dire che ho scritto questo racconto forse per fissare sulla carta o in questo caso nel web una storia che può essere accaduta a tanti nostri padri, che hanno vissuto in quell’epoca di lotte per alcuni diritti, che ciascuno di noi può giudicare più o meno sacrosanti. A volte, questi padri ci raccontano e forse noi stiamo ad ascoltarli un po’ distratti , ma non sempre come è capitato questa volta!!
Per adesso non mi sento di scrivere altro
Ciao Manuela, condivido questo tuo proporti perché non è possibile leggere tutti i racconti. Io, lo scorso anno, ho cercato di applicare un metodo:’ incomincio dalla prima pagina e vado avanti’. Non è facile; poi capita che trovi il racconto che non ti piace o non ti ispira nessun commento. Però bisogna commentare i racconti per poter avere il proprio racconto commentato.
Io sono entrato in fabbrica nel 1964, a sedici anni,e nel 1966 ci sono stati i primi scioperi. Per il rinnovo del contratto la ditta offriva, si fa per dire, 50 lire e il sindacato chiedeva 100 lire perché tutti sapevano che sulle 80 lire si trovava l’accordo. Io rappresentante sindacale dicevo:”Perché non chiediamo subito 80 lire?” Lasciamo perdere quelle vicende e tornando a tuo racconto, preferirei che il dialogo sia evidenziato tra virgolette o con trattini. Sarò un bacchettone, scusa. La vicenda è raccontata bene e colgo quell’aspetto con il quale, a quei tempi, lo scioperante potesse essere inteso come sfaccendato.
Condivido poi l’importanza di scrivere vicende e sentimenti per lasciarli nel grande pozzo della Storia umana.
Emanuele
Buonasera Manuela ho letto il.tuo racconto e credo che il tema sia interessante il modo di esporlo mi appare pero’ troppo colloquiale. Intendo dire che il linguaggio di alcune vecchie generazioni di operai era forse simile a quello che utilizzi ma andrebbe reso in modo differente per rendere fluido il tuo scritto.
L’impressione che ho avuto è che tu abbia lavorato forse di getto senza “raffinare” ulteriormente la bozza.
Ciao Liliana
E’ la fotografia, o forse sarebbe meglio dire la registrazione, di un tempo che non c’è più… E non c’è più perché ormai non si lotta più per un aumento salariale ma per un posto di lavoro che non c’è… Concordo su quanto detto in precedenza da Emanuele e Liliana, il dialogo funziona peccato però che ci sia solo quello. Forse avresti potuto dare maggior spessore alla storia dedicando più tempo alla descrizione di luoghi e personaggi… Resta comunque una buona prova, migliorabile ma buona. Brava. Non ti arrendere, continua a raccontarci le tue storie e cerca di fare tesoro dei consigli e delle critiche (che quando sono costruttive aiutano sempre). Approfitto per invitati alla lettura del mio “La Torretta di Guardia” del 27 maggio. Sarei curioso di sapere che ne pensi.
Caro Emanuele,
ti ringrazio per il commento: non ho evidenziato con le virgolette (ti assicuro che anch’io sono molto bacchettona) perché nel momento in cui ho inviato il racconto la mia formattazione non ha coinciso con quella di Racconti per Corti, per cui mi sono resa conto che ad ogni riga scritta corrispondeva una riga spazio, pertanto ho fatto fatica anch’io a leggerlo, e non si capisce, a volte, quando parla Mario e risponde Gino e viceversa. Pazienza!
Ad ogni modo ho notato un po’ di malinconia in quello che tu hai scritto riguardo alle lotte che avete fatto tu e tanti altri, invece secondo me sono testimonianze eccezionali, proprio perché provengono dal basso e sono veramente autentiche! Ciao Ciao
Grazie Liliana,
il tono colloquiale è stato volutamente scelto da me, perché giustamente come lo noti e condivido era forse simile a quello utilizzato, credo che un dialogo del genere si fosse svolto sicuramente nel dialetto locale, mi risulta che parlassero in italiano solo quando dovevano rivolgersi ai loro padroni.Penso!
E’ vero che l’ho scritto abbastanza di getto, interrompendolo per circa due volte nei giorni prima della chiusura del concorso ed andava sicuramente più “limato”, mi sono ripromessa di ritornarci su!!!
Grazie Luigi,
condivido pienamente quello che hai scritto, forse sono rimasta molto sul generale per non localizzare troppo gli spazi e rendere così il dialogo assai adattabile ad ogni altra città o paese italiani, forse ho esagerato nel “minimalismo”! Il tempo è assai preciso e in una certa misura anche i dati.
Grazie per i vostri consigli, i tuoi e di Emanuele e Liliana, ne farò tesoro!