Premio Racconti nella Rete 2015 “Ricominciare …” di Diego Lazzeretti
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015“Questa macchina fa un rumore del diavolo”, borbottava tra sé e sé il signor Zenobi appollaiato di fronte alla sua nuova Olivetti tekne 3. “Ditemi voi se ci si può concentrare con un frastuono del genere, se Dante si fosse messo a scrivere con questo trattore neppure Virgilio l’avrebbe scampata! “. Io lo ascoltavo divertito dal soggiorno, mi piaceva sentir parlare il signor Zenobi. Qualsiasi cosa dicesse, anche quando era su tutte le furie, era sempre uno spasso starlo ad ascoltare, era un pò come stare a teatro, perché anche se apparentemente turbato, quasi nulla in realtà intaccava il suo stato d’animo, che rimaneva sempre calmo, sereno. Era il suo modo di prendere la vita, un po’ come un vecchio marinaio sopravvissuto alla tempesta perfetta, che non si scompone certo per qualche piccola mareggiata. Anche ora, ad esempio, che non gli andava giù che gli avessero cambiato la sua vecchia Olivetti 98 manuale con un nuovo modello elettronico, sapeva che ero lì ad ascoltarlo divertito e continuava a buttar giù frasi che iniziavano col “se”.
Avevo otto anni quando Zeno, così lo chiamiamo in famiglia, venne a stare da noi. Alla fine di una battaglia durata quattro lunghissimi anni, la malattia aveva vinto, portandosi via sua moglie, una donnina piccola e gentile con la quale viveva nella villetta accanto alla nostra. Ci vollero altri due anni prima di prendere la dolorosa ma ferma decisione di dire addio a quelle mura e di separarsi per sempre da quei luoghi, dove per troppo tempo la sofferenza aveva soggiornato. Mi dicono che non ho mai conosciuto la signora Lina Zenobi, e che non posso averne memoria, ma a volte il suo ricordo è così reale che se pensando a lei chiudo gli occhi, mi sembra impossibile di non averla mai osservata in giardino mentre si prendeva cura in modo quasi maniacale dei suoi fiori, con quel suo portamento elegante e quei suoi modi gentili.
Strano luogo l’animo umano …. si può arrivare a provare affetto e soffrire realmente per la perdita di una persona, solamente attraverso il ricordo di un’altra? Di certo con tutte le storie e i racconti che Zeno mi ha fatto di lei non credo che avrei potuto conoscerla meglio neppure se l’avessi frequentata per vent’anni.
Dopo la morte della moglie, durante il periodo che passò da solo, Zenò cambiò. In paese girava la voce che fosse diventato matto, e a giudicare dalla barba lunga e dai vestiti consunti non era difficile capirne il perché. Raramente usciva di casa e non parlava mai con nessuno, la mia famiglia cercò di stargli vicino ma lui rifiutava qualsiasi tipo di aiuto e di compagnia, fino a quando un giorno, mentre giocavo in cortile, venne da me con in mano una corda per saltare, dicendomi che era quella con cui aveva imparato, e che se mi piaceva potevo tenermela. Da quel giorno venne spesso a vedermi giocare, ed iniziò a parlare sempre di più, prima quasi esclusivamente con me, poi anche con tutti gli altri.
Zeno è ormai parte della famiglia da quasi dieci anni, e a me pare lo sia sempre stato. Come ogni anno, allo sbocciare della primavera, capita che mi passi una mano sulla testa e con gli occhi lucidi mi dica solamente “grazie”. Io non gli ho mai chiesto il perché, ma in fondo credo di saperlo.
Ciao Diego, il tuo racconto è delicato come una carezza, come passare una mano sulla testa. L’uomo ha bisogno d’affetto, di calore e d’essere ascoltato, sono le cure migliori dell’animo.
Emanuele