Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti per Corti 2015 “Il ritorno” di Cristina Ginesi

Categoria: Premio Racconti per Corti 2015

Vanessa è una ragazza di 17 anni, si trova in un locale al centro di Lucca con un gruppo di amici. E’ sabato sera, l’ora dell’aperitivo. I ragazzi sono seduti intorno a un tavolo bevono e parlano della festa fichissima, dove andranno tra poco. Squilla il cellulare di Vanessa, dal display vede che è sua nonna, la ragazza è piuttosto scocciata per la chiamata, la definisce una rompiballe, e preferisce non rispondere. La sua amica Giulia fa una battuta sui parenti e mano a mano anche gli altri iniziano a parlare del rapporto conflittuale con i genitori. Si mettono in luce le dinamiche familiari di Vanessa: la ragazza è profondamente amareggiata per il comportamento di suo padre e di sua madre, e per la scarsa attenzione che hanno nei suoi riguardi. Dalle sue parole si evince che si sente sola, dimenticata dai genitori che sono sopraffatti dalle loro problematiche (la mamma ha una dipendenza dagli psicofarmaci e il padre è assente, sempre fuori per lavoro). Emergono aneddoti come la volta in cui Vanessa ha perso le chiavi ed è rimasta tutta la notte sulle scale perché sua madre, che prende i sonniferi per dormire, non l’ha sentita, mentre suo padre come sempre era fuori. Vanessa ha una nonna che l’ha cresciuta e che farebbe tutto per lei. I ragazzi si alternano e si sovrappongono nel raccontare le loro vicende familiari, e il quadro che ne esce è desolante, a volte quasi comico. Vanessa vorrebbe essere amata, coccolata e rispettata dai genitori come la nonna lo vorrebbe da lei. Ma al momento la situazione è in stallo. La ragazza vuole capire dov’è il suo posto. Quando il gruppo inizia alla spicciolata ad uscire dal locale, Vanessa, che sta cercando il portafoglio per pagare, si accorge che ha perso di nuovo le chiavi di casa e viene presa in giro dagli altri. Mentre si incamminano fuori dal locale vedono un signore anziano, distinto, vestito in modo elegante ma fuori moda, che sta in piedi su un tavolo e si guarda intorno spaesato. Diverse persone lo osservano e anche gli amici di Vanessa iniziano a fare battute. Il cameriere con modi bruschi, lo vorrebbe fare scendere, ma lui si rifiuta. Vanessa si avvicina e vede che ha un foglio in mano. Giulia le dice che è tardi e che devono andare. Ma gli occhi di Vanessa incrociano quelli del signore, e dentro ci legge tutta la sua solitudine e il suo smarrimento. Prova empatia per quello sconosciuto e non sa perché. Dice all’amica che vuole aiutarlo. Secondo Giulia non se ne deve occupare, non è un suo problema e potrebbe anche essere un maniaco. Vanessa non ascolta, chiede all’uomo se ha bisogno di qualcosa, e le porge la mano. Allora il signore sorretto da Vanessa, finalmente si decide a scendere dal tavolo. Si presenta in modo educato come Ubaldo Palladino (il suo modo di parlare è quello elegante e forbito delle classi agiate degli anni 50), le chiede con estrema gentilezza se può accompagnarlo a casa; confessa di essersi perso, anche se è lucchese e conosce bene la sua città. Vanessa litiga con Giulia che tenta in ogni modo di convincerla ad andare alla festa e a chiamare la polizia. Alla fine il gruppo di amici se ne va. Lui le porge il biglietto dove è scritto “Piazza della Croce – Borgo Giannotti 3” e la prende sottobraccio. Vanessa conosce il luogo dell’indirizzo. Percorrono Via Fillungo, e lui si ferma davanti alla serranda chiusa del “Caffè De Simo”, il più antico di Lucca. Ubaldo le confida che ci andava da bambino con il padre, avevano delle caramelle eccezionali e all’improvviso ricorda una scatola esposta in vetrina, decorata da un pittore che raffigurava la Piazza San Michele nell’anno 2000: dietro la chiesa svettava un grattacielo. Ubaldo fa due calcoli, visto che siamo nel 2015 quel grattacielo certamente è stato costruito e lo vuole vedere. Vanessa comincia a sentirsi in difficoltà, la situazione le sta sfuggendo di mano, prende il cellulare e si accorge che ha finito il credito. Vanno verso la Piazza San Michele e si fermano in un bar a ricaricare. Vanessa guarda la vetrina e vede una scatola con la raffigurazione del grattacielo dietro la chiesa, con sotto la dicitura “Riproduzione di una scatola di latta originale anni’20”. Rimane sbalordita, e capisce che Ubaldo ha detto la verità. Dopo tutto non è poi così pazzo. Arrivano davanti alla chiesa e Ubaldo si accorge con disappunto che il grattacielo non c’è. Chiede dove sia andato a finire. Mentre Vanessa sta cercando di articolare una risposta plausibile, lui si illumina “Ah, come sono distratto, si mi ricordo che qualche anno fa se ne è parlato tanto, ma tanto, di una torre che cadeva… confesso, mi sembravano due, ma posso sbagliare. Ma che peccato l’avrei visto così volentieri! Sa, non sono mai stato in America, lì ce ne sono tanti di grattaceli, mio nipote vive là”. Vanessa rimane in silenzio e continua ad annuire. Riprendono per Borgo Giannotti e la ragazza si ritrova, con sua grande sorpresa, a raccontare ad Ubaldo il suo senso di inadeguatezza e il difficile rapporto con i genitori. Arrivano a destinazione. Lui indica una grande casa in fondo alla piazza. E’ in stato di abbandono, fatiscente, il piccolo giardino ha l’erba alta e il cartello vendesi è legato alla meno peggio all’inferriata di una finestra. Vanessa è perplessa ma lo segue fino al cancello arrugginito, che lui con una leggera spinta apre. Si fanno strada tra le erbacce, e arrivano alla porta. A questo punto Ubaldo tira fuori una vecchia chiave dalla tasca, la infila nella serratura e apre. Guarda Vanessa e la ringrazia per l’aiuto e le consegna la chiave. A lui non serve più. Lui è tornato. Ubaldo le dice che tutti devono avere un posto dove tornare, e non è un posto a caso “Ma è la tua casa, e tu sola sai dov’è”, quindi si chiude la porta dietro le spalle. Vanessa stringe la chiave e fa per andarsene, quando una voce le fa alzare la testa. Una donna affacciata alla finestra del palazzo accanto le chiede se conosce quell’uomo. “No, in realtà l’ho aiutato a tornare a casa”, le spiega. La signora, racconta che Ubaldo vive in un ospizio da più di 15 anni, ed è affetto da demenza senile. Ha appena parlato con il figlio che ha chiamato per sapere se suo padre davvero fosse là. Infatti nella mattinata aveva detto a tutti gli ospiti e agli infermieri che sarebbe ritornato a casa, che aveva trovato la chiave. Nessuno gli avevano dato peso perché non era mai scappato prima. Vanessa viene a sapere che a momenti verranno a prenderlo, ma non il figlio perché è troppo impegnato per lavoro, ma il personale dell’Ospizio. E poi non ha nessun nipote. Ma è solo, da tanto tempo. Vanessa si allontana e mette la chiave in tasca. Cammina in strada, guarda l’orologio e prende lo smartphone: “Ciao nonna, è un po’ tardi, ti ho svegliata? Si, si, tutto bene, ho visto ora la tua chiamata…”.

 

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4 commenti »

  1. Sono un po’ stanco e sto per andare a dormire, ma la tua storia mi e’ piaciuta e tra quelle che ho letto e’ stata la prima che mi ha commosso.

  2. Grazie per le tue parole Andrea!

  3. Una storia che mi commuove, c’è la sofferenza della solitudine e del declino della vita umana, la nostra. Sembra scritta di getto, per comunicare senza filtri e schemi letterari, tanti sentimenti e tanti messaggi.
    Ciao Emanuele

  4. Emanuele,

    hai colto l’essenza di ciò che volevo trasmettere. Infatti, visto che si tratta di un soggetto per corto, mi sono concentrata sull’impatto visivo della storia, senza arricchirla con “fronzoli”, magari anche suggestivi e poetici, ma che avrebbero distolto l’attenzione dal “racconto per immagini” che avevo in mente e che mi sembrava pertinente a questa categoria.

    Mi fa piacere che l’emozione sia arrivata! In fondo si scrive per questo.

    Grazie per il tuo messaggio

    Cristina

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