Racconti nella Rete 2010 “Scherzo di fata” di Bruna Baldini (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Quella mattina mi ero alzato presto. Mentre accendevo il fuoco nel camino della cucina, mi ricordai che era rimasta poca legna nella stalla. Guardai dalla finestra le cime dei monti che circondavano il mio paese e con più attenzione il Monte Castagnolo, perché era da lì che sarebbe sorto il sole; vidi solo foschia ed il cielo era bianco, pensai: “Forse sta per nevicare”.
Così decisi di salire sul Monte Tambura a prendere un fascio di legna di faggio. Ne avevamo preparata tanta, durante l’estate, io ed i miei amici, l’avevamo lasciata lì a seccare perché la legna quando è secca diventa più leggera. Poi, un fascio alla volta, la portavamo a spalla fino a casa, camminando lungo la ripida discesa della Via Vandelli.
Partii subito a passo svelto. Appena arrivato sul Monte Tambura, mi caricai sopra le spalle un fascio di legna e ricominciai subito a scendere. A metà strada, per riposarmi un po’, appoggiai la legna sul muretto fatto di sassi a secco che si trovava di fianco alla via.
Mi tolsi il fazzoletto che tenevo intorno al collo e, mentre mi asciugavo il sudore dalla fronte, vidi poco distante, distesa sopra un poggio, una piccola volpe ferita, tremava di freddo e di dolore. Mi avvicinai, le fasciai la zampetta ferita col mio fazzoletto e le feci bere un po’ di latte caldo della mia borraccia. Poi la portai sopra il fascio di legna di faggio e le dissi: “Ti porterò a casa mia fintanto che non sarai guarita”. Lei mi guardò in modo riconoscente e mi rispose: “Non posso venire in paese, ho mangiato troppe galline alla gente, mi ucciderebbero, già mi hanno sparato addosso un colpo di fucile, i cacciatori mi danno la caccia”.
Io rimasi di stucco, non riuscivo più a parlare, pensavo tra me e me “Una volpe che parla! Non sarà mica una fata!”.
Per essere sicuro di non sognare, mi toccai il ciuffo di capelli castani che mi cadevano sulla fronte e lei zoppicando, zoppicando si allontanò prima che mi ritornasse la parola.
Mi vennero in mente i vecchietti del paese quando, il pomeriggio, si sedevano sopra il muretto della piazza e raccontavano che i nostri monti, e quelli della Garfagnana, erano pieni di fate. Raccontavano che le fate, quando non sapevano cosa fare, si trasformavano in animali per fare scherzi belli e brutti alla gente. Raccontavano tante storie. Io li ascoltavo, poi mi facevo delle grandi risate e pensavo “Raccontano tante balle per passare il tempo”.
Intanto che pensavo aveva iniziato a nevicare e l’aria fredda della Tambura mi ghiacciava le mani. Per arrivare presto a casa, presi una scorciatoia, un viottolo sterrato, stretto e pericoloso. Appena arrivato, mi sedetti davanti al camino per scaldarmi un po’ e ricominciai a pensare alla volpe e alle fate e, questa volta, ridevo di me stesso.
La sera andai a letto, non riuscivo a prendere sonno, eppure mi chiamavano Pietro il dormiglione. Così, per passare il tempo, dagli scuri aperti della finestra, guardavo il ventarello di tramontana che faceva dondolare i rami del mio vecchio castagno, l’ombra che scaturiva, faceva ombreggiare le pareti della camera.
La luna piena rendeva la notte chiara ma l’aria doveva essere fredda e pungente, per di più dal vicino pollaio arrivava fino a me il canto del gallo “chicchirichì, chicchirichì”, quel chiarore di luna l’aveva ingannato, credeva fosse l’alba. La notte era strana.
Mentre stavo pensando di alzarmi dal letto, sentii graffiare alla porta di casa, era Vagabondo il mio cane, di solito dormiva tutta la notte dentro la stalla, pensai: “Che gli sarà successo?”. Scesi di corsa le scale per farlo entrare in casa. Appena aperta la porta udii una bellissima musica, qualcuno stava suonando la fisarmonica in modo meraviglioso, era quasi mezzanotte, chi mai poteva essere a quell’ora? La gente l’inverno va a letto presto.
Preso dalla curiosità mi vestii in fretta, per ripararmi dal freddo indossai un berretto di lana e la sciarpa e mi diressi verso la musica. A me piaceva molto la musica, anche se il mio grande cruccio era quello di non saper ballare. Quando i giorni di festa i miei amici ballavano con le ragazze, io rimanevo in un angolo della sala a guardare.
Ad un tratto vidi la stalla delle mucche del mio amico Franceschino, tutta illuminata a festa anzi la casetta, come la chiamavano tutti, era fatta veramente bene, aveva finestre con vetri e la porta aveva la serratura come quella delle case, la musica proveniva proprio di là.
Appena arrivato spalancai la porta, figuratevi la sorpresa!
Al posto del fieno c’era un palco e sopra c’era la volpe che avevo incontrato al mattino, era lei che suonava la fisarmonica, per farsi notare teneva la zampetta ferita in avanti e la batteva sopra il palco a tempo di musica; il pavimento e le pareti erano di argento.
Al posto delle tre mucche, c’erano tre bellissime ragazze, sedute su poltrone di velluto rosso. Le ragazze in coro mi dissero: “Sappiamo che ti piace ballare, siamo qui per te, scegli una di noi”. Prima di parlare feci un inchino a tanta bellezza. Poi chiesi loro come si chiamavano. La più grande rispose: “Luna”, la mezzana rispose: “Serena”, la più piccola rispose: “Stella”. Mi tolsi la sciarpa e la avvolsi al collo di Stella e dissi: “Scelgo te”.
Ballammo felici fino all’alba. All’improvviso mi disse: “Non posso più ballare, questa è l’ora che a casa dobbiamo andare”.
Mi svegliai di colpo e mi ritrovai nel mio letto, era quasi mezzogiorno, il sole entrava dalla finestra e la camera era piena di luce. Io non credevo ai miei occhi, era stato soltanto un bellissimo sogno.
Non mi detti per vinto, mi vestii in fretta e senza farmi vedere da nessuno, ritornai alla casetta, era quella di sempre, vidi le pareti di sasso, il fieno e le tre mucche ma la più piccola muggì, aveva la mia sciarpa al collo! Mossi qualche passo sul pavimento sterrato, mi accorsi di saper ballare, ero felice e dissi : “Scherzo di fata o premio di volpe?”.
Chi lo indovina è bravo!
Complimenti Bruna,
una storia ben confezionata che sarà sicuramente apprezzata dai lettori e dai bambini in particolare.
Continua così.
Nicola
..una storia bellissima che fa tornare indietro nel tempo…e ti fa immaginare di essere davanti al fuoco ad ascoltare un nonno che racconta…o su quel muretto in piazza con gli anziani del paese e il monte Tambura alle spalle…Grazie…aspetto con ansia il prossimo racconto…
Quando si legge un racconto, una favola dedicata ai bambini ritorniamo tutti un pò ad esserlo. E tu ci sei riuscita benissimo.
Grazie!
Carmina Trillino