Premio Racconti nella Rete 2015 “La Colf” di Ermanno Lombardo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Rosi aprì il rubinetto, tolse il tappo alla bottiglia di candeggina vuota per metà e versò l’acqua fino a riempirla. “Ecco”, disse, “così è più contenta”. Poi prese lo straccio e cominciò a pulire il bagno. Non era la prima volta che lo faceva. Aveva cominciato ad annacquare i detersivi un lunedì di tre settimane prima, dopo che la signora Costanza, rientrando a casa, aveva guardato la lavagnetta appesa accanto al frigorifero e poi, rivolgendosi a lei, aveva sbuffato: “ma sempre candeggina compriamo? Non è che ne usi un po’ troppa?”. Rosi aveva sentito un incendio divamparle dentro ma non aveva risposto.
Erano già trascorsi una decina di giorni da quell’episodio, quando la signora Costanza, rientrando a casa, le aveva sorriso compiaciuta dicendo: “hai visto che potevi consumarne meno?”.
Cretina, pensò Rosi. Ma anche questa volta non rispose.
Da allora non passava giorno senza che Rosi, tra una lavata e una stirata, mentre stendeva e mentre spolverava, non fosse accompagnata dallo stesso pensiero: se solo potessi mandarla a fanculo, ‘sta stronza. Come mi piacerebbe gridarle quello che penso, a ‘sta tirchia. Potevi consumarne meno. Certo, e che ne sa lei? L’ha presa mai in mano una scopa? Uno straccio? Adesso però è contenta. Cretina e contenta.
Finalmente l’orologio della cucina segnò le tredici. Rosi smise il grembiule, indossò il giubbotto e si incamminò verso la fermata dell’autobus. Il cielo era ancora grigio, dopo le piogge dei giorni precedenti, ma a lei bastò chiudersi dietro le spalle la porta di quella casa per ritrovare un po’di serenità. Di lì a poco sarebbe stata nella sua cucina, avrebbe preparato il pranzo per sé e per Miriam, la figlia quindicenne, e poi si sarebbe rilassata davanti alla tv per un paio d’ore. E tanto le bastava.
C’erano giorni però in cui l’attesa dell’autobus si allungava verso un tempo indefinito e allora Rosi, abbandonata ogni speranza, si incamminava a piedi verso casa. Ultimamente, a dire il vero, accadeva sempre più spesso, e anche quel giorno andò così. Rosi guardò per un’ultima volta il punto più lontano del viale, sperando di individuare, tra i fumi dell’ora di punta, la sagoma di un autobus. Poi, chinò la testa e si incamminò.
Le vetrine dei negozi esibivano articoli belli e costosi, troppo per Rosi che quotidianamente si cimentava nel tentativo di risparmiare qualcosa in vista della vecchiaia. Aveva da poco superato i cinquant’anni che erano arrivati, come sempre accade, senza avvisare, e che altrettanto silenziosi già scivolavano via. L’agognata pensione era ancora lontana, ma la consapevolezza della sua esiguità e lo spettro della povertà le avevano suggerito di tagliare ancora il suo già magro bilancio. E così Rosi camminava guardando dritto davanti a sé mormorando a denti stretti: “se non vedo non desidero. Niente tentazioni, niente rimpianti.”
Un tempo sarebbe stato diverso. Aveva cominciato a fare la colf dopo la chiusura del grande magazzino dove aveva lavorato in amministrazione per quasi vent’anni: in attesa di trovare qualcosa di meglio, si era detta. Erano trascorsi così sette anni. Allora, dopo qualche settimana da disoccupata, era stata proprio la signora Costanza ad offrirle questa opportunità e a lei, tutto sommato, era sembrata generosa.
Erano già passate le due quando Rosi aprì la porta di casa sua. “Ciao Miriam, sono io. Com’è andata a scuola?”
“Ho fame!” echeggiò dal soggiorno.
“Sei arrivata da molto?”
“Mi ha dato un passaggio la mamma di Paola”. Miriam spense la tv e raggiunse la madre, che già armeggiava in cucina.
“Tutto bene a scuola?”, chiese Rosi.
Sua figlia respirò profondamente e poi, sforzandosi di non dare alcuna intonazione alla frase, disse: “Paola andrà a Londra, quest’estate. Per un corso d’inglese. In classe vanno quasi tutti. Sua madre mi ha chiesto se voglio andare anch’io.”
La frase raggiunse la colf come una sberla, così forte da piegarle il capo. Lei però non si mosse.
“Hai sentito cosa ho detto?”, la voce di Miriam si era fatta lagnosa.
Dopo la richiesta di Miriam, Rosi trascorse il resto della giornata e buona parte della notte successiva interrogandosi sulla pochezza dei suoi risparmi, sul suo passato, sul futuro di Miriam, finché non giunse alla conclusione che sua figlia quel viaggio avrebbe dovuto farlo. Ma come? Avrebbe dovuto chiedere i soldi a quella stronza della signora Costanza? Al solo pensiero le mancò il fiato e fu assalita da una forte sensazione di nausea. “Mai e poi mai!”, si disse orgogliosa. Poi però ripensò agli occhi di Miriam spalancati su di lei, che le erano sembrati scuri come il buio, e il suo orgoglio svanì, sopraffatto da un senso di tenerezza che crebbe fino a commuoverla.
“Siamo alle solite!” Le aveva detto Miriam alzando la voce.
“Siamo alle solite” aveva ripetuto, di fronte al silenzio della madre.
“Mi fai vergognare! Mi fai sentire povera! Se non posso fare quello che fanno gli altri, allora, mi sento povera” aveva aggiunto, prima di andare via singhiozzando.
Il giorno dopo, Rosi arrivò molto presto al lavoro.
“Già qui? È successo qualcosa?” le chiese la signora Costanza.
“È che volevo parlarle. Avrei una cosa da chiedere.” Rosi si era preparata un bel discorsetto e se l’era ripetuto almeno una dozzina di volte durante la sua notte insonne, ma in quel momento non riusciva più a ricordarlo e le parole le uscivano fuori con fatica.
La signora Costanza si era fermata a guardarla con diffidenza, poi dirigendosi verso la camera da letto aveva risposto: “dimmi, parla mentre mi trucco”.
Rosi l’aveva seguita per il corridoio: “È per Miriam.” Aveva cominciato, ma non era riuscita a completare il suo discorso. La signora Costanza l’aveva interrotta più o meno a metà, rivolgendole uno sguardo severo: “Rosi, scusami però devo proprio dirtelo. Indebitarsi per fare le vacanze mi pare davvero troppo. Capirei se mi avessi detto che Miriam stava male o che so io, ma per una vacanza… Guarda che lo dico nel tuo interesse. E nell’interesse di tua figlia. Non devi acconsentire a richieste come queste. Non sarebbe educativo. Ripensaci e vedrai che sarai d’accordo con me.” Poi, con una smorfia conciliante: “dai, adesso scusami ma sono proprio in ritardo. Allora ci vediamo più tardi. Anzi no, oggi ho la riunione in parrocchia. Ci vediamo domani .”
Rosi avrebbe voluto maledirla, inveire contro di lei e insultarla a squarciagola. Invece si sedette su una sedia in cucina, incapace di reagire. In fondo era quello che si aspettava e in fin dei conti ce l’aveva anche con se stessa. Non avrebbe dovuto umiliarsi, non avrebbe dovuto chiederle nulla.
La signora Costanza era andata via già da un’ora, quando Rosi trovò la forza di abbandonare la sedia della cucina e avendo cominciato a pulire la camera da letto, spostò la cassettiera per passare l’aspirapolvere. Proprio allora, la sua attenzione fu attratta da un lieve bagliore. Incastrata tra il battiscopa ed il retro del mobile giaceva, tra la polvere, una collana dorata con un ciondolo verde.
Era una prova? Una tentazione? Perché accadeva proprio a lei? Se solo non avesse perso il lavoro al centro commerciale pensò, alzando gli occhi al cielo come a giustificarsi, se solo non avesse perso il marito, se solo… Realizzò in quell’istante, ascoltando i suoi pensieri, quanto la sua esistenza fosse stata caratterizzata da perdite. Forse perché le era mancato il coraggio. Ecco, doveva essere più coraggiosa, più risoluta: doveva decidere. Adesso! Afferrò la collana e la mise in tasca. Istintivamente si guardò intorno. Poi rimise a posto la cassettiera e riprese a pulire. Ripensando a Miriam annuì soddisfatta.
Mai e poi mai Rosi avrebbe immaginato di trovarsi in una situazione come questa. Aveva sempre lavorato e di questo andava orgogliosa, e si considerava una persona onesta. Anzi, quando ne aveva avuto occasione aveva espresso giudizi durissimi nei confronti di quanti rubano: andassero a lavorare! Dieci anni di galera!
Eppure questa volta le cose si erano messe in un modo tale, per cui sarebbe stato difficile agire diversamente. Per chiunque, ripeteva tra sé e sé. Lo diceva per assolversi? Forse sì, ma in quel momento le energie di Rosi erano tutte assorbite dal corpo a corpo con il suo senso di colpa e questo le sembrava un buon argomento per scaricarsi di qualche responsabilità.
Quella sera a tavola Miriam tenne gli occhi bassi sul suo piatto per tutta la cena e parlò solo quando si alzò dalla tavola: “Buonanotte”, disse allora con filo di voce.
Rosi ripensò a quella mattina. Con la collana che le pesava nella tasca del grembiule era rimasta seduta in cucina per un po’. Poi però, dopo il senso di colpa era arrivata anche la paura. Cosa poteva accadere? Sarebbe finita in prigione? Avrebbe perso il lavoro? Ancora adesso non avrebbe saputo dire se fu per il senso di colpa o per la paura, ma alla fine posò la collana sulla cassettiera della camera da letto prima di tornarsene a casa.
L’indomani mattina la signora Costanza aspettò che Rosi arrivasse e poi l’accolse con un abbraccio. Non era mai successo. Fece un passo indietro per poterla guardare. Poi le sorrise in un modo che a Rosi parve sincero: “Ho visto la collana.” Fece una pausa e poi continuò: “Adesso te lo posso dire, pensavo che l’avessi rubata tu.”
Ciao Ermanno, bravo. Riesci a farci conoscere i pensieri di Rosi, le sue fatiche, le sue frustrazioni e i drammi della vita. Tutti i momenti sono vivi e veri. Complimenti.
Emanuele
ADELISA CORBETTA
Rappresenti la quotidianità e una imcomprensione che si esprime nella frase :”Mi fai vergognare! Mi fai sentire povera!”Un dramma profondo vissuto in solitudine.Bravo.