Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Sabato” di Anna Nicolini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

È un periodo di lavoro intenso. Gli ordini non mancano e i clienti spingono per avere le consegne prima della chiusura di Agosto. Così, come spesso accade, le ultime settimane prima delle vacanze estive si lavora anche il sabato.

Sara lavora nell’attività di famiglia, la piccola valle in cui vive con il compagno e i due figli piccoli ha un fitto tessuto di aziende meccaniche, suo padre ne ha fatta crescere una con impegno e caparbietà imprenditoriale. Lei ha raccolto il dono del padre – non senza qualche difficoltà di inserimento in un mondo tutto maschile – da una decina d’anni ormai siede ogni giorno al proprio posto.

Così anche stamane, un sabato mattina di Luglio, bacia i figli ancora caldi di sonno e saluta il compagno prima di uscire

“Sei tranquilla in ufficio da sola?”

“Certo amore mio, e poi non sono sola, in reparto ci sono cinque operatori che fanno il turno del sabato mattina, con i miei collaboratori lì mi sento sempre al sicuro. E poi dovrebbero esserci anche due ragazzi dell’impresa che stanno finendo i lavori di ampliamento dell’area nuova”

“Bene allora buon lavoro, ci vediamo a pranzo a casa”

L’ufficio è luminoso e spazioso, due grandi finestre danno sul cortile, dalla scrivania Sara vede il cancello scorrevole d’ingresso che può aprire e chiudere facilmente grazie al telecomando che poggia come ogni giorno vicino al monitor.

Sara siede alla sua postazione, alle sue spalle la porta che dà accesso all’area produzione, l’ufficio è un open space con altre quattro scrivanie ma stamane i colleghi non ci sono. Mentre il pc si avvia lei scende in reparto, è un’abitudine ormai quotidiana, un giro veloce, un saluto e un sorriso ai ragazzi che sono operativi già dalle sei.

Li conosce tutti per nome, alcuni salutano timidi, altri scambiano due parole, un paio li conosce da molto tempo – sono in azienda da ben prima di lei e l’hanno vista ragazzina quando ancora non lavorava e passava in ufficio solo per fotocopiare gli appunti dell’università.

C. è uno di questi, cinquantenne padre di famiglia conosce Sara e suo padre da sempre, un uomo robusto e solido sotto tutti i punti di vista, uno dei pilastri dell’azienda, lavoratore competente e prezioso, uno di quelli che tutti gli imprenditori vorrebbero tra i propri collaboratori, uno di quelli che si occupano dell’attività come se fosse loro, un uomo fidato.

“Caldo stamattina!”

“Caldo sì, per la pausa caffè propongo un’acqua e menta ghiacciata”

Sara torna in ufficio e si mette al lavoro, le ore scorrono veloci come sempre, il sabato mattina si chiudono i lavori che non si è riusciti a chiudere in settimana e si prepara una “to do list” per la settimana successiva; una serie di imprevisti si infileranno nella lista ma a Sara piace lavorare con ordine e le poche ore del sabato mattina sono preziose per mettere in fila le idee e darsi delle priorità così da non venir investiti solo dalle urgenze durante la routine.

“Pausa?”

La voce di C. interrompe il lavoro di Sara, bussa ma non entra, come sua abitudine, batte alla porta che sta alle spalle di Sara, la voce di lui la raggiunge facilmente nel silenzio dell’ufficio.

Sara scende e si unisce al gruppo riunito davanti al distributore di caffè e bibite, un caffè e due chiacchiere, due numerate, come sempre, lei ha imparato dal padre a parlare poco ed ascoltare molto, soprattutto quando si tratta di collaboratori.

Dopo pochi minuti il gruppetto si disperde ed ognuno torna al proprio lavoro. Sara scrive, riordina, elimina file e vecchie mail, si distrae, si riconcentra, archivia documenti, risponde alla telefonata di un’amica, un’altra ora scorre veloce.

“Ciao noi andiamo”

È la voce di C., bussa ed entra in ufficio senza attendere “l’avanti”

“Bene, buona domenica, a lunedì”

“A lunedì”

Sara torna con gli occhi sullo schermo, ora il silenzio è avvolgente, i macchinari in reparto sono stati spenti, nessun ronzio, nessuna vibrazione, nessun cigolio. L’aria calda che entra dalla finestra aperta le sfiora il viso, alza gli occhi e vede i ragazzi al cancello, con il telecomando apre e li segue con lo sguardo mentre si muovono lenti verso le proprie auto nel parcheggio.

Il caldo inizia a farsi sentire, e anche la fame. Sara guarda l’orologio dello schermo del pc, 12.08: ancora mezz’ora e vado, i bambini mi aspettano per pranzo, il resto lo farò lunedì.

Si sistema per bene sulla sedia, allunga la schiena, apre le spalle, stiracchia il collo e fa un respiro profondo ad occhi chiusi.

Sara ha trentotto anni, un compagno premuroso, due figli strepitosi, un lavoro impegnativo ma sicuro e stimolante, una vacanza in mare che la aspetta, qualche turbamento d’animo ma tanta forza, amici pochi ma molto veri, una madre meravigliosa – sorride.

La serenità si può trovare in un attimo di un sabato mattina in ufficio, nel calore del sole che le illumina un piede.

 

****

 

“Fermo!” “Fermo!” “Cosa fai?”

La porta alle sue spalle sia è aperta sbattendo bruscamente contro il muro, Sara non ha fatto in tempo a ruotare il capo. Si muove, cerca di urlare, si ribella, prova ad alzarsi dalla sedia ma è intrappolata.

Il corpo di C. è su di lei, la bocca di C. è su di lei.

Le mani di C. sono su di lei

stringono strattonano picchiano spingono

toccano

si insinuano

violano.

“C’è ancora qualcuno? noi andiamooo”

Le parole di Luca arrivano improvvise, i due muratori avvisano che stanno uscendo.

C. si ferma e fa due passi indietro, prima di correre giù dalla scala guarda Sara dritta negli occhi, uno sguardo che lei non dimenticherà mai più: uno sguardo che ora lei ancora non sa ma turberà le sue notti per anni a venire.

Sara si risistema sulla sedia, le spalle curve in avanti, respira affannata, il cuore le scoppia nel petto, chiude gli occhi  – piange.

La serenità si può perdere in un attimo di un sabato mattina in ufficio, nel calore del sole che le brucia sui lividi.

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4 commenti »

  1. Storia di ordinaria follia, purtroppo. Il mostro che si nasconde anche sotto le spoglie più innocenti e apparentemente innocue. Pochi minuti per perdere la tranquillità, il futuro. Perché questo è uno degli aspetti più terribili dello stupro o del tentato stupro, che poi sono la stessa cosa. La degenerazione mentale dell’individuo, che spesso viene giustificata con l’inutile parola raptus, che se frega dei segni che la donna porterà nel corpo e nella mente per il resto della sua vita.Pensa solo a se stesso e al proprio piacere fisico. Quello che ho apprezzato nel tuo racconto è l’improvviso passare in un attimo da un’atmosfera di serena quotidianità alla furia devastatrice. E poi lui che fugge guardandola come a dire “ci rivedremo”. E la serenità perduta per sempre, e la paura che diventerà la compagna di vitta.
    Storia di ordinaria e raccapricciante follia ben raccontata nella sua cruda disumanità..

  2. Il racconto è sempre ben sostenuto, non vi è nulla di banale anche quando parla della routine familiare. Per una pura casualità, avevo il testo sullo schermo sino agli asterischi e mi son detto:”bella immagine di imprenditori, anche sì donna, di cui ci sono presenze in Brianza, sono gli imprenditori “illuminati” che trattano bene i dipendenti e li fanno sentire quasi contitolari dell’azienda per il rispetto che dimostrano”. E la serenità è la miglior ricompensa per chi si impegna nella vita. Poi ho mosso il mouse e ho letto la parte finale del racconto. E mi sono detto “la follia è sempre vicino a noi; Dio tieni la mano sulla testa delle persone, altrimenti, senza la serenità, la vita è solo fatica e sofferenza”.
    Auguri per il racconto.
    Emanuele

  3. Grazie Duccio per il commento. L’argomento è delicato e ci ho pensato molto prima di inserire il racconto ma poi ho scelto di farlo, credo purtroppo che non ci sia ancora sufficiente consapevolezza della portata delle conseguenze di queste ordinarie follie con cui molte persone sono costrette loro malgrado a confrontarsi. In bocca al lupo a te per il concorso.

  4. Grazie per il commento Emanuele. “la follia è sempre vicino a noi” – purtroppo – ciò che conta è che le persone che la subiscono trovino la forza di raccontarla senza vergogna.
    In bocca al lupo per il concorso

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