Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Per sempre non è un tempo” di Alexandra Tempesta

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo. Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo. Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo. Nel nome del padre…

D’improvviso si ferma. La mano destra protesa verso la fronte. Sgrana gli occhi verdi in direzione dell’altare e resta muta davanti al broccato della sedia che troneggia sotto il crocefisso.

…del figlio e dello spirito santo…bisbiglia mentre sente affiorare lacrime calde.

È la prima volta che le viene concesso di uscire.

Vergine Madre…. Lo stupore l’accovaccia sulle ginocchia. Il marmo freddo si stende sotto le giunture mentre una gioia che non ha mai conosciuto la pervade completamente.

Antonia respira, lenta e diligente. In quei lunghi mesi di carcere le è stata concessa la pratica di una disciplina olistica. L’ascolto a se stessa l’ha salvata. E ora lo mette in pratica.  Si alza lenta come un bradipo. Muove qualche passo verso una panca in penombra. Le gambe forti. I piedi saldi come radici di una quercia che si insinuano nelle viscere della terra.

Antonia appoggia il peso di una vita su suole consumate. Accovaccia le spalle nelle pieghe di un cappotto diventato troppo largo. Ha scordato i guanti sul tram ma tiene le mani in tasca e copre le orecchie arrotolando più stretta la sciarpa attorno alla testa.

 

Nella cella accanto alla sua era reclusa una vecchia troppo stanca per avere voglia di uscire. Nessuno sapeva di che reato fosse stata accusata. Era gentile, silenziosa e sempre cordiale. Passava il tempo lavorando a maglia. La nipote veniva a trovarla ogni due settimana e portava della lana nuova. “Mi piace lavorare a maglia” aveva detto una sera la vecchia. “Mi piace regalare le cose che faccio a quelle che escono. È come se un pezzo di me uscisse da qui. E mi piace uscire a pezzi.” era scoppiata in una rara e fragorosa risata. “Uscendo a pezzi vado in molte direzioni e sono certa che questi brandelli intrecciati non si incontreranno mai più. Non ci sarà una nuova me…”

Antonia ascolta stando seduta sul lato esterno della sua branda. In grembo un libro di favole che legge e rilegge ormai da molti giorni. Guarda la vecchia e le sembra di riconoscerne i tratti di un’indovina.  Non si sono mai parlate molto in quei lunghi mesi. Solo una volta, durante una brutta tonsillite di Antonia, la vecchia sembrò più incline alla parola. E poi, niente più.

Adesso poteva essere una buona occasione per dire qualcosa. Poche ore ancora di reclusione e le solite sbarre dividevano le due donne.

“Come…Come ti chiami? In tutti questi mesi non me lo hai mai detto.”

La vecchia inspira per un tempo che il silenzio dilata.  “Forse non me lo hai mai chiesto.” Antonia è ferita. Lì dentro ha cercato amiche con la stessa forza con cui ha cercato Dio. Ha cercato un senso, un opposto, un fondo profondo da dove risalire.

È stanca. Stende se stessa su quella branda che cigola i dolori di chi è venuto prima. La coperta ruvida le pizzica le spalle. “Quando domani uscirò, avrai lavorato un pezzo anche per me?”

È buio. È buio anche nei cuori. In lontananza qualcuno russa. Un colpo di tosse, uno sciacquone. Lo squillo del telefono di un secondino, un parlare sommesso.

La vecchia trattiene fra le mani screpolate un gomitolo di lana rosso “Per te ho fatto una sciarpa. La gola è il tuo punto debole. Ti piace il rosso?”  Buio. Silenzio.  Antonia dorme.

Dal carcere si esce nel pomeriggio. Prima c’è tempo per i saluti, gli insulti, gli sguardi. Per una partita a carte. Per una sigaretta. C’è tempo per l’attesa.

Un foglio piegato. Le mani tremano. I denti affondano nelle labbra morbide. Poche parole. L’inchiostro nero. Sbavato. “La scarcerazione è stata rinviata.” La notizia l’ha colta di sorpresa. Non ha avuto neanche la forza di reagire. Le è mancato il respiro e ha tossito forte. Poi Antonia si è sdraiata sul muretto ruvido. Con la voce roca ha chiamato la vecchia. Ha chinato la testa, un poco, e con la mano aperta butta via la cenere. Come un eccesso di cipria. Come il polline di un fiore reciso caduto sul bordo del tavolino antico.

“Per quanto tempo ancora resterai qui dentro?”

“Non lo so. Davvero. Non lo so. Forse….forse per sempre.”

“Per sempre non è un tempo. È un modo per azzittire l’anima. Ti illudi che sia domani o dopodomani, o magari la prossima settimana. E poi il tuo tempo non arriva mai.”

Antonia chiude gli occhi. Mette le mangi giunte dietro la nuca come se volesse formare un cestino a raccogliere i pensieri. Chiude gli occhi e ascolta la musica che il cuore fa all’interno di se stessa. Ad un tratto scoppia a ridere e balza in piedi. Sembra una bambola scomposta di porcellana  invecchiata. Rughe leggere le si formano ai lati della bocca mentre ride così forte che la vecchia si convince della sua pazzia.

“Antonia, ti prego, per l’amor di Dio.”

Lei si contorce nel riso fino al singulto, fino a che le mascelle risultano intorpidite, fino a che i muscoli della pancia iniziano a tendersi come pelle di tamburo. Allora cerca di nuovo un contegno. Inspira a fondo dentro se stessa e ogni volta che espira dilata le narici come un ippopotamo annoiato. Si alza. Allaccia attorno alla gola la sciarpa di lana rossa che la vecchia le ha offerto. Antonia è scalza. Ha imparato a sentire la terra sotto i piedi e i suoi piedi diventavano radici. Ha imparato a protendere le bracca verso il cielo e le sue braccia diventavano rami. Ha imparto ad inspirare fino a scoppiare. A tenere gli occhi aperti sul mondo, lo sguardo fisso in avanti, il capo fiero ed eretto.

Per sempre non è un tempo. Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo.

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15 commenti »

  1. La disperazione della speranza: di ciò – se ho ben capito – vuole raccontare l’autrice. E lo fa con una narrazione implicita, rarefatta, ma fulminante come sa esserlo la fotografia di un attimo.

  2. Grazie Carlo, la tua definizione di “narrazione fulminante” mi piace molto e mi calza a pennello!!

  3. non è facile comprimere emozioni, descrizione oculata di personaggi e luoghi in cosi poche righe, ma questa prosa ha il senso della misura in una marea di emozioni che trasmette nella sua letttura. sempre brava Alexandra più di sempre.
    Salvo Colucci

  4. Occhi aperti sul mondo,è questo che Alexa vuol vuole trasmettere con il suo racconto.Esasperato ma ugualmente roseo.

  5. Spesso sono i titoli che mi spingono a leggere. E questo è un bel titolo. Il racconto è fulminante, emozionante, breve quanto basta. La vecchia troppo stanca per avere voglia di uscire mi ricorda la vecchietta del mio racconto, che non si era mai mossa da Lisbona ma che conosceva tutto il mondo. Antonia che sembra la ragazzina del mio racconto che nella vecchietta ha trovato la sua migliore amica. Due luoghi diversissimi e lontanissimi ma che però ritrovano personaggi e emozioni molto simili. Leggendo il tuo racconto ho ritrovato molto di me e di quello che ho scritto.

  6. In una prigione si può trovare se stessi, si può trovare Dio, si può trovare l’altro. O forse si può solo cercare. Magari si impazzisce. Mi è piaciuto il racconto, l’ambientazione e lo stile. Molto forti alcune metafore; per esempio, mi ha colpito molto quella delle mani giunte dietro la nuca come un cestino per raccogliere i pensieri. Bellissima l’immagine della vecchia che regala i suoi lavori a maglia alle carcerate che stanno per uscire, cosicché anche lei possa uscire fuori, a pezzi, e andarsene in giro, ovunque. Complimenti

  7. Grazie Matteo. apprezzo molto la tua attenzione alle metafore. mi piace molto quando scrivo cercare dei modi alternativi, a volte forti, per disegnare con le parole una situazione. lo trovo un esercizio intenso. a volte passo molto tempo prima di trovare la giusta combinazione. a volte non la trovo e mi arrabbio ma poi le parole vengono da sole.

  8. Ciao Alexandra, ci dai delle protagoniste gli stati d’animo con l’immediatezza di una recita teatrale. Come Matteo anch’io sono rimasto “colpito da alcune espressioni”, quella delle mani giunte dietro la nuca come cestino per raccogliere i pensieri e la branda che cigola i dolori di chi è venuto prima ed altre ancora che non sto qui a ripetere. Lo ritengo non un esercizio astratto ma un modo diverso e poetico di comunicare situazioni e sentimenti.
    Emanuele.

  9. Ciao Emanuele, mi piace il tuo accostare il mio racconto all’immediatezza del teatro. sono da sempre affascinata dal palcoscenico! grazie

  10. Questo racconto è bellissimo! Complimenti per la meritata vittoria!

  11. Complimenti Alexandra!! Ci vediamo a Lucca!!

  12. Ciao Alexandra, ho riletto il tuo racconto con immutato interesse coinvolto, all’inizio del racconto, dalla formula del segno di croce, ripetuta tre volte di seguito, e rimasto riflessivo sulla formula del segno di croce, quali ultime parole del racconto. La formula di fede religiosa racchiude un’esistenza che è sottoposta ad un giudizio, forse della giustizia terrena?
    La formula ripetuta mi da l’immagine di un gesto scaramantico, di una fede superficiale mentre alla fine sembra l’adesione ad un progetto di salvezza. Una crisi esistenziale superata con l’adesione alla fede, passando dall’osservare l’impegno della “vecchia” compagna e collega di fare qualcosa per gli altri, dall’esperienza di vita? Quante riflessioni!
    Ci vediamo a Lucca.
    Emanuele

  13. Originale, ben scritto, appassionante: mi è molto piaciuto. Complimenti.
    Ho captato una mia qualche affinità con il personaggio della vecchia e ho considerato che anche diffondendo i racconti lasciamo uscire a brandelli qualcosa di nostro: le emozioni, che si disperdono, sfuse, in mille rivoli, per poi essere magari distorte dall’interpretazione dei lettori, a differenza di quelle aggregate in strutture organiche e compatte, che alloggiano più comodamente nei romanzi.

  14. UN RACCONTO FORTE, PIENO E INTRINSECO DI SIGNIFICATO E SICURAMENTE BEN SCRITTO… complimenti davvero!
    Lieta di conoscerti a Lucca!

  15. Colpisce molto il tuo racconto. Mi è piaciuto perché essnziale e duro, eppure carico di vita e con un personaggio, dei personaggi che, seppure solo accennati, sembra di vedere. Brava.

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