Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Racconti nella Rete 2010 “Lucus in fabula” di Tonino Iallorenzi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

I terroni sono gli uomini attaccati alla terra. Uomini e donne che per  la terra hanno lottato, sofferto e agognato, speso speranze ed illusioni. Per la terra sono emigrati. Hanno intasato quel ladro d’affetti che è il treno. Hanno percorso migliaia di chilometri, su quel sistema linfatico tecnologico che è la rete ferroviaria, fatto di binari, scambi e snodi. Tanto diverso ma simile alle arterie di un tronco, per arrivare li dove la sorte li avrebbe accolti per coronare il loro sogno. Avere la terra a tutti i costi. Quegli uomini erano terroni, persone attaccate alla terra. Avrebbero con tutte le loro forze preservato la conquista. La avrebbero difesa dalle intemperie, dai devastamenti. Un po’ come fanno gli alberi.

Gli alberi , anche loro sono  terroni. Attaccati alla terra. Essi la penetrano ,la compattano, la modellano, la lavorano. Lo sviluppo….Drinn. La sveglia, sono già le 7 e 30 del mattino. Ero nel letto, in mano il foglio che avevo stampato la notte prima. Avevo fatto una ricerca su Google, trovando un’interessante saggio, di un’ autore poco conosciuto. Mi ero assopito, quasi del tutto vestito. Che incubo. Ho sognato la terra, il mio paese, la mia casa, tutta invasa di vegetazione, di alberi. Meno male, sono sveglio. Mi stropiccio gli occhi con le mani. Non sono ancora del tutto lucido. Il tempo di allungarmi per prendere gli occhiali, li, al solito posto, sopra il comodino. Non arrivo. Chissà dove li avrò messi?. Chi ha messo una piantina vicino al letto?. Mia moglie!. Al solito, non perde tempo per fare modifiche, ora anche di notte. Ha il pollice verde, ma sta esagerando. Ma che ha combinato?. Ha trasformato la camera da letto in una serra.Ho no, mio dio!. Non sto sognando. Per un’ attimo mi ero allontanato dalla realtà, ora sono sveglio. Ed è tutto vero. La casa è piena di piante. Ovunque. La camera da letto è satura di rami. Dormo da anni, sopra il ramo della grande quercia vicino casa, quella piantata da mio nonno.

Ci sono foglie, arbusti, rami e vegetazione ovunque. Per pochi secondi mi ero estraniato dalla realtà. Mi accade tutte le mattine. Al risveglio ho una sorta di rimozione. Tutto mi sembra tornato alla normalità. Come prima, prima di quel maledetto aprile del 2008. Ma non era così. Tutte le mattine mi illudevo, poi il brusco risveglio. Tutto come prima. Alberi ovunque, nelle case, nelle strade, nei giardini. Ovunque ci fosse stato un pezzo di terra era  invaso da alberi e piante di ogni tipo. Ne avevo ovunque in casa, nel bagno, nella credenza, fin negli armadi. I campi di calcio erano scomparsi, tutti  diventati delle enormi foreste. I bimbi,  da anni non potevano piu’ giocare a calcio. Alcuni, temerari, si erano ingegnati giocando sui solai, dimessi, di edifici, abbastanza grandi da ospitare partitelle, almeno cinque contro cinque. Tutto, era iniziato per colpa di quella sconsiderata decisione presa dai politici per rimboscare l’intera regione. Avevano scelto il brevetto del ricercatore giapponese. Aveva dato risultati prodigiosi, persino in prossimità di zone desertiche. La molecola, era frutto di una accurata ricerca genetica. La pianta una volta messa a dimora, richiedeva poca cura. Poca umidità. In pochi anni avremmo, di nuovo, avuto il paesaggio pieno di foreste. Dopo secoli, la Lucania avrebbe mostrato il suo antico aspetto. Terra fiera e selvaggia. Il progetto finanziato dalla Comunità Europea, prevedeva la trasformazione della Basilicata in un grande parco tematico, Lucanialand. I visitatori in un viaggio temporale, avrebbero trovato gli ambienti, i paesaggi, gli animali, le popolazioni e le atmosfere di una terra incontaminata, così com’era ai tempi dei romani. Impervia, attraversata dagli antichi viaggiatori della via Appia. Avrebbe attratto numerosi viaggiatori.

Antropologi, da tutto il mondo. La molecola del ricercatore nipponico, dimostrò da subito la sua efficacia. In pochi mesi gli alberi si erano diffusi ovunque. Sia nelle zone interne che vicino al mare. In  prossimità di Potenza.  I Sassi di Matera, avevano assunto un paesaggio simile alle montagne rocciose. I calanchi erano diventati un rigoglioso bosco di conifere. Dopo i primi mesi, la crescita di alberi divenne inarrestabile. Tutto fu inutile. Dopo un’ anno la vegetazione copriva l’80 % del territorio. Gli alberi non si fermavano davanti a niente. Dopo 5 anni tutto il suolo della terra era pieno di vegetazione. Anche i corsi d’acqua. Nulla era stato possibile contro l’invasione vegetale. Per una pianta bruciata, ne  ricrescevano decine. Se si tagliava un tronco, velocemente spuntavano, dal nulla, centinaia di piantine. Ogni pianta, era in grado, se attaccata, di espellere migliaia di spore che attecchivano velocemente al contatto del suolo. Anche l’intervento dello scienziato, del sol levante, fu vano. Tutte le sere mi coricavo con la vane speranza che l’incubo finisse. Tutte le mattine la realtà era piu’ dura. Alberi, solo alberi. Sempre di piu’. < Tonino,… Tonino,…svegliati che è ora>. La voce di mia moglie. Mi sono riaddormentato di nuovo. Ma no, non può essere, sono ancora le sette. Ma, allora, quello che è successo era un’ incubo. Mi rialzo senza nemmeno mettermi le scarpe, sono semi nudo, corro verso la finestra. Corro?. Ma come faccio a correre?. Sono anni che non corro. Non c’è un centimetro di spazio, vuoto, dove poter correre. E’ tutto pieno di piante. Era. Ora, non ne vedo. Ma allora ho sognato tutto, gli alberi, l’invasione, lo scienziato giapponese. Mi affaccio al balcone. Tutto libero. Vuoto. Riesco persino a vedere l’orizzonte. Nemmeno un’ albero. Un’ assurdo, beffardo e atroce incubo. Ma così reale. Mia moglie mi guarda. Ha negli occhi un’espressione di commiserazione. Poi si siede, si mette le mani nei capelli. < Di nuovo?. Lo hai sognato ancora?. Il caffè è sul tavolo, oggi è il nostro  turno, te ne sei dimenticato?            >. Dimenticato?. Voglio dimenticare, tutto, quello che probabilmente è stato un’ incubo, così reale. E’ il nostro turno?. Ma per cosa?. La terra è senza quei maledetti alberi, il mio letto è finalmente un letto vero. Non vedo piu’ alberi, ne in casa ne fuori. Non vedo alberi.

Non ci sono piu’ alberi. Mia moglie alza il capo, mi fissa, annuisce con la testa. < tutte le notti la stessa storia, la mattina poi. Possibile che non hai ancora capito?. Non ci sono alberi. Da nessuna parte nel mondo. Ricordi?. Il virus, quello proveniente dall’oriente. Gli alberi, tutti estinti >. Il Giappone, ora ricordo, tutta colpa del petrolio. Lo sfruttamento era proliferato. Si pensò di limitare i danni provocati dai metalli pesanti con la molecola orientale, capace di proteggere i fusti e le radici. Invece si era innescato un micidiale virus, propagatosi in pochi anni, aveva distrutto irrimediabilmente tutto il verde. Rese aride le foreste, i grandi polmoni dell’ Amazzonia. La terra era diventata un’unica distesa desertica. La notte, sognavo, desideravo, in maniera abnorme, quello che avrei sperato di vedere la mattina. Alberi, alberi. Tanti alberi. Ora, ricordo tutto. Era giunto il nostro turno. Quel giorno toccava a noi fare la trasfusione alla grande quercia. Su tutta la terra, non c’era piu’ un’ albero in piedi. Tranne la millenaria pianta di contrada Braide. Li conobbi Maria, mia moglie. La quercia è talmente grande e maestosa  che per cingere, completamente, il suo fusto ci vogliono circa 25 persone. Era il giorno di pasquetta, trentenni fa. Abbracciammo in tanti la pianta. Eravamo 25. Un po’  casualmente, un po’ perché lo volemmo entrambi, abbracciai l’albero tenendo per mano Maria. Non ci lasciammo piu’. Anche lei, l’ultima quercia della terra, era malata. Per tenerla in vita, serviva linfa umana. Ogni giorno, 25 persone si alternavano per donare la loro linfa. Quel giorno era il mio turno con Maria. Chi avrebbe mai pensato, trentenni fa, quando ne incidevo la corteccia, parlando con Maria, vedendone la linfa che in un futuro gle l’avrei restituita?. Servirà?. Per quanto tempo ancora?.

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