Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “El Dimognio” di Alessandro Ippolito

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Il diavolo se lo prese a vent’anni.

Fu durante una guardia sulle mura della fortezza in una gelida notte d’inverno che il male gli inoculò il suo veleno in entrambe le orecchie condannandolo ad una inesorabile ed irreversibile sordità. Lo confermarono tutti i luminari ai quali si rivolse disperato.

Era conosciuto come un giovane rispettoso e garbato, un bonaccione, ma non accettò tutto quel male ed essendo sempre stato ostinato tanto quanto era onesto si mise ad indagare iniziando col questionare i vecchi del paese: allora si sapeva, dietro ad uno strano accidente c’erano sempre vecchie ruggini e altre cose… Il vecchissimo Ottorino seduto davanti al camino faceva delle pause belle lunghe prima di continuare, forse per ricordare, o per inventare; era una tradizione antica quella delle Fole, risalente a tempi non lontani, bastava andare indietro a quando la bluastra luce catodica non aveva ammutolito intere famiglie.

Allora il narratore si recava in una casa per volta a raccontare la sua fola, che poi era sempre la stessa solo arricchita ogni sera con nuovi dettagli frutti dell’improvvisazione; io ero troppo giovane per poterne ricordare e la ragione per cui mi trovavo in casa dell’ultimo cantastorie con un magnetofono veniva da un idea del mio professore di lettere che introducendoci prima alle tematiche di Propp e ai suoi studi sulle fiabe, ne avrebbe poi spiegato gli schemi traendo esempi dal materiale raccolto

Il mio Omero abitava vicino a mia Nonna, compiaciuto della richiesta si cimentò entusiasta nella narrazione della sua fola.Fu così che il giovane soldato incontrò una delle Santine, l’ultima di cinque sorelle zitelle,  all’ingresso del cimitero

L’imitazione della gracchiante Santina era esilarante.

Oddio quanto assomigli a tuo padre!-La megera mise le mani al viso per accentuare lo stupore.

-Anch’io e le mie sorelle andavamo a tirargli la giacca perchè ci facesse ballare quando suonava l’orchestrina in piazza. Ah sì! Era davvero un bravo ballerino, elegante, con i capelli imbrillantinati! Sai, la brillantina costava, i ragazzi si davano l’olio d’oliva che poi puzzava, soprattutto se non si lavavano, ma lui no: era sempre pulito e presentabile! Le spose del paese erano tutte innamorate di lui, gli facevano dei bei regali così da permettersi certe cose di più degli altri, destando troppa invidia… e l’invidia, si sa, è una delle sorelle della morte –

 Poi la vecchia disse grave. Seppi che una mattina si spaventò a morte trovando sotto il cuscino un feticcio fatto di…capito, no? – Si riferiva ai suoi escrementi.

-Il bambolotto era impastato coi suoi capelli, fasciato coi pezzi di una sua camicia e aveva degli spilloni infilati fitti fitti nelle orecchie!-

Attizzando la brace Ottorino controllava se fossi attento.

– Sapevo chi era stato! C’era una fattucchiera che se pagata bene anche con polli e conigli faceva queste diavolerie, una strega! Faceva l’amore con le bestie e i figli nascevano mostri, meno male che non vivevano più di tre dì! Quante brutte cose a questo mondo, ma dimmi tuo padre campa ancora? Tu cosa fai? – 

Faceva il soldato, spiegò, la Madre morì di tubercolosi quando erano  piccoli e il padre crebbe i figli come un severo generale; il primo emigrò e la sorella si era sposata al sud. Il padre era da poco morto di un malaccio.

-La fattura non ha funzionato, sia ringraziato Iddio! –  Ottorino mimò  la vecchia segnarsi la croce.

Te stai attento però, preghi? vai a confessarti ? –

Mentendo annuì, pensò fosse il caso di dirle dalla sua sordità ma cambiò idea, non avrebbe cavato altro da quella bocca sdentata.

Qualche anno dopo si innamorò di una giovane molto carina e di famiglia onesta con la quale si sposò, ebbero due figlie bellissime ma una nacque senza l’orecchio sinistro: al suo posto c’era un buco, lo coprivano coi capelli, più avanti negli anni un chirurgo gliene fece uno finto.

Il soldato con gli anni divenne sempre più triste, il veleno del dimognio lo divorava lentamente rendendolo astioso e permaloso, nella confusione di ronzii dentro la testa rimuginava senza sosta sulla crudeltà della sua sorte coltivando l’odio.

-Questi sono i “dimogni”: mali oscuri che avvelenano l’anima, bada figliolo! –  Mi redarguì Ottorino – Se non capisci con cosa hai a che fare puoi andare dal medico, ma quello ti addormenta con le pillole perché non sa! Se fosse andato da una di quelle che segnano la paura con un piatto d’acqua e qualche preghiera  forse si sarebbe tutto risolto.

Ottorino aveva i palmi rivolti al fuoco, io ero eccitato dall’atmosfera misteriosa del tinello illuminato dai bagliori del focolaio e con la coda dell’occhio controllavo l’andamento del nastro .Il Prof andrà in visibilio per questa roba– pensai mentre il menestrello ricominciava la sua storia.

Il nostro soldato fu comunque un buon padre, educò le figlie come due principesse. La più grande gli dava qualche pensiero: crescendo in quella situazione difficile era diventata un po’ ribelle ed una sera non tornando a buio fece preoccupare tutti! La cercarono ovunque, sai una “Fanta” così giovine e carina a giro dopo il tramonto… Quando il padre la vide rincasare tutta sorridente con una scusa sciocca le diede uno schiaffo così secco in faccia da farla cadere-

Il vecchio sospirò. – Dopo una settimana di lamenti per il ronzio all’orecchio destro la portarono dal dottore che trovò il timpano danneggiato: il fischio lo avrebbe udito per la vita, disse.

L’uomo cadde nella malinconia, si isolava e parlava da solo, così lo congedarono dall’esercito.

Le figlie crebbero e si sposarono, la moglie con la pazienza di una pia donna lo accudiva raccomandandosi a Dio, soprattutto se diventava aggressivo, ma non venne mai meno al voto nuziale.

-…e eh non ce ne sono più di donne così! Adesso si trovano un altro e addio, ma a quei tempi non se ne parlava nemmeno, e poi in fondo gli voleva bene, qualcosa s’era portato via l’uomo buono che aveva sposato, lo sapeva, e pregava… Un giorno la donna si ammalò e i dottori dissero che non c’era niente da fare. Lui seduto accanto al letto della moglie moribonda rimuginava a pugni serrati e digrignando i denti aspettava…aspettava… –

Il vecchio si sporse in avanti quasi intimorendomi.

– Ti dissi quanto era cocciuto, stufo di prendere solo il male che gli avevano iettato non avrebbe permesso a nessuno di portargli via la cosa migliore della sua vita! –

L’atmosfera si era fatta inquietante, Ottorino continuò senza togliere lo sguardo dal fuoco. –Eravamo tutti al capezzale della donna che nelle sue ultime parole si raccomandò di avere cura del marito: -Lui non era così- diceva, poi sbarrò gli occhi nel momento supremo.

-Un ringhio uscì dal petto del marito, sibilava a denti stretti guardando il centro della stanza: -Lasciala stare! Va via schifosa…- La moglie ansimando guardava nello stesso punto, lo facemmo anche noi senza vedere nulla. All’improvviso l’uomo saltò in piedi e allungando la mano afferrò qualcosa nell’aria…e  lei apparve! –

Il vecchio alzò la voce. –Una tela scura sbucò a mezz’aria sbattendo come una vela sciolta, l’uomo con le mani tirò forte finché come vomitata dal nulla apparse l’incappucciata signora dagli occhi di buio!

Quell’uomo tanto caparbio ghermì la morte afferrandola alla gola mentre si dimenava sbattendo la cappa, poi con uno strattone le strappò il gozzo facendo spruzzare fuori una nera melma!

 Tutto si fermò, Il tempo e i nostri cuori. La buia Signora portò le mani al collo e ci osservò.

 Aprì l’immenso mantello mostrando quelli che la attendevano ed erano schiere di ogni razza e ogni luogo. Agonizzanti si contorcevano nella disperazione, uomini e bestie alla stessa stregua invocavano la fine delle loro atroci pene, poi si voltò verso la moglie che esalò l’ultimo rantolo quindi toccò con un dito la testa del marito e chiuso il raccapricciante sipario sparì.

Così fu che l’uomo dannato dalla maledizione di tutte le maledizioni non poté più perire fino a quando avrebbe espiato l’insulto più grande mai portato a Dio, così ancora siede sulla sua poltrona aspettando di veder passare la morte, chissà se per prenderla o farsi prendere…-

La Fola era conclusa. Ero sbigottito.

-Tu raccontavi fole così ai bambini?- Dissi ridendo.

-La fola non era per i fanti caro ragazzo, era per te! Non ricordi?…pensaci bene…-  Rispose Ottorino, forse troppo immedesimato nel ruolo.

-Voltati, guarda in fondo al salotto…-Insistette il vecchio.

Mi voltai e trasalii: all’altro lato della stanza seduto su una poltrona della quale non mi ero accorto per tutto il tempo un signore anziano si teneva le orecchie coi pugni chiusi.

Balzai in piedi con un grido e indietreggiai, Ottorino mi osservava dalla sua sedia. -Sei sicuro di non conoscerlo? – Sibilò maligno.

Paralizzato dall’orrore vidi l’anziano signore alzare lentamente il capo e stringendo i pugni contro la testa fissarmi ringhiando parole inudibili, d’improvviso una fitta lancinante ai timpani mi fece perdere i sensi.

Riaprii gli occhi, il salotto era sparito.

Sdraiato sul pavimento di una garitta in una gelida notte d’inverno un dolore acuto mi straziava i timpani, urlai senza udire la mia voce.

Strinsi i pugni portandoli alle mie orecchie doloranti.

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5 commenti »

  1. Ciao Alessandro, questo racconto contiene una storia (una Fola) da tramandare che mette un po’ di paura in sintonia con la tradizione dei cantastorie. In Brianza i vecchi (chiamati così cinquantanni fa), narravano le storie di streghe (stria) e di diavoli (diavul) nelle stalle, scaldate nel fiato umido del bestiame.
    Emanuele

  2. L’idea di ricavare dalle antiche leggende popolari un racconto horror, una fola come si chiamava dalle tue parti, potrebbe apparire un azzardo… Gli antichi miti, le leggende, le storie davanti al fuoco che atterrivano i nostri nonni spesso ci appaiono ridicole e ci strappano un sorrisino ironico proprio per la genuina ingenuità con la quale i nostri vecchi le tramandavano, come se fossero ‘fatti veri’… Il risultato che porti a casa è perciò tanto più meritevole. Il racconto funziona e, nonostante l’abbia letto in un contesto non ideale (avrei dovuto aspettare di essere solo in casa, magari d’inverno, magari con le fiamme che scoppiettano sugli alari) mi ha egualmente terrorizzato. Per certi versi mi ha ricordato le atmosfere dei racconti di Arthur Machen, un gallese, che attingeva a piene mani dal ricco folklore locale… Cui noi non abbiamo nulla da invidiare. Complimenti. Sarei curioso di conoscere il tuo parere sul mio “La Torretta di Guardia”

  3. Grazie Luigi, infatti ho avuto la fortuna da molto giovane di poter ascoltare forse l’ultimo di questi trovato e ne rimasi molto impressionato anche se non si trattava di una storia inquietante. La capacità di riuscire a trasmettere emozioni non è il risultato di studi o strategie ma è un autentico dono; una tradizione perduta ormai quella delle fole e delle parole semplici, chi prova ancora a scrivere come noi forse vorrebbe continuarne l’eredità ma anche ascoltarne, o ,come usa oggi leggerne ancora e lo farò con piacere con il tuo racconto.

  4. Grazie Emanuele, sono contento di averti impaurito e di aver suscitato bei ricordi di atmosfere irripetibili, per parte mia anche di aver conosciuto nuovi e interessanti appellativi dei nostri vecchi, cari mostri

  5. Cari Lettori e cari scrittori,
    Il racconto non è del tutto frutto di fantasia, lo avevo ideato per dedicarlo a mio padre, Tommaso.
    Proprio in queste ore sta perdendo la sua ostinata battaglia per contrastare l’inevitabile dopo una vita di vessazioni da parte del “dimognio” e purtroppo non potrà mai leggere la mia storia come avrei sperato.
    Orgoglioso com’è della mia avventura come scrittore di romanzi avrei voluto regalargli questo racconto per onorarlo, mettendo per iscritto ciò che grazie al tempo concesso sono riuscito a dirgli: che ho sempre saputo, che non ha mai avuto nulla da farsi perdonare; che lo stimo per la sua forza e caparbietà perchè non ha mai mollato, perchè quella sua tenace onestà ormai considerata desueta è stata la sua risorsa più grande e che io e mio fratello lo abbiamo amato ancora di più per questo; che la luce della bontà alberga negli occhi e non può essere offuscata da alcun male, è sufficiente averla vista brillare una sola volta per non dimenticarsene mai.
    Ma la buia signora non accetta di venire esorcizzata, non si farà strappar la gola…piuttosto lo accoglierà, pietosa infine, nel suo mantello
    Perdonate il mio sfogo ma ritengo che lo scrivere sia fatto di emozioni, di vita, che sia un mezzo per far parlare le nostre anime tra di loro al di sopra della fisicità e delle meschinità che ancora ci intrappolano nelle piccole umane, risibili faccende.
    Grazie.

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