Premio Racconti nella Rete 2015 “Arturo e la sua stella” di Claudia Sarri (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015In un paese non riportato su carta e in un tempo molto lontano da questo, quando la storia non era ancora nata, viveva un bambino, con la pelle chiara come la panna montata, con raggi di sole tra i capelli e occhi che brillavano come lucine di natale. Il bambino era poco più basso della poltrona verde tutta rattoppata, in cui suo nonno ogni giorno, fumando la pipa davanti al fuoco, gli raccontava una nuova storia, portando la sua fantasia a galoppare verso luoghi lontani e non sempre reali . Arturo era questo il nome del bambino, un nome tanto grande, per un corpicino tanto piccino, che di gigante aveva solo gli occhi da cui se uno ci guardava bene dentro, tra tutto quel luccicare ci poteva vedere il cuore, tanto buono e ingenuo. Arturo viveva con il nonno nel paese di Fiorcoriandolo, un luogo totalmente ricoperto di fiori e di coriandoli: fontane fatte di margherite, lampioni di coriandoli gialli, case costruite con legno , ma con tetti di rose e porte e finestre di coriandoli blu, in un gioco di colori infinito. Arturo non aveva mai conosciuto la sua mamma e il suo babbo, ma da quando aveva ricordo era sempre stato con il nonno, un ometto con la pancia infuori, il testone rotondo ed un volto delineato da una folta barba, che sembrava fatta di batuffoli di zucchero filato. Portava sempre dei grossi occhiali, che sui suoi piccoli occhi azzurri facevano l’effetto di due lenti di ingrandimento. Attaccato alle sue bretelle, non mancava mai un fiore a forma di stella, che ogni giorno cambiava colore in base al tempo; se era bello diventava giallo, se pioveva era blu e di notte, come se fosse illuminato dalla luna prendeva un colore bianco brillante. Il nonno si chiamava Siderus e faceva il mestiere più curioso del mondo, osservava quei piccoli puntini luminosi che tutte le notti comparivano sopra alla sua testa in quella immensa trapunta blu scura, conosciuta come cielo. Al tempo, questi bottoni scintillanti non avevano nome, sembravano delle lucciole; Siderus le mirava e rimirava , trovandone una nuova tutte le notti e ad ognuna affibbiava un nome, ma più generalmente le definì come il fiore che amava tanto, perchè secondo lui avevano la stessa forma e fu così che si conobbero le stelle. Però questi bottoni formavano anche dei disegni strani, unendoli come dei puntini con una matita sulla trapunta si creavano nuove immagini . “Guarda” diceva il nonno ad Arturo: “lì ci sono due bambini, li chiamerò gemelli “ e “ di là c’è un leone e un cavallo alato, una giovane ragazza sarà la vergine”. Molto spesso le storie del nonno partivano proprio da queste sculture di stelle , quanto si divertiva , aveva una fantasia da bambino per la sua età. Però la leggenda più ricorrente narrata dal nonno non aveva a che fare con i bottoni luminosi che Siderus osservava tanto, ma con una bambina che viveva da sola nel bosco e ogni sera al comparire delle prime lucciole a segnare il cielo, la ragazza si trasformava in un orso, lei non aveva un posto tra i disegni della trapunta stellata del nonno. Arturo era totalmente incantato da questa novella, forse perché parlava di una bambina come lui, a Fiorcoriandolo era l’unico bambino, in un paese fatto di soli grandi perlopiù noiosi, immersi sempre nei problemi, escludendo però il nonno e la Farmacista Canella che sembravano gli unici al mondo ad aver ancora voglia di sognare.
Arturo adorava Canella, perché tutte le volte che andava nella sua farmacia a prendere le medicine per il nonno: in questa casetta nascosta dall’edera rampicante , con viottoli ricoperti di erica e margherite, con persiane di rose selvatiche, la farmacista gli raccontava la storia della bambina-orso o se aveva un brutto raffreddore, lo curava con sciroppo di succo di fragola e lamponi e infine biscottini allo zenzero: una delizia! Arturo aveva un grande amico, sui libri lo chiamavano la volpe infuocata, però vedendolo dal vivo era solo un piccolo panda rosso addomesticato. Il bambino lo considerava un fido compagno erano sempre insieme, gli aveva dato nome di Scarletto, proprio per il colore della pelliccia. Scarletto aveva tutt’altro che un buon carattere, solo Arturo e Cannella gli rimanevano simpatici e per tranquillizzalo nelle brutte giornate gli davano caramelle al miele, ne andava matto. Scarletto proprio non sopportava il nonno per il puzzo di pipa che emanava e perché per cena gli voleva rifilare solo gli avanzi, se lo chiamavano la volpe infuocata un motivo c’era e proprio non gli andava giù di essere fregato. Quindi il più delle volte quando Siderus dopo aver visto le stelle rincasava e sedeva sulla poltrona verde, raccontava mille avventure ad Arturo , Scarletto , non le ascoltava mai se ne andava in giro per il bosco a procurarsi una cena più prelibata e l’indomani il bambino gli narrava le avventure della fanciulla-orso. Una sera, Arturo tirò fuori il coraggio e chiese : << Nonno ma la bambina in quale bosco abita ? e se fosse quello che sta dietro la staccionata di casa nostra? >> << Arturo, la bambina vive nella nostra immaginazione, non c’è alcuna certezza della sua esistenza. E’ una leggenda che vive in tutti i tempi e sta a noi portarla avanti, invecchia con quelli che la tramandano, ma lei rimarrà sempre una giovane fanciulla nella fantasia di tutti. >> Arturo non era convinto della spiegazione che il nonno gli aveva propinato. Era sicuro che gli stesse nascondendo qualcosa; aveva capito che la bambina-orso aveva un’immagine sconosciuta ma tutti la conoscevano, infine qualcuno doveva averla vista per forza. Arturo aveva sete di sapere, di capire, ma aveva anche paura di scoprire che in verità fosse tutto una finzione. Molto spesso l’immaginazione può creare delle grandi aspettative che la realtà non riesce ad appagare e la scoperta può portare alla delusione e al non riuscire più a vedere ciò che ti sta intorno con sorpresa e stupore ; a credere che qualcosa di fantastico possa esistere , è la via che ti conduce alla crescita . Arturo voleva tenersi stretto i suoi occhi incantati di bambino, ma voleva anche diventare grande, perchè pur crescendo sapeva bene che si poteva continuare a sognare e a credere nelle favole, bastava volerlo. “Fa vivere meglio e rende felici continuare ad inseguire i propri i sogni ” glielo diceva sempre il nonno, lui anche se vecchio lo faceva ancora con le sue stelle. Arturo doveva scoprire la verità sulla ragazza orso .
L’indomani, dopo una ricca colazione di pane e marmellata divisa con Scarletto, il nonno gli chiese di andare in farmacia a prendergli la pomata per il ginocchio che gli faceva male , il dolore era aumentato essendo stato tutta la notte ad osservare le stelle al freddo. Arrivato da Cannella, la farmacista rispose subito al bambino che la pomata era finita, però c’era una soluzione: <<Se mi accompagni nel bosco e mi aiuti a raccogliere le erbe e i frutti che mi servono per prepararla, tra qualche ora potrai portarla al nonno >> . Gli occhi di Arturo già luminosi di suo divennero due scintille incandescenti, sarebbe andato nel bosco, a lui era proibito andarci da solo ma in questo caso era accompagnato da un adulto e avrebbe potuto perlustrare ogni minimo punto per vedere se nascosta nel verde realmente c’era la grotta della bambina-orso. Non fece parola del suo piano con Cannella, che già aveva preparato il suo carretto per caricarci sopra le erbe. La farmacista gli disse: << sei pronto per andare al supermercato di verdure più grande che ci sia ??>> con una risatina di sottofondo partirono con Scarletto al seguito.
Che donna particolare Cannella, aveva i capelli sempre tutti arruffati con qualche ciuffo argentato qua e là, come la schiuma delle onde del mare. Indossava sempre vecchi vestiti tutti fioriti, profumavano di mirtilli e more e sopra immancabile il suo camice bianco. Aveva lo sguardo più dolce di questo mondo, ma i suoi occhi sembravano sempre così tristi. Mentre raccoglieva un po’ di radici e di malva, ad Arturo cadde lo sguardo sul polso della donna, aveva una cicatrice a forma di fiore a stella, che cosa strana, però non se ne curò più di tanto e continuò a gironzolare. << Cannella vado a cercare un po’ di ribes >> disse << va bene non ti allontanare troppo mi raccomando. >> Arturo iniziò la sua caccia al tesoro, se lo sentiva era vicino alla realizzazione del suo desiderio, camminava camminava, scrutava di qua e di là, fino a quando: “putupunfete” cadde in una buca. Come era possibile pensò: “non c’era una buca qui prima”, forse era caduto in una trappola. Iniziava ad avere paura. Scarletto scese giù per far compagnia al suo amico, ma ad un certo punto l’animaletto iniziò a guardare verso l’alto con sguardo sospettoso. “Chi va là ?” domandò una voce piccola ma decisa. << Mi chiamo Arturo , stavo camminando e sono caduto, non so come uscire, ma tu chi sei?>> <<Io sono Giselle e la buca l’ho fatta io per difendere la mia casa dalle bestie feroci, ma tu dalla voce non mi sembri cattivo! Aspetta ti lancio una fune almeno ti aiuto a risalire.>>La voce lanciò una corda fatta di gigli arrotolati tra loro per il gambo, Arturo ritornato in superficie si ritrovò davanti due gambe lunghe lunghe e secche secche, piano piano salì con lo sguardo per un corpicino affusolato in un vestitino di coriandoli bianchi, fino ad arrivare ad un volto di bambina con le lentiggini, profondi occhi scuri, folti capelli neri come le notti più buie e un nasino all’insù. <<Che cosa ci fai qui ? >> chiese senza troppe smancerie la bambina .
<<Mi sono perso ero insieme alla farmacista a raccogliere erbe e essendomi allontanato ora, non riesco a ritrovare il punto dove l’ho lasciata >> << Ah sei amico di Cannella! Allora va bene, sei il benvenuto. >> Arturo era stupito che Giselle conoscesse la sua amica. <<Vieni ti porto nella mia casa e offro qualcosa a te e al tuo amichetto che mi sembra un po’ nervoso! >> Scarletto era molto risentito, forse perché vedeva il suo compagno di giochi con lo sguardo incantato perso nel riflesso di quella ragazzia. Si ritrovarono davanti ad una porta enorme, incastrata in una roccia .La porta era di legno massiccio e aveva due battenti di fiori e rami di ciliegio. Dentro le pareti, erano totalmente ricoperte di libri e un pentolone bolliva nel camino; sul tavolo abbondavano i vasetti di miele, Giselle ne diede uno a Scarletto e subito lui le si avvicinò e iniziò a farle le fusa come un gatto, lo aveva conquistato! Arturo e Giselle si sedettero su due grandi poltrone difronte al fuoco , iniziarono a conoscersi, felici per la prima volta di stare con qualcuno della loro età con cui fare discorsi da bambini. La fanciulla gli raccontò che viveva con sua mamma, però molto spesso si annoiava, perchè era sempre sola, non aveva amici , giocava il più delle volte con le ninfe del lago che non le rimanevano simpatiche ; o altrimenti correva e si arrampicava sugli alberi ed era sempre divertente giocare a nascondino con le lepri, anche se vincevano sempre. Giselle portò Arturo a giocare a nascondino tra gli alberi del bosco, poi a fare un bagno al lago. Tra risate e schizzi d’acqua i bambini si divertivano e conoscevano sotto gli occhi vigili di scarlatto, che non amava l’acqua e se ne stava in disparte appoggiato ad un albero. Il sole stava tramontando e Arturo disse alla sua amica che era l’ora di andare, ma che l’indomani sarebbe tornato. Raggiunse Cannella preoccupatissima di non averlo più visto per ore e ore e le raccontò della bambina dei boschi. La farmacista cambiò sguardo, dalla tristezza dei suo occhi apparve un lampo di compassionevole felicità . Arturo tornando a casa aveva il cuore gonfio di felicità, si era sentito come tutti almeno una volta nella vita ci si dovrebbe sentire grazie ad un’altra persona, i suoi occhi vedevano solo la bambina, nella sua mente pensava solo a quando l’avrebbe rivista e nelle sue orecchie, c’era solo il suono della voce di lei che raccontava storie su storie e sulle labbra un sorriso che non se ne andava. Non pensava più a trovare la bambina – orso. Il bambino si riteneva molto fortunato per aver incontrato qualcuno che lo facesse sentire sereno anche con poco. Tornò il giorno dopo da Giselle e il giorno dopo ancora e quello ancora dopo, per mesi e mesi andò avanti così. Una volta mentre Giselle si dondolava a testa in giù da un ramo non molto alto Arturo notò che aveva anche lei una cicatrice-stella sul collo, nascosta dai folti capelli neri, ma non gli diede peso perché il suo unico pensiero era stare con lei. I due erano sempre più legati tra loro, ogni volta la bambina gli insegnava qualcosa di nuovo sul bosco , le piante ed il miele , come: arrampicarsi sugli alberi più alti , a fare corone con i fiori e nel frattempo Scarlatto ingrassava con tutte le torte di marmellata che Giselle faceva appositamente per lui. Era davvero bello avere qualcuno con cui confidarsi e imparare e far imparare. Poi c’erano anche i momenti in cui bisticciavano, però tornava sempre tutto come prima, anzi meglio. Arturo non sapeva molto, però qualcosa lo conosceva molto bene: le stelle. Una sera ad insaputa della bambina la raggiunse, era buio pesto e i bottoni nel cielo si vedevano ancora meglio del solito. Arturo era felice, perchè avrebbe fatto da Cicerone tra le stelle a Giselle. Bussò alla porta e vide che era socchiusa, ma Giselle non c’era, si voltò di scatto perchè sentì la sua voce : <<Arturo non aver paura sono io Giselle >> la guardò nella penombra e non si trovò davanti il volto della bambina che adorava tanto, ma un ammasso di folta pelliccia, che aveva in comune con la sua amica solo gli occhi profondi e scuri. Arturo non ebbe paura, ma lo stupore fu immenso. Giselle gli raccontò tutta la sua storia, quella vera, di come sua madre si innamorò di suo padre, che era un Dio potente, di sua nonna paterna , che per gelosia non accettando l’amore mortale del figlio , aveva fatto un incantesimo alla nipotina appena nata riducendola in un orso per ogni notte della sua vita; l’incantesimo sarebbe svanito alla prima luna piena dei sui 10 anni se e solo se avesse mantenuto la promessa di raggiungere il padre diventando così , anche lei immortale. Al contrario, se non l’avesse fatto, sarebbe rimasta per sempre incastrata nel corpo di un orso e al dileguarsi dell’ultima lucciola all’alba non avrebbe ripreso le sue vere sembianze. Tra meno di due giorni Giselle avrebbe compiuto il suo decimo anno, Arturo era sconvolto non voleva dirle addio, quando si rischia di perde una persona importante è come se un pezzo di noi stessi se ne andasse via. Però si rese conto che non avrebbe potuto trattenerla sarebbe stato egoistico. Arturo corse piangete da Cannella e le raccontò tutto, la donna non trattene più i singhiozzi e gli narrò la sua vera storia: era lei la mamma di Giselle, innamoratasi di qualcuno che non era della sua stessa specie, condannata a tener lontana la figlia dal paese perché se l’avessero vista l’avrebbero presa per un mostro e ciò forse poteva portare a violenza gratuita. Ogni giorno Cannella andava a trovarla e ogni notte stava abbracciata alla sua palla di pelo cullandola e proteggendola, fin quando la mattina non ritornava bambina e la farmacista andava a lavoro. Arturo capì che le due erano accomunate dalla cicatrice a forma di stella. <<Ma non è una cicatrice, è una voglia i miei avi ce l’hanno quasi tutti, l’ho ripresa da mia madre e mia figlia da me. Arturo mia madre è tua nonna e Siderus è mio padre, per quello porta sempre il fiore a stella, perchè gli ricorda la sua adorata moglie. Ogni notte, da anni e anni scruta le stelle per cercare di trovare la sua, quella dove pensa che la sua compagna di una vita sia andata ad abitare. Ogni sera fa questo per lei. Tua nonna Idra gli ripeteva che lei sarebbe stata per sempre con lui, bastava che guardasse in alto, in quel cielo in cui tante volte insieme si erano persi ad osservarlo e una di quelle lucciole sarebbe stata lei. >><<Perchè non mi avete mai detto niente?>> Arturo non riusciva a tirar giù nessuna lacrima, sentiva che era arrivato il momento di crescere. <<Caro perchè avevamo paura che la furia della nonna paterna di Giselle si accanisse su di te. >> disse la farmacista. Arturo tornò dal nonno, gli chiese tutte le spiegazioni possibili e per due giorni se ne stette in camera sua da solo, non voleva vedere nemmeno Scarletto, che se ne stava fuori dalla porta ad aspettare. Arrivò la prima notte di luna piena, il compleanno di Giselle era arrivato. Arturo asciò un biglietto al nonno con scritto: << ti voglio bene Siderus, guarda tra le stelle domani notte e mi vedrai. Non ti abbandonerò mai. >>
Arturo arrivò nel bosco davanti alla grotta di Giselle , ma lei non c’era andò verso il lago vide la ragazza orso che si stava specchiando nell’acqua. <<Arturo che fai qua? Io sto per partire, mio padre mi aspetta, ora arriverà il suo cavallo alato per andare da lui. Oggi ho salutato Cannella piangeva, prenditi cura di lei. >> <<No, ci penserà il nonno, se tu te ne vai, io vengo con te. >>
<<Stai scherzando Arturo non è possibile >> <<Si che lo è , io con te ho imparato tante cose e ora tu ascoltami bene , ti insegnerò io qualcosa: quando si trova qualcuno che ci fa stare bene, non lo dobbiamo lasciare andare via, ma dobbiamo seguirlo e stare tutta la vita a guardarlo e a proteggerlo ed è quello che farò. Non smetterei mai di starti vicino, io sono nato per ascoltarti ed incantarmi mentre ti guardo. >> Il cavallo alato era arrivato, come d’incanto Giselle tornò ad essere bambina e salì al galoppo. <<Addio Arturo, ti guarderò da lassù >> diceva queste parole piangendo. Il cavallo stava per spiccare il volo; il bambino si aggrappò alla sua coda e Scarletto non poteva lasciarlo lo seguì nell’immensità in cui si dirigeva . Ogni notte da allora il nonno guardava il cielo e oltre a vedere l’immagine della moglie, unendo le lucciole in un punto vide che si formava il ritratto di un’orsa, era la nipote , che viveva in quel disegno di stelle, vicino a lei c’era un’ immagine più piccola, sembrava il suo cucciolo ,era Scarletto, che non aveva potuto abbandonare il suo fido compagno. Poco più in là c’era la stella più luminosa tra quelle che incendiavano il cielo, era proprio lui Arturo, la brillantezza dei suoi occhi si era fatta stella e come aveva promesso avrebbe sorvegliato per sempre Giselle da vicino e il nonno dall’alto. Arturo tutte le notti era lì a guardare Siderus, gli mancava, ma si consolavano a vicenda nell’immagine dell’altro. Da allora Arturo non lasciò più la sua bambina-orso e lei non lasciò mai lui, rimasero per sempre insieme, la luce dell’uno si rifletteva in quella dell’altra e sarebbe durato per l’eternità . Qualche volta Siderus osservando il cielo per qualche illusione ottica portata dall’età avanzata, immaginava che tra le lucciole ci fossero Arturo e Giselle che giocavano a nascondino come facevano un tempo nel bosco, questa volta il loro nascondiglio erano diventate le stelle o altre volte, gli sembrava di vederli insieme a sua moglie Idra che li coccolava, finalmente era riuscita a conoscere i suoi nipoti e questa cosa, riempiva di commozione il cuore del vecchio. C’era una volta e c’è anche oggi una trapunta blu scura e tanti puntini luminosi vi sono ricamati sopra, uno di questi brilla più di tutti e se alzate lo sguardo nella notte, vedrete ciò che intendo,ecco quello è Arturo che fa luce a una grande costellazione, Giselle: ”L’Orsa Maggiore” ed è come se con il suo brillare la volesse proteggere dall’oscurità infinita che la circonda e le dicesse “Giselle, io ci sono”.
Ciao Claudia, credo che nella tua opera ci siano tutti i personaggi richiesti da un racconto per bambini: un bambino e una bambina, la mamma, il nonno, una vita triste e un destino crudele deciso dai potenti (dei o principi), animali straordinari (Scarletto, bambina-orso e il cavallo alato). Non mi piace la conclusione e penso che non piaccia ai bambini. Mi posso sbagliare, avrei lasciato comunque il tuo finale tenendo sulla Terra Scarletto, Gisella e Arturo, usando un inganno.
Emanuele
Ciao Emanule, per prima cosa ti ringrazio per aver letto il mio racconto e di avermi dato un parere, però per quanto riguarda il finale ti posso solo dire che è così perché avrei trovato banale farli rimanere sulla terra e soprattutto sarei andata fuori tema visto che il proposito del racconto è partito proprio dall’idea di un bambino che sarebbe diventato la famosa stella “Arturo” .Mi dispiace che non ti sia piaciuto, per me la scrittura è un atto di pura spontaneità e così è nato il racconto, non sono una scrittrice, scrivo per piacere personale e per allietare se ci riesco anche gli altri. Spero che ci sia tra i tanti, qualche bambino che sia interessato alla Leggenda di un bambino che diventa una stella e quindi essere anche incuriosito da poter vedere dove è quella stella.
Ciao Claudia, credo che ci sia un equivoco. A me non è piaciuto il finale e per questo c’è una spiegazione. Non conosco la Leggenda del bambino diventato una “Stella”. Mi scuso di questa gaffe. Perdonato? Come posso vedere quella stella? Vado in internet. Grazie Claudia.
Emanuele
Ciao Emanuele scusa il ritardo della risposta, perdonare di cosa ???non c’è mica nessun problema, i gusti sono soggettivi !il fatto della leggenda è una cosa che è venuta in mente a me scoprendo anni fa dell’esistenza della Stella di Arturo,me la fece scoprire un signore anziano che tutte le sere si metteva in estate davanti al mare a guardare le stelle con il suo telescopio e molto gentilmente anche ora se uno si avvicina ti indica le varie stelle tra cui la Stella di Arturo che mi ha sempre detto essere la sua preferita, perché tra le più brillanti e anche una delle stelle più vicina all’orsa per questo il mio racconto è uscito così quasi come se fosse una leggenda,con un bambino che diventa stella,
mi ha ispirato questo signore la sua stella preferita e anche il fatto che fin da bambina sono sempre stata incuriosita dalle stelle… Per la Mitologia Greca Arturo era proprio la stella protettrice dell’orsa, quindi da tutto ciò è nato il suo finale!!! Se ti capita una sera d’estate di alzare gli occhi al cielo Arturo lo vedi è facilmente visibile anche ad occhio nudo, ne vale la pena perché è bellissima da vedere !!
Grazie Claudia, per avermi fatto conoscere la stella di Arturo, la cercherò in cielo nelle sere d’estate e nella Mitologia Greca. Ti prometto di conservare il testo del tuo racconto.
Emanuele.