Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Senza paura di amare” di Sofia Santicioli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Sabato 24 Giugno. Era un giorno apparentemente come tanti. Alex camminava lungo la riva affollata. Il cielo era d’un colore turchese, l’aria tersa. Alex amava l’aria che si respirava lungomare, quell’odore per lui corrispondeva al profumo della libertà. Non sapeva come, ma sentiva che il mare era il suo posto, gli apparteneva. Il mare era calmissimo.

Alex aveva diciotto anni. Era un ragazzo taciturno, timido, non amava molto stare in mezzo alla confusione. Era alto e magro, aveva i capelli neri e gli occhi di un marrone scuro, neri anch’essi si sarebbe detto a prima vista. I suoi occhi erano bellissimi, avevano una scintilla particolare, che rendeva quel suo volto pallido vivo; sembrava che al loro interno fosse racchiuso l’infinito, tanto era la loro profondità.

Quell’estate aveva deciso di andare in vacanza con i suoi genitori: voleva rilassarsi o forse, ritrovare se stesso. Erano arrivati la mattina presto, e lui aveva deciso di precipitarsi subito in spiaggia, già piena di vita. Camminava osservando le note movenze delle persone allegre e gioiose, dal tipico atteggiamento da clima estivo si direbbe: gli anziani con i nipotini, i ragazzi e le ragazze che giocavano a pallavolo o a calcio sull’acqua bassa, i fidanzati che si spalmavano la crema solare, i bambini che facevano le gare di nuoto oppure, con le maschere da sub, che sembravano stravaganti ed enormi sui loro piccoli visi, cercavano di acchiappare quei simpatici pesciolini color sabbia che nuotano sempre assieme, quel banco di pesci che si sposta velocemente a destra, a sinistra, poi si divide e si riunisce, fin quando lo stremato cacciatore si arrende e torna a nuotare per conto proprio o, trova qualche altro passatempo.

Intento a osservare quello che aspettava da un anno di rivedere, inciampò su una sporgenza di uno scoglio, cadde, e per un momento perse conoscenza. Un momento che per lui sembrò un’eternità. Come se si fosse immerso in un’altra dimensione spazio-temporale, per qualche inspiegabile magia, tornò indietro nel tempo e si rivide bambino, a casa sua.

Alex abitava in campagna. Lui adorava la sua casa. Era una piccola casetta rosa dalle persiane color verde smeraldo. All’entrata vi era un ampio e grazioso porticato, sotto al quale c’erano meravigliosi fiori d’ogni genere e colore, tanto che ogni volta che si doveva passare da lì per entrare in casa, ci  si sentiva come i protagonisti indiscussi di un mondo fantastico e naturale. La casa era circondata da un amabile giardino, semplice, quasi spoglio rispetto alla ricchezza dei dettagli della casa, ma che con essa era in perfetta armonia. Nel giardino vi era solo un’amaca, che aveva costruito assieme all’amica Matilde. Avevano legato le estremità di un telo azzurro al tronco di due alberi vicini, e si divertivano a saltarci sopra: vinceva chi aveva più equilibrio e riusciva a non cadere.

Matilde era la sua vicina di casa. Era una bambina gioiosa, sempre allegra e sorridente. Aveva dei lunghi capelli ricci, la pelle olivastra e gli occhi verdi. Era la migliore amica di Alex. Quando erano piccoli giocavano sempre insieme. Tornavano da scuola, facevano i compiti di fretta, preparavano la cartella e si precipitavano fuori. Chi finiva per primo, aspettava l’altro all’entrata di un boschetto, che era, oltre all’amaca, il loro luogo prediletto dei giochi. I due bambini si conoscevano da quando ne avevano memoria. La loro era l’amicizia più bella che si potesse desiderare. Si raccontavano i segreti, i loro primi amori, condividevano ogni singola cosa come fossero un’unica persona. Era tutto perfetto, fin quando, un disgraziato giorno, Matilde dovette andare via con i suoi genitori. Dovevano partire “solo per qualche  mese” avevano detto. Il padre aveva cambiato lavoro, e non poteva spostarsi senza la propria famiglia. Quel giorno Alex, saputa la notizia, corse ad abbracciare Matilde, la strinse a sé in un abbraccio così forte e intenso da togliere il fiato. Non erano mai stati lontani per più di un giorno. Matilde lo rassicurò che in quei mesi non l’avrebbe dimenticato, poi salì in macchina e partì.

Alex vide per l’ultima volta i suoi dolci occhi che lo guardavano dal finestrino mezzo aperto, come per non sprecare neanche un solo momento per poterlo vedere, e la gioia che lo riempì in quell’istante svanì pochi giorni dopo, quando seppe che Matilde non sarebbe più tornata.

In quell’attimo Alex riprese conoscenza. Non era tanto la testa che gli faceva male per la caduta, bensì la voragine che gli si era aperta nel petto. Si rese conto di non essersi mai ripreso dalla fine di quell’amicizia tanto importante, svanita, come portata via da un soffio, così improvvisamente e in ingiustamente. Dopo quella grande delusione, Alex si era chiuso in se stesso, forse per paura di provare ancora dolore, o forse perché si era arreso, pensando di non poter più avere un’amicizia in quel modo. Niente poteva sostituirla. Fu allora che comprese che non ci si può rifiutare di affezionarci e di amare per paura di soffrire, perché sarebbe come rifiutarsi di vivere per paura di morire; adesso era arrivato il momento di reagire. Troppo a lungo era rimasto incatenato a quel dolore.

Mentre tutti questi pensieri affollavano la sua mente, intorno a lui c’erano le persone che l’avevano soccorso. Alzò lo sguardo, e vide davanti a sé un volto familiare: era una ragazza dalla chioma riccioluta, era bellissima, era Matilde. In un istante si riconobbero e si unirono in mille abbracci, come fossero ripartiti da dove erano rimasti prima di dividersi. Parlarono e parlarono, si raccontarono tutto delle loro vite, dei loro studi. Nel frattempo la voragine che si era riaperta nel petto di Alex si era finalmente chiusa. Da quella meravigliosa e sorprendente estate, i due ragazzi non si allontanarono mai più l’uno dall’altra per il resto della loro vita. Dopo qualche anno Matilde divenne la moglie di Alex ed ebbero dei figli. Andarono ad abitare al mare, il luogo che li aveva fatti miracolosamente  rincontrare. È sbalorditivo come, quando sembra tutto finito, il destino stupisca con un colpo di scena. Alex in cuor suo aveva sempre saputo che il mare avrebbe avuto qualcosa di speciale in serbo per lui: gli ha restituito la persona più importante della sua vita, non gli ha fatto perdere se stesso e soprattutto, gli ha dato la felicità.

 

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2 commenti »

  1. Ciao Sofia. Trovo il titolo appropriato di questo tuo bel racconto; molti ragazzi non si fidano dell’amore dopo la prima delusione e non cercano un’altra ragazza per paura del rifiuto e del dolore. Credo che “la voragine che gli si era aperta nel petto” (una bella espressione) sia il modo di esprimere l’impossibilità di chiudere il proprio cuore, di amare.
    Molte volte, grazie a questa presa di coscienza giunge “la guarigione”.
    Emanuele

  2. Accadono cose che, apparentemente, non lasciano traccia. Invece sono quelle che ti restano dentro. Forse bisognerebbe ogni tanto analizzarsi e cercare di capire il perché delle nostre angosce e accorgersi che niente è lasciato al caso ma esiste una ragione per quasi tutto. In questo racconto c’è il mare come fonte di magia. Quel mare che anche io ho frequentato per anni, anche se oggi ormai sono diventato montanaro, e che è il protagonista anche del mio racconto “Piccola storia di mare”. Il mare complice di un incontro che ha il sapore dell’incredibile, del miracolo. Ma forse se una cosa la desideriamo tanto accade.Grazie Sofia.

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