Premio Racconti nella Rete 2015 “La Torretta di Guardia” di Luigi Giampetraglia
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Lorenzo De Blasio digitò il codice sulla tastiera e chinò il capo per facilitare la scansione della retina. Un istante dopo si udì un lieve ronzio e i sofisticati meccanismi idraulici che regolavano l’apertura si misero in azione. Lorenzo attese che i pannelli laterali si bloccassero del tutto, quindi varcò la soglia, e percorse con passo spedito il corridoio di vetro che lo separava dalla navicella. Era una ds900v, un modello piuttosto antiquato, ma aveva il vantaggio di essere più resistente della maggior parte delle astroauto in commercio. Certo, era anche più lenta, ma con i nuovi sistemi di rilevamento che aveva adottato la polizia da qualche settimana, a volte era un bene non poter raggiungere certe velocità. Lorenzo indossò il casco, piegò il microfono verso la bocca e selezionò la modalità a comando vocale.
“Accensione mo-to-ri.” scandì. Una serie di luci azzurrine illuminò l’abitacolo e un istante dopo si udì un rollio metallico.
“Sblocco.”
La navicella si sganciò dal supporto con uno schiocco ferroso. “Destinazione: Linea di confine, Torretta 27-C.” Dai propulsori laterali vennero fuori due fiammelle azzurro vivo che proiettarono la navicella nel cielo plumbeo di New Capri.
La torretta di osservazione 27-C era la più suggestiva di tutta l’isola. Si trovava proprio in cima al monte Cocuzzo. Da lassù si poteva vedere, da un lato, Napoli, con il Vesuvio e le isole del golfo, e, dall’altro, la Penisola Sorrentina, la Costiera Amalfitana e, proprio di fronte Positano e gli isolotti dei Galli. Più in lontananza, nella giornate senza foschia, si potevano osservare i Monti Lattari e il profilo frastagliato di Punta Licosa. E appena sotto, imperturbabili ed eterne, le sagome dei Faraglioni, i guardiani dell’isola. Il lavoro di Lorenzo era un lavoro solitario, fatto di lunghe e noiose ore di osservazione, ma la mistica bellezza di quei luoghi erano un conforto per gli occhi e per lo spirito e, quando aveva la fortuna di essere assegnato alla Torretta 27-C, Lorenzo gioiva come un bambino la vigilia di Natale, quando è l’ora di aprire i doni, e scoprire quale meraviglia si nasconde nei pacchi dorati incastrati sotto l’albero.
Lorenzo diede un’occhiata all’orologio bio-meccanico che lampeggiava nel palmo della mano: erano appena le tre di notte. Sbadigliò tanto forte da slogarsi quasi la mascella. Si stiracchiò, pescò una capsula di caffè taurino dal cassetto e la spinse con forza nella macchinetta. Era più stanco del solito, forse era la primavera, pensò divertito. Com’era quel vecchio proverbio? Aprile dolce dormire… Versò dello zucchero nella tazzina, buttò giù il caffè e aprì la finestra per far entrare un po’ d’aria fresca. Era una notte di luna piena, senza nubi né foschia. Il tratto di costa davanti ai faraglioni sembrava illuminato da un gigantesco occhio di bue. Fece spaziare lo sguardo da un tratto all’altro della costa partenopea e poi… la vide! Era avvinghiata al Faraglione di Fuori, il più lontano dalla terra ferma. Minacciosa e terribile, nelle neri vesti fluttuanti… Spaventosamente vicina! Lorenzo afferrò il visore notturno e lo puntò verso la figura. Ma quando guardò attraverso le lenti non c’era più niente. Si passò una mano sulla fronte madida di sudore gelido e rimase col dito in sospeso sul pulsante di segnalazione per qualche secondo.
“No!” disse ad alta voce. “Non posso chiamare!”
No, non poteva. Non dopo l’ultima volta. Quando aveva messo in allerta tutta l’isola per un delfino spiaggiato… Doveva essere prima sicuro. Doveva verificare.
Si agganciò la pistola alla cintola e salì a bordo della navicella.
In teoria non avrebbe potuto abbandonare il punto di osservazione, ma, dopotutto, si trattava di un’ emergenza. Puntò la navicella verso il Faraglione di Fuori, dove gli sembrava di aver visto quella strana figura, ma, prima, ispezionò accuratamente anche il Faraglione di Terra e quello di Mezzo.
Per farlo fu costretto ad avvicinarsi ai Faraglioni molto più di quanto non avesse mai fatto prima. E questo perché non poteva servirsi dei proiettori senza insospettire i guardiani delle altre torrette.
Per fortuna era un abile pilota e quando tornò alla torretta era quasi fiero di sé.
Dopotutto era più che possibile che si fosse impressionato, di notte poteva accadere, non era certo la prima volta e non sarebbe stata nemmeno l’ultima. La notte poteva far apparire le cose diverse da come erano in realtà, molto diverse: come quella volta, con quel delfino spiaggiato…
Stavolta poteva essersi trattato di un gabbiano, o di una gazza, o, perché no, di una busta di plastica fatta volare via dal vento.
Quest’ultima ipotesi gli sembrò la più plausibile. Parcheggiò la navicella sotto la scala a chiocciola e risalì velocemente in torretta.
Aprì la porta della cabina e si ritrovò davanti… lei.
Era alta almeno tre metri e indossava una lunga tunica nero fuliggine.
Quando parlò lo fece con voce ferma, autoritaria, cavernosa.
“Mettiti seduto, uomo!”
Lorenzo ebbe l’impulso di afferrare la pistola ma qualcosa gli disse che sarebbe stato inutile.
Desistette.
“Chi sei?”
“Sono colei che avete tenuto fuori… per troppo tempo!”
“Come hai fatto a varcare la soglia?”
“Troppe domande, uomo, mettiti seduto!”
Questa volta Lorenzo obbedì senza fiatare.
La figura incrociò le braccia e prese un respiro profondo.
“Prima di ucciderti dimmi: c’è qualcosa che desideri sapere?”
Lorenzo ci pensò su un istante. Era terrorizzato e restò muto e immobile per un lungo, interminabile momento.
“Prenditi tutto il tempo che vuoi, uomo. Non ho fretta. Non più!”
Lorenzo strinse i pugni tanto forte da sentire le ossa scricchiolare.
“Avrei dovuto dare l’allarme!”
“Non te ne crucciare: sarebbe stato inutile e… doloroso.”
“Che… che vuoi dire?”
“Questa notte prenderò le vite dei capresi… ma lo farò mentre dormono. Se tu avessi dato l’allarme si sarebbe scatenato il panico, gli uomini dell’isola avrebbero avuto il tempo di prendere le armi, si sarebbero battuti per non soccombere e… sarebbero morti tra atroci sofferenze!”
Lorenzo si morse il labbro inferiore.
“Se uccidi tutti quelli che si trovano sull’isola…”
“Sì, lo so, non rimarrà più nessuno in vita sulla terra.”
“Non puoi farlo!”
La figura emise una specie di sibilo soffocato: una risata, inumana e maligna.
“Dammi una sola ragione valida,” disse dopo un attimo “e giuro che vi lascerò vivere!”
Si stava prendendo gioco di lui. Si godeva il momento.
“Fai quello che devi,” disse Lorenzo in un impeto d’orgoglio “ma fallo in fretta!”
La figura si sfilò il cappuccio e mostrò le orbite vuote, il cranio biancheggiante, il ghigno diabolico e crudele.
“Povero Lorenzo. Ti sei fidato di quelli che ti dicevano che non c’era altro modo, che era la cosa giusta da fare, il solo modo per sopravvivere. Quanto ti sbagliavi. Quanto si sbagliavano!”
“Cosa avremmo dovuto fare? La gente moriva… e noi non volevamo che…”
“Tutti muoiono! E’ il destino degli uomini!”
“Ma se non lo avessimo fatto a quest’ora non ci sarebbe più nessuno sulla faccia della Terra! Siamo i soli sopravvissuti!”
“Avete scelto di erigere un muro. Avete scelto di non combattere, di non aiutare chi aveva bisogno del vostro aiuto. Di nascondervi.”
“Saremmo morti anche noi! Non c’era alternativa!”
“C’è sempre un’alternativa. Chi può dire cosa sarebbe accaduto se vi foste schierati con il resto dell’ umanità. Forse avreste vinto voi! Forse avreste sconfitto la Morte!”
“Nessuno può sconfiggere la Morte… lo hai appena detto!”
La figura reclinò la testa all’indietro e incrociò le braccia.
“Non ho mai detto che la Morte non può essere sconfitta. Ho detto solo che il destino degli uomini è quello di morire.”
“E non è forse la stessa cosa?”
“No, non lo è!”
Lorenzo scoppiò in un pianto isterico.
“Ti prego… non uccidermi! Io voglio vivere…”
“Tutti vogliono vivere. No, non è una ragione valida. Devi pensare a qualcos’altro se vuoi salva la vita!”
Lorenzo affondò il viso nella mani aperte.
E si ricordò di… di qualcosa… di qualcuno…
“… Fulvio Taddei!”
“Chi?”
“Fulvio Taddei,” ripeté Lorenzo scattando in piedi “il mio professore di filosofia del Liceo…”
La Morte restò in attesa.
“Lui diceva sempre una cosa… una cosa a proposito dell’esistenza… e della coscienza!”
“Continua!”
“Lui diceva che esiste solo ciò che percepiamo… Ora che ci ripenso, credo che non fosse una frase sua, credo l’avesse detta un filosofo inglese, un certo Berkeley… George Berkeley!”
“Non riesco a capire come pensi che ti possa aiutare!”
Lorenzo rise convulsamente e si scompigliò i capelli. Sembrava impazzito.
“Berkeley diceva ‘esse est percipi’, l’essere è un essere-percepito…”
“Ancora non capisco!”
“Prova a seguire il mio ragionamento: a un certo punto l’universo ha partorito la vita e la vita dopo un po’ ha partorito la coscienza… ed è stata la coscienza a riconoscere l’universo, a dargli un nome e… a farlo esistere! In un certo senso senza la coscienza non esisterebbe nulla!”
La Morte vacillò.
E Lorenzo De Blasio capì di essere sulla strada giusta.
“Nemmeno la Morte esisterebbe più senza nessuno in grado di riconoscerla come tale! Capisci ora? Non esisteresti nemmeno tu!”
La Morte sogghignò e si prese un minuto per riflettere.
“Sì, mi hai quasi convinto. C’è solo una cosa che credo tu non abbia considerato.”
“Avanti!” la sfidò Lorenzo.
“Se fosse come dici basterebbe lasciare in vita anche uno solo di voi perché io possa continuare ad esistere. E potresti non essere tu!”
“Rinvieresti solo la tua fine… Rifletti!”
Lorenzo fece cenno alla Morte di seguirlo sul balcone, si affacciò alla balaustra e le mostrò i picchi rocciosi dei Faraglioni, la luna, il mare, la scogliera.
“Tutto quello che vedi non esisterebbe se non esistesse chi può dargli un nome… Pensaci prima di ucciderci tutti… Prima di uccidere te stessa!”
Lorenzo De Blasio si voltò di scatto, ma la Morte era scomparsa, svanita nel nulla.
Si chinò sulla balaustra e prese un profondo respiro.
Respirò l’odore salmastro del mare e quello agre dei pini marittimi. Chiuse gli occhi un istante.
Poi un fruscio improvviso richiamò la sua attenzione. Alzò lo sguardo di scatto… e vide una busta di plastica nera svolazzare nel cielo notturno puntellato di stelle.
Non sono un appassionato dei racconti di fantascienza, anche se nel tuo, dato l’argomento trattato, l’ambientazione è del tutto casuale. E’ scritto bene. Nel leggerlo si è assaliti da un’ansia sempre maggiore, mitigata però dalla serenità delle immagini. Bravo. Anche il mio racconto è ambientato a Napoli ( Un giorno sotto al porticato ). Auguri per il concorso
Un racconto di fantascienza in realtà parla di un problema filosofico e rappresenta una profonda riflessione sull’uomo e sul mondo, sulla vita e sulla morte. Esiste la vita e la morte al di là dalla nostra percezione? Il mondo finisce insieme con noi o la morte soltanto lo trasforma in qualcosa di diverso? Secondo me questo racconto potrebbe svilupparsi in una storia molto più grande, surreale e affascinante. L’idea è ottima, molto promettente e dà uno sfoco alla fantasia infinita.
L’ eterno complesso dilemma tra l’essere e il non essere; la vita e la morte. E la vita spesso è fantascienza. Bravo, mi è piaciuto tantissimo.
C’è di tutto in questo racconto: il mare, la natura, panorami così come noi li percepiamo, ma anche un futuro che non riusciamo a conoscere e possiamo sono immaginare grazie all’ausilio di immagini cinematografiche. C’è la filosofia, la percezione, c’è la paura, c’è la morte. L’idea di base del racconto è davvero bella, originale e particolare. davvero un bel lavoro!
Ambientato in un possibile futuro ma sarebbe stato uguale anche se lo scenario fosse stato, chessò, medioevale o pleistocenico.
L’uomo che sfida la morte, vecchia ma sempre attuale storia. Due, per quanto mi riguarda, su tutte: “Samarcanda” di Vecchioni e “Il settimo sigillo” di Bergman.
La tua versione rende la morte più “umana” di noi, più “giusta” di quella che già è (“Avete scelto di erigere un muro. Avete scelto di non combattere, di non aiutare chi aveva bisogno del vostro aiuto. Di nascondervi.”), quasi un giusto contrappasso per le esistenze sprecate nell’egoismo.
E poi, secondo me geniale, Lorenzo la sconfigge con un sofisma degno dei migliori specialisti.
Le ultime due righe del racconto, sono una chiusa esemplare!
Complimenti davvero.
Scacco matto alla morte! Solo la filosofia e il vivere filosoficamente possono sconfiggere la morte, o almeno l’idea della morte. Suggestiva l’ambientazione, il mare di Capri di notte…bello, complimenti!
L’ho letto stamattina, coincidenza, mentre sono intrisa di dolore per una persona cara che se n’è andata appena ieri. Quindi mi ha toccato. Anche se penso che non c’è solo la morte, ci siamo noi umani e la nostra capacità di distruggere la percezione della bellezza, oltre che la bellezza stessa. Non sono una fan della fantascienza, ma il tuo racconto va molto oltre l’ambientazione. Bello, soprattutto la seconda parte.
Pfiu! che c… che ci sia Lorenzo De Blasio… :-))
La morte che non vuole morire. Bello stratagemma per tenerla a bada ancora un pò. Chissà quanto. 🙂
Mi hai ricordato Kirchner. 5 donne nella strada. Forse perché mentre lo leggevo vedevo nero, ghiaccio, verde acido.
Vorrei continuasse. Complimenti a te Luigi
Ambientazione molto suggestiva. Parte alla Bradbury e finisce alla Hesse. Profondo e davvero ben costruito. Complimenti.
Premettendo che non sono un’appassionata di fantascienza, devo dire che questo racconto mi ha lasciata incollata allo schermo fino alla fine, c’è molta suspence, e il modo in cui l’hai saputa gestire, raccontandola, è ben fatto, secondo me. Bravo!
‘
Tutto ben riuscito, dall’avvio con il modello quasi da rottamare – l’astrauto ds900v – ai dialoghi con la morte, degni quanto quelli del film ‘il settimo sigillo di Bergman.
”Era alta almeno tre metri e indossava una lunga tunica nero fuliggine.’ questa descrizione e altri aspetti della Morte fuori dagli schemi usuali. Sei bravo nel darmi il paesaggio del golfo di Napoli e bravissimo nel farmi una lezione di filosofia. La morte fisica non si può sconfiggere, ‘Il destino degli uomini è quello di morire.’ proviamo a trovare una ragione di vita e questo ci permetterà di rimanere nel tempo, anche solo come un ricordo.
Complimenti per il tuo modo di scrivere.
Emanuele
Mi piace la fantascienza, ma qui non ne vedo moltissima. Certo siamo in un modo futuro dove solo gli abitanti di Capri sono sopravvissuti grazia ad un muro (ma saranno i soli?) Credo sia più un racconto filosofico dove si fronteggiano due eterni rivali, la vita e la morte. Ma comunque ha poca importanza l’etichetta che ci vogliamo appiccicare sopra. Il racconto è ben scritto, l’idea della Morte tenuta a bada dal rischio di scomparire anch’essa se muoiono tutti gli uomini regge. Il protagonista diventa un’eroe suo malgrado e non ha nemmeno la possibilità di vantarsene! Bravo, sono andato a vedere chi fosse George Berkeley (non lo conoscevo) e c’è coerenza tra quello che scrivi e quello che lui diceva. Grazie per aver letto il mio racconto e per avermi segnalato il tuo. Roberto
Posso chiederti Luigi di leggere un altro mio raccontino? Si intitola il cuore di Elena.
Ci terrei. Se e quando puoi.
Ciao Luigi mi piace il tuo modo di scrivere lo trovo “composto” voglio.dire che descrivi bene con un linguaggio fluido ed anche ricercato se occorre. Mi piace l’idea di parlare della morte io lo faccio spesso credo che sia il Tema per eccellenza poi se ne può parlare anche scherzando o facendosi beffa di lei come fai tu.
Bel lavoro.
Grazie anche per il tuo commento al mio racconto 🙂
Ciao Luigi. Grazie per il tuo commento al mio Piccola storia di mare. Del tuo racconto mi piace il senso di mistero, quel vedere e non vedere che si ritrova anche in quello che ho scritto io. Il nemico che il tuo protagonista affronta è reale, la morte, che può essere allontanata ma non battuta, perché la sua esistenza è necessaria all’umanità ed è parte della natura umana. Il nemico che il mio protagonista affronta è invece la nebbia mentale, che ci impedisce di vedere e apprezzare le cose più semplici. La differenza sostanziale è che mentre il tuo protagonista vince e allontana il nemico, il mio perde.
Due storie con alcuni punti in comune. Misteriose e strane, ambientate in due luoghi della Terra altrettanto strani e misteriosi.
Complimenti.
Complimenti e ribadisco quanto da me espresso per mail
Bel racconto tra il fantascientifico e il filosofico, con accenni geografici ben precisi. Il fatto della morte che viene ricattata mi è piaciuto molto. Bravo!
Molto originale ed al contempo divertente nel proporre un problema che aleggia di fondo nella mente di tutti, relativo alla morte, Filosofico direi.
Complimenti.
PS mi ha ricordato molto quei romanzi SF anni 50.
Bravo
Ringrazio tutti per i commenti lusinghieri, dettati per lo più (non lo negate lo so per certo) dalla buona educazione e da una certa solidarietà di categoria. Essere accostato a Bradbury o ad Hermann Hesse è di per sé già un riconoscimento straordinario. Per non dire di chi ha citato Bergman (un regista), Vecchioni (un cantautore), e addirittura Kirchner (un pittore). A dimostrazione del fatto che l’argomento trattato è tra i più sentiti e rappresentati. Grazie di cuore!
Volevo solo aggiungere che di questa esperienza la cosa che ho apprezzato di più è proprio la possibilità di potersi confrontare… Ho saputo tardi dell’esistenza di questo concorso e mi rammarico solo di non aver avuto il tempo per leggere e commentare anche gli altri racconti, tra i quali, ne sono certo, si nascondono degli autentici, piccoli capolavori. Provero a rimediare nei prossimi giorni.
Un’ultima cosa… Marco Moroni mi chiedevo se potresti condividere quanto hai scritto nella mail. Grazie infinite.
Divertente. Deliziosa l’ambientazione partenopea. Dai tempi di Edipo e la Sfinge l’uomo se la cava persino contro creature superiori e malevole.
Siamo avidi, pasticcioni, cattivi, incoerenti ma almeno un po’ di astuzia ce la dovote concedere, Sfingi, Diavoli, Morte, Arpie, Sirene, Draghi, Jinn, Orchi, Ciclopi, Golia e compagnia bella, no?
Quanto scrivo è una semplice opinione e non pretende di essere una critica; se non dovessi condividere il mio punto di vista (come sarà) non pensare di essere tu in difetto.
Nonostante ci siano degli autori di fantascienza in Italia (uno su tutti, Evangelisti), il genere è sempre stato molto difficile da trattare in un ambiente come il nostro. Non che l’Italia non si presti a un simile genere, ma perché ritengo si dovrebbe ricostruire la fantascienza dalle basi, adattandola alla nostra sensibilità e allontanandola da tutte le influenze statunitensi che, mi pare di notare anche nel tuo racconto, l’hanno appesantita molto.
L’idea di contaminarla con la filosofia è molto buona, soprattutto per un pubblico italiano, più attento a questo genere di derivazione, ma al posto dei tuoi ragionamenti mi sarebbe piaciuto sapere chi è Lorenzo De Blasio. Perché fa quel lavoro? Di cosa ha paura? Che cosa ha l’Italia di diverso per essere sopravvissuta? Come è fatta? Chi sono gli italiani di questo nuovo mondo?
Cinque cartelle sono poche, non c’è dubbio, ma non è più divertente avventurarsi nella tua Capri postapocalittica, invece che a restare seduto in casa a fare pensieri sulla morte?
Detto questo, ti ringrazio delle tue attenzioni e ti saluto. La busta di plastica è presa dal film “American Beauty”?
ciao Luigi, pensavo di trovarmi di fronte a un racconto di fantascienza e invece si parla di filosofia. Il tema è molto dibattuto. Le riflessioni sulla morte ci accompagnano spesso lungo la nostra esistenza. A mio modesto parere – lo dico in base alle sensazioni provate durante la lettura – avrei esplicitato subito che quella figura misteriosa fosse la morte, per non lasciare il tempo al lettore di farsi altre idee e metterlo immediatamente di fronte al fatto compiuto. Nel racconto si parla di morte, quindi lettori regolatevi di conseguenza. In questo modo le considerazioni filosofiche che ne seguono fanno da collante forte a una storia forte. L’unico aspetto che mi ha spiazzato è che dalla descrizione dell’uomo di guardia non mi sarei aspettato competenze filosofiche alte, per cui mi sono chiesto da dove venissero e chi fosse veramente quell’uomo. In bocca al lupo.
Caro Gianmarco, le tua non è un’opinione ma una critica, anzi una lunga sequela di critiche (perché non chiamare le cose con il loro nome?). Trovo però che siano critiche costruttive , almeno dal tuo punto di vista, che è quello, mi sembra, dell’appassionato del genere. Indubbiamente se analizzato sotto questo profilo il racconto ha più di qualche pecca. Certo avrei potuto sprecare qualche parola in più sui capresi, sui motivi che li avevano indotti ad asserragliarsi sulla loro isola e su ciò che era accaduto al resto degli uomini… Lo avrei fatto se avessi voluto scrivere un racconto di fantascienza. Ma “La Torretta…”, come ha fatto notare qualcuno nei commenti, non è un racconto di fantascienza. Il contesto futuristico fa solo da sfondo alla vicenda, forse uno sfondo un po’ sbiadito, questo posso concedertelo, ma la centralità del racconto è un’altra. A proposito delle influenze americane, ammetto di aver letto molta letteratura americana di fantascienza, anche perché temo non ce ne sia molta altra in giro, e faccio mea culpa anche sul fatto che è proprio a un certo tipo di SF americana che mi sono ispirato per tratteggiare il ‘mio’ futuro. Ma ci sono anche influenze
francesi (la DS è uno dei più celebri modelli della casa automobilistica francese Citroën, la ricorderai, la chiamavano ‘lo squalo’, quando ero ragazzo pensavo fosse ‘un’astroauto’). Lo stesso nome astroauto credo di averlo rubato ai cartoni animati giapponesi (ricordi astro boy?). L’idea di futuro che avevo in testa per il mio racconto ha certamente risentito di ciò che ho letto, visto, sentito, ma non vedo come questo possa, di per sé, costituire un problema. Grazie comunque per il tempo che hai voluto dedicare alla lettura del mio racconto.
Caro Andrea ho riletto il racconto e, in effetti, credo che tu abbia ragione, avrei dovuto dire chi fosse sin dalla sua apparizione nella Torretta. A proposito di Lorenzo e delle sue competenze filosofiche devo invece dirti che il contrasto è voluto. Spesso nella vita le persone fanno cose diverse da ciò che avrebbero desiderato fare. E anche il mio caso, purtroppo. Ho molte passioni (e tra queste la filosofia) ma nessuna delle passioni che coltivo ha a che fare con quello che faccio per vivere… Questo non vuol dire che sia meno competente di chi certe cose le fa per mestiere (non voglio apparire superbo ma ho avuto modo di verificarlo di persona innumerevoli volte). Detto questo ti ringrazio per le critiche puntuali. E ti faccio un grosso in bocca al lupo per il concorso.
Avvincente e molto ben scritto.
Il ragionamento che beffa la morte non fa una piega.
Ottimo il ritmo e bella l’ambientazione. Credo che sia uno dei migliori.
Complimenti
Pochi tratti ti sono bastati per costruire una credibile ambientazione fantascientifica nella quale hai magistralmente sviluppato la tematica filosofica; gradevoli i precisi riferimenti paesaggistici.
Il linguaggio curato, lo stile fluido e il ritmo serrato, nonostante la ricchezza dei contenuti, hanno reso piacevolissima la lettura.
Complimenti.
affascinante lorenzo De Blasio, ma avrei voluto conoscerlo meglio: chi è? da dove viene? Che cosa teme e in che cosa spera, a cosa pensa quando è solo in quella torretta e vede il mare? Mi sarebbe piaciuto che tu avessi esplorato di più lui e questo mondo futuro nel quale però si discute di filosofia; forse lo vedrei più fantascientifico.Magari facciamo incontrare Lorenzo e Robert.di “3003 Alba del domani”, chissà quante cose avrebbero da dirsi…
Ciao Luigi,
l’idea è interessante e mi piace quando uno dei personaggi è lei, la Morte in persona. La prima parte è molto descrittiva e la seconda è di puro dialogo. Come mai questa scelta?
Cara Arianna, la genesi di un racconto è una faccenda intima… E poi ho sempre pensato che svelare tutti i retroscena di una storia rischi di toglierle un po’ di magia, non credi anche tu? Ti dico solo che, col tempo, ho imparato ad assecondarle un po’ per vedere se riescano a portarmi in posti migliori di quelli in cui le avrei condotte io…
Salve Luigi, innanzitutto ti ringrazio per aver commentato il mio soggetto. Ho letto con piacere il tuo racconto e anche i numerosi commenti. Diciamo che banalmente mi colloco nel mezzo: penso ci siano passaggi azzeccati e altre parti che forse necessiterebbero di un lavoro più approfondito. Ho apprezzato l’incipit fantascientifico che funge da cornice per il tema esistenziale. Certo, potresti scrivere un altro racconto che tratta la storia di New Capri (anche se avrei preferito l’avessi chiamata Nuova Capri…), ma questo non sminuisce di certo lo sviluppo che intendevi dare a questo specifico intreccio. Anzi, l’assenza di inutili spiegazioni su altre questioni (perché l’apocalisse, chi sono i nuovi capresi, ecc.) rafforza il mistero e l’atmosfera nella quale si trovano a duellare Lorenzo e la Morte. La seconda parte mi è piaciuta meno, perché trovo che sia difficilissimo scrivere un buon dialogo di matrice esistenziale che coinvolga il Cupo Mietitore. Un dialogo comico sarebbe molto più semplice. Tu porti a casa un risultato egregio con l’aiuto di una corrente filosofica, ma per gusto personale in questo caso avrei preferito che Lorenzo non citasse direttamente il filosofo (e nemmeno il suo professore…). Mi è sembrato un po’ come svelare le proprie fonti, le proprie ispirazioni e tutto ciò toglie un po’ di atmosfera, di “magia”. Molto meglio sviscerare la dottrina come se fosse farina del sacco di Lorenzo e lasciare al lettore interessato l’incombenza, in seguito, di approfondire le tesi alle quali ha attinto. Ottima l’ultima frase! Buona fortuna per il concorso. Un saluto. Alex Creazzi
La busta di plastica nera è il tocco da maestro! Bravo! Son contenta che ti sia divertito a leggere il mio racconto Zombie Festival! Finché ci divertiamo a leggere tutto è più bello!
Luigi, innanzitutto grazie per il tuo commento al mio racconto, del quale hai colto alcuni degli aspetti a cui tengo di più, come una certa idea di campagna italiana etc.
Ho letto il tuo ” La Torretta di Guardia” con piacere. Trovo originale il contesto, l’ambientazione di questo “conte philosophique” e serrato ed essenziale il dialogo, la cui temperatura aumenta, ma ben controllata; l’aspetto fantascientifico, che in genere non amo granché, mi sembra qui solo un pretesto, o il fondale, per quella che è più una favola allegorica, un apologo notturno , oscuro e distopico.
Complimenti dunque e in bocca al lupo!
Mi aspettavo un racconto fantascientifico e invece si è rivelato un racconto filosofico. Bella l’idea. Complimenti anche per lo stile
Neanch’io sono un fan delle navicelle spaziali, ma il tuo racconto si lascia ben leggere! Suggestiva l’ambientazione mediterranea.
Bravo Luigi! All’inizio ho pensato, leggendo del codice, dell’astroauto (a proposito la DS è una divisione attuale del gruppo Peugeot-Citroen e ha una bella lista di modelli, anche se la deesse è una sola) o della tazza di caffè, che stavi menando il torrone, ma subito il ritmo è partito deciso ed in un attimo sono arrivato fino alla fine. Bella idea e ottimo dialogo.
Leggo che molti avrebbero voluto più dettagli e una storia più lunga. Secondo me avresti rischiato di appesantire il tutto. Amo l’essenzialità. C’è tutto quello che serve.
Purtroppo non ne ho letti altri, ma il tuo è stato una piacevole scoperta.
Grazie anche per il generoso commento al mio racconto.
Epicuro e fantascienza. Il racconto mi ricorda le tematiche filofiche care a Tarkovskij e soprattutto una variante di “Stalker” un suo capolavoro. Molto bella e originale l’ambientazione napoletana. Complimenti!
Buonasera Luigi, ho letto molto volentieri il tuo racconto e mi è piaciuto il modo in cui l’uomo attingendo al suo sapere ha spiazzato l’eterna rivale… non ho studiato filosofia, credo che la questione affrontata come un osservatore a distanza andrebbe vista come naturale continuazione della vita in una forma diversa da quella alla quale siamo stati abituati (almeno nella nostra cultura) la questione però è fatta anche di altre cose : di vista , di gusto , di tatto , di olfatto, di udito tutti elementi che rientrano nel sentire di chi resta e “a chi resta”, resta appunto il dolore…Chi parte va verso un nuovo sentire…
Ancora grazie per i commenti lusinghieri. E un grazie speciale a Roberto Ortolano per la precisazione tecnica… Riguardo a certi appunti consentitemi di rispondere nel merito. Alex Creazzi Capri ha sempre avuto una fortissima vocazione esterofila, non mi sorprenderebbe se in un futuro ipotetico adottasse il suffisso ‘new’ piuottosto che ‘nuova’. Riguardo all’aver rivelato le ‘fonti’ diciamo che moralmente non me la sono sentita di approppriarmi di una dottrina che non è certo farina del mio sacco. E poi era anche un modo per ‘spiegare’ come un semplice guardiano potesse avere conoscenze filosofiche di un certo livello… Riguardo la scelta di affrontare la morte con le armi della filosofia piuttosto che con quelle dell’ironia diciamo che molto semplicemente è più nelle mie corde… Non sono certo Terry Pratchett! Detto questo il racconto è sicuramente suscettibile di migliorie che (semmai dovesse entrare nell’antologia) spero di poter apportare prima della pubblicazione…
Cosa aggiungere? Nella lunga lista di commenti c’è tutto per descrivere gli aspetti critici del bel racconto che hai scritto, Luigi. Posso aggiungere che una storia fantascientifica ambientata nelle terre partenopee non è che la leggiamo tutti i giorni…anzi. Per quanto riguarda le fonti a cui attingiamo…, bè…, tutte le storie traggono ispirazione da qualcosa di già visto o di vissuto…, e proprio quest’ultimo, insieme all’esperienza, la cultura, la creatività – più altre sfaccettature che non sto qui ad elencare – ma soprattutto lo stile personale, a rendere felice l’incontro tra l’immaginazione dell’autore con quella del lettore. E tu, Luigi, possiedi proprio quelle caratteristiche che ti permettono di avere uno stile molto efficace, sebbene identificabile con quello di grandi autori. Ma questo non può che gratificarti. E certo non è da tutti!
Premetto che non sono un critico.
Da molti anni, forse da troppi, mi rode solo il vizio di scrivere, ma so di non saper giudicare.
La fantascienza non è ciò che più mi appassiona.
Peraltro nel tuo racconto l’ambientazione non mi pare essenziale all’anima della vicenda; il “nocciolo duro”;
– “The Heart of the Matter” ; volendo parafrasare il grande Graham – potrebbe trovare tutt’altra collocazione.
Ciò detto, il racconto scorre, pulito e senza sbavature giungendo ad un finale nitido, privo di fastidiosi, introversi risvolti.
Il desiderio di poter sfidare la morte, magari riuscire anche a darle scacco matto,
è un tema che affascina ogni mortale nel momento stesso in cui avverte la sua precarietà
ben prima che Bergam, quasi mezzo secolo fa, conquistasse le platee del mondo intero col suo capolavoro: “Il settimo sigillo”.
Per quel poco che so, continua scrivere, mezzo secolo fa si diceva: “…a far male alla carta”
e spera di poter andare lontano. Personalmente ti auguro di riuscire a raggiungere ciò che ti prefiggi.
Molto accurata l’ambientazione, e soprattutto il finale. Complimenti.
Ciao Luigi,
complimenti, seppur poco descrittivo e asciutto per essere un racconto va dritto al punto.
Quando ho letto il modello DS ho subito pensato alla Citroën DS che all’epoca mi sembrava un’astronave. 🙂
Il confronto con la morte mi ha fatto ricordare in primis “partita con la morte” che poi è tratto dal “settimo sigillo”. Mi piace!!!
Avrei voluto sapere di più della società che descrivi perché le ambientazioni distopiche mi incuriosiscono sempre, ma sono piccoli particolari, sei molto bravo e scrivi benissimo.
Un racconto veramente brillante! Se posso fare un paragone azzardato, mi ricorda molto le storie di Moebius, fumettista francese, in cui fantascienza, filosofia, pathos e paesaggio coesistevano armoniosamente. E poi, da partenopeo e cilentano d’adozione, devo dire sinceramente che ho avuto un tremito nel vedere apparire nel racconto luoghi come Punta Licosa e i Monti Lattari. Complimenti!
Complimenti Luigi, ottima scrittura,bello il tema e ambientazione originale, di solito non mi piacciono i paragoni ma per render l’idea dell’effetto mi ha fatto ripensare a Jeff Hawke con un intrigante plus filosofico
Luigi eccomi qua, finalmente riesco a trovare il tempo prima di leggerti e poi di scriverti, visto che il tuo racconto sembra essere tra i più quotati di questo sito.
Ammetto e premetto che come lettrice e di conseguenza come scrittrice, non sono né un’amante né un’intenditrice del genere fantascientifico… ma ciò nonostante il tuo racconto è un tuffo a pieni polmoni in un mondo incredibilmente bello da scoprire!
Non sono d’accordo sul fatto che il tuo racconto sia solo diretto al futuro, io ci vedo il passato, i richiamaci storici, e un forte presente, del qui e ora, che alla fine con l’entrata della morte vengono rimessi in gioco e mai presi per scontato… wow, bravo!
E poi i profumi che riesci a trasportare, il mare e i suoi pini marittimi… sembra di essere lì, bere quel caffè… sentire che si vuol vivere e farsi entrare la paura nelle vene!
Inoltre, bellissima la parte descrittiva, come dipingi la tua tela di parole… bravo, davvero complimenti!
“Ed il più grande conquistò nazione dopo nazione e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione. Perchè più in là non si poteva conquistare niente”. Così recita una canzone di Vecchioni che mi colpisce ogni volta che la sento. E così se tutto scompare che sensa ha la morte?
Ben fatto e in bocca al lupo per il concorso!
“Un cielo stellato non è che il volto butterato di un malato di vaiolo se non ci sono occhi umani a guardarlo” o qualcosa del genere. L’ha detto Hegel da qualche parte, ma non chiedermi quale.
Ultimamente sto vivendo una passione morbosa per “Orfani”, la serie a fumetti della Bonelli, hai presente? Adoro la fantascienza e l’horror da che ho memoria (da bambino mi addormentavo col terrore che la coda di uno xenomorfo calasse dal soffitto e mi riducesse a uno spiedo) e l’adorazione si moltiplica per cento se l’ambientazione è italiana. Peccato che qui l’ambientazione post-apocalittica giochi solo un ruolo contestuale, ma con poche cartelle a disposizione non si può avere tutto. Per rendere la storia più efficace forse avresti dovuto concentrarti solo sul dialogo, lasciando che i riferimenti al contesto emergessero direttamente dalle parole del protagonista o della Morte.
A proposito del dialogo, avrei preferito qualcosa di più crudo. Non so se hai mai avuto la sfortuna di partecipare a un seminario di filosofia analitica, ma lì la gente si scanna per davvero.
In ogni caso il racconto è buono. C’è qualche errore qui e là, ma sono inezie.
In bocca al lupo! E chissà che in strani eoni anche la morte… (cit.)
Per Adil: Non so se sentirmi più lusingato per la citazione di Hegel o per quella di Lovecraft, entrambe adatissime ad essere inserite in epigrafe al racconto. A proposito degli ‘errorini qui e lì’, sì è vero ci sono, ma a parziale giustificazione lasciami dire che ho saputo del concorso solo pochi giorni prima della scadenza, in quel momento non avevo niente di pronto e così ho ripescato l’incipit a un racconto di fantascienza (poco più di una suggestione buttata giù non ricordo nemmeno in quale occasione) e ho cominciato a scrivere… La Torretta è nata così, di getto (e credo si riesca ad intuire proprio da alcune ‘leggerezze’). L’ho riletto solo una volta, mi è sembrato buono e l’ho inviato… Tutto qua! Felice che ti sia (comunque) piaciuto…
X Marta: Grazie davvero per il tuo commento molto, forse anche troppo, generoso… Il fatto che venga da una ‘non appassionata del genere’ è doppiamente lusinghiero…
Racconto filosofico dove io trovo che l’esse est percepi sia subalterno al cogito ergo sum…fondamentalmente siamo perché pensiamo e l’essere percepiti è un valore aggiunto. La Vita ha senso perché c’è la Morte…altrimenti ci sarebbe solo un indifferente pantarei…l’una non prescinde dall’altra…in fondo, pur apprezzando lo scenario paradisiaco dell’angolo da te scelto per il racconto, in quanto anglo-partenopea, mi chiedo perché proprio Capri…ma è un dettaglio che forse ha poco a che vedere con il racconto perché il muro che è stato eretto per non aiutare gli altri, molti lo hanno alzato dentro di loro ed è questo il dettaglio che mi fa pensare…non tanto che la Vita abbia senso perché termina con la Morte, ma perché valga la pena di essere vissuta amando il prossimo come se stessi!
Grazie per aver commentato i mie due racconti…ed averli apprezzati…come li hai individuati? o li leggi tutti?
Mettiamola così Luigi: non si è mia troppo generosi!
Spero di essere stata abbastanza obbiettiva in quanto davvero me ne intendo poco di questo genere, però mi è piaciuto… infondo questa conta, no? Saper emozionare e andrea oltre il contesto, ma creare una contestualità oltre la scenografia, ma nel concetto puro di parte descrittiva.
Spero davvero tu possa apprezzare il mio commento da ignorante del genere fantascientifico, ma comunque molto sentito per merito della tua bravura!
Marta ti assicuro che ho apprezzato, sono felice di essere riuscito a portarti in un tempo e in un luogo che forse non esisteranno mai. E’ solo che sono molto critico verso me stesso e tendo a pensare che i complimenti siano dettati, come credo di aver già scritto, dalla buona educazione e da una certa solidarietà di ‘categoria’… Grazie ancora e lungi da me darti dell’ignorante (anche se, visto che sono una specie di filosofo dilettante, devo dirti che considero l’ignoranza il punto di partenza ideale verso un cammino di conoscenza)… Grazie ancora!
Chissà quanti mondi potranno o non potranno esistere… di certo noi scrittori ne facciamo vivere tanti!
Su questo siamo molto simili, anche io sono molto critica verso me stessa, non mi accontento mai… penso che sempre che avrei potuto dare molto di più, avrei potuto fare molto meglio, ma penso anche che dovremmo imparare a fare uno sforzo nell’amarci di più per come siamo, anche se non è affatto facile!
Ovviamente la buona educazione sta alla base di tutte le cose, quanto alle categorie tutti i noi saremo sempre più ignoranti su una cosa e più colti su un’altra… fa parte dell’essere umano.
No figurati, non volevo dire che mi hai dato dell’ignorante, era solo per dire che in effetti su questa categoria lo sono… quindi magari sono un pò meno obbiettiva del solito, ma visto che il tuo racconto mi è piaciuto, non mi farei questo problema 🙂
Se poi prendiamo spunto dalla tua bellissima riflessione, il cammino è lungo e fertile per mille conoscenze… siamo a cavallo!
Ciao Luigi,
finalmente sono di nuovo tra voi, anch’io ho apprezzato il tuo racconto, in modo particolare il passaggio dal genere fantascientifico a quello più esistenzialista del dialogo tra il protagonista e la morte. sul momento mi ha ricordato il dialogo della Natura e di un islandese, tuttavia proseguendo nella lettura o meglio nella sfida verbale, non ho potuto non pensare a “Il Settimo Sigillo” di I. Bergman, dove qui è la morte a dare scacco matto, mentre il tuo protagonista è stato abile a rinviare l’appuntamento ineluttabile!!!!
Ottimo il senso del ritmo, sempre incalzante, anche nei momenti di ragionamento, quando è più facile a volte rallentare.
Il golfo di Napoli, la navicella spaziale, la morte, la filosofia. Quante cose tanto evocative tutte insieme!
Ricco di contenuti e suggestioni, scorrevole e con un bel finale.
Bello il ragionamento filosofico: la morte ha bisogno dell’uomo per esistere ed essere percepita! L’idea mi piace
Volevo ringraziare Salvatore Colantuono e Phyllis Margaret Dyason per essere riusciti a cogliere un aspetto del racconto a cui tengo molto, l’egoismo dei capresi, asserragliati sulla loro isola, al sicuro, ‘dietro un muro’, al di là del mare… Un tema quanto mai attuale. Grazie.
Racconto ben scritto, originale la fusione tra contesto fantascientifico e contenuto filosofico. Curioso che entrambi i nostri racconti parlino dello stesso tema: consigli e rimedi pratici per ingannare la morte!
ciao Luigi, a dire il vero, più che alla fantascienza ho pensato alla filosofia e alla pace. Abbiamo la facoltà di non dimenticare: un importante filosofo, un intenso insegnante…e cosi’, grazie alla memoria, possiamo pensare anche, con fantasia, al buon vino che avrebbero prodotto i campi di sterminio (clima permettendo?1). C’é una frase che denota l’amore di Lorenzo per i luoghi:”Dopotutto era più che possibile che si fosse ompressionato, di notte poteva accadere……l’ultima”. Come accettare l’annullamento di un oggetto d’amore?!.Razionale e irrazionale, disperato e aperto alla speranza.. Forse la mia interpretazione é un po’ limitante….se credi, fammelo sapere.
L’idea mi piace, e la struttura è scorrevole e coinvolgente.
Chiaramente un racconto non lascia enormi spazi per la descrizione e l’analisi dei personaggi, che sono comunque ben identificabili.
Per quanto riguarda i dialoghi, ti dico quello che spesso hanno detto a me: realistici ma non abusare dei puntini… di sospensione…
Buon lavoro.
Non amo i racconti fantasy, mi rifiuto di leggerli. Col tuo ho avuto un’esitazione. Il titolo mi ha convinto, parlava di una torretta, quindi c’entrava il mare. Questa è la molla che mi ha spinto ad andare avanti nella lettura. Mi complimento con te, Luigi. La suspence accompagna il tuo racconto sempre e tiene viva l’attenzione fino alla fine. Una fine insolita, che non mi aspettavo.