Premio Racconti nella Rete “Il bruco buco” di Federico Donati (sezione racconti per bambini)
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Di pioggia ne era già caduta fin troppa. Era ancora forte l’odore della terra bagnata ma il mondo sembrava finalmente essersi aperto. Il cielo era azzurro e terso, solo qualche timida nuvoletta bianca faceva capolino. Guardava in alto e le percezioni erano chiare. La giornata poteva cominciare e già si prevedeva una scalata considerevole. Dopo qualche giorno senza cibo, racimolare le forze necessarie per procurarsene dell’altro non era di certo una passeggiata. Fortunatamente le piante vicine erano rigogliose, con foglie in abbondanza. Già si pregustava il pranzetto ma doveva affrettarsi: essendo solo un piccolo bruco, c’era chi era più veloce, più scaltro, più grande e più pratico. Doveva rimboccarsi le maniche, stringere i denti, trovare la forza e partire.
Tuttavia, procurarsi il cibo non era la cosa più difficile da superare: doveva difendersi dallo scherno degli altri bruchi. Tutti lo prendevano in giro «guardate, arriva il bruco buco, ah ah ah!» per il suo aspetto “diverso”. Ogni segmento del suo corpo era di un verde molto vivace, con striature nere interrotte da piccole macchioline arancioni. Tutto nella norma sennonché un segmento centrale del suo corpo era rimasto sbiadito, di un bianco spento, come se un pittore avesse interrotto il tratto, o come se uno scherzo del destino avesse deciso che quella parte non doveva essere colorata. Questo creava un’interruzione nel suo corpo, dove i colori magicamente sparivano per poi riapparire subito dopo. Insomma, era come se fosse diviso a metà, un’opera incompiuta.
Ci aveva ormai fatto l’abitudine ma ciò significava stare spesso da solo, non potersi divertire con gli altri per evitare che continuassero a fargli pesare quel “buco” che lo rendeva così buffo. Cercava quindi di trovare conforto nella natura che era intorno a lui, nel filo d’erba così verdeggiante, nei piccoli insetti che abitavano il suo mondo e che sembravano non dare particolare peso alla sua originalità cromatica. Si divertiva a passare da foglia a foglia, a stare in equilibrio sui piccioli, a esplorare le cortecce e i rametti, a sforzarsi di muovere più velocemente le sue piccole zampette per coprire maggiore distanza in meno tempo. In fondo i giorni passavano bene anche così e aveva cibo in abbondanza.
Proprio mentre era intento a sgranocchiare una grande foglia verde dentellata si bloccò alla vista di un animale strano: si muoveva a scatti, due piccole ali trasparenti sembravano solo appoggiate sul suo piccolo corpo nero mentre le sei zampette lo spostavano in modo frenetico. Quello strano insetto non era altro che una mosca. Il bruco mise da parte la timidezza e fece il primo passo: «Ciao», disse con un filo di voce, quasi sperasse di non essere sentito. Passò solo qualche istante e una voce leggera ricambiò il saluto: «Ciao! I tuoi colori mi hanno colpito». Stava sentendo bene? Qualcuno era veramente interessato ai colori del “bruco buco”? Non si fece scappare l’opportunità e ribatté: «i miei colori? Ma uno dei miei segmenti è bianco, è come se fossi fatto a metà!». Era talmente abituato a giustificarsi e a scomparire davanti a chi era “normale” che mai gli sarebbe passato per la mente che qualcuno potesse semplicemente apprezzare la sua colorazione così brillante, quei segmenti così uguali ma ognuno con una sua particolarità. Infatti, la mosca rispose: «sinceramente è proprio l’assenza di colore che mi ha colpito perché ti rende unico. Sai, io ho la possibilità di vedere il mondo dall’alto e ti ho immediatamente notato, in mezzo a tutti gli altri». Era davvero senza parole e, dopo giorni di solitudine decise di aprirsi e disse: «Siamo una colonia numerosa di bruchi ma tutti mi evitano e cercano di allontanarmi. Si prendono gioco di me chiamandomi “bruco buco” solo perché la mia colorazione a un certo punto s’interrompe». La mosca era incredula. Sapeva molto bene che nel mondo le differenze e le particolarità spesso fanno paura e quindi si prese a cuore quel dolce bruco e gli sussurrò: «Ho una proposta. Ci sono delle piante molto verdi non distanti da qui. Le ho viste proprio oggi. Potresti semplicemente cambiare zona. Io ti guiderò dall’alto e t’indicherò la direzione. Fatti forza, c’è un po’ di strada da percorrere ma ce la farai».
Ora era veramente convinto. Non aveva mai pensato di allontanarsi, di percorrere strade diverse, di mettersi alla prova e cercare nuovi luoghi. Non sapeva nemmeno che esistessero. Fino ad ora si era limitato ad aver quasi paura di se stesso per quel suo segmento bianco, per quell’assenza di colore che si era trasformata in un’assenza di amicizie, di sicurezze. Sgranocchiò qualche pezzo di foglia, per avere riserve di energia sufficienti e, speranzoso, si avventurò. Lentamente percorse il tronco, raggiunse la terra e si aprì un varco tra l’erba alta, che gli pareva un’insuperabile muraglia verde. Tutto sembrava più difficile rispetto al solito, essendo così lontano e soprattutto sconosciuto l’obiettivo.
Quanto avrebbe resistito? Alzò lo sguardo: certo, per la mosca era facile procedere, le sue ali le permettevano di coprire grandi distanze con uno sforzo minimo. Per lui, invece, tutto era diverso: aveva un modo buffo di muovere i suoi segmenti e le sue zampette erano piccole se paragonate alla sua stazza e utili per arrampicarsi e mantenersi saldo ai rami e alle foglie ma non certo per lunghi percorsi. Era talmente assorto nelle sue riflessioni che quasi non si accorse che la mosca lo stava chiamando per comunicargli la direzione: doveva procedere verso destra e seguire il sole. Realizzò di non essersi nemmeno accorto che il sole si stagliava ancora alto nel cielo e che la terra si stava finalmente asciugando dopo le piogge. A volte siamo talmente presi dai muri che percepiamo attorno a noi che non ci preoccupiamo di guardare oltre noi stessi da una prospettiva diversa.
Era così euforico che gli sembrò quasi di poter correre, che si figurava di spiccare il volo. Chi ci pensava più al “bruco buco”? Ora finalmente aveva una nuova meta. Avrebbe trovato nuove colonie, magari con bruchi che avevano segmenti bianchi come lui, con i quali si sarebbe potuto sentire a casa, con i quali chiacchierare e scherzare. Nulla lo poteva fermare. La mosca lo seguiva da vicino, si posava ogni tanto sui fili d’erba vicini, e con i suoi movimenti a scatti sembrava davvero perlustrare le vicinanze per assicurarsi che tutto procedesse senza intoppi.
Erano una strana coppia. Un insetto nero, occhi giganti, alette trasparenti dal movimento fulmineo e minuscole zampette che accompagnava un animaletto segmentato e tutto colorato, dai movimenti lievemente goffi.
Passo dopo passo Il suo percorso procedeva tranquillo. Guardandosi attorno si era accorto di non essersi mai soffermato a osservare i fiori e le loro colorazioni intense. Non si era mai accorto delle venature che caratterizzavano i fili d’erba, alcuni dei quali sembravano tenere in equilibrio su di loro qualche piccola goccia d’acqua. La luce colpiva queste minuscole goccioline e creava riflessi colorati: uno spettacolo magnifico che non si era mai dato il tempo di osservare. Era fuor di dubbio: questo viaggio gli stava insegnando molto e lentamente imparava a guardare la realtà con occhi diversi.
Il tempo passava svelto e in un batter d’occhi il sole cambiò colore: un rosso acceso illuminava tutto il cielo. Un passo prima dell’oscurità. Sarebbe stato meglio fermarsi, rifocillarsi e riposare prima di rimettersi in viaggio. Il cammino durò circa quattro giorni fino al raggiungimento della meta: un prato immenso, con un numero sterminato di piante rigogliose. La mosca era sicura che questo sarebbe stato il luogo adatto per il bruco. Lui si lanciò all’esplorazione: le piante erano molto più alte e le foglie gli apparivano più grandi. Si accorse che vi erano diverse colonie di bruchi, totalmente diversi da lui. Pochi con colori sgargianti come i suoi: alcuni verdi si mimetizzavano perfettamente con le foglie mentre altri avevano colorazioni più scure. Si fece coraggio e iniziò a fare conoscenza. Erano tutti molto indaffarati a sgranocchiare foglie ma dopo i primi momenti d’imbarazzo alcuni gli si misero vicino, curiosi del fatto che questo buffo bruco avesse percorso così tanta strada. Per una volta almeno si sentì parte di qualcosa, percepì interesse nei suoi confronti. Era al settimo cielo. Tante erano le domande sul suo viaggio, sulla sua colonia, sulle sue abitudini, sulla sua amicizia con una mosca. «Davvero un tipo strambo», pensarono. Nessuno dava particolare peso al fatto che uno dei suoi segmenti fosse privo di colore. Alcuni immaginarono che fosse tipico di quella specie che non avevano mai visto. Tuttavia, terminato lo stupore iniziale, ognuno continuò le sue attività di sempre e lui si sentì smarrito.
La mosca gli era sempre vicino, durante ogni momento, tuttavia egli pensò: «ho fatto tutto questo sforzo per non giungere a nulla?». Non si diede per vinto e cercò di integrarsi ancora di più nelle nuove colonie di bruchi. Purtroppo l’accoglienza non fu delle migliori. Finché il buffo bruco con un segmento bianco se ne stava al suo posto, tutto andava bene, ma di certo non poteva pretendere di invadere in tal modo la loro vita e le loro abitudini, lui che era così diverso da loro. Lo cacciarono quindi a malo modo e si ritrovò di nuovo solo a cercare nuove piante e foglie di cui sfamarsi. Trascorse diversi giorni in compagnia unicamente della sua fidata mosca, sicuro che non sarebbe mai tornato indietro alla sua vecchia colonia. Poteva aver sbagliato ad allontanarsi ma ormai il passo era stato fatto e tanto valeva non arrendersi e sforzarsi di guardare avanti.
Passò poco tempo e il miracolo della natura avvenne. Attaccato a uno stelo, il suo corpo lentamente si trasformò fino a creare un guscio di colore verdastro, immobile. La metamorfosi ebbe inizio e passate circa due settimane si schiuse e ne uscì una farfalla dalle ali ampie, ricche di colori sgargianti, quasi come fossero delle pennellate che intervallavano il giallo al nero creando forme pressoché geometriche spezzate da spruzzi di blu e arancione e da due piccoli cerchi rossi. Nessuna traccia del segmento senza colore.
Ora poteva finalmente dispiegare le sue ali e spiccare il volo. Ora anche lui poteva vedere, con nuovi occhi, il mondo dall’alto.
Ciao Federico, Le tue belle descrizioni degli ambienti e degli animali ci introduce rapidamente nelle colonie dei bruchi. La diversità non è accettata porta solo discriminazioni e sofferenze; c’è d’augurarsi di trovare amici come per il bruco e di accettare con uno spirito nuovo la situazione. I nostri ragazzi vanno supportati nella loro crescita mostrando loro
la meta da raggiungere.
Emanuele
Caro Emanuele,
ti ringrazio per esserti soffermato sul mio racconto, che ho immaginato come un continuo percorso, tra strade accidentate e momenti di gioia, e grazie per il tuo commento.
Federico