Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Tre Volte” di Daniela Grandinetti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Io non mi voglio bene. Io non voglio bene a me. A me non voglio bene.
Faccio schifo a me stesso. Non sono pazzo. Pazzo? No. Non sono affatto pazzo.
È difficile pensare per tre volte la stessa cosa, però il dottore ha detto ci devo provare.
Mi farà bene. Farà bene a me. A me farà bene.
Mi calma. Mi calma. Mi calma.
Non ne sono sicuro, ci sto provando. Ci sto provando, ma non ne sono sicuro. Affatto sicuro, ci sto comunque provando.
Oggi ho incontrato una donna. Ho incontrato una donna oggi. Era una donna, quella che ho incontrato oggi.
Il dottore dice devo riformulare la sintassi. Ha detto il dottore devo riformulare la sintassi. Devo riformulare la sintassi come ha detto il dottore. È un esercizio che porta calma nella testa. Porta calma nella testa questo esercizio. Questo esercizio calma la testa.
Scomposizione e composizione.
A me piace la grammatica. La grammatica mi piace. Mi piace la grammatica. Mette ordine nel caos. Mette ordine nel caos. Mette ordine nel caos.
Per questo il dottore si è inventato questo esercizio per me. Per me il dottore ha inventato questo esercizio. Questo è un esercizio che il dottore ha inventato per me. Il caos dei pensieri mi fa male. Mi fa male il caos dei pensieri. A me il caos dei pensieri fa male.
Torniamo alla donna. Non è che non avessi mai incontrato una donna prima. Non è che prima non avessi mai incontrato una donna. Ho già incontrato donne prima.
Forse non dovrei ripensarci, mi farà agitare. Mi farà agitare, quindi non dovrei pensarci. Il pensiero di lei mi farà agitare. Non mi fa bene, quando mi agito sento le voci. Sento le voci quando mi agito, non mi fa bene. Se mi agito sentirò le voci.
Dannazione, la donna. La donna. Era così bella. Bella. Bella. Bella è un aggettivo che non ha bisogno di stare in un costrutto grammaticale, non ha bisogno di stare in una frase. Può stare da solo e dice tutto. La bellezza è autonoma. Chi è bello è autonomo. Forse ho esagerato. Ho esagerato, magari non è proprio così. Temo sia un’esagerazione impropria.
Ma io sono deforme e non sono autonomo. Per uno deforme come me è così. Per un deforme è ovvio pensarla così. Brutto. Brutto. Brutto. Anche l’aggettivo brutto è autonomo tuttavia. L’aggettivo brutto può stare da solo. Appunto, solo. La solitudine non è autonomia. La solitudine è stare da soli.
No, alt. Sto sbagliando, non devo perdere il filo. Se penso frasi troppo lunghe è difficile tornare indietro e modularle nella mia testa. L’esercizio deve rendermi padrone dei miei pensieri, devo averne il controllo, se no sbaglio. Mi perdo e comincio a sentire le voci.
Dunque io sono deforme. È il mio viso ad essere sfigurato. Ho il viso sfigurato. Ad essere sfigurato è il mio viso. Ormai ci sono abituato. Ci sono abituato ormai. Non faccio più nemmeno caso agli sguardi per strada. Per strada non faccio più caso agli sguardi altrui. Non faccio più caso se gli altri mi guardano. Li capisco, ho un aspetto terribile. Ho un aspetto terribile, li capisco. È per via del mio aspetto terribile e li capisco. A volte però è diverso.
Come oggi. Oggi è stato diverso. Lei era così bella. Era così bella. Così bella.
E non mi ha guardato come di solito mi guardano. Mi ha rivolto uno sguardo diverso dai soliti.
Forse sto cambiando troppo la struttura. Ma in fondo il dottore non ha detto di essere preciso. Non devo essere preciso.
All’ufficio postale: è lì che l’ho incontrata. L’ho incontrata all’ufficio postale, era in coda dietro di me. Faceva la coda all’ufficio postale. Odio andare negli uffici come odio fare le code. Odio fare le code negli uffici. Detesto stare in coda negli uffici.
Sono al centro di una catena di sguardi che contengono di tutto. È una catena di sguardi che dicono di tutto. Ho addosso il peso di una catena di sguardi implacabili. Mi ricordano come sono fatto. Mi dicono come sono fatto. Gli sguardi dicono come sono realmente.
Ribrezzo. Paura. Curiosità. Pena. Pena. Ribrezzo. Curiosità. Paura. Non c’è bisogno che li ripeta tre volte. Due è più che sufficiente per risentirli addosso.
Provateci voi a vivere in un corpo così. Dovreste viverci in un corpo come il mio. In un corpo come il mio nessuno vorrebbe vivere. Per non parlare della mia faccia. Lasciamo andare la mia faccia. La mia faccia è anche peggio.
Ma lei no. Lei no. Lei no. Lei aveva un neonato attaccato alla vita. Alla vita aveva attaccato un neonato. Un neonato era legato alla sua vita. Il neonato piangeva e lei cercava di cullarlo con voce dolce. Con voce dolce lei cercava di calmarlo. Lo calmava con voce dolcissima. Così mi sono offerto di farla passare avanti. Le ho detto così: “prego passi pure”. Passi avanti, le ho detto. Lei non mi ha guardato in modo strano. Non mi ha rivolto uno sguardo strano. Non mi ha guardato come se ci fosse qualcosa di strano.
Mi ha sorriso. Mi ha sorriso. Mi ha sorriso.
Che gentile, ha detto. Ha detto “che gentile”. Mi ha detto che sono gentile. Passandomi davanti mi ha sfiorato. Mi ha sfiorato passandomi davanti. Mentre passava davanti mi ha sfiorato. Aveva un passo delicato. Delicato. Delicato. Come lo sguardo. Delicato. E ho sentito un profumo di talco e bambino. Lei sapeva di talco e bambino. Il neonato ha smesso di piangere. Non piangeva più. Deve aver sentito anche lui che sono una persona gentile. Sono una persona gentile, lo deve aver sentito anche lui. Sì, io sono gentile. Mi piace essere gentile. Non sono arrabbiato col mondo per la mia sorte. Questa sorte tremenda non è colpa del mondo. Il mondo non ha colpa. Forse mia madre ce l’ha. Mia madre ce l’ha. Mia madre sì, ha colpa. Ma credo sia stato mio padre. Mio padre, credo sia stato lui. Credo di sì, dev’essere stato lui. Era lui che non sopportava guardarmi. Lui non sopportava di dovermi guardare. Suo figlio, lui non lo sopportava, così deforme. Mi hanno portato in un istituto. Sono cresciuto in un istituto. Mi hanno lasciato lì. Mi hanno abbandonato lì. Sono sicuro sia stato lui. Mia madre mi avrebbe amato. Forse ho qualche ricordo che me lo fa ancora pensare. Forse ancora lo penso perché ho qualche remoto ricordo. C’è qualcosa rimasta di lei che mi induce a questo pensiero.
Mi avrebbe amato. Mi avrebbe amato. Mi avrebbe amato.
La donna. Ha pagato il suo bollettino. Allo sportello ha pagato il suo bollettino. Ha pagato il suo bollettino allo sportello. Poi prima di uscire mi ha rivolto la parola. Mi ha rivolto la parola prima di uscire. Prima di andare via mi ha parlato. “Grazie” ha detto. Ha detto grazie.
Non sono abituato a essere ringraziato. Di solito la gente non mi ringrazia. O meglio, forse mi ringraziano se mi levo di torno. O ringraziano dio. Se mi scanso dalla loro vista pensano “dio sia lodato”. Grazie dio.
Io non ringrazio dio. No, non lo ringrazio. Non ho niente di cui ringraziare dio. Non devo ringraziare dio per alcunché. Dio: perché dovrei ringraziarti io? Và al diavolo dio!
Sarei voluto uscire e dirle grazie per avermi ringraziato. Ma dovevo pagare il mio bollettino. Il mio bollettino, dovevo pagarlo. Sì dovevo proprio pagarlo. Mi laureo il prossimo mese. Il prossimo mese mi laureo.
Mi laureo in lettere. Lettere. Mi piacerebbe insegnare. Vorrei insegnare. Insegnare. Grammatica. La grammatica mi piace. Sarei un bravo insegnante. Ma non potrò mai andare in una classe a spaventare i ragazzini. I ragazzini, sarebbero spaventati. Spaventerei i ragazzini. Avrei voluto correrle dietro. Dietro a lei. A lei. Dietro. Invitarla alla mia laurea. Alla mia laurea, invitarla. Per avermi detto grazie. Venga. Per avermi detto grazie. La prego, venga.
Per avermi regalato uno sguardo normale. Lo so, le avrei detto, lei è sposata. E ha un bambino legato alla vita. Potrei amarla solo un po’, qualche minuto appena? Potrebbe amarmi solo un po’, qualche minuto appena? Qualche minuto andrebbe bene. Solo qualche minuto.
Sentire l’amore.
No, la prego, non si spaventi. Non arretri. Non vada via. Non vada via. Non arretri. La prego. Non si spaventi.
Amore. Amore. Amore. Non è un costrutto, è una parola. Amore è libero, può stare da solo. Non ha bisogno di altre parole per appoggiarsi. Appoggiarsi a nessuno. Nessuno si appoggia all’amore. No. Non è vero. Tutti cercano amore. Appoggio nell’amore di un altro. Amore non sta da solo. Ha bisogno di un costrutto. Alt. Mi sto confondendo di nuovo. Devo smettere per oggi. Per oggi può bastare. Devo smettere.
Questo esercizio è faticoso.
L’amore no. L’amore non è faticoso. Non è faticoso l’amore. Ma poi. Io che ne so? Cosa ne so io? Io cosa ne so?
Niente. Niente. Niente.
Mai. Mai. Mai.
Tre volte. Devo pensare tre volte la stessa frase con un costrutto diverso.
Bello. Amore. Mai. Sono parole e le parole mi fanno male. Lo so che mi fanno male. Male. Male. Male. Le parole portano disordine nella testa. Nella testa creano confusione. A me fa male la confusione. Mi fa male la confusione. La grammatica aggiusta tutto. La grammatica mette ordine nella confusione.
Amore. Mai. Non conoscerò mai l’amore. Né mai l’amore conoscerà me.
Me, che pure ho una natura gentile.

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19 commenti »

  1. Che ansia. Quanta ansia. C’ho l’ansia!
    Come non voler bene a quest’uomo e al suo dolore, che poi è anche il nostro (tutti agogniamo di essere amati), soprattutto grazie al tuo modo delicato (nonostante l’ansia che instillano i suoi circuiti mentali) di proporcelo. Brava!

  2. E’ bellissimo, bellissimo,bellissimo

  3. Che dire Daniela? Avevo i brividi mentre leggevo. Mi sono sentita letteralmete trascinata dentro i pensieri di quest’uomo gentile che si ripetono ossessivi alla ricerca di quell’ordine che non saprà mai lenire la sofferenza di una vita senza amore. L’idea è brillante e dà alla narrazione un ritmo incalzante che, se possibile, rende ancora più vivida la sensazione di angoscia e solitudine del protagonista. Brava, davvero.

  4. Un esercizio di stile e di psicologia. Bella l’idea del pensare tre volte! Il personaggio mi ha fatto pensare un po’ a “Nato d’uomo e di donna”, un racconto di Matherson che lessi molto tempo fa. Ricordo che era scritto in forma di diario, e il protagonista-narratore era un ragazzo deforme costretto, dai suoi genitori, a vivere in uno scantinato, segregato dal resto del mondo. E anche un po’ a Penguin, il personaggio del fumetto Batman, abbandonato dai suoi genitori in quanto mostro. Ma a differenza di quei, il protagonista della tua storia non ce l’ha col mondo o con la sorte. Bello davvero, complimenti!

  5. L’idea delle tre volte è molto riuscita e dà un’energia speciale a questo racconto. Delicato e terribile. Mi è tanto piaciuto questo personaggio che da un lato è estremo, da un altro non diverso da chiunque di “noi”. Brava.

  6. Scelta narrativa coraggiosa e indovinata. Racconto che nasconde molto più di quanto rilevi (dio scritto con l’iniziale in minuscolo, dio non merita la maiuscola, la maiuscola dio non la merita). Ansia, paranoia, senso di estraneità e di rifiuto, resi con un ritmo che toglie il fiato. Complimenti. Sarei curioso di conoscere il tuo parere sul mio “La Torretta di Guardia” del 27 maggio.

  7. Originale. Consegna difficile: “Il dottore dice devo riformulare la sintassi” tre volte. Mi sono lasciato coinvolgere in questo gioco letterario che ha una storia di dolore, di aspettative e di amore.
    Brava Daniela.

  8. Originalissimo racconto! Molto brava e complimenti per la vittoria. Sarà bello conoscersi a Lucca. A Lucca sarà bello conoscersi. Sarà bello conoscersi.

  9. Strepitoso. Bravissima!
    Complimenti per la meritatissima vittoria!

  10. E’ originale questo tuo racconto che dimostra la tua abilità nell’uso della lingua italiana. Daniela, ci vediamo a Lucca.
    Ciao Emanuele

  11. Grazie a tutti, CI VEDIAMO A LUCCA!!!

  12. E’ stato emozionante lasciarsi trasportare nel tunnel ansiogeno del tuo racconto. Complimenti.

  13. Uno dei racconti che preferisco. Originalissimo. Una bella idea la ripetizione della frase che va ad accentuare ancor piu’ il senso di sofferenza.
    Complimenti per la vittoria Daniela! Meritata.
    marco

  14. Bello, originale, intenso, vero e molto ben costruito. Vittoria meritatissima. Brava brava brava: tre volte.

  15. Notevole. Emozionante. Bello. Sono proprio contenta di averlo letto, sono proprio contenta di essere a Lucca con te. I sentimenti che riescono a uscire dalle parole, dalla carta, dalle frasi che sei capace di mettere in fila così bene, arrivano diretti a noi, ed è una sensazione bellissima. Brava, ancora brava. ciao!

  16. L’incipit è forte e travolge il lettore fino alla conclusione finale che non delude affatto con l’altrettanta intensità di parole scandite a ritmo forte.
    Brava, complimenti per vittoria! Ci vediamo a Lucca!

  17. Buonasera Daniela credo che il tuo racconto sia una bellissima poesia. Credo che tu sia riuscita ad esprimere tanta sofferanza, tanto amore, tanta triste realtà che accompagna la vita di alcune persone. Complimenti per questo scritto e per la meritata vittoria.

  18. Racconto originale, ti prende e ti colpisce,
    ha del tragico, ma anche del tenero.
    A volte basta un sorriso, uno sguardo,
    per rendere più lievi le proprie pene.
    Brava. I complimenti spero di farteli di persona, a marzo.
    🙂

  19. Meraviglioso, una pugnalata diritta al cuore. Diritta una pugnalata al cuore meraviglioso.

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