Premio Racconti nella Rete 2015 “Spazi bianchi” di Sharon Galano
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015L’aria nello studio era pregna dell’odore di un mezzo sigaro che fumava nel posacenere al lato dell’Olivetti. Sulla scrivania erano disposti con cura meticolosa uno stetoscopio e un ricettario, formando un angolo retto attorno ai fogli bianchi dello scrittoio. Sul primo foglio era stata scritta solo una frase: Cose da ricordare.
L’afa impediva alla brezza del mare di entrare dalla finestra e dileguare i cerchi di fumo attorno alla figura di un uomo in penombra. Le sue spalle aderivano perfettamente allo schienale della poltrona imbottita, mentre la testa bianca ciondolava in avanti con gli occhi chiusi. Sulla scrivania della segretaria, c’era una pila di regali ancora incartati.
Qualcuno bussò alla porta.
L’uomo si destò di soprassalto. – Avanti – disse, seguendo una vecchia abitudine.
Entrarono due figure alte e snelle. Cercò di invitarle a sedersi con un gesto della mano, dimenticandosi che il suo braccio offeso era fasciato al petto. Fece quanto doveva usando quello sinistro.
– Salve dottore.
Una donna sulla cinquantina aggirò la scrivania.
– Auguri – disse, schioccandogli un bacio sulla guancia. Il dottore fu disorientato da tanto affetto. – Chi siete? Cosa si festeggia?
– Sono Maria – gli spiegò la donna. – E lei è Anna, mia figlia. Se non fosse stato per voi, non sarebbe arrivata al suo sedicesimo compleanno.
– Buon compleanno – la voce della ragazzina era sottile.
Il dottore sorrise a entrambe, ma fu la bellezza di Anna ad affascinarlo. Le fossette ai lati di un sorriso appena abbozzato gli ricordarono qualcosa.
– Ma sedetevi. Maria, qui di fronte a me; e tu, ragazzina, prendi la sedia della mia segretaria.
Le due donne si lanciarono un’occhiata di intesa. Anna ebbe un attimo di esitazione, ma poi fece quanto le era stato chiesto, prendendo per sé la sedia in stile Luigi XVI con i braccioli e lo schienale in velluto amaranto.
– Siediti qui – le ripeté.
Appena Anna si sistemò, il dottore affondò le dita nel velluto del bracciolo, chiuse gli occhi ed emise un rantolo di piacere.
– Comoda, non è vero?
Anna non rispose. Il dottore la vide stringersi i bottoni della camicia fino al colletto.
– Ho parlato con vostra figlia – riprese Maria. – Dice che migliorate di giorno in giorno – si sporse in avanti, poggiando il petto florido sul vetro della scrivania.
– Non mi lamento.
– Ma oggi è il vostro compleanno. Dovete star allegro.
– È proprio in giorni come questi che … Non saprei come descriverlo.
Il dottore accarezzò lo schienale della sedia di Anna, visto che lei aveva la schiena ritta ed era seduta sul bordo come se progettasse la fuga da un momento all’altro.
– Quanti anni dottore?
-Ottantasette, questo lo ricordo. Ma se mi chiedi dell’incidente…
Lasciò la frase a metà, poi si asciugò la fronte con un fazzoletto. – E questa signorina non dice niente? Ce l’hai il fidanzato?
Le guance di Anna si fecero di fuoco.
– Proprio non vi ricordate di Anna? gli chiese Maria.
Il dottore prese con la sinistra il sigaro dal posacenere e inspirò. La brace ritrovò la fiamma. L’uomo trattenne il fumo per qualche attimo, poi espirò colpendo la ragazza.
Anna ravvivò i capelli ricci.
– Anna era anche il nome di vostra moglie.
– Mia moglie? fece il dottore. Il braccio destro iniziò a tirargli. Prese ad accarezzare il velluto della sedia come a rilassarsi.
– Sì, vostra moglie, la vostra segretaria, la madre dei vostri figli – gli spiegò Maria.
Il dottore annuì. L’azzurro dei suoi occhi sembrò smarrirsi dietro ricordi troppo lontani per poterli afferrare.
– E la vostra Anna? Perché è così silenziosa?
– Prima del vostro incidente, le avete salvato la vita.
L’uomo si sporse alla sua sinistra, guardò la ragazza con attenzione cercando qualche dettaglio che gli permettesse di ricordare. La ragazza aveva metà viso coperto dai capelli che, illuminati dal sole, si coloravano d’oro, gli occhi bassi come se si vergognasse di mostrarne il verde lucente, e le mani delicate e lunghe da pianista. Di lei però non ricordava proprio niente. Solo il nome gli risultava familiare.
– Avete eseguito voi l’operazione al cuore.
Anna strinse le braccia sotto il petto.
L’uomo si controllò la fasciatura, incredulo che lui, proprio lui, avesse potuto portare a termine una tale impresa: si portò la mano sinistra all’altezza del viso e la vide tremare.
La ritrasse nel giro di un istante.
– Dai, cara. Fai vedere la cicatrice al dottore.
Il dottore, che in vita sua ne aveva viste di tutte i colori, impallidì di fronte a quella richiesta. Lo stesso pallore come un virus si diffuse sul volto di Anna.
– Non vuole andare neppure a mare, troppo timida.
Maria si alzò, chiuse meglio le tende e aiutò la figlia a sbottonare la camicetta.
Due seni acerbi erano fasciati da un reggiseno sottile che lasciava intravedere la forma dei capezzoli.
Una cicatrice partiva dalla base bianca del collo lungo tutto
lo sterno, puntellato di nei. Il petto della ragazza si alzava e si abbassava freneticamente.
– Calma – le disse l’uomo accarezzandole la fronte e baciandola sulle guance – calma, bambina.
Anna lanciò un’occhiata furiosa verso la madre.
L’uomo poggiò l’indice contro la cicatrice, sfiorandola con delicatezza. La ragazza quasi tremava, forse per rabbia, forse per vergogna. C’era anche una terza ipotesi, pensò il dottore: quelli potevano essere i fremiti di una donna che non aveva mai permesso a nessuno di ammirarla, di toccarla.
La luce di mezzogiorno lo colpì in pieno volto, una sciabolata bianca che lo accecò riportandolo indietro a un’estate di molti anni prima.
Lui era già un uomo, la sua futura moglie poco più di una ragazza. Ricordò i loro giochi sulla sabbia, le corse, e quella volta che buttandola in acqua di peso, Anna aveva perso il reggiseno. Appena uscita dall’acqua, accorgendosi del modo in cui lui la guardava, aveva preso a tremare.
– Non doveva andare così – gli aveva gridato coprendosi il seno.
Ed era corsa via in controluce.
Poi la loro prima notte di nozze. Nulla era andato secondo i piani: pur di consumare il matrimonio, lei si era data a lui senza togliersi il vestito, coprendo quel corpo che dal giorno in spiaggia era rimasto indelebile nella mente del dottore.
– La mia Anna aveva il tuo stesso carattere – disse il dottore alla ragazza.
Anna curvò le spalle in avanti, facendo involontariamente scivolare la spallina del reggiseno.
Il braccio fasciato del dottore si tese vinto dai formicolii, come appena dopo lo scontro in autostrada. Si ricordò di come, schiacciato dal peso delle lamiere e della sua Anna, non avesse potuto fare altro che ammirarne la bellezza. Rivedeva il viso di lei assopirsi, la spallina scoprirle il seno sinistro coperto di sangue.
La ragazza non si era mossa. Fissava la spallina del reggiseno che penzolava lungo il braccio destro. Il dottore, con garbo, gliela sistemò.
Anna esitò, poi disse: – Grazie.
Nella sua voce il dottore riconobbe il timbro di una donna, e non più di una ragazza.
La madre prese a baciare prima la figlia e poi il dottore: – Me l’avete salvata.
Il fascio di luce investì nuovamente il dottore: il matrimonio, spazio bianco, nascita del primo figlio, spazio bianco, la prima operazione a cuore aperto, spazio bianco, ultima operazione, spazio bianco, ultimo viaggio, incidente, pensò il dottore cercando di mettere ordine nella sua testa.
Impugnò la stilografica.
Salvare Anna.
Strinse il sigaro tra le labbra.
Salvare la mia Anna, aggiunse.
Spazio bianco.
Vide la ragazza curvare di nuovo le spalle, questa volta con decisa consapevolezza. Le tende furono smosse da un debole alito di vento. La luce abbagliò entrambi. Al dottore sembrò che Anna, poggiando la schiena contro il velluto della sedia, come faceva sempre dopo una dura giornata di lavoro a fianco di suo marito, lo pregasse di darle un bacio.
Il dottore non aveva la forza di sporgersi verso di lei: fece per allungare il braccio e sfiorarle il viso.
Un racconto onirico. Un accavallarsi di ricordi, emozioni, sensazioni (sensi di colpa?). Alla fine, tra spazi bianchi, comunque la vita finisce (“solo una frase: Cose da ricordare”). Enigmatico ma, forse per questo, bello. Complimenti!
Ciao Sharon.
Nel giorno del suo compleanno, un medico ottantasettenne ricorda la sua vita, quella passata accanto alla donna che fu sua moglie. Sono descritti nel racconto tante vicende come spezzoni di film anche quella dolorosa della morte della moglie, e gli atteggiamenti che dimostrano la delicatezza del loro rapporto. Tu hai la bravura di svelarci i fatti poco alla volta con parole appropriate.
Emanuele.