Premio Racconti nella Rete 2015 “Il Canto del cigno” di Matteo Ferazzoli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Non l’avevo considerata questa stronza. “Figurati se mi frega la solitudine!” pensavo. Ed ora eccomi qui, nelle sue fauci più oscure, vittima di un qualcosa che non ha funzionato. Mi ha battuto la maledetta, ha vinto lei.
Sono Gabriele, l’Ingegner Toscani, come mi conoscono tutti. Ho costruito la maggior parte dei centri commerciali qui a Frosinone, la mia città.
La mia storia, spero insegnerà qualcosa ai quei ragazzi che, nella vita, hanno l’unico obiettivo di fare soldi.
Mi sono laureato giovanissimo, appena 23 anni e già avevo battuto cassa all’Università. Dopo pochissimo già esercitavo la professione. L’orgoglio dei miei cari. Un talento puro.
E mi sono montato la testa. Vengo da una famiglia umile, mio padre era metalmeccanico, si rompeva il culo alla F.I.A.T., mamma aveva il sogno di diventare stilista, si è accontentata di fare la sarta a domicilio.
Mio fratello è morto dopo soli 22 anni di dannata esistenza, distrutto dal sistema che lo ha portato al suicidio, dopo essersi drogato pesantemente dall’inizio della sua adolescenza.
Provenendo da un contesto così, non ero abituato a ciò che ti passa in testa quando hai 30 anni ed un conto in banca da far impallidire i tre quarti delle persone che conosci. Il mio idolo era George Best. Ed io, un po’ così mi ci sentivo. Fortunatamente madre natura mi ha fatto bello. Guidando sempre automobili lussuosissime, non ho mai fatto fatica a trovare donne.
Come il mio “eroe”, sono caduto nell’alcolismo.
E’ successo tutto quando Cassandra, l’unica donna che ho veramente amato, si è resa conto che io appaio ma non esisto.
Penso che nella vita ci siano due tipi di persone. C’è chi non è minimamente interessato all’apparenza ed è semplicemente se stesso, quindi sei, vivi. Poi ci sono quelli come me. Quelli che fanno cose solo per farsi vedere dal mondo, per sentire l’invidia degli altri, per sentire l’odore della gentuccia comune che sa benissimo che ti è inferiore. Ecco, quando sei così, stai sicuro che farai una finaccia.
Non sei. Appari.
Come una stella cometa, hai ucciso il tuo vero essere, la tua vera essenza, già da parecchi anni e stai vivendo di una luce che non esiste. Non dentro di te, almeno. E’ artificiale, costruita e destinata a finire.
Quando Cassandra ha capito tutto ciò, se ne è andata. Ed io non la biasimo. Nemmeno la odio.
Dopo di lei, ho avuto numerosissime donne. Tutte troiette che vogliono essere al tuo fianco, solo farsi vedere con il “Grande Ingegnere e la sua maledettissima auto lussuosissima”.
Oltre ad aver guadagnato tantissimo con la mia professione, ho fatto anche degli investimenti azzeccati. Ora potrò vivere senza far niente per le prossime 4 vite, almeno.
Adesso ho 54 anni. Ho lasciato la professione, ho venduto la macchina lussuosa per una scassatissima, ho lasciato la mia città. Ho cambiato decisamente vita. Ora, ogni sera, cerco me stesso nei volti degli altri. Già. Proprio gli “altri”. Quelli che ho deriso per una vita, quelli verso cui ho lanciato sguardi consolatori quando li vedevo timbrare il cartellino in fabbrica o in ufficio. Ridevo di gusto quando mi accorgevo dello sguardo sconsolato ed invidioso che facevano mentre mi caricavo una stangona bionda con 2 metri di gambe e loro ad ascoltare le isterie delle loro mogli ormai larghe ed appassite.
Che coglione.
Non mi accorgevo che non era invidia, ma magari un po’ pena verso chi non ha trovato o non ha riconosciuto la Donna della sua Vita. Non avevo capito nulla.
Quello che possiedi, alla fine ti possiede. Mai parole più giuste. L’ho capito troppo tardi.
A quasi 60 anni, mi ritrovo completamente da solo. Non ho mai avuto veri amici, tutta gente che mi era vicino o per la mia fama o per i miei soldi. Inutile dirvi che non c’è stato nessuno quando ho avuto bisogno di qualcuno. Cassandra ora è felice, sposata con un altro uomo (uno di quei timbratori di cartellino che tanto ho deriso) ed ha due splendidi bambini. Sono andato via dalla mia città per ricominciare tutto.
Ora non sto mai fermo. Ora, sembrerà strano dirlo, ma cerco me stesso negli occhi degli sconosciuti.
Una sera,mentre girovagavo con la mia automobile alla scoperta dell’ennesima nuova città, ho notato un ragazzo mentre aspettava una circolare che dubito sarebbe arrivata. Pieno di buste, si stava letteralmente inzuppando per la pioggia. Mi fece tenerezza, così mi sono accostato e gli ho dato un passaggio. Mi ha raccontato tutta la sua storia.
Abdù era un ragazzo di 32 anni siriano. Scappato dalla guerra insieme a tutta la sua famiglia, composta da sua moglie e 3 splendidi mocciosetti. Quando eravamo fermi al rosso di un semaforo, mi ha mostrato con orgoglio la foto di tutti loro insieme. Felicità allo stato puro. Anche lui era laureato in Siria. Qui in Italia vendeva braccialetti, orologi, tutte quelle cose che vengono stupidamente definite da “vu cumpra”. Mosso da un impeto che, ai miei 30 anni mai avrei immaginato, sono passato ad un bancomat, prelevato un bel po’ di soldi e gliel’ho regalati. E’ scoppiato a piangere, quando gli ho mostrato il mio dono per lui. Nelle sue lacrime di commozione, ho provato un impeto di felicità, di, non so spiegarvelo sinceramente, ma ho sentito una cosa che non provavo da tempo: l’Emozione che qualcuno apprezzasse ilo mio Essere. Di non esser poi tanto solo.
E tutto è incominciato così.
Ora non faccio altro. Do i passaggi in automobile alle persone che aspettano una circolare, un bus o ciò che è.
Un’altra sera sono finito su un lungo stradone pieno di prostitute. Ho guardato tutti i loro visi ed avrei voluto conoscerle tutte. Ho scelto quella che mi sembrava la più giovane. L’ho caricata in macchina.
Mi starete dando del puttaniere pervertito.
Fatemi spiegare.
Quando è salita, ho subito dichiarato le mie intenzioni:parlare, niente sesso. Lei se l’è presa un bel po’ a male e stava scendendo dalla macchina, quando le ho mostrato i soldi quasi non ci credeva, per quanti erano!
Anche lei mi ha raccontato la sua triste storia. Venuta dall’est con la promessa di diventare una di quelle ragazze che si guadagnano da vivere grazie alle sfilate di moda, peccato che l’unica passerella che l’aspettava, era la strada. Le ho chiesto di smetterla, di cercare di far fruttare il mio cospicuo dono e di cercare una vita normale.
Mi sono commosso quando quella, con un filo di voce ed il viso rigato dal pianto, mi ha detto che la prima cosa che avrebbe fatto, sarebbe stata tornare nel suo paese per riabbracciare il papà che sta morendo di leucemia. Grazie a me.
Ed ancora una volta l’ho provata: l’Emozione.
Una notte ero in un bar, un ragazzo vicino a me, si stava vantando con una ragazza che lui, nonostante avesse solo 28 anni era già diventato Magistrato. L’ho messo in guardia dal pensare esclusivamente alla sua ambizione lavorativa. Mi ha risposto di andarmene, che ero un povero ubriacone.. Farà una brutta fine anche lui, purtroppo.
Ho avuto anche il piacere di conoscere Susanna. Sembrava quasi di ascoltare la storia di mia mamma. Il suo sogno era diventar un’affermata stilista ma, schiacciata dall’opprimente realtà era costretta a fare la sarta a domicilio, per portare a casa qualche soldo. Le ho raccontato la storia di mia mamma, lei un po’ si è depressa pensando che il suo sogno rimarrà tale. Così le ho firmato addirittura un assegno. Prima le ho spiegato chi sono e perché ho tutti quei soldi. Ora potrà intraprendere l’attività per cui respira, spero le andrà alla grande.
Chissà cosa fosse successo a mia madre, se avesse conosciuto il suo “Investitore senza utili”.
Comunque, sto divagando troppo. Potrei raccontarvene a migliaia di storie come quelle della squillo, di Abdù, di Sussanna.
Il loro filo conduttore, per chi si ferma all’apparenza, è che sono loro che devono essere grati a me. Quello che loro non sanno, che forse neanche voi avete colto, è che sono io che sono eternamente grato a loro.
Tutti e dico tutti, mi hanno fatto provare ciò per cui veniamo al mondo. Quella parola con la E che ho già ripetuto più volte. L’Emozione di aver aiutato il bene a trionfare sul male. Che qualcuno si ricorderà di me.
Così, con un semplice dono, mi hanno fatto sentire vivo, giusto. Uno che ha lasciato il segno dentro qualcuno.
Ed ho sorriso eternamente.
Quello che invece, non ho capito subito, è che in realtà l’emozione me la stavo comprando. Non è un’Emozione vera, quella con la E maiuscola.
E’ fittizia, data dal momento e dal fatto che a tutti loro, avevo regalato dei soldi. Nessuno era felice per me, per avermi conosciuto e chiacchierato, per avermi rubato un passaggio in automobile. Tutti ridevano, piangevano, si emozionavano per i miei soldi.
Mi sono comprato anche queste Emozioni, come nella mia vita “precedente” quando ho pagato le amicizie, le donne e i loro amori, le automobili sportive, i biglietti in tribuna d’onore, una villa megagalattica. Tutto.
Ed è in quel momento che ho realizzato che sono maledettamente solo e che morirò solo. Probabilmente nessuno verserà una lacrime al mio funerale, forse nessuno ci andrà.
Magari, una di queste persone a cui ho fatto tali regali, mi riconoscerà in un manifesto funebre e si farà il segno della croce.
Resta il fatto che nel mio cuore, l’Unico e Vero momento in cui posso dire di aver vissuto veramente, è quando ho fatto l’Amore con Cassandra. L’unica persona a cui mi sono svelato per ciò che sono realmente, senza maschera a senza il peso dell’apparenza.
Per il resto, tutto è stato fittizio, privo d’essenza. Mi sono comprato tutto.
Mentre strofino il calco di questa berretta semiautomatica, maledico la mia ambizione che non mi ha fatto vivere. Mentre mi punto questo cannone in bocca, rimpiango il non esser stato un timbra-cartellini qualunque felice perché a casa c’è qualcuno che l’aspetta.
Mentre premo il grilletto, spengo il pc dove ho scritto questo racconto autobiografico. Spero che la mia storia sia d’insegnamento per qualcuno. Se così accadesse, sarei l’uomo più felice del mondo. Almeno questo non l’ho comprato.
Interessante. Davvero notevole.
Bella l’idea che l’unica cosa che adesso ricerca è l’Emozione, quella con la E maiuscola. Se ne trova sempre meno nel solito dipanarsi dei giorni. Molto attuale.
Mi ha fatto pensare, mi ha fatto riflettere, mi ci sono rivista e ne ho preso le distanze.
Migliorabile la punteggiatura e la costruzione delle frasi.
Ma passa bene l’idea.
Complimenti.
Grazie Anna Lisa, purtroppo credo che in questo racconto ci si possano rispecchiare davvero tante persone, Troppo spesso leggo nei volti di quasi tutti i passanti che incontro tantissima malinconia ed infelicità. La gente è triste, è questo il problema,
Ciao Matteo, bravo nel catturare l’attenzione del lettore e farti seguire fino all’ultimo. Un racconto triste, pieno di amarezza per i fatti della vita ma vivace al tempo stesso per la certezza dei valori scoperti forse un tantino tardi. Il tuo racconto è un lungo monologo che non stanca per nessun motivo, è la riflessione che ognuno di noi potrebbe fare su argomenti diversi, come siamo diversi gli uni e gli altri. Tipo troppo tosto questo Gabriele. Bello, merita la discussione tra lettori.
Emanuele
Grazie Emanuele per i complimenti. Il racconto è triste, è vero che c’è una sorta di “percorso di formazione”, purtroppo per Gabriele però, avviene troppo tardi. Sicuramente è un tipo tosto ma al tempo stesso distrutto da una malinconia per aver vissuto una vita troppo superficiale.
Per quanto riguarda il monologo, la difficoltà era proprio quella di non creare un’atmosfera troppo pesante e quindi noiosa agli occhi del lettore. Sono contento di esser riuscito ad affrontare questo problema e a non stancare chi legge.
Matteo.
Leggendo, continuavo a pensare che il protagonista le emozioni continuava a comprarle con la sola differenza che avrebbe gratificato anche qualcun altro oltre se stesso.
Poi, la svolta. Amara, cinica, drammatica.
Fa riflettere.
Complimenti e in bocca al lupo!