Premio Racconti nella Rete 2015 “Una domenica d’estate” di Antonella Manicardi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015– Un viaggio infernale, proprio di quelli da rientro estivo. Dovevo immaginarlo..! – Fra sé e sé la ragazza bionda ancora si dava della stupida per aver intrapreso quel viaggio.
Il percorso, seppur non propriamente breve, era di norma veloce; tuttavia quella mattina il tempo di percorrenza s’era triplicato e l’aveva stressata oltre misura, fino al miraggio del casello di uscita. In effetti sarebbe bastato poco per immaginarlo: era l’ultimo week-end d’agosto e mettersi in autostrada in direzione mare voleva proprio dire cercarsela. Ma il desiderio di raggiungere il suo compagno le aveva fatto ignorare ogni ragionevole cautela.
Ricordava ancora l’eccitazione quando le aveva detto con un sorriso complice: «Domenica sono solo, ho la giornata tutta libera. Dai, vieni qui. Possiamo stare insieme fino a sera.»
Non aveva esitato neppure un attimo e gli aveva risposto con entusiasmo «Ma certo che vengo. Benissimo!» e senza nemmeno pensare a quali impegni già s’era presa per quella domenica; men che meno aveva considerato il fatto che l’autostrada sarebbe stata impraticabile essendo quello un fine settimana da bollino rosso.
La coda a fisarmonica sembrava non finire mai e faceva un caldo insopportabile.
Si sistemò meglio gli occhiali da sole e si accomodò inutilmente con gesti ripetuti e assenti i capelli cortissimi. Poi prese la bottiglietta d’acqua che teneva a portata di mano in macchina: era ormai vuota. Guardò intorno il mare di auto luccicanti che la circondava e sbuffò per l’ennesima volta pigiando nervosamente il pulsante della radio che trasmetteva soltanto dei suoni sgraziati oppure voci di gente che si lamentava di non so cosa in qualche intervista telefonica; altri gridavano in un dibattito politico, un canale trasmetteva il giornale radio ed un altro musica jazz. Niente la poteva distrarre o rilassare: fece ripartire il CD nel lettore.
Era stata proprio una stupida.
L’occasione d’altra parte era ghiotta e difficilmente ripetibile: una giornata intera insieme. L’avrebbe raggiunto al paese antico sulle colline dove viveva e poi via, a pranzo in qualche bella trattoria che lui certamente conosceva; una giornata ed una sera di relax con la voglia di godersi quelle terre dai colori accesi e passionali come l’animo dei suoi abitanti.
Tra lui e lei c’era abbastanza strada, ma soprattutto a separare la sua pianura da quelle colline, i pioppi dai pini marittimi, le crescenti dalle piadine, c’era il bubbone della metropoli con tutto il suo inviluppo di tangenziali, complanari, raccordi, bretelle, autostrade e strade statali sempre strozzate dal traffico.
Da dove lei abitava non c’erano percorsi alternativi all’autostrada per raggiungere quelle belle colline, così verdi e luminose, punteggiate da borghi ben tenuti e ombreggiati da grandi alberi, con le strade profilate dai larghi cappelli dei pini marittimi che si sporgevano sulla via, sin quasi a toccarsi. Il profumo del mare non arrivava fino li, ma il clima ne tradiva la prossimità con una vegetazione diversa da quella cui era abituata a casa, e che ogni volta le diceva – ecco, stai per arrivare, tra poco sarai da lui. –
Non c’era modo di raggiungere quel paese di collina seguendo una via alternativa; non c’era proprio, se non facendo un periplo infinito che una giornata per andare e tornare con una breve sosta in mezzo, appena sarebbe bastata. Era quindi inevitabile infilarsi in autostrada. Anche quando l’attraversamento della città avveniva senza intoppi particolari, cioè senza code per incidenti, corsie ridotte, lavori al manto stradale o file generiche, il percorso richiedeva sempre la massima attenzione per l’intensità del traffico e il susseguirsi delle uscite ed entrate dei vari raccordi. L’imprevisto era sempre in agguato ed il viaggio sempre teso.
Sembrava impossibile che dopo quel girone infernale bastasse allontanarsi di pochissimo per entrare in un mondo tutto differente.
Quando lei intraprendeva tratto finale del percorso, uscita finalmente dall’autostrada e dall’anonima zona industriale cresciuta come sempre senza criterio attorno al casello, la via come d’incanto si trasformava ed anche il suo umore allora tendeva a mutare. L’animo si quietava a poco a poco nel susseguirsi delle curve morbide della strada che saliva dolcemente, disponendosi lo sguardo su campi ben coltivati, case e giardini, siepi ed alberi; la punta di qualche campanile appariva qua e là mentre la strada scorreva senza affanno. Era un paesaggio mutevole dove a tratti pareti quasi verticali di rocce chiare si elevavano come d’improvviso tra la vegetazione, racchiudendo le curve di torrenti rumorosi in un ambiente aspro. Altrove invece la strada, correndo brevemente sul crinale, consentiva la vista di terre grigiastre e friabili, scheletrite dalle piogge e dai venti, denudate dalla vegetazione ed esposte all’aria e al sole come strani corpi rinsecchiti.
Ogni volta considerava quanto intrigante fosse quel paesaggio, talvolta deserto e selvaggio nelle sue forme, ma altrove accogliente ed invitante, dai colori cangianti nel succedersi delle stagioni.
In tal modo, ritrovando il piacere del viaggio e della scoperta, quegli ultimi chilometri rappresentavano una sorta di camera di decompressione, un recupero necessario per raggiungere, con l’animo giusto e ben disposto, la tanto desiderata meta.
«Oggi è stato un viaggio infernale: più di tre ore di coda in questo caldo feroce. Sono distrutta. Ho una sete terribile.»
Aveva immaginato il suo arrivo diversamente e la bella prospettiva del giorno insieme le appariva irrimediabilmente compromessa per il tempo perso e per la fatica davvero eccessiva. La mattinata era già finita ed era appena arrivata da lui.
«Adesso sei qui tesoro, adesso ti riposi. Dai, andiamo a mangiare in un bel posto.» l’uomo cercò di tranquillizzarla con un sorriso e prendendola per mano.
– Facile a dirsi – pensò lei – ma se il fisico si può fermare, alla mente non si comanda. –
Era ancora distratta e scollegata, non aveva recuperato e non le sembrava neppure di essere arrivata. Per un attimo gli balenò in mente che non era stata una buona idea accettare quella proposta. Poi penso che piano piano anche quella volta, forse, si sarebbe ripresa e quietata.
Nonostante il passare degli anni non s’era abituata al ripetersi dei viaggi, anzi; aveva via via aumentato il lasso di tempo necessario per recuperare se stessa e quella disposizione d’animo che i loro incontri e l’amore richiedevano.
Era forse stanca di quell’andare avanti e indietro?
Era forse stanca di quella relazione così rarefatta e frontaliera?
Ma la trattoria era davvero graziosa e ombreggiata, ed il profumo intenso del glicine si spargeva tutt’attorno. Una gradevole brezzolina ventilava il bersò sotto cui i tavolini apparecchiati invitavano ad una piacevole sosta; le tovaglie candide si agitavano dolcemente.
Seduti in un tavolo d’angolo, lui e lei parlavano fitti fitti tenendosi la mano; il vino rosso scintillava nella bottiglia fredda e gocciolante. Non c’erano molti avventori quella domenica e la campagna era sonnolenta nella calma agostana del mezzogiorno ormai passato.
La trattoria era fuori il paese di pochi chilometri e di lì proseguiva una carraia erbosa che scendendo con un leggero declivio, seguiva il margine dei campi perdendosi alla fine nella vegetazione selvatica che arruffava le sponde del torrente.
Poco lontano c’erano alcune arnie, tante cassette di legno varipinte e sistemate in file strette e un po’ sbilenche. Si poteva avvertire il bisiare lontano, ma costante degli insetti.
Il sole era accecante e l’aria calda e ferma già portava quel leggero odore di umido e di guasto dell’acqua di fiume.
Lasciarono l’auto sotto le fronde di una grande acacia addossata alle sterpaglie che invadevano lussureggianti la carraia ridotta a sentiero; si fermarono in uno spiazzo erboso, nella macchia più scura dell’ombra.
Il torrente alternava rive sassose ad strette lenti di sabbie di limo fine; massi levigati e dalle forme curiose interrompevano la corrente formando cascatelle gorgoglianti. Sulla riva opposta una parete di roccia friabile a strati grigi e giallastri scendeva a picco sull’acqua chiudendo la vista; i macigni caduti dalla parete sovrastante o rotolati a valle nell’impeto di furiose correnti passate, racchiudevano una pozza limpida, quieta e poco profonda.
La cantilena dell’acqua corrente portava con sé una leggera brezza che a tratti faceva dondolare le fronde pendule dei salici.
L’amore fu facile e naturale in quel piccolo paradiso, e l’acqua trasparente della polla invitante dopo il riposo.
Dalla riva, sorridente e soddisfatto, lui la guardava nuotare.