Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Piccola storia di mare” di Duccio Magnelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

La vecchietta puntò l’indice curvo e rugoso verso l’orizzonte. Disse qualche parola in portoghese che la ragazza accanto a me tradusse. «Oggi il mare è più cattivo del solito».

Ci trovavamo a Cabo da Roca, quel luogo del mondo che loro, i portoghesi, chiamano «Ponta mais ocidental do continente europeu», la punta più occidentale del continente europeo, uno scoglio investito dal vento tutti i giorni dell’anno che il più grande poeta del Portogallo, Camoes, aveva celebrato, molti anni prima, con le parole «aqui onde a terra se acaba e o mar comeca».

In realtà, sapevo benissimo che l’Europa non finiva lì, ma mille chilometri più avanti, sulle spiagge fredde delle Azzorre o nei giardini fioriti di Madeira, molto più vicine all’America di Cabo da Roca. Ma trovarsi su quel pezzo di roccia sconvolto dal vento e dalla salsedine mi dava una curiosa euforia, una strana sensazione di sbigottimento e di felicità, di solitudine e di annientamento. Era il fascino dell’estremo, la massa dell’Europa e dell’Asia che mi schiacciava, mi derideva, mi faceva sentire piccolo, insignificante. Avevo dimenticato quasi tutto il resto del mondo, su quella roccia, accanto alla stele con le parole di Camoes incise sul marmo.

C’eravamo solo io, la ragazza e la vecchietta, che mi avevano accompagnato fin là, e che sembravano felici di essere su quel costone di roccia che amavano così tanto.

Loro vivevano, forse da sempre, in un vecchio quartiere di Lisbona, da dove si vedevano il mare e la Torre di Belem, i piccoli santuari di questa città malinconica e ventosa. Avevo conosciuto la ragazza due giorni prima, quasi per caso, dentro un minuscolo locale dove mi ero fermato a mangiare. Lei conosceva l’italiano, anche se non aveva voluto spiegarmi il perché, e diceva che mi avrebbe accompagnato volentieri a Cabo da Roca, ma solo in compagnia della sua migliore amica, una che, diceva lei, «sapeva tante cose del mondo e della vita».

Quando mi ritrovai davanti una vecchietta piccola e curva, vestita di nero, consumata dagli anni, dal vento e dalla fatica, pensai che la ragazza mi aveva combinato un bello scherzo. Quella non poteva essere la sua migliore amica.

Ma mi sbagliavo. Non avevo fatto i conti con la sensibilità dei portoghesi. «A lei racconto tutto, e lei racconta tutto a me. Credo che basti per considerarla la mia migliore amica!» esclamò la ragazza davanti al mio malcelato stupore.

Cercai di sorridere mentre stringevo la fragilissima mano dell’anziana donna. Lei mi guardò e mi lanciò uno sguardo pieno di stupefacente vitalità.

C’incamminammo verso il mare, verso la periferia della città, verso Cabo da Roca, mentre nubi ora plumbee ora candide scorrazzavano sopra le nostre teste.

******

Il vento mi levigava la faccia, gli occhi mi bruciavano per la salsedine e tutto sembrava misteriosamente magico in quel posto così straordinario. Il silenzio era rotto solo dal fragore assordante delle onde che si sfrangiavano, cento metri sotto di me, contro quel pezzo di sasso che lì veneravano come un dio.

Mentre m’immergevo nella malinconia e nella furia dell’Oceano, sentii la manica del giaccone che si allungava come un elastico. Era la ragazza che pretendeva la mia attenzione. Doveva dirmi qualcosa, forse tradurmi quello che la vecchietta aveva appena sussurrato. Mi chinai. La ragazza tratteneva la stoffa e, contemporaneamente, ascoltava le parole della vecchietta, i cui lunghi e complessi discorsi erano sempre ridotti da lei a poche frasi, come se fra me e loro dovesse comunque esistere una distanza che in nessun modo avrei potuto colmare.

«Lei dice che qui il mare è sempre triste e inquieto, il vento soffia sempre forte e il sole fa sempre più fatica a splendere» mi sussurrò la ragazza indicando la vecchietta. «Però pensa che sia il posto più bello che lei abbia mai visto».

Aveva ragione, anche se non si era mai mossa dalla sua casa di Lisbona.

Adesso il dito rugoso indicava di nuovo un punto in mezzo al mare. Guardai, più lontano che potevo, ma quello che vedevo era sempre e soltanto una distesa infinita di acqua.

La vecchietta disse qualcosa alla ragazza che però, questa volta, non volle tradurmi le parole dell’amica. Si strinse le braccia al petto e guardò. Dopo qualche secondo cominciò ad annuire con la testa, e contemporaneamente un largo sorriso le illuminò la faccia. Mormorò qualche parola, forse in portoghese, forse a se stessa, e poi si chinò verso la vecchietta, con lo sguardo perso chissà dove, e le parlò.

Cercai di capire che cosa stava succedendo. Guardai anche oltre l’orizzonte, ma nient’altro che mare, mare, mare occupava la mia vista.

La ragazza non sembrava volermi aiutare a risolvere il problema. Non riusciva a staccare lo sguardo da un punto, là in mezzo all’acqua, dove c’era qualcosa che soltanto lei e l’amica riuscivano a vedere. Allungai lo sguardo verso la vecchietta. Il suo viso, pur tormentato dal vento, aveva perso i segni della fatica e degli anni e sembrava disteso, pulito, straordinariamente vivo.

Guardavo, ma non vedevo nulla. Solo le onde che si accavallavano l’una sull’altra, inseguendosi e incontrandosi, solo la violenza dell’acqua che si abbatteva giù, in fondo al costone, con un fragore che nemmeno la furia del vento riusciva a coprire.

Gli occhi mi bruciavano, quasi non riuscivo più a sbattere le palpebre, sentivo i capelli che s’impregnavano di salsedine, ma non potevo staccarmi da lì. Dovevo scoprire il loro segreto, volevo anch’io partecipare alla loro beatitudine.

Cominciavo ad arrabbiarmi. La ragazza sembrava estasiata, quasi meravigliata di quello che stava vedendo, mentre la vecchietta parlava a bassa voce, quasi dicesse un rosario, con lo stesso ritmo cantilenante di una preghiera ripetuta decine di volte. E la ragazza non mi traduceva le sue parole. Volevo assolutamente sapere che cosa si stavano dicendo e che cosa i loro occhi avevano scorto, là in mezzo all’Oceano, adesso che stava rapidamente cadendo l’oscurità e l’acqua sembrava ancora più prigioniera delle voglie del vento.

Battei delicatamente la mano sulla spalla della ragazza. Ma lei non si voltò e continuò a guardare il nulla davanti a noi. Le scossi il braccio, dapprima piano, poi sempre più forte, finché non fu costretta a voltarsi. «Che cosa c’è laggiù? Una barca, un’isola, un uomo, un mostro marino, che cosa c’è che io non riesco a vedere?».

Mi stavo innervosendo, ma lei non si scompose. Si girò verso la vecchietta e le parlò di nuovo. Poi abbandonò le braccia lungo il corpo, in segno di pace e di totale abbandono. Chiuse gli occhi e non si voltò più verso di me, come se l’espressione del mio viso potesse allontanarla dal pozzo di felicità in cui era caduta.

Impaziente, stavo aspettando una risposta che però non arrivava.

La vecchietta aveva smesso di parlare.

Il vento sbatteva furioso contro la stele con le parole di Camoes.

«Allora, che cosa state guardando?» chiesi cercando di dare alla mia voce un tono pacato. Non volevo mostrare la mia debolezza.

Finalmente, la ragazza girò la testa e mostrò i suoi occhi scuri pieni di stupore e di meraviglia. Rispose piano, e le sue parole si persero quasi subito, chissà in quale anfratto oscuro dell’Oceano.

«Il mare».

 

Loading

27 commenti »

  1. Questo racconto vive in un posto del mondo tra i più affascinanti, la punta più occidentale dell’Europa, vicino a Lisbona, Cabo de Roca. Un luogo spazzato dal vento e dal mare. Ho provato, in poche pagine, a raccontare la deriva delle nostre menti inquinate, ormai incapaci anche soltanto di percepire e apprezzare cose grandiose ma alla fine semplici come il mare. Scritto qualche anno fa l’ho ripescato e trovato ancora più attuale di allora.

  2. La bellezza del mondo ha bisogno di occhi che riescano a riconoscerla, ma quanti sono ancora in grado di guardare? Complimenti. Mi è piaciuto tantissimo. Sarei curioso di conoscete la tua opinione sul mio “La Torretta di Guardia” del 27 maggio

  3. Scrittura da professionista, il messaggio che volevi passare arriva, potrebbe esser una parte di un libro.

  4. Veramente bello, complimenti. La bellezza del mare che pervade ed è protagonista indiscussa del racconto è veramente sentita. Leggendo, son riuscita a percepire il suono delle onde e l’odore dell’enorme massa d’acqua che ci fa sognare col suo profondo azzurro. Mi farebbe piacere se tu leggessi il mio racconto,Incomprensioni, grazie.

  5. Buongiorno Duccio mi complimento con te.
    Pochi elementi per descrivere in modo profondo e delicato la passione di queste donne per il mare per la natura.
    La.forza e la bellezza dei sentimenti che solo chi vive in un certo modo può apprezzare
    Mi sono piaciuti i numerosi termini che hai adoperato per descrivere profumi e colori di quei luoghi.
    L amicizia tra le due donne la trovo “naturale” donne diverse unite da una comune sensibilità. Io ho 40 anni ed una mia cara amica ne ha il.doppio siamo unite da esperienze comuni vissute in epoche diverse ma con esiti similari.
    Molto bello!

  6. Siete davvero troppo buoni!!!!

  7. Molto ben descritto e toccante. Bella anche l’idea della migliore amica anziana! Bravo!

  8. Con un sapiente uso del linguaggio e un ritmo narrativo variegato, come se ubbidisse ai capricci delle onde, hai reso semplice immedesimarsi nello stato d’animo del protagonista, avvertire con rispetto la potente bellezza dell’oceano e perdersi tra la contemplazione della natura e la libertà del proprio pensiero, come se quello scoglio fosse un ermo colle.
    Bravo davvero.
    Ho un unico appunto: terminata la lettura ho dovuto fare uno shampoo, per togliere dai capelli tutto quell’odore di salsedine.

  9. Ciao Duccio,
    sono stata anche io a Cabo da Roca anni fa e nelle tue parole ho ritrovato i miei ricordi, li hai risvegliati come da un lungo sonno, mi ritrovata mentre leggevo a rivedere le immagini del mio viaggio in Portogallo e del mio arrivo in quella parte di mondo dove il vento non smette mai di sferzare il volto. Ho trovato commovente, da donna cresciuta in un posto di mare, le tue descrizioni piene di sentimenti, sfumature e musica. La musica del mare. Complimenti, sono felice di aver partecipato a questa iniziativa che mi sta permettendo di leggere racconti bellissimi.
    Leggi se ti va i miei due racconti: “Il treno” e “Natale rosso bianco e blu” mi farebbe davvero molto piacere avere un tuo parere.
    In bocca al lupo per il concorso.

  10. Mi piace il ritmo del tuo racconto. Pochi sanno usarlo e spesso anche quelli che godono di uno spunto geniale, si perdono per colpa di un’artitmia letteraria infelice. Il tuo suona come musica.
    (Se ti va, Il Coccodroccolo e Penelope, la Tessiragna sono i miei due racconti in concorso, sezione bambini).

  11. Che dire…chi è stato a Cabo de Roca come Deepa ha capito benissimo il fascino di quel luogo. Che è poi il fascino di tutti gli estremi, da Capo Nord a Capo Horn al Capo di Buona Speranza. Posti in cui ti senti addosso, soprattutto, tutto il peso di quello che hai dietro perché davanti c’è solo acqua. Ed effettivamente i capelli diventato una massa unica infagottata di salsedine, il viso sembra percorso da carta vetrata…sembrerebbe un posto quasi inospitale. Ma, come dice benissimo Roberto Contini, è anche l’ermo colle del Leopardi, una sorta di punto di frattura fra la ragione della terra e l’irrazionalità del mare. Un racconto nato in pochissimo tempo, quasi di getto, d’istinto, forse per questo ha un ritmo strano, musicale, come dice Arianna. Grazie soprattutto perché questo concorso mi ha dato modo di conoscere tante persone che hanno il mio stesso inguaribile vizio: scrivere.

  12. Quando si parla di mare con me si sfonda la famosa porta aperta. Lo frequento da diversi decenni tutto l’anno senza soluzione di continuità. Per me dovrebbe rappresentare un paesaggio abituale e invece… Con il tuo racconto hai reso benissimo l’idea della meraviglia che la vecchietta prova ogni volta che guarda il mare nonostante abiti da sempre (immagino) a pochi passi da lì. E’ lei che lo indica alla ragazza. Si capiscono senza parlare, non ne hanno bisogno, e sembra quasi che tra le due ci sia un passaggio di testimone. Complimenti

  13. Ti ringrazio Duccio d’avermi portato a Cabo de Roca e d’avermi messo di fronte le mie esperienze di inquietudine e di meraviglia. Ricordo il paesaggio visto dall’alto di Volterra, la montagna prigioniera di nuvole cupi, le onde che si rincorrono sul lago di Como; l’infinito, l’ignoto e la potenza mettono paura e sgomento perché possono farti perdere e annientarti e al tempo stesso ne sei affascinato e risucchiato. Vorresti essere nell’infinito, nell’ignoto e nell’energia per vivere e attraversare quelle situazioni. Ricerca di potenza? No, credo che l’uomo, avendo dovuto lottare per sopravvivere, abbia le tracce in se di tantissime esperienze che possono riaffiorare. Bel racconto, dai tanti messaggi, significative sono l’amicizia tra le due protagoniste e la tua delicatezza e la tua sensibilità.
    Ciao Emanuele

  14. Ricco e intense di sfumature questo tuo racconto. Lisbona é una cittá magistralmente magica. Non la trovo malinconica ma in qualche modo mi induce alla solitudine e al silenzio dei pensieri. É vero la tua vecchia somiglia a quella del mio racconto. magari un tempo sono state amiche poi divise dal destino. Chissa. Bello. Grazie

  15. Vero e affascinante. Non so se sia perchè il mare fa parte di me, ma ci sono entrata, nella rete che hai teso.Grazie!

  16. Dopo aver frequentato il mare per anni, adesso, vista probabilmente l’età, sono diventato montanaro, anche se vivo nelle città più calda e afosa d’Italia, Firenze.. Ma il racconto poteva benissimo svolgersi davanti al Monte Bianco. La cosa più importante, per me, era far capire che è inutile andare a cercare chissà cosa quando le vere meraviglie le abbiamo davanti agli occhi. Se soltanto riuscissimo a vederle…forse solo le anime semplici non inquinate da tecnologie varie possono riuscire a apprezzare ancora la magnificenza della natura.
    Il messaggio che io volevo mandare, caro Emanuele, era sostanzialmente questo..Perché si scrive per trasmettere qualcosa. L’importante è che ognuno ci trovi qualcosa, che non è detto che debba coincidere con il desiderio dell’ autore. Insomma, se sono riuscito a portarvi a Cabo de Roca, e poi sul lago di Como o a Volterra, oppure se sono riuscito a rendere la meraviglia che la vista del mare provoca nella vecchietta…la missione può dirsi compiuta. Grazie di cuore.

  17. La Lisbona che ricordo è quella di trenta anni fa. E anche Cabo de Roca è quello di trenta anni fa. Ora potrebbero essere diversi. Ma la cosa bella, di tutti questi commenti, è colloquiare con sconosciuti di cose che, alla fine, fanno parte di te, visto che ogni racconto è parte della tua vita. Bello. bellissimo. Mi piace davvero.

  18. Iniziando la lettura non sai cosa aspettarti… Poi il ritmo del racconto cresce e le figure della donna e della ragazza si tingono di toni sempre più poetici e quasi misteriosi!
    Qualcosa di antico, qualcosa di quasi sacro…
    Il finale è veramente spiazzante e meraviglioso.
    Mi è molto piaciuto.

  19. Grazie Valerio. In effetti l’inizio del racconto è criptico, misterioso. Ma tutto il racconto ha una struttura strana, quasi fiabesca, a cominciare dal luogo, dai due personaggi della ragazza e della vecchietta.. Quello che volevo far trasparire è il bisogno assoluto di riprenderci in mano la spiritualità della vita. L’uomo moderno che guarda il mare e non lo vede. E le due donne che invece, con la mente libera dai muri asfissianti della civiltà tecnologica, riescono ancora a meravigliarsi davanti all’immensa distesa d’acqua. Non conosco la reazione del personaggio maschile alle parole della ragazza. Mi auguro che non si sia chinato sul cellulare a cercare la parola “mare”.

  20. Il tuo racconto è una melodia. Amo le parole che rievocano delle sensazioni, senza dover necessariamente raccontare un avvenimento. Leggendo si può sentire il tuo mare e ci si rilassa, quasi in meditazione. E’ una pausa dalla vita.
    Complimenti!

  21. Duccio con te mi voglio sbilanciare del tutto:
    Il tuo è, a mio avviso, è uno dei racconti più belli che letto fino ad ora… sarà che il tuo è un tributo al mare, che io amo follemente… sarà che anche io ho gli scuri e la figura della donna ne fa da padrona… sento la salsedine nei polmoni, la sabbia sulla pelle, il vento che mi appiccica i capelli addosso. Hai riscoperto le cose semplici e insieme straordinarie e strabilianti della vita… è facile essere bravi con la magia e le cose pirotecniche, tu la fai con un elemento del tutto naturale e riesci a portarlo qui, in queste pagine così virtuali… parlo con te e sento l’odore del mare, mi sembra di passeggiarti accanto nelle tue parole.
    Suggestione ed emozione si infondo insieme, portando il mare dentro il lettore… sei straordinariamente poetico e naturale in modo strabiliante.
    La purezza e verità di uno scrittore si riconosce in questa maestria… complimenti davvero!

  22. P.S. scusa gli errori… il lavoro mi fonde completamente!

  23. Oddio, sono… sono estasiato cara Marta (non mi viene altra parola). A parte che di errori mi sembra di averne visti solo uno, non so cosa rispondere, Se non ribadire che questo racconto, scritto con poche cose (tre persone, il mare e un luogo da sogno) è una di quelle cose che, pur essendo stato scritto molti anni fa, mi è rimasta nel cuore. Forse perché, a distanza di tanto tempo, vedo un umanità sempre più confusa, lontana e ripiegata su se stessa e sugli schermi telefonici. Mi piacerebbe che quello che ho scritto aiutasse a alzare gli occhi e guardare. Il mare, le montagne, la natura, gli animali, noi stessi e gli altri. Le due donne di Cabo de Roca, nella loro semplicità, ci indichino la strada giusta. Grazie Marta. Non ci crederai ma a leggere il tuo commento mi sono venuti i brividi.

  24. Caro Duccio, posso azzardarmi a un caro anche io? Fa molto vecchia corrispondenza, dove ancora c’erano i profumi di carta e inchiostro… estasiato è indubbiamente un bellissimo termine, non vedo perché cercare altra parola.
    A mio avviso una buona storia (non sempre e non necessariamente) è più apprezzabile quando i personaggi e i componenti non diventano troppi e troppo dirompenti, una storia ha soprattutto bisogno dell’anima dello scrittore, come protagonista assoluto.
    Ti dirò che pur essendo abbastanza giovane, anche io ho dei racconti del cuore di tanti anni fa e spesso quelli più vecchi sono quelli che maggiormente apprezzo ora. Forse anche perché noi scrittori, se così ci possiamo chiamare, non possiamo avere sempre periodi floridi di parole e descrizioni e pensieri e non sempre riusciamo ad assimilarmi ed elaborarli assieme. Hai fatto benissimo a pubblicare questo racconto se ti appaga e ti rappresenta e soprattutto se per te è simboli di valori importanti!
    Specie se come giustamente fai notare tu, questa nostra umanità sembra sempre più allo sbaraglio, indefinita e persa, vagante in chissà quale mondo, fatto soprattutto di rapporti effimeri e poco veritieri, soprattutto con l’avvento di una comunicazione che tale non è più, non sappiamo più nemmeno parlare… è tutto un hastang, un emoticion, una sigla.
    A me non aiuta come monito.,ma solo perché ciò che tu dici di alzare gli occhi al cielo, al mare, alle colline, alle rondini, alla natura e infine a noi stessi, io lo faccio già, ma posso dirti che mi aiuta a non sentirmi sola, a non sentirmi l’unica a provare e vivere tutto questo, che sembra ormai perso.
    Le due donne che tu hai descritto sono il simbolo di una femminilità vere che noi donne dovremmo riprenderci con orgoglio, sei stato molto soave nel descriverle, ancora bravo!
    Invece ci credo, un pò perché ce li ho anche io i brividi e un pò perché è questa la bellezza dello scrivere; attraverso le parole passarci sotto la pelle brividi e d’emozioni.

  25. Di solito non amo le descrizioni prolungate di posti o paesaggi, ma nel tuo bel racconto l’ambientazione si mischia ai personaggi creando il giusto equilibrio. Non è facile creare un’armonia del genere. Complimenti! Buona fortuna per il concorso, ciao. Alex Creazzi

  26. Un racconto profondo come il mare che il narratore non riesce più a vedere, nonostante sia davanti ai suoi occhi. Mi sembra che il cuore della storia sia la bellezza. Soprattutto l’incapacità di goderla. Belle le descrizioni dell’Oceano e del vento. Complimenti

  27. Duccio, ho letto con interesse questo tuo racconto.
    Premesso che ritengo di non essere competente per poter dare una vero giudizio critico,
    mi limito a dire che questo tuo racconto è intelligente perché affronta un tema importante.

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.