Premio Racconti nella Rete 2015 “Omicidio suicidio” di Giorgio Leone
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015A mezzogiorno e dieci Jack Tranningham entrò di soppiatto e senza fare rumore nella villetta dove viveva con la moglie. Girò le chiavi nella toppa, aprì lentamente la porta per non farla cigolare ed entrò. Non si sentiva nessun rumore, ma attese lo stesso due o tre minuti prima di salire le scale che portavano al piano superiore e alla camera da letto che trovò in disordine come era stata lasciata. La mattina presto, infatti, loro due uscivano di corsa per andare al lavoro e Dolores, la domestica messicana ad ore, arrivava solo alle due di pomeriggio. Sua moglie non c’era, e lui non sapeva se essere sollevato o deluso. Troppi, infatti, erano gli indizi che suggerivano l’idea che lo stesse tradendo, e il fatto di non averla colta in castagna non bastava certo a fugare i suoi dubbi.
Tornò in salotto dove si sedette in poltrona per raccogliere le idee. Nel letto qualche giorno prima aveva trovato un paio di capelli corti che non erano certo di Louise e neppure suoi perché era completamente calvo. Poi c’era stata la scoperta delle mutande. Lui acquistava da anni la stessa marca perché, quando aveva provato a cambiarla, si era trovato male. Invece nel cassetto ne aveva trovato un paio abbastanza simili, ma che sicuramente non erano sue. Da dove potevano venire? L’unica cosa che gli era venuta in mente era un involontario scambio con le proprie – lasciate in giro la mattina da lavare – effettuato da un amante della moglie che si era sollazzato con lei nel letto coniugale.
E come spiegare quel bigliettino che aveva trovato appallottolato in cucina nella spazzatura? “Questa settimana ci potremo vedere da te solo nella pausa pranzo e non tutti i giorni. Ti farò sapere.” La calligrafia non era di Louise e non era firmato. Poteva essere una qualsiasi comunicazione che avesse a che fare con il suo lavoro in ospedale, ma tuttavia non le aveva fatto domande e l’aveva rimesso dove l’aveva trovato. Poi, però, aveva iniziato a tormentarsi. Per l’ennesima volta si chiese il motivo per il quale non si decideva a parlare con lei chiedendole spiegazioni. Forse perché aveva timore di fare la figura del cretino? O perché non aveva nessuna voglia di iniziare un litigio che non si poteva sapere come sarebbe finito? Così aveva preferito entrare come un ladro nella propria casa nell’orario indicato dal biglietto sperando di coglierla in fallo con il suo amante. E il termine “fallo”, pensò, cadeva proprio a “fagiolo”, altra parola allusiva che gli era subito venuta in mente. Perché ormai, questo dell’amante, era diventato un chiodo fisso.
Ma era venuto il momento di tornare in ufficio, dal quale era uscito con una scusa, per rientrare più tardi alla solita ora. Aveva già aperto la porta di casa quando il pappagallo cenerino, che al momento del suo ingresso l’aveva salutato affettuosamente, iniziò a parlare con la sua voce roca.
«Ahhhh, sì, così… sei fantastico, sei uno stallone, il mio stallone…. ahhhh, ohhhhh, uhhhh… sei enorme… non ti fermare, non ti fermare… ti voglio… adesso, adesso… vengooo… vengooooooooo… ahhhhhhhhh… »
Per un attimo restò come fulminato, anche perché Louise a letto era sempre stata molto fredda e controllata come per paura di lasciarsi trascinare dalla passione, poi una rabbia cieca si impadronì di lui e iniziò a tremare senza potersi fermare. Non aveva mai posseduto una pistola, ma sapeva benissimo dove procurarsela.
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Circa venti minuti dopo Louise Tranningham entrò di corsa nella villetta e salì ansimando le scale che portavano alla camera da letto dove, però, non c’era nessuno. Di Jack e della sua amante nemmeno l’ombra, e lei non sapeva se essere sollevata o delusa. Eppure gli indizi del fatto che lui la stesse tradendo c’erano tutti. Richiuse la porta della camera e si sedette in salotto per raccogliere le idee. Quando aveva cambiato le federe dei cuscini si era imbattuta in un paio di capelli corti che di certo non erano suoi e neppure di Jack che era calvo. Poi aveva trovato nel cesto della lavatrice un paio di mutande simili a quelle che lui comprava, ma di una marca diversa. Da dove potevano venire? L’unica possibilità era che Jack le avesse involontariamente scambiate a casa della sua puttana con un paio di quelle del partner di lei. E soprattutto c’era quel bigliettino che aveva trovato qualche giorno prima in cucina appallottolato nella spazzatura. “Questa settimana ci potremo vedere da te solo nella pausa pranzo e non tutti i giorni. Ti farò sapere.” La calligrafia non era di Jack, non c’era nessuna firma e poteva essere una qualunque comunicazione che avesse a che fare con il lavoro del marito, ma l’aveva rimesso dove l’aveva trovato senza fargli domande e aveva iniziato a tormentarsi. Per l’ennesima volta si chiese il motivo per il quale non si decideva ad affrontarlo mettendolo alle strette. Probabilmente perché temeva che l’accusasse di essere una pazza isterica come aveva fatto in passato nel corso di qualche litigio. Così aveva preferito entrare come una ladra nella sua stessa casa nell’orario indicato dal biglietto sperando di coglierlo in fallo – la parola era perfetta – con la sua amante.
Anche se non aveva concluso nulla, era venuto il momento di tornare in ospedale. Aveva già aperto la porta di casa quando il pappagallo cenerino, che quando era entrata l’aveva salutata affettuosamente, iniziò a parlare con la sua voce roca.
«Ahhhh, sì, così… sei fantastico, sei uno stallone, il mio stallone…. ahhhh, ohhhhh, uhhhh… sei enorme… non ti fermare, non ti fermare… ti voglio… adesso, adesso… vengooo… vengooooooooo… ahhhhhhhhh… »
Per un attimo restò come fulminata, anche perché Jack nel fare l’amore era sempre stato parecchio sbrigativo ed egoista nonostante lei avesse molte volte cercato di indirizzarlo nei punti giusti in modo da poter raggiungere l’orgasmo. Ma ciò non era mai avvenuto e lei non aveva mai avuto motivo di mugolare, gemere e urlare di piacere come faceva quella troia. Per qualche attimo una rabbia cieca la scosse e iniziò a tremare come una foglia. In ospedale proprio quella settimana c’era stato un errore ed era stata consegnata una fornitura di sostanze velenose superiore a quella ordinata. L’eccedenza non risultava in nessun registro e lei aveva tutte le chiavi e le autorizzazioni per impossessarsene.
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Cincinnati Tribune, pag. 24
Sabato, 31 Maggio 2015
Tragica scoperta in una villetta di Fleet Street. Alle quattro del pomeriggio di ieri la domestica messicana ad ore ha rinvenuto i cadaveri del proprio datore di lavoro, Jack Tranningham, e della moglie Louise.
Dai primi accertamenti gli inquirenti ritengono che, nel corso della serata precedente, l’uomo abbia in un primo tempo freddato la moglie con due colpi di pistola – che nell’isolato sono stati scambiati per ritorni di fiamma di un’auto – e in seguito si sia tolto la vita con il veleno. Poiché nulla faceva presagire una simile tragedia e non è stato rinvenuto alcun biglietto o messaggio, pur ipotizzando un caso di omicidio suicidio, gli inquirenti non scartano per il momento nessun’altra ipotesi. Sono infatti ancora troppe le domande che non hanno trovato risposta. Ad esempio, perché l’uomo non si è anche lui ucciso con un colpo di rivoltella, ma si è invece avvelenato?
Unico testimone il pappagallo cenerino della coppia il quale, pur avendo sempre parlato troppo e a sproposito – almeno a giudizio dei vicini – sembra ora aver perso del tutto la favella.
Da notare che, proprio all’inizio delle indagini, uno strano comportamento della domestica messicana aveva attirato su di lei qualche sospetto. Due o tre giorni prima, infatti, più o meno verso mezzogiorno era stata vista da un vicino mentre entrava nella villetta in compagnia di un uomo. In lacrime, però, lei aveva confessato agli inquirenti di avere utilizzato saltuariamente il letto dei suoi datori di lavoro per gli incontri amorosi con l’amante, il fattorino del vicino supermercato. Comportamento deplorevole, certo, ma non collegabile in alcun modo alla tragedia in quanto a mezzogiorno i signori Tranningham erano sempre al lavoro e in casa non c’era nessuno. Anzi, per amor di precisione, c’era solo il loro pappagallo cenerino.
Divertente! Potresti provare a scrivere qualche racconto per bambini; apprezzano le storie spassose più di quanto lo facciano gli adulti.
Grazie del consiglio, non ci avevo mai pensato.