Racconti nella Rete 2010 “Il mare si è fermato” di Stefano Lodi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Quel giorno, improvvisamente, il mare si fermò. Il signor X stava facendo un giro con un pedalò a due o trecento metri dalla riva, un poco alla sinistra del promontorio, quando, senza alcun preavviso, l’acqua si era solidificata. Era diventata di cristallo, in un istante. Il suo pedalò si era schiantato su un’ondina un po’ più alta delle altre, ed una scheggia di legno lo aveva leggermente ferito ad un ginocchio. Uno dei remi si era spezzato, e l’altro era rimasto conficcato per metà nel mare. Per prima cosa aveva abbandonato il relitto ed aveva fatto un giro lì intorno, tanto per rendersi conto. Dice che il cristallo era scivoloso, ma che facendo attenzione si riusciva a camminare benissimo. Anche le onde non erano un problema. Essendo sotto riva erano piuttosto ravvicinate, ma non erano più alte di venti o trenta centimetri, e con le più difficoltose bastava un saltello. Da persona sensata, il signor X si era strappato un lembo della camicia e si era fasciato il ginocchio: gli dava fastidio l’idea del suo sangue sparso come urina lì sopra. Ovviamente, si era dato subito un gran d’affare per capirci qualcosa. Si era chinato ed aveva cercato di osservare sott’acqua. Ad un paio di metri sotto di lui s’intravedeva un grosso pesce, ma non si capiva cosa fosse. Aveva la pinna caudale flessa, come sul punto di filare via. Pensò che poteva essere una cernia, oppure un tonno. Non si intendeva di queste cose. Il signor X era certo che non fosse morto. Nemmeno una nube di pescetti gialli, lì vicino, lo era. Formavano una spirale allungata, a forse cinquanta centimetri dal bestione, uno dietro l’altro come una combriccola di boy-scout. Non c’era nulla di morto dentro quel mare. Rialzandosi aveva guardato verso il largo, e proprio sul cocuzzolo di un’onda aveva scorto la boa di segnalazione di un sub. “Questa poi!” aveva gridato precipitandosi in quella direzione. Il sub si trovava proprio a fior d’acqua, evidentemente stava risalendo oppure si era appena tuffato. C’era anche un canotto sgonfio nell’incavo tra due onde, ed una borsa di plastica con un paio di tramezzini, un asciugamano e la copia di un giornale. Il sub era in posizione verticale, si distinguevano benissimo gli occhi dietro la maschera, e la sua mano sinistra spuntava dal mare con tutto il polso. Doveva avere una cinquantina d’anni. Il signor X, dopo aver menato qualche pugno proprio sopra la testa dello sconosciuto, si era messo a gridare per attirare la sua attenzione.
“Mi senti?”
“Come va lì sotto?”
“Serve aiuto?”
Ancora una volta era certo che quel tizio, come la cernia e i pesci gialli, fosse vivo. Aveva anche toccato la sua mano, pur così bianchiccia e poco invitante, ma non era successo nulla. Così si era seduto su un’onda ed aveva incominciato a sbocconcellare uno dei tramezzini, per aiutarsi a riflettere. Si rendeva conto che il mare, lì intorno, si andava animando. Proprio sotto riva si vedevano delle persone che stavano avanzando verso il largo, e si capiva che dovevano essere quei turisti che passeggiavano prima sulla riva. Sembrava che cantassero, facevano chiasso come a una festa. Il signor X pensava che fossero molti, quasi certamente troppi. E se il cristallo avesse ceduto sotto il loro peso? E se fosse scoppiato un temporale? C’erano delle nubi in cielo, era evidente. Ecco, come sarebbero stati i lampi? Forse si sarebbero scagliati su di loro come enormi barre di ferro incandescente, come arcate di ponti infuocati. E avrebbero finito con il conficcarsi nel mare simili a grandi palazzi devastati da un incendio. Il signor X, che ormai aveva terminato il suo spuntino, si scopriva sempre più perplesso. Si era reso improvvisamente conto che un cane, un bastardino pezzato, gli era sgusciato tra le gambe ed ora leccava con convinzione la mano del sub. Non si capiva bene perché lo facesse. Forse il sub era il suo padrone e la bestiola si trovava anch’essa sul canotto; ma forse non era così, perché quella bella mano cicciottella pareva interessarlo anche da un punto di vista culinario, considerate le mordicchiate alle quali ogni tanto si lasciava andare. Dall’altra parte, verso il largo, si distingueva la sagoma semi affondata di uno yacht. Così il signor X si era nuovamente incamminato. Mano a mano che si allontanava dalla costa trovava sempre più facile muoversi, perché le onde prendevano un respiro da mare aperto e non c’era più alcun pericolo di inciampare. Il ginocchio aveva smesso di sanguinare e l’aria era più fresca. A quella distanza il cristallo si era fatto di un azzurro più intenso, ma ugualmente, se si sforzava un poco, riusciva ancora a distinguere intrappolate là sotto intere colonie di meduse, e poi altre ombre che in realtà non sapeva affatto definire. Ad un certo punto, aveva quasi pestato un pesce volante in agonia che strabuzzava gli occhi e si dimenava vicino ad una tanica di plastica semi sommersa. Lo yacht, d’altro canto, era sempre più vicino. Ora si capiva che era leggermente affondato di poppa ed un poco inclinato sul lato destro. Era veramente grande, quella barca, uno yacht d’altura in piena regola. Bianco con un fascia mediana gialla che lo attraversava per tutta la lunghezza, era irto di antenne che svettavano alte sopra la struttura delle cabine. Non si vedeva nessuno, né dell’equipaggio né dei proprietari. Dalla prua, dove c’erano i motori, partiva una bellissima cresta di cristalli bianchi e luccicanti che mano a mano si abbassava fondendosi nell’azzurro increspato della scia. Ma improvvisamente, quando ormai era giunto a pochi metri, dall’altra parte della barca era spuntato un cavallo imbizzarrito, che dopo essersi impennato un paio di volte aveva iniziato a girare su se stesso sbuffando e lanciando nitriti. Sembrava che fosse lui il padrone della barca e che volesse allontanare quella specie di minaccia che doveva sembrargli il signor X. Il cavallo era sellato. Era una enorme bestia dal mantello nero che stava combattendo contro qualcosa. Quella apparizione gli era subito parsa ragionevole. Se il mare si era fermato allora nemmeno la terra esisteva più, e di lì a una settimana, forse, avrebbe visto lunghe teorie di vacche caracollare perplesse e mugghianti sulla rotta di qualche cargo oceanico. Il signor X era rimasto un po’ di tempo ad osservare la scena, intimorito dalla potenza del cavallo. In realtà avrebbe voluto salire sullo yacht, o magari no, non lo sapeva nemmeno lui. Pensava al cane, forse a quell’ora si era già mangiato la mano del sub. Il cielo si andava sempre più annuvolando, e di lì a poco sarebbe giunta la sera. Il signor X si sentiva stanco e così, con una scrollata di spalle, si era incamminato verso riva. “Torno domani” aveva promesso rivolto al cavallo, quasi come a scusarsi della sua indecisione. Lo yacht abbandonato a se stesso continuava a piena potenza la sua corsa immaginaria. Qua e là, all’orizzonte, si vedevano dei fuochi ardere sul mare di cristallo. Naufraghi dispersi, forse, o colonie di turisti fuggiti dai traghetti in alto mare. Qualcuno, laggiù, stava incendiando le navi. Quella sera, in albergo, il signor X si era osservato a lungo nello specchio dell’armadio. Dice che si era sentito male e che gli era sembrato strano, quello specchio. Così grande, così profondo. Dice che ad un certo punto aveva appoggiato la sua faccia contro il vetro ed aveva cercato di guardare al di là, perché avrebbe giurato che lì dentro c’era qualcosa. Dice che gli sembrava un giardino. Quando si addormentò, quella notte, il signor X non era affatto sicuro che si sarebbe mai più risvegliato.
Titolo ad effetto…il mare si è fermato…e uno resta a pensare cosa succede se il mare si ferma. Si ferma la vita . Il racconto è ben costruito
“Se il mare si era fermato allora nemmeno la terra esisteva più, e di lì a una settimana, forse, avrebbe visto lunghe teorie di vacche caracollare perplesse e mugghianti sulla rotta di qualche cargo oceanico. ”
mi è piaciuta molto questa frase
complimenti
Carmina trillino