Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Naufrago dalla nascita” di Anacleto Realdon

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

L’antenato più lontano dell’uomo non è la scimmia ma il pesce. L’essere umano, come tutti gli esseri viventi è nato dal mare, non dalla terra, per poi vivere al confine tra terra e mare.
Tra la terraferma ed il mare…mosso.
Alternativamente si è poi posto come traguardo il mare o la terra . Ricordate il grido di felicità dei Greci di Senofonte …” Thalatta”, alla vista agognata del mare e l’urlo del marinaio in vedetta nella Pinta di Colombo… “Tierra” , dopo i sei mesi della prima traversata dell’oceano.
Non è la terra che ha spinto in là il mare per farsi spazio , ma è la terra che per divenire tale si è sopraelevata dal livello del mare , si è spinta fuori dall’acqua o meglio è l’acqua che si è ritirata dalla terra sottostante.
Lo sanno anche le puerpere che lo sgravio più naturale è quello che avviene se immerse nell’acqua di una piscina. Il primo trauma del neonato è quello che subisce nel doversi trasformare da pesce dentro il grembo materno a mammifero appena al di fuori.
Il cucciolo di donna è spinto allo sbaraglio se sospinto fuori all’aria aperta , rimane nel suo elemento se spinto da un liquido stretto ad uno più largo.
L’uomo è l’unico pesce che pure spiaggiato riuscirà a sopravvivere all’asciutto sulla terraferma.
Un naufrago dalla nascita.
Per l’acqua del mare l’uomo proverà un insieme di attrazione e di repulsione. Per sfuggirne il fascino tenterà di coltivarne un’immagine sinistra. Il mare sarà pensato e temuto come ricettacolo nascosto di mostri antropofagi , più che una culla ed un antro felice, popolato di orche assassine più che di delfini.
L’uomo adulto amerà il mare alla follia o ne serberà un ancestrale timor panico.
Billo , il velista, all’ancestrale timor panico derivatogli ,come tutti, dal naufragio alla nascita, ha aggiunto un altro naufragio, reale, all’età di sei anni, trascinato in acqua dalla madre in un increzioso episodio
Al mare si è avvicinato, ancor senza saper nuotare, solo a 20 anni quando ha iniziato a navigare con una deriva a vela, un’improbabile barca autocostruita, piccola ed instabile.
Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti… e Billo ne ha cambiate molte di barche (a vela), ha varcato gli oceani ed affrontato i quattro venti ed i quattro mari ed ora sa quasi nuotare. Si può dire che viva in barca, della barca e per la barca.
La barca è la sua culla e la sua alcova, la madre e l’amante.
Su questi temi sono stati scritti fiumi, che dico, mari di inchiostro. Che noi siamo nati in ambiente liquido nel grembo materno, che noi stessi siamo fatti per l’ottanta per cento di acqua, che la terra emersa rappresenta il dieci percento rispetto alla vastità dei mari su cui galleggiamo e via dicendo.
Sarà per questo che anche Billo ha capito, in età più che matura, che vivere in barca è un’esperienza vitale perché globale. La barca, per inteso quella a vela, è un mondo che ti fa vivere le più forti esperienze umane.
Quello della barca è un micro-cosmo in cui la coabitazione forzata in quattro metri quadri costringe gli ospiti alla dilatazione, esaltazione talvolta esasperazione di semplici problemi di vita e di coesistenza. Ti costringe, in una coatta e ristretta coabitazione, ad affrontare l’emergenza più perigliosa legata alla furia degli elementi e dei sentimenti, come pure, più semplicemente, i bisogni più primordiali connessi ad una quotidiana sopravvivenza.
E’ risaputo che la vita in barca a vela è sofferenza perchè la vela va piano e molte volte non…va. Il velista è sempre alla ricerca spasmodica di quei pochi minuti di estasi in cui la veleggiata ti riscatta delle ore e giorni di smotorate e di attesa del vento cioè di sofferenza appunto.
Nonostante questo Billo ,il velista, continua a di-spiegare le vele al vento, anche quando … “spiegando” le vele al vento, il vento… non lo capisce.

Una distesa d’acqua per qualcuno è un’interruzione di terra e quindi un ostacolo da superare , per qualcun altro un mezzo di trasporto, un mezzo per navigare, per divertirsi , per vivere. Il mare può dividere la terra , le terre , le popolazioni e gli stati, ma può unirli.
Ci siamo mai chiesti perché una incontenibile moltitudine di persone continua a scegliere il mare per sfuggire da una terra martoriata e per cercarne una promessa ? La vista di una distesa d’acqua sul mare per qualcuno ingenera angoscia , per qualcun altro la distesa sconfinata del mare è l’immagine visiva dell’infinito, un mistero da conoscere e svelare. Il marinaio di un tempo era, per antonomasia, il ricercatore ed il conquistatore di terre sconosciute. Il marinaio dei tempi moderni affronta il mare per confrontarsi con se stesso e con gli altri in agonismi ed antagonismi non sempre sportivi. Andando in mare per…diporto si viene a conoscere spesso anche persone che vivono in mare e per il mare, sviluppando una dimensione del vivere che noi definiremmo primitiva. Si tratta sempre e solo di velisti, ovviamente.
Chi va in barca a motore per mare è troppo lontano dal pensare di vivere il mare in questa dimensione. C’è gente , come il nostro Billo, cha lascia tutto , abbandona i beni terreni e parte per il giro del mondo a vela o semplicemente per vivere in barca anche senza grandi progetti di navigazione. Nell’antichità il vivere sul mare , su delle palafitte per esempio, era anche solo un modo per sfuggire ad un pericolo che veniva da terra. Farsi circondare dall’acqua o dal mare un tempo poteva essere una necessità per sopravvivere o per difendersi da aggressioni e pericoli terrestri.
Ora Billo intende invece il mare come una scelta di vita e di sopravvivenza interiore di chi sente il mare dentro , sente di viverlo, meglio riviverlo, in una dimensione globale , forse anche primitiva nel senso di un ritorno alle origini. Noi proveniamo dal mare,abbiamo detto , la vita dei viventi è nata nel mare. Il ritorno al mare è un richiamo atavico ed irresistibile cui qualcuno si sente di rispondere in purezza di spirito. Ma, al di là di ogni vetero-romanticismo, è chiaro che chi sceglie di vivere in mare si vota ad una vita di stenti , d’ imprevisti ed anche di pericoli che forse noi terricoli siamo stati educati a sfuggire.
Il marinaio come Billo che ha il mare nel sangue è anche oggi una specie di vagabondo post sessantottino, diviso tra la perenne ricerca di un porto sicuro e l’irresistibile impulso a confrontarsi con un mare in tempesta.

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1 commento »

  1. Il racconto sollecita l’attenzione ed è evocativo. La storia di Billo ci porta, nelle intenzioni dell’autore, a soffermarci sul rapporto tra uomo e mare. E’ da leggere, qualsiasi commento lo sfascerebbe. Complimenti Anacleto.
    Emanuele

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