Racconti nella Rete 2010 “Il segreto di Annabelle” di Antonella Cavallo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010Pagò la corsa, scese dal taxi e aspettò che l’autista aprisse il bagagliaio per consegnarle la valigia. Era felice di essere arrivata con largo anticipo, sarebbe stato imbarazzante arrancare sui gradini di marmo rosa osservata da sguardi conosciuti. Trotterellò verso la scalinata quando sentì all’improvviso una piacevole sensazione di leggerezza: un gioviale cicciottone in divisa le sfilò la valigia e con un cenno del capo la invitò a precederlo.
Le maestose porte scorrevoli si aprirono sull’imponente hall rallegrata dalla magnifica fontana i cui freschi zampilli amoreggiavano coi cristalli del lampadario veneziano. La ragazza ondeggiò sino al banco della réception.
‘Benvenuta Signorina’!
‘Grazie sono Annabelle Coletti e…’
‘Ma sì certo, signorina Coletti la faccio subito accompagnare, ma prima prego si accomodi al bar’.
Dietro il bancone in radica il barman le preparò un cocktail miscelando gli ingredienti con gesti acrobatici. Affascinata da tale gestualità non ebbe il coraggio di accertarsi che fosse analcolico, sarebbe stato alquanto imbarazzante, così gli sorrise e assaporò la deliziosa bevanda. Un uomo le passò accanto le lanciò un’occhiata e poi scomparve aprendosi un varco nel tendone di velluto rosso.
‘Tanto mistero per andare alla toilette’ pensò Annabelle appoggiando il calice.
Continuò a sorseggiare osservando quel posto così accogliente, gettò uno sguardo distratto all’orologio e si rese conto di quanto tempo avesse passato lì da sola. Non l’avrebbe mai fatto, non le piaceva entrare nei locali senza compagnia e l’idea di ordinare anche solo un cappuccio la metteva in imbarazzo.
Ma lì era diverso, lei si sentiva a proprio agio come se fosse il suo ambiente naturale e quel calore che imporporava le gote e l’improvvisa voglia di ridere di volteggiare.
Il liquido nettare era finito, ne avrebbe desiderato un altro, ma non osava. Quando si voltò l’uomo era accanto a lei con uno di quei calici: lo appoggiò pose la mano sul suo braccio e lo accarezzò lentamente sino alla mano che sfiorò con le labbra sussurrando: ‘dunque lei era qui’!
Si voltò e scomparve.
Annabelle s’alzò, urtò il tavolino e il calice vacillò. Con scatto fulmineo lei lo afferrò stritolandolo. Paonazza mollò la presa e in preda al panico si voltò verso il barman. Copiose gocce di sangue sgorgarono dalle minuscole ferite, sentì cedere le forze e si accasciò.
‘Annabelle tesoro come stai? cos’è successo?’
Un velo di lacrime le offuscava la vista.
‘Un disastro, ho combinato un disastro, ma tu? Come mai qui? Ma che ore sono?’
Disperatamente pensò a tutto quello che avrebbe dovuto fare prima che lui arrivasse e invece? si trovava lì, sporca, scarmigliata, ferita e circondata da sguardi inquieti.
Come mai tutti la guardavano ammutoliti e nessuno si muoveva? Perché non rispondevano alle sue domande? Perché quello strano silenzio? O mio Dio e la valigia? Se lui l’avesse aperta? Avrebbe scoperto tutto! Che disastro!
Tentò di sollevare il capo, ma un senso di nausea glielo impedì. Esausta cercò invano di alzare il braccio in cerca d’aiuto.
Finalmente una pesante tiepida coltre nera l’avvolse invitandola all’agognato riposo.
Quando aprì gli occhi, si trovava nell’enorme letto della lussuosa suite scoprendo quasi con sollievo di essere sola. La valigia accostata alla porta sembrava intatta, sollevò le lenzuola: indossava una camicia da notte che non le apparteneva. Beh, se non altro, probabilmente nessuno aveva aperto il suo bagaglio. Controllò la mano e le numerose piccole ferite già rimarginate. Si sentiva bene, doveva aver dormito a lungo perché avvertiva quel senso di indolenza proprio di quando si oltrepassa il limite di sonno abituale. Mise i piedi giù dal letto a contatto col fresco pavimento stiracchiandosi un po’, le mani tra i capelli. Le dita scivolavano tra i morbidi ricci massaggiando la cute con lenti cerchi. Ricci? Oddio e la parrucca? Dovevano avergliela tolta mettendola a letto. Si augurò che nessuno l’avesse riconosciuta. Come avrebbero potuto, erano passati dieci anni dall’ultima volta, la proprietà era cambiata e probabilmente anche tutto il personale.
Si diresse verso la valigia e l’aprì, tolse abiti e scarpe e raggiunto l’involucro argenteo lo prese e vacillando cercò un posto sicuro ove nasconderlo.
Girando per la suite si stupì di non trovare traccia della parrucca e degli indumenti che indossava al suo arrivo. Probabilmente li avevano mandati in tintoria. Non trovò neppure qualcosa che rivelasse la presenza di Antongiulio; chissà dove aveva passato la notte?
Scovò nel controsoffitto del guardaroba un pannello che le ispirò fiducia, lo rimosse e vi depose l’involucro.
Suonarono alla porta lasciando un carrello imbandito, una rosa bianca, una scatola verde e un bigliettino. Il corridoio era deserto. Rientrò gustandosi un pasticcino, annusando la rosa e preso il bigliettino, lo strinse al petto.
Bar de la terrace 12,40 abito a fiori. Lo rilesse corrugando la fronte. Aprì la scatola e ci trovò un orologio che segnava le undici. Giusto il tempo per una doccia prima del sopralluogo. Andò a curiosare nella cabina armadio, ci trovò l’abito e lo indossò: perfetto! Si ravviò i capelli immaginando lo stupore di Antongiulio nel vederla così diversa.
A mezzogiorno era pronta prese la piccola trousse e si diresse verso l’ascensore per raggiungere la réception.
‘Vorrei depositare i miei gioielli in cassaforte.’ sussurrò all’uomo che l’aveva accolta all’arrivo.
‘Certo, ma non le hanno mostrato la safety box della suite signorina Coletti?’
‘Come? Nella suite? No, no meglio la vostra cassaforte.’
‘Come preferisce, la faccio accompagnare dalla nostra guardia.’
Dopo un paio di minuti, arrivò un uomo claudicante, si guardarono per pochi secondi e si riconobbero immediatamente. Lei impallidì, lui finse indifferenza. ‘Mi segua prego, prendiamo l’ascensore, sa per le scale ormai son troppo vecchio, non corro più come una volta.’
‘Cos’è successo alle tue gambe?’ chiese preoccupata.
‘E’ una vecchia storia, due proiettili sono entrati da una gamba e si sono ficcati nell’altra..’
‘Mi dispiace!’
‘Già i rischi del mestiere. Ti fermerai a lungo? La cassetta, la vuoi per una notte, per una settimana, per quanto insomma?’
‘Una settimana va bene poi me ne torno a casa.’
Depositò la trousse prese la chiave e se ne andò pensando alle parole della guardia… temeva che una volta salito, potesse andare dal direttore a spifferare tutto mettendola nei guai, ma no era acqua passata in fondo sembrava un brav’uomo magari avrebbe lasciato perdere… In ogni caso ora non poteva pensarci, doveva andare al suo appuntamento e mancavano solo pochi minuti, odiava arrivare in ritardo, scrollò le spalle e pigiò il bottone dell’ascensore.
Quando si aprirono le porte si trovò davanti uno spettacolo entusiasmante: la terrace all’aperto offriva una meravigliosa vista sulla città, e complice la splendida giornata, lo sguardo spaziava dalla rilucente Madonnina ai fantastici giardini segreti delle ville nel cuore di una Milano che non aveva mai conosciuto.
Estasiata sospirò.
‘Si direbbe quasi che sia la sua prima volta.’
‘Infatti, non ero mai salita quassù. Ma lei, lo sa che per colpa sua ieri sera quasi finivo all’ospedale?’
‘Ieri sera? Ah forse si riferisce a martedì.’
‘Martedì? Ma perché scusi che giorno è oggi?’
‘Giovedì’
‘O mio Dio, vuol dire che ho dormito un giorno intero? Beh mi scusi ho un appuntamento col mio fidanzato.’
‘Vedo che le è piaciuto il vestito a fiori..’
‘Cosa? Ma… il bigliettino era suo? Lei chi è, scusi?’
‘Non ha importanza chi sono. Lei ha qualcosa per me credo.’
Cosa? No guardi che si sbaglia, forse mi ha scambiata per un’altra. Ma il mio fidanzato? Dov’è? Che fine avrà fatto…’
‘Lei ha qualcosa per me e io ho qualcuno per lei…’
‘Ma cosa dice, sta scherzando?’
‘Mai stato così serio! Vediamo un po’ se riesco a chiarirle le idee. Dunque so che lei è stata recentemente ad Amsterdam’
‘E allora? E’ il mio lavoro, ci vado di continuo!’
‘E che ha ritirato una certa cosa.’
‘Oddio ma cos’è lavora all’ufficio delle imposte? Guardi che ce l’ho la ricevuta indiana e poi ho pagato lo sdoganamento là invece che a Roma qual’è il problema?’
‘Non faccia l’ingenua, io parlo dei sassolini. Del sacchetto di confetti che ha ritirato da Van de Welt e che avrebbe dovuto consegnare a Micicchi.’
‘Micicchi certo ho capito, beh poteva anche evitare tutti sti misteri. E’ che mi aspettavo un’altra persona che ho visto in video e che non le somiglia per nulla! Per quanto ne, so lei potrebbe essere chiunque anche il nemico.’
‘Lui non poteva venire, così eccomi qua.’
‘Chi mi assicura che lei sia la persona giusta?’
‘Lei ci tiene molto al suo fidanzato?’
‘Perché, vuole fargli del male?’
‘Nel pomeriggio alle quattro in piscina, mi porti il sacchetto e concludiamo l’affare.’
‘Ma lui dov’è, sta bene?’
‘Non faccia tardi, troverà il costume in camera.’
Se n’era andato lasciandola lì come una cretina con gli occhi sbarrati le labbra socchiuse e la salivazione azzerata.
Povero Antongiulio lui e le sue stelle, così romantico, perfettino, ordinato, mai un pelo fuori posto, sballottato chissà dove, magari legato imbavagliato in pericolo. L’aveva fatto tante volte era sempre andato tutto liscio, mai un problema e ora? Perché proprio adesso che aveva trovato l’uomo giusto, tranquillo che l’amava e che avrebbe potuto darle quella serenità che aveva sempre sognato? Fidanzamento, matrimonio bambini magari due un maschietto ed una femminuccia o forse tre come le famiglie bene. Si era ripromessa che quella sarebbe stata l’ultima volta. Si sarebbe fatta cambiare tratte magari solo voli nazionali così non l’avrebbero neanche più rintracciata oppure avrebbe semplicemente spiegato a Van de Welt che si sposava e che… fine dei giochi: sicuramente lui avrebbe capito, in fondo aveva sposato la sua responsabile di cabina promuovendola da corriere a regina del focolare! E poi maledizione, perché proprio lì? Si ripeteva la storia, se lo sentiva, se l’altra volta se l’era cavata per il rotto della cuffia, questa volta chissà, era troppo in ansia, temeva che la fortuna le presentasse il conto e questa volta l’avrebbe pagata molto cara! Le restava pochissimo tempo, oltretutto avrebbe dovuto verificare le credenziali dello sconosciuto, ma come fare? Sapeva di non poter contattare Van de Welt, ma allora? E se fosse stato un imbroglione o peggio un infiltrato? Non aveva scelta doveva rischiare, per Antongiulio, per lei e per il loro futuro.
Scese nei sotterranei sperando di trovare l’uomo claudicante per accedere alla cassaforte senza passare dalla réception. Avrebbe potuto creare dei sospetti, oddio avrebbe potuto inventare una scusa, ma non era in vena.
Si ricordava che l’uomo aveva la passione dei dadi e che giocava in un angolo del garage almeno all’epoca, ma siccome i vizi di solito sono fedeli compagni di vita, era quasi certa del fatto. Si aggirò tra le lussuose auto fino a raggiungere l’angolo da cui provenivano sommessi borbottii.
L’uomo era di spalle e non si accorse del suo arrivo, ma i suoi compagni la videro arrivare e nascosero dadi e soldi.
‘Scusate, non volevo disturbare, ma avrei proprio bisogno di parlarti un attimo.’ Lo prese sottobraccio e l’uomo, se pur con qualche esitazione, la seguì.
‘Ti prego, devo solo prendere una cosa dalla cassetta senza firmare. Sarà questione di un attimo per favore è molto importante!’
‘Non posso farlo è contro il regolamento Annabelle, lascia perdere.’
‘Senti Carlo, fammi questo favore, è troppo importante è una questione di vita o di morte. Sono in pericolo e anche il mio fidanzato. Saprò ricompensarti anche per l’altra volta.’
‘No guarda, lascia stare, due pallottole sono più che sufficienti…’
‘Cosa? Vuoi dire che è stata colpa mia?’
‘L’ho fatto solo per tua madre, se ti avessero presa quella volta, lei ne sarebbe morta.’
‘Ma cos’è successo esattamente? Mamma non me ne ha mai voluto parlare, sapevo che la Contessa era assicurata e anche il direttore… non sarebbe stata poi una gran perdita! per una manciata di gioielli… era stato così facile! La fortuna del principiante…’
‘Quando Clara -tua madre- entrò quella mattina per rifare la stanza e trovò quella confusione, mi chiamò in preda al panico. La Contessa non si era accorta di niente, dormiva ancora come un sasso, ubriaca fradicia com’era! Dissi a Clara di gridare ‘al ladro’ a squarciagola, io presi a correre per il corridoio e poi giù per le scale, la pistola in mano in assetto da guerra. Quando arrivai in fondo senza fiato, inciampai e cadendo partirono due colpi.
Mi ritrovai al prontosoccorso con la testa fracassata e le gambe trapanate. Raccontai alla polizia di avere inseguito il ladro e che prima di perderne le tracce, mi aveva colpito con un calcio in faccia… Quando la Contessa seppe com’ero conciato fece sospendere le indagini. Non aveva tempo, doveva partire per la Costa Azzurra e così, fine della storia.’
‘Quindi nessuno sospettò di me…’
‘Beh no, il direttore chiese tue notizie dopo alcuni giorni e tua madre gli disse che eri stata assunta come hostess e che eri andata a Roma.’
‘Povero Carlo e povera mamma, se solo avesse incontrato te invece di mio padre!’ Esclamò abbracciandolo.
Giunsero nel caveau era deserto, Carlo le aprì, lei prese il sacchetto dalla piccola trousse e se ne andarono. Fino a lì era andato tutto liscio. Ora si trattava di passare alla parte più impegnativa. Non avrebbe coinvolto Carlo, non dopo quello che aveva passato a causa sua.
Rientrò nella suite meditando sulla strategia da adottare, ma per quanto si sforzasse non riusciva a trovarne una che la rassicurasse. D’altronde si disse che se lo sconosciuto fosse stato malintenzionato avrebbe potuto aprire la valigia trovare i diamanti e rubarglieli senza tante storie! Avrebbe potuto approfittare del suo stato catatonico per farle del male. Quindi decise che avrebbe concluso l’affare con lui e basta.
Trovò costume e accappatoio, li indossò e andò in piscina. Con sollievo vide che c’erano una decina di persone: quell’uomo non avrebbe potuto farle del male davanti a testimoni. Si accomodò su un lettino accanto all’idromassaggio e aspettò studiando il luogo e gli eventuali punti di fuga.
Lo sconosciuto apparve all’improvviso.
‘Ma lei è un prestigiatore forse? Appare e scompare sempre come un fantasma!’ Esclamò scattando in piedi come se una molla le avesse perforato il fondoschiena.
‘Lo prendo come un complimento. Dunque ha portato quella cosa?’
‘Sì è nella tasca dell’accappatoio, ma lui dov’è?’
‘Torni in camera, mi sembra infreddolita, prenda il mio accappatoio la riscalderà più del suo mi creda.’ E così dicendo l’avvolse in un abbraccio di morbida ciniglia e si dileguò.
Annabelle si accasciò sfinita da tante emozioni e si arrotolò nel profumato tepore come un bozzolo. Lo sconosciuto l’aveva colpita, stregata. Sentiva di esserne assurdamente attratta, avrebbe voluto rivederlo e allo stesso tempo non averlo mai incontrato. Fantasticò su un possibile appuntamento, su un incontro intimo con lui così misterioso così pieno di fascino. I tre incontri fugaci avevano sollecitato un inconscio desiderio di lui. Non ricordava con precisione la sua fisionomia, ma era sicura di aver letto nel suo intenso sguardo un richiamo
familiare. Sentiva di potersi fidare del calore di quegli occhi.
Per un attimo aveva dimenticato Antongiulio, chissà come stava e dov’era? Come avrebbe potuto spiegargli tutta la faccenda?
Lo sconosciuto l’aveva esortata a rientrare in camera chissà forse lui era là ad aspettarla? Doveva affrettarsi a raggiungerlo e nello stesso tempo inventarsi qualcosa di plausibile. Ma cosa?
Aprì piano la porta col cuore in gola trattenendo il respiro per l’ansia. Lui, disteso sul letto pareva assopito. Si avvicinò, dormiva.
‘Dio ti ringrazio.’
Si cambiò e sedette sul letto. I capelli umidi avevano lasciato un alone sul cuscino. Sfiorò col dito il contorno del bel volto. La fronte distesa, il respiro profondo, le braccia allungate oltre il capo. Nulla faceva presagire che avesse subito la benché minima violenza.
Gli si sdraiò accanto e si assopì.
Quando si svegliarono si abbracciarono e si baciarono con un’intensità mai provata prima e fecero l’amore con una complicità fino ad allora sconosciuta.
‘Amore mio ti amo tanto, ho avuto paura di perderti per sempre!’
‘Anch’io ti amo sei il diamante che illumina il mio cammino verso la felicità’!
‘Diamante? Non muoverti chiudi gli occhi e aspetta tornerò tra un attimo’. Andò nel guardaroba rimosse il pannello e armeggiò per prendere il pacco nascosto. Lo afferrò a piene mani vacillò, ma non cadde. Fu colpita alla testa da un sacco morbido.
Depositato a terra il pacco aprì il sacco e trovò la maschera dello sconosciuto. Oddio! Ma allora Antongiulio… lo sconosciuto, era lui??!?! Ma com’era possibile? E il misterioso Micicchi che non si era presentato, e i diamanti? Lui era complice e conosceva il segreto… bastardo, adorabile bastardo!
E adesso? Che fare? Confidò nel fascino che esercitava sul fidanzato, incrociò le dita, prese il pacco e lo posò sul letto.
‘Eccomi! Buon compleanno amore mio’! miagolò
Lui aprì delicatamente l’involucro e quando vide l’astrolabio, un guizzo di gioia illuminò il bel viso.
‘Grazie Amore! E’ il dono più bello che potessi mai farmi’!
‘Esagerato! So che ami le stelle e quindi mi è sembrato un regalo originale..’
‘Però mi sa che ti sei cacciata in un grosso guaio!’ esclamò severo.
‘Guaio’? balbettò lei
‘Macroscopico direi!’
‘Cosa intendi dire? non capisco.’ tremava
‘Sai cosa significa almeno’?
‘Che co..sa’? paonazza, la sudorazione era affiorata anche ai palmi delle mani gelide.
‘Astrolabio. Lo sai cosa significa letteralmente?’
‘Ah! ..Astrolabio!.. beh ha a che fare con le stelle, adesso di preciso… non saprei.’
‘Dovrei confessarti una cosa…’ disse lei commossa.
‘Ssh Non importa sarà il nostro piccolo segreto!’
interessante, complimenti miè piaciuto molto