Premio Racconti nella Rete 2015 “Oggi” di Maria Carla Renzi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015E’ proprio una bella cosa che tu mi sia venuto a trovare fin da quando ho aperto gli occhi, questa mattina, anzi, penso proprio che tu fossi qui già da qualche ora.
Non ho più il mal di testa con cui sono andata a letto ieri sera, e solo questo è bastato per rendermi quasi felice, ma vedere poi il giardino brillare sotto il sole squillante di un giorno di febbraio, questo sì che mi ha dato una scossa di felicità.
Sembra di stare in una lente prismatica lucente e nitida.
Fino a ieri ha piovuto ininterrottamente per una settimana, tanto che il terreno non assorbiva più neppure una goccia, e il livello delle pozzanghere andava alzandosi in modo preoccupante. Già abbiamo avuto un alluvione, due anni fa, in una situazione di maltempo molto simile a cui si era aggiunta l’incuria umana che aveva riempito i fossi della collina come fossero discariche.
Giorni e giorni ininterrotti di pioggia avevano sfiancato noi e tutte le terre intorno. Quando il peso dell’acqua piovana ha fatto saltare i tappi, ecco che tutto è venuto giù insieme: canne, rami, gomme d’auto, coperte sbrindellate, resti di teli di plastica, fango, foglie, cartoni e tutto ciò che possiamo immaginare di cose da buttare. Come un torrente impetuoso, questo fiume di ogni cosa è giunto violentemente a sbattere contro le recinzioni dei giardini, contro le case, contro le auto in sosta, fracassando ciò che era fragile, trasportando via le cose più leggere, tappando le reti dei giardini in pendenza, fino a creare degli stagni puzzolenti e a spingere la fanghiglia liquida fin sotto le porte, invadendo senza freno le camere, le cucine, i garage, le legnaie. Impossibile fermarlo, non si poteva che assistere all’innalzamento del livello del fango liquido sotto il letto o sopra il tappeto ormai inguardabile. Questa natura capricciosa sembrava quasi che dicesse: “Ecco, adesso sarete contenti!”, o sembrava prenderci in giro vendicandosi della nostra superficialità. Io guardavo intorno senza neppure adombrarmi, curiosa, anche perché volevo vedere come sarebbe andata a finire, cioè quanto ancora si sarebbe alzata l’acqua che mi era arrivata già quasi ai polpacci. Inoltre i miei due cani sguazzavano felici nell’acqua alta, altissima, per loro che sono piccoli, e scura, scurissima, per loro che sono bianchi. Saltavano sul divano, sulle sedie, sui letti, bagnando e sporcando ciò che si sarebbe potuto salvare, con le loro zampe impiastrate ed il loro mantello intriso. Era ottobre, faceva caldo e, sicuramente, l’hanno scambiato per un prolungamento dell’estate, o come un regalo da parte di chi sa chi. Vedendo che se la divertivano tanto, completamente incoscienti ed ignari dei rischi possibili, anch’io l’ho presa un po’ come loro, nel senso che, non potendo oppormi alla catastrofe che si annunciava, non volevo, però, neppure farmi trascinare prima del tempo nella paura e nella disperazione. Così, con tono leggero quanto inevitabile, guardai la mia amica Erica, che era venuta a passare una serata con me, e le dissi: ” Facciamoci una partita a carte, intanto, e stiamo a vedere dove vuole arrivare!”. E così facemmo, sedendoci al tavolo e pensando che, prima o poi, saremmo dovute salire sul soppalco, noi e i cani.
Invece, guarda un po’, dopo una sola mano di partita, l’acqua si è fermata. Più su di così, evidentemente, non poteva salire, oppure ha preso il nostro atteggiamento come una sfida e si è arresa. Lei.
Insomma tutto questo racconto è per dirti quanto io sia contenta che tu, Oggi, sia venuto con il sole, a svegliarmi con l’aspetto di uno dei tuoi fratelli migliori. Vedremo in seguito come ti svolgerai, ma, per ora, mi piaci così.
Giusto per finirti la storia del nostro alluvione, visto che tu allora non c’eri, sappi che i danni sono stati ingenti in molte case intorno a noi. La nostra casa è stata tra le più fortunate, anche se ci sono voluti dei mesi per ripulire tutto, portare via la montagna di fango secco ammucchiato al centro del giardino, buttare attrezzi con motori ormai inservibili e qualche suppellettile ridotta un cumulo di molliccio marrone assolutamente non salvabile.
Persone e persone hanno spalato e raschiato e lavato per settimane e settimane; soldi buttati come coriandoli al vento; tempo delle nostre vite speso per porre riparo a ciò che non si sarebbe dovuto verificare, ma non ci si pensa mai prima: siamo abituati a non prevedere e tutto ci sembra capitare tra capo e collo come una grande e ingiusta sorpresa inattesa. Per questo da allora stiamo tutti attenti al tempo che farà e, quasi a turno, andiamo in perlustrazione a controllare lo stato della nostra collina, quella che, dalle nostre spalle, degrada dolcemente verso il lago, quella che ci protegge dal vento di tramontana, quella che ci offre le migliori passeggiate alla ricerca di funghi e di more.
Sai, per festeggiarti, farò colazione con calma e mi siederò in veranda a guardare, da dietro i vetri, tutti gli uccelli che usano venire nel mio giardino a cercare briciole, piumette, fili di paglia, minuscoli bastoncini. Plana di tutto sul mio manto erboso, dai pettirossi ai merli, al picchio verde così come l’upupa guardinga.
Rimango a lungo avanti a questo schermo casalingo, dentro al quale può succedere di tutto, a cominciare dalle corse sfrenate dei cani dietro un gatto capitato per caso al di qua della recinzione, il quale ha buon gioco riparando in un sol balzo su uno degli ulivi. L’abbaio è furioso e spietato, ma, in definitiva, è tutta scena visto che il furbo, saltellando di ramo in ramo, guadagna la via della fuga, e tutti loro lo sanno che è solo un copione da ripetere per sottolineare il ruolo di ognuno. A quel punto, recuperata la pace, il suolo ospita i passi pesanti e dondolanti delle cornacchie spocchiose, con il loro atteggiamento proprio antipatico, forse dato dal collo tozzo e dal becco nero e pungente. Intanto, in un angolo vicino all’orto, si vede un piccolo cerchio di terra smossa che si solleva fino a formare un cono basso. Ti aspetti che dal centro esca il muso di una talpa, invece niente…forse quella ci ripensa, forse non è l’ora giusta per lei, forse è stanca dopo tanto scavare.
Insomma questo sole di fine febbraio fa credere a tutti che l’inverno è finito e che ce la possiamo godere. Ci vuole illudere!
Però la mimosa sta preparando le sue gemme e questo lo dobbiamo a te che vieni avanti sempre un pezzetto di più. Domani sarai un altro e ti chiamerai Oggi, lo stesso nome di adesso, ma gli somiglierai soltanto, perché sarai del tutto nuovo e diversissimo.
Mi sono regalata questo giorno di ozio, grazie a te, ma ormai è pomeriggio e stai sfumando inesorabilmente verso colori rossi e arancioni intorno ad un sole di fuoco che si posa in bilico sulla collina come il pallone di un bambino lanciato troppo lontano, tanto che subito sparirà al di là del crinale, spegnendo lentamente il cielo man mano che si vanno accendendo le luci delle case.
Il mio Oggi è ancora pieno zeppo di cose da fare, dal momento che me la sono presa comoda fino ad ora, ma ormai l’ho capito che mi perdonerai se non concluderò attivamente le ore della serata.
Mi scivoli accanto e tutto intorno, sia che stia ferma, sia che mi muova, qualunque ritmo io segua nel mio incedere, mentre la pendola di mio nonno fa dondolare il contrappeso e spinge le lancette verso la notte. A te il tempo non importa, come se tu pensassi che lui fa il suo lavoro e tu il tuo, pur se sullo stesso binario, come una locomotiva che tira le sue carrozze: quella è una, grande, forte, trascinatrice; le altre, tante, tutte uguali, a strascico, piene zeppe di diversità di vita e di pensieri.
Mi dispiacerà lasciarti andare via, ma quando andrò a letto, dopo un po’ di lettura con la testa sul cuscino, gli occhi cominceranno a chiudersi, il libro mi cadrà dalle mani e, con un ultimo sforzo, spegnerò la luce cadendo subito nel buio, immemore di me e di te.
L’Oggi di oggi per me sarà finito; soltanto nei sogni inconsapevoli potrei ancora passare del tempo con te, ma, in realtà so che domani vivrò nell’Oggi di domani, quello di cui non so assolutamente nulla e neppure riuscirei mai ad immaginarlo.
Però chissà, potrei trovare nel mio giardino un magnifico pavone blu, venuto dall’oriente, che passeggia fiero della sua ruota raggiante di mille colori.