Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Aspettare il treno” di Francesca Antonioli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

-Cosa fai, signorina?-
-Aspetto il treno-

Il grande orologio della stazione segnava la mezzanotte passata.
Avvolta in un candido scialle una figura stava lì, a pochi passi dalle rotaie, in attesa. Accanto ai suoi piedi una valigia logora.
Stava partendo.
Guardava i binari che scomparivano nel buio, appena fuori dalla piccola stazione. Quella era l’unico punto di luce in mezzo alle tenebre della notte.
La ragazza raccoglieva le braccia attorno al corpo, cercando di scaldarsi un po’. Il freddo era pungente: quello scialle leggero non bastava a proteggerla dalla brezza gelida, ma non possedeva altro da mettere.
“Chissà se lui sta aspettando me come io aspetto questo treno”
Non c’era nessun altro a parte lei in quel luogo. Solo nelle grandi città capitava di incontrare dei pendolari notturni e non era quello il caso.
“Ma è tanto bella la periferia… La città è troppo caotica”
L’aria fredda la stava paralizzando sul posto, in piedi di fronte ai binari, spirando anche sotto il vestito, pure all’interno delle scarpe.

-Non ti siedi?-
-Tra poco il treno arriverà-
-Come puoi saperlo? Il tempo è indefinito-

Quel vecchio vestito grigio… Sua madre l’aveva confezionato per lei molto tempo prima.
“Sentiranno la mia mancanza?”
I visi dei suoi fratelli le passavano nella mente come quella fila di fotografie che aveva sviluppato nella camera oscura. L’unico lusso che poteva permettersi nella sua vecchia vita.
Stringeva tra le dita una lettera stropicciata. La speranza che riponeva in quel foglio di carta le faceva scordare il freddo per un po’, prima che tornasse impietoso a morderle la pelle.
Grazie a quella lettera non avrebbe più sofferto. Tutto ciò che doveva fare per realizzare quel sogno era stare in attesa del fischio della locomotiva che l’avrebbe portata da lui.
E allora sarebbe stata felice.

-Sei tutta sola?-

Era in ritardo.
La ragazza aveva sempre più freddo, ferma ad aspettare. Sentiva il susseguirsi dei rintocchi delle ore, ma il treno non arrivava.
Il suo sguardo era fisso sui binari vuoti.
Il tempo passava.

Si riscosse quando le parve di sentire un rumore, voltando di scatto lo sguardo. I capelli biondi le volarono attorno al viso.
Il binario era sempre deserto.
La sua valigia non era più accanto a lei.
Il suo pensiero andava al suo amore lontano per il quale rimanere ad aspettare in quel luogo desolato valeva veramente la pena. Perdere una valigia vuota non era importante.
“Chissà che ore sono”
Non possedeva un orologio e persino quello della stazione si era volatilizzato.
“In fondo il tempo non si può definire”
L’aveva detto anche quell’uomo. Era stato gentile, le aveva rivolto la parola.
Sembrava gentile prima di farle assaggiare il dolore.
Un dolore atroce, lacerante, che aveva lasciato il segno nonostante fosse finito in fretta. E quella persona era sparita.
Poi era passato tanto tempo. Tanto tempo prima che arrivassero altre persone. Guardavano qualcosa steso a terra, un bagaglio forse? I suoi occhi non riuscivano a metterlo bene a fuoco.

Avevano gridato parecchio… Si erano molto agitati prima di portare via quella cosa, che ora aveva l’aspetto di un corpo abbandonato e familiare.
Le assomigliava, quel corpo.
“Che buffo, sembro io”
Non le avevano detto nulla, non l’avevano neanche vista e se ne erano andati e lei era rimasta di nuovo sola ad aspettare il treno.

Spostava a momenti alterni il peso da un piede all’altro. Aveva iniziato a canticchiare sottovoce. Non sentiva più tanto freddo.
Un paio di volte qualche gruppo di persone era tornato, aveva trafficato un po’ e se ne era andato di nuovo. Senza guardarla neanche.
Aspettava da tanto…
Ma non si rassegnava, la ragazza. Il suo treno sarebbe arrivato, doveva solo aspettare.
Nemmeno la stazione era più lì, rimaneva solo il binario ai suoi piedi. Ma bastava quello per far passare un treno, no?

La figura di una ragazza stava in piedi davanti a un binario morto, fissando l’orizzonte in attesa di un treno che non sarebbe arrivato mai.

-Cosa fai signorina?
-Aspetto il treno-  

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1 commento »

  1. Il treno, metafora della vita e della morte. L’attesa, di chissà cosa. In fondo passiamo la vita a aspettare Godot che arriverà sempre il giorno dopo. La violenza… lacerante, che non ti abbandonerà mai. Ci sono molte cose su cui riflettere in questo tuo racconto un po’ trascurato nei commenti. Meriterebbe maggior fortuna. Spero di portartela io, Francesca.
    Ciao Duccio

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