Premio Racconti nella Rete 2015 “Non bloccare il traffico!” di Sandro Fossemò
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015“Rinuncia, rinuncia!”
Franz Kafka
Avevo di fronte un maledetto ed enigmatico labirinto stradale,stressante e caotico allo stesso tempo. Una commistione di pioggia e smog resero tutto più grigio in quella sera d’autunno in cui sentivo,vertiginosamente, di essermi smarrito in una complicata prigione di asfalto, dove non si conosceva bene né l’entrata e né l’uscita. Il vetro appannato della mia automobile sembrò per assurdo essere in perfetta sintonia con questo centro urbano. Rimasi disgraziatamente immobilizzato in un incrocio. Non potevo accedere con sicurezza alla strada principale in quanto le macchine non rallentavano per darmi la precedenza. Dietro di me si era formata una fila di auto e oltretutto qualcuno cominciava pure a lampeggiarmi. Nel frattempo, notai, un ragazzo bloccato dietro al cancello di casa sua a causa della serratura guasta. Il giovane indossava una tuta da ginnastica di colore bianco e immaginai che lui stesse uscendo per andare a fare jogging. Dallo specchietto retrovisore, osservai l’automobilista dietro me e, dal modo in cui gesticolava con fare minaccioso, compresi che dovevo andarmene il prima possibile. Il giovane era diventato molto impaziente dato che stava arrampicandosi in fretta e furia sul cancello.Sicuramente, non era riuscito a sbloccare la serratura. Non potevo più aspettare. Attesi ancora qualche istante e alla fine provai a uscire. Liberai, finalmente, la circolazione e gli automobilisti ridussero la velocità per darmi la precedenza. Proprio nel bel mezzo della strada, un motociclista rischiava di venirmi addosso a causa della forte velocità in cui viaggiava. Il centauro,probabilmente, non mi aveva visto. Non avendo altre possibilità, feci subito la retromarcia ma, preso dalla paura e dalla furia, effettuai così male la manovra fino al punto di urtare, involontariamente, il cancello. Un attimo dopo, udii un urlo straziante. Quando mi voltai impaurito a guardare dietro, vidi una scena terribile. Il ragazzo che aveva tentato di scavalcare il cancello aveva perso l’equilibrio a causa dell’incidente ed era scivolato proprio sopra la punta di ferro fino a rimanere infilzato. Il colpo che avevo arrecato con la mia auto doveva avergli fatto perdere l’equilibrio. Uscii furiosamente dalla macchina con la speranza di poterlo soccorrere in qualche modo. Il suo viso era molto pallido e suoi occhi erano terrorizzati. Lungo il dorso nero della sbarra colava del sangue che fuoriusciva copiosamente dallo stomaco trafitto. Provai a pensare a un modo per salvarlo. Vicino alla porta d’ingresso dell’abitazione della vittima vidi una scala poggiata su un muro. Tentai di entrare per prenderla cercando di salire sopra al cancello con lo scopo di aiutare in qualche modo quel poveretto a liberarsi da quei cunei che lo avevano gravemente colpito ma, appena ci provai, il giovane mi supplicò a stento:
«Non toccare quel cancello!».
«Ma cosa dici?», gli chiesi.
«Vattene, vattene via», rispose con un’espressione calma e ambigua.
Nel frattempo il traffico aumentava e gli automobilisti diventarono collerici.
«Non vedi che voglio aiutarti! Santo Dio! Lasciami andare a prendere quella scala!», insistetti.
«Quella scala tu non puoi usarla in alcun modo e per nessun motivo».
«Perché mai?».
«Il motivo è molto semplice. Non è il tuo compito. Tu hai altre funzioni. Il cancello rimane chiuso per sempre».
Un automobilista scese dall’auto sbattendo lo sportello. Mi guardava con odio e mi domandò irritato: «Allora, perché non te ne vai? Non vedi che hai bloccato la città!».
«E voi non vedete che una persona sta morendo o siete tutti impazziti?».
«Non hai ancora capito che ci devi lasciare in pace? Tutto filava liscio fino a dieci minuti fa, prima che arrivassi tu!».
«Proprio non capisco cosa diavolo vuoi dire».
«Vedi, tu ti sei in qualche modo, come dire,intromesso. Ecco, ti sei intromesso! ».
«Intromesso? Ma sei scemo o cos’altro?».
«Senti, se non te ne vai subito da qui , io la tua macchina te la sposto con una botta!»,gridò impaziente e aggressivo.
Di fronte a tanto cinismo non avevo più la forza di parlare e il ragazzo gravemente ferito mi fissò negli occhi con tantissima tristezza da strapparmi il cuore dal petto.
«Ma davvero non sono autorizzato in alcun modo ad aiutarti?», chiesi, disperatamente, al giovane ormai prossimo alla morte.
«Vattene e sblocca il traffico!», rispose con arroganza e strafottenza il ragazzo ferito, chinando subito dopo il capo.
«Ma se tu rimani in questa condizione finirai presto per morire!», gli gridai avvicinandomi al suo volto.
«Non fare un altro passo! Ti supplico di andartene».
«Che senso ha tutto questo?», urlai verso la folla inferocita.
Il giovane alzò la testa leggermente verso di me e con una voce flebile mi rivelava le sue ultime e drammatiche parole:«Lascia stare. Non pensare a niente e non farti troppi problemi inutili. Non hai ancora capito che qualcuno…deve pur morire!».
Kafka è uno dei miei scrittori preferiti ed ovviamente non potevo perdermi questo riuscito omaggio (fra l’altro “Rinuncia” è una genialata inarrivabile). Ottima la tua introduzione al “labirinto stradale”: riesci a coinvolgere il lettore e a creare una situazione di pura frustrazione kafkiana. Mancano solo le sirene che risuonano in lontananza senza soluzione di continuità… La seconda parte mi pare più onirica, più straniante e mi ha ricordato “L’avvoltoio”. Complimenti, un racconto che ho letto con grande piacere!
Interessante racconto, di chiaro stampo kafkiano. L’unica cosa che mi disturba è l’editing della prima parte e forse il finale, seppur sorprendente, è un po’ troppo secco.
Se hai voglia, sono anch’io in concorso nella sezione ‘racconti per bambini’.
Arianna
Ciao Sandro, questa metafora della società è ben riuscita, chiara. Non c’è entrata né uscita; ne siamo invischiati come in un labirinto,Ci vengono imposti percorsi e direzioni e,nemmeno di fronte alla vita o meglio al soccorso di un uomo morente, possiamo essere scossi. Tutto c’ è contro, ci sovrasta e noi, con un senso d’angoscia. (l’appannamento dei vetri, il cancello di casa chiuso, bloccato) non riusciamo a raggiungere il nostro obiettivo di vita. Bravo.
Emanuele
Amo Kafka, anche se talvolta lo trovo quasi indecifrabile. Forse perché lui ha voluto descrivere l’assurdità e il non-senso dell’esistenza. Posso dirti che ho letto questo racconto con grande curiosità ma non so se l’ho capito fino in fondo. Ma forse sta proprio qui il punto: probabilmente non c’è niente da capire. Ma solo da accettare quello che viene.
Ciao Duccio