Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Ho una paura matta anch’io” di Maria Carla Scapparino

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Mi sconvolge il pensiero di come tutto sia cambiato velocemente e lentamente insieme.  Se fosse possibile afferrerei il tempo e come un nastro lo arrotolerei per tornare al punto in cui dovrei trovarmi. Fotografie di Elena, Diana e Davide sono appese confusamente in una grande cornice, facce di bimbi che vedevano il mondo nella più totale inconsapevolezza. Adesso sono grandi e chi avrebbe immaginato che potessi dimenticare il compleanno dei miei stessi figli? Ma mi succede. Non presto attenzione come gli altri si aspettano che faccia. A volte sono solo stanca. In una vita le cose sono così tante che poi diventano un  peso. I bambini portano via tante energie. Tutta l’emozione, la preoccupazione per il loro arrivo, i loro bisogni. Ho provato felicità, amore e ansia ma guardandomi indietro non me le ricordo. Parte dei ricordi e dei sentimenti non è più dentro di me.

La gente dice “non so come fai” ed io rispondo che faccio solo del mio meglio cioè quello che vogliono che dica. Alcuni giorni sono triste e piango anche, come se lacrime amare potessero cambiare qualcosa.

Ci sono giorni buoni in cui Elena fa quello che più le piace come quando va a fare volontariato all’asilo, le piacciono i bambini e se ne occupa volentieri. Nelle giornate così mi chiedo se mia figlia sia ancora lì dentro da qualche parte, anche se molto lontano o se si sia persa. Ma all’asilo non la vogliono ed adesso non ci va più.

“Come va, un po’ meglio?” Rispondo sempre: “Sì grazie, sta bene” e la gente è così contenta di sentirlo perché non deve sforzarsi di dire o fare altro. Sta meglio perché gli interventi chirurgici d’urgenza sono finiti, perché ci sono meno interventi ricostruttivi, perché i capelli sono ricresciuti, perché non ha più bisogno del catetere, della sedia a rotelle, del deambulatore. Quando cammina adesso ha una gamba buona ed una cattiva, quella buona va avanti per prima quella cattiva se la trascina dietro.

I medici sono sempre positivi: ha fatto tanti progressi e ne farà ancora. Non tanto numerosi e rapidi, non arriverà al cento per cento e di sicuro non sarà mai quella che era prima dell’incidente. Mi sollevano con una mano e mi schiacciano con l’altra. Adesso detesto i dottori. I primi giorni mi avevano detto di non farmi illusioni, che forse non sarebbe sopravvissuta. Ho aspettato e aspettato che mi dessero una risposta concreta che mi togliesse di dosso il terrore, ma coi medici, ora lo so, non c’era mai niente altro che un  altro giorno in cui la paziente non era morta.

La gente ha mandato tantissimi biglietti, in chiesa si è pregato. Ora sono passati sette anni, sono rimasti la vita e il tempo e tutto è diventato insignificante.

Così la mia bellissima e ostinata figlia mi è stata strappata via ed al suo posto ora c’è questa creatura così difficile cui è stato necessario insegnare da capo a mangiare, a lavarsi, ad allacciarsi le scarpe. Tre volte la settimana fa ancora fisioterapia, ciclicamente logopedia, i terapisti sono incoraggianti … come i medici. Misurano la speranza in “bravissima Elena! Ancora una volta! Un ultimo sforzo! “ Elena fa e tutti concordano che stia facendo lenti ma costanti progressi.

Ci sono funzioni del cervello involontarie, come il respiro e il battito cardiaco. Il cervello se viene colpito continua a cercare di fare il suo lavoro tra connessioni, scintille e cortocircuiti. E’ il cervello che controlla i movimenti, tutto ciò che è avvertito dai sensi, toccato, visto, annusato, il linguaggio, la parola, la logica, la memoria, il comportamento, il giudizio. Mi hanno spiegato che Elena può esercitarsi in modo che la semplice ripetizione può convincere il suo cervello a seguire una certa strada, ma ci sono funzioni che sono diventate un’autostrada che non porta più da nessuna parte.

Risalendo lungo il nastro non sarei la madre di nessuno, ma posso solo andare avanti e sarò sempre, sempre e solo quella che cucina, persuade, minaccia, placa e li ama indipendentemente da ciò che fanno (a parte proprio quando non ci riesco; non è esattamente involontario come respirare).

Ad Elena i capelli sono ricresciuti più scuri, prima dell’incidente la prima cosa che si notava erano i lunghi capelli biondi.

Gli interventi le hanno lasciato una diversa espressione facciale, Elena si accorge che le persone la fissano o cercano di evitare di farlo mentre si domandano cosa c’è di strano in lei.

Elena è la prima dei miei figli e la voglia di scattare foto ha fatto che il suo album sia il doppio degli altri, ma non lo apro mai anche se me lo ricordo tutto: lei all’ospedale vestita di bianco senza capelli, con la bocca aperta in uno sbadiglio o in uno strillo, in alcune dorme, poi gattona, si regge in piedi, poi regge in braccio i suoi fratelli fino ad una Elena decisamente grande che apre la sfilata del palio di Asti.

A volte penso che Elena sia nata in un mondo fatto di normalità e speranza e che ora viva in un altro pieno di tristezza e fallimenti. Tutti dicono che è un buon segno se ha qualche interesse, qualcosa che la porti fuori casa. Posso solo immaginare le battute che fanno tra di loro o il fastidio che provano quando Elena è all’asilo coi loro figli. Ci andava con qualsiasi tempo, nonostante la gamba dolorante.

Adesso Elena esce di casa regolarmente. Anche il suo modo di parlare è un po’ migliorato, non sembra più una sordomuta che cerca di parlare tirando ad indovinare le parole.

Nonostante io abbia dato tutta me stessa per prendermi cura di Elena ora mi sembra di essere stata abbandonata, mi sento sola senza Elena di sei anni fa ed è forse per questo che ogni giorno mi sento e forse appaio anche un po’ più triste.

Dal 24 settembre 2007 al 18 giugno 2008 duecentosettantuno giorni di ricovero, nove lune,  Elena è rinata e le dico  “lo so che hai paura. Hai una paura matta, ma io non voglio che tu abbia paura “

Ho una paura matta anch’io.

Posso solo sopportare con pazienza e vincere con l’amore le pressioni esterne ed interne, la sofferenza chiede amore ma non è facile amare così.

 

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8 commenti »

  1. Buongiorno Maria Carla, quante emozioni in questo racconto, complimenti.
    Pochissime parole spese in modo misurato, forte, anche doloroso. Tanto dolore ma la protagonista ha ricominciato a vivere.
    Grazie mi ha colpito!

  2. Duro e amorevole. Avrei anche qualche commento su certe forme che hai usato, ma come si fa davanti a un argomento così grandiosamente doloroso? Sarebbe come sghignazzare in chiesa.

  3. Grazie Liliana e grazie Sergio. Sono curiosa per cui Sergio commenta pure. È il mio primo racconto, i tempi, le persone, i nomi, i luoghi sono tutti reali. Scriverlo mi ha fatto bene, ho liberato un po della mia rabbia ed espresso la mia stanchezza.

  4. Ciao Carla… Mi ha rattristato leggerti… Mi ha fatto pensare tanto. Amo profondamente Elena per la sua forza, l’ho sempre ricordata cosi, con tanta voglia di ballare al mondo… Ma cosi ho scordato la tua solitudine nella quotidianità… È questo racconto lo sputa violentemente e con rabbia addosso… Grazie per averlo scritto.

  5. Notevole interesse mi suscita la scansione temporale del racconto più della tematica anche troppo usata (abusata?) del dolore, seppure parli di carne viva che fa male e merita quindi la più profonda empatia e rispetto, grazie e complimenti

  6. No, va bene così. Brava.

  7. Ho una paura matta anch’io. O almeno l’ho avuta, finchè non ho capito che la malattia, il dolore, la sofferenza ti proiettano semplicemente in una diversa dimensione. Riconoscere e accettare la nuova condizione, sganciandosi dall’idea preconfezionata che ognuno ha di sè stesso, apre ad orizzonti inesplorati e consente di scoprire energie del tutto insperate. Grazie per aver condiviso le tue emozioni con noi. Sii felice.

  8. Un racconto senza trama, un racconto intimo di pensieri, riflessioni e emozioni legati a fatti di vita dolorosi e drammatici. Non si parla di essi in modo aperto, si allude e si fa riferimento con leggerezza e insieme con drammaticità. L’amore è il sentimento che prevale e addolcisce la storia altrimenti angosciante
    Interessante!i

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