Premio Racconti nella Rete 2015 “Uragano” di Simone Bachechi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015E’ venuto una specie di uragano e tutti si sono voltati, interrotti, camusi confusi e svegliati nella notte finalmente qualcosa è successo mi dico oggi, cosa è successo? e qua e la banderuole al vento, luci spente, linee telefoniche interrotte, qualcuno fece giustamente notare che c’erano delle priorità e restare tre quattro cinque otto o dodici giorni senza connessione internet doveva apparire accettabile e comunque un gesto di solidarietà verso chi aveva avuto gravi e ben più ingenti danni. Il mio quartiere è sempre stato abitato da persone anziane, quella notte io mi svegliai nella mia camera da letto a mansarda e mi sembrava di stare in mezzo all’oceano, luci verdi e una statua scoperta dal velo ma oscena e verde così pure lei, avrei voluto urlare allora se questa chiunque che la avesse mandata se poi intendeva chiamarla pure tempesta, raffiche fortissime ma non a getto continuo andavano e venivano, erano volendola dire tutta come degli spasimi, come se avessi mangiato troppo mascarpone e ti si sviluppa dentro tutta una specie di colica intestinale che poi vai al bagno ed è tutto risolto meno l’indolenzimento muscolare nel basso ventre che ti rimane. Queste scosse però non si erano mai viste, né nel mio quartiere di anziani né in tutta la città e nell’intera nazione si seppe poi. Arrivava un gran mulinìo di rumorosa furia, si capì poi dai telegiornali fosse Grecale e veniva da est, dai Balcani, alcuni vecchietti furono male informati e dissero che era Bora, ma la Bora qua non ci arriva. Si sentiva un rumore spaventoso e sordo avvicinarsi e poi tutto si scuoteva quasi a cadenze regolari, io istintivamente mi aggrappavo alla testiera del letto e al comò, la paura di quell’albero in tempesta che era la mia camera turrita non mi impedì di affacciarmi all’oblò che aveva la forma della mia finestra sul tetto e farmi guardare nell’abisso. Era una notte quasi chiara, al lume di una pila, le nuvole basse dei giorni scorsi si erano alzate e volteggiavano uniformi a mezz’aria sopra le correnti caduche. Non c’era niente di poi così strano e si vedevano gli alberi oscillare, le antenne tv svolgere macabre danze, ma era tutto apparentemente normale, forse mi affacciai in un momento di quiete o chissà che cosa, quando lo spasimo arrivava e mi prendeva allora mi rintanavo sotto le coperte alla ricerca di una qualche protezione. Il tetto lo avevo ispezionato l’estate scorsa e le marsigliesi non è che godessero di grande salute, eppure sembrava si muovessero sì ma come un blocco compatto, non ad una ad una in uno scardinare sussultorio come avevo sentito altre volte con del vento ben moderato a sbattere e creare ciottolame fra di loro. Era sì un vento ben diverso, sconosciuto, arrabbiatissimo e tremendo e forse avrei solo dovuto aspettarmi che in un ansito più forte fosse scoperchiato tutto di netto e che anche io potessi forse volare via nella notte finalmente. Nuove ondate come urli da lontano si abbattevano sulla mia casa capii lato est e devo pensare anche sulle altre, mi aspettavo che passasse tutto per rimettermi finalmente a dormire semplicemente e che tutto fosse passato indenne la mattina dopo fu motivo di moderata soddisfazione. Si scossero vasi, vetri e lamiere durante la notte e grosse assi che sbattevano ad ogni ondata, ma niente di più e la mia casa e la torretta di controllo che era la mia camera sul tetto ressero egregiamente il colpo, orgogliosamente lo dissi ad alcuni vicini la mattina duecento metri più in là sembra un mulinello si sia formato proprio vicino a casa mia se è vero che un intera palazzina ed una bifamiliare sono state scoperchiate vergognosamente senza pudore di tutto il tetto e per le strade adiacenti sembra ci sia stato un bombardamento. Alcuni hanno fatto giustamente notare che se fosse accaduto di giorno ci sarebbero stati dei morti. Altri assentirono alla teoria del mulinello. Dissero era avvenuto poco prima delle tre di notte ed io a quell’ora sentii forse e avrei voluto vederlo il mulinello passarmi lì accanto proprio invece che disdetta lo ho mancato ora credo di un pelo nel mio affacciarmi a intervalli all’oblò e ricordo solo che mi sembrò in un solo momento di udire il rumore nitido e fragoroso di un aereo da cargo militare, un Hercules o un Antonov forse passare lì vicino rasente ed andarsene via, pensai fosse un aereo in difficoltà o che fosse una cosa seria che i militari venivano a vedere cosa succedeva o che forse era proprio scoppiata la terza guerra mondiale e nessuno aveva detto niente. Realizzai che quel grido meccanico sinistro e gutturale fu forse proprio il mulinello, il top dell’uragano. Pensai anche alla mia macchina che era parcheggiata solo cento metri più lontana e che non aveva ricevuto nessuna tegola addosso e nemmeno un solo graffio mentre diverse auto sotto la palazzina erano state del tutto distrutte e decapitate. I giornali ed i notiziari più dotti e con maggiore capacità di analisi sentenziarono che non si poteva parlare di un vero e proprio uragano che ha delle raffiche costanti lungo tutta la dorsale delle sue spire, mentre qui si erano raggiunti dei picchi altissimi e devastanti e le folate andavano e venivano come attacchi di colecisti. Sembrava ci fosse stato uno Zair o un mostro se non proprio Eolo enormemente seduto a gambe larghe sopra di noi quella notte. Certo era che non fu un uragano, in un modo o nell’altro molti si erano ingannati, sebbene ebbi conferma in strada così delle mie sensazioni e della furia di quella notte e andai a farmi un giro per la mia città devastata al riparo e debita distanza da viali alberati con i rami, i tranciati ed i fusti caduti con le radici ad estirpare l’asfalto, lontano da tettoie, cornicioni e dal rumore della gente che in una mattina arida e grigio-chiara faceva la stima dei danni.