Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “La vita non ha età” di Maddalena Frangioni

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

“Ciao, cara”, diceva una voce calma e tranquilla attraverso la cornetta, “come stai? Ti auguro anche per questa notte un sonno sereno e un risveglio felice. Ciao cara, a domani”.

“buonanotte anche a lei, cara signora Antonia, a domani”, rispondeva Irene.

Da alcuni mesi, ogni sera, la telefonata arrivava puntuale alle venti.

Irene, nel guardale l’orologio e rispondere al telefono, sapeva già chi era la persona che la salutava. Finita la breve conversazione rimaneva per un attimo immobile e perplessa.

Era affascinata da Antonia, la pittrice, come veniva chiamata dai paesani, che, sebbene quasi centenaria, era in grado di telefonarle con quel calore e quella grazia difficili da immaginare in tanta vecchiezza. Il tono gentile di quella voce le suscitava tanti ricordi. Le sembrava di vederla davanti ai suoi quadri, mentre le abili mani come un’onda continua, si spostavano sulla tela posata sul cavalletto.

Ripensando all’ultimo incontro Irene si sentì scossa da un leggero brivido, amaro e piacevole insieme. Per anni, da quando si era sposata e aveva lasciato il paese non l’aveva più vista. Presa tra la famiglia e il lavoro non era riuscita più a tornare. Il paese era lontano e la città dai ritmi frenetici era troppo ingombrante nella vita quotidiana tanto che, a volte, aveva pensato di non farcela. Nel correre a scuola al mattino dagli alunni e tornare a casa la sera dai figli il tempo era passato in un baleno, portandosi via, insieme alla giovinezza, molti sogni e speranze. Quella vita, che, da adolescente, aveva immaginato felice, attraverso le belle parole e i consigli di Antonia, era svanita, dissolta, dopo pochi anni di matrimonio, quando il marito l’aveva lasciata e lei era rimasta sola. Aveva sofferto e, spesso, nelle lunghe notti insonni, si era trovata a pensare alla sua vita di ragazza. Le venivano in mente le calde giornate estive nel giardino di Antonia all’ombra del grande platano a fare merenda dopo ore di posa nello studio. Rivedeva se stessa in preda al riso per qualche battuta delle amiche, mentre Antonia intonava una canzone.

Ritrovava la calma e si addormentava. Erano stati davvero belli quegli anni, quando Antonia era pronta a confortarla nei momenti di tristezza per qualche delusione d’amore. “Che donna straordinaria!”, diceva ogni volta che metteva giù la cornetta. Irene conosceva il dolore dell’amica per l’abbandono da parte del marito e sapeva delle difficoltà di vivere da separata. Conosceva il suo coraggio nell’aver affrontato a testa alta i pregiudizi e le critiche ingiuste. Aveva sempre ammirato il suo coraggio e quando era capitato a lei di separarsi si era sentita meno sola. Aveva seguito il suo esempio scrollandosi di dosso la frustrazione e coltivando nuovi interessi e nuove amicizie. Antonia aveva scoperto la passione della pittura. Il suo incontro con l’arte era stato come un colpo di fulmine diventato nel tempo un amore profondo da coinvolgerla per tutta la vita. Una vera passione.Nella bellezza dell’arte aveva ritrovato la gioia e il suo studio pieno di quadri ne era la testimonianza. Irene senza rendersene conto aveva cristallizzato nella mente l’immagine di Antonia come una donna appagata tanto da farla diventare un “mito”. Soltanto col passare degli anni si chiedeva come avesse fatto l’amica a superare il disagio di una vita così tanto solitaria. Lei non ne sarebbe stata capace. A cinquant’anni l’idea d’invecchiare sola l’angosciava. Non aveva nè la pacatezza nè il coraggio di Antonia. Lei al contrario era sempre stata agitata e frettolosa nelle scelte senza soppesare bene i pro e i contro delle cose, come quando si era sposata senza riflettere bene su quel futuro marito, tanto diverso da lei.

Ora che il suo corpo stava perdendo elasticità e il suo viso era meno levigato e lucente, si sentiva a pezzi. Lo specchio mostrava una donna sfiorita, invecchiata. Era insofferente e non accettava i cambiamenti dovuti all’età, come quei capelli grigi. Aveva sempre pensato che ci sarebbe stato tanto tempo prima di…

Si confortava nel leggere sui giornali che la parola “vecchiaia” era stata bandita e al suo posto si preferiva il termine “terza età”, un’età particolare, ma piacevole, in cui si possono fare tante cose e togliersi delle soddisfazioni.

Era curiosa di sapere, ma, non essendo del tutto convinta, preferiva non parlarne. Ricordava la vecchiaia del nonno senza paura, come capita a chi è giovane e non si rende conto. I vecchi allora non la preoccupavano, erano altro da lei.

Ora invece che la cosa cominciava a interessarla il suo atteggiamento era cambiato. Temeva l’avvicinarsi della senilità che giudicava “orribile” per le brutte cose che nascondeva.

Era per quest’ansia che aveva deciso di rinviare l’incontro con l’amica quella domenica di luglio quando era tornata al paese. Temeva, nel rivederla, di infrangere il ricordo di quel luminoso sorriso e di quegli occhi gentili che avevano accompagnato la sua giovinezza. Desiderava mantenere inalterato il ricordo, chiuso nell’animo come un segreto.

Alla fine, però, la curiosità e il  desiderio d’incontrarla  avevano vinto e si era spinta fino alla sua casa. Aveva suonato il campanello e aspettato con trepidazione che il cancello si aprisse. Un’anziana signora, che da tempo si occupava della casa, era venuta a aprire introducendola nello studio. Appena entrata aveva dato un’occhiata e, nel notare lo stesso disordine di un tempo, aveva sorriso. Colori e pennelli sparsi sul tavolo, il cavalletto in mezzo alla stanza, tele finite deposte per terra e quadri appoggiati sulle sedie da finire. Aveva sbirciato l’ultima tela coperta da un leggero foglio di carta velina. Che emozione nel vedere quel vaso di girasoli troneggiare sullo sfondo di un cielo blu intenso. Non era possibile che Antonia potesse dipingere con tale fervore.

Finalmente la porta dello studio si era aperta per lasciare passare la carrozzella su cui sedeva l’amica, le gambe nascoste sotto una leggera coperta. Da diverso tempo Antonia non camminava più, la fragilità del suo corpo le impediva di stare in piedi.

“Irene, finalmente!”, aveva detto Antonia vedendola in piedi, “sapevo che eri arrivata in paese e ti aspettavo. Sai quanto per me questa visita sia importante! Ora che sei qui sono felice, grazie”.

“Si, Antonia, sono qui, sono venuta a salutarti e…scusami se ho tardato tanto”, aveva risposto Irene con voce commossa, stringendo tra le sue quella mano sottile.

“Vieni, vieni vicino a me Irene”, aveva aggiunto Antonia, “sai quanto i miei occhi siano deboli e io desidero vedere il tuo nel viso, dagli occhi espressivi, dalla bella bocca, raffigurato per tanti anni sulle mie tele, ricordi?”.

Irene era andata a sedersi vicino e subito le due amiche avevano preso a parlare tra sguardi premurosi e discorsi leggeri. Col passare dei  minuti Irene aveva capito che quella non era una semplice visita di cortesia, ma un vero incontro tra due amiche che si vogliono bene.

Antonia si era accorta dell’emozione e di un certo turbamento di Irene attribuibile forse alla sua vecchiezza, allora, per rassicurarla l’aveva invitata a guardare oltre la finestra, dove in quel momento si era posato un pettirosso.

“Ecco, Irene, guarda io oggi sono come quell’uccellino, debole e insicuro, ma il mio cuore è forte come quello di un grande uccello che si libra alto nel cielo. Il tempo è vero corrode la parte esterna di noi, cioè il corpo, ma non scalfisce minimamente i sentimenti che, anzi, negli anni si rafforzano. Io mi emozione con la stessa intensità di una volta e guardo con stupore il piccolo fiore di campo così come la lucertola del mio giardino o il volto di un bimbo piangente attaccato alla madre. Sono gli affetti insieme ai ricordi a riempire il mio cuore e la mia vita”.

Irene l’aveva ascoltata in silenzio, poi, superato il disagio, con slancio l’aveva abbracciata. Si sentiva bene ora e sarebbe rimasta se Antonia non le avesse fatto capire che era stanca.

Prima di salutarla Antonia aveva aggiunto che la vecchiaia, come l’infanzia e la giovinezza fanno parte della vita, semplici  tappe dell’esistenza, da accettare senza drammi.

Quelle parole avevano cacciato tutte le incertezze e fatto chiarezza nell’animo di Irene. La visita l’aveva rasserenata e l’aveva messa di buon umore.

Antonia era la stessa donna di sempre con il sorriso e gli occhi sinceri. La vecchiaia le era apparsa meno “terribile” di quanto avesse pensato. Il ricordo dell’amica non era stato infranto e il “mito” era rimasto inalterato nella sua coscienza.

Mentre s’incamminava verso casa Irene non faceva che ripetere a se stessa che la vita va vissuta fino in fondo con entusiasmo e stupore, perchè, dopo tutto, l’età è una convenzione e la vita non ha età.

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2 commenti »

  1. Buongiorno Maddalena, molto delicato e profondo il tuo racconto.
    Una storia semplice ma che racchiude in se le fragilità di una donna e la forza dell’altra. Uno scambio sincero tra di loro, una intesa che va oltre le parole.
    Mi è piaciuto molto.

  2. bello, scorrevole, intenso e significativo, complimenti!!!

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