Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “L’evasione” di Adelisa Corbetta

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Sidaun si trovava in carcere con i suoi amici Toll e Giamp. Giornate lunghe, settimane sempre uguali. Toll non stava bene in salute, Giamp preferiva dormire e ingannare la malinconia: stava spesso rannicchiato, con la faccia verso il muro, in posizione un po’ fetale. Si copriva spesso con una coperta stinta e a volte, inseguendo pensieri, fissava tre macchie sul muro, cercando in esse sempre nuove forme. Sidaun, se vedeva gli amici più tristi del solito, si sedeva accanto a loro, cantando qualcosa nel suo dialetto.

Sapeva che Giamp si sarebbe alzato e avrebbe camminato verso la porta, come per raggiungere qualcuno.

Sidaun s’era fatto un amico, un gatto di nome Giraffa che bazzicava nelle carceri, occhi verdi, mantello grigio chiarissimo. Talvolta lo attirava con qualche piccolo boccone. Spesso Giraffa lo ignorava tenendosi lontano; ma a volte, desideroso di contatti, si lasciava prendere per la collottola, acconsentiva a due carezze e a farsi posare, poco dopo, vicino a Giamp. Egli, senza voltarsi, cominciava ad accarezzarlo; le orecchie setose guizzavano tra quelle dita un po’ rudi e un po’ delicate. Giraffa si sentiva apprezzato ; con un saltello scendeva dalla branda e andava in cortile. Giocava con ciò che trovava: qualche tappo, un mozzicone, un fiammifero, del carbone… Prediligeva stare in cucina, infilarsi in un forno fuori uso e buio, controllare i movimenti ed entrare in azione, al momento opportuno…soddisfacendo l’appetito. Quando pioveva saliva nel sottotetto a trovare i suoi simili.

Le giornate trascorrevano tutte uguali e nessuno contava più il tempo.

Sidaun, tuttavia, non si lasciava abbandonare dalla speranza: si radeva con attenzione ogni giorno, curava la sua persona e quando sentiva il rumore della serratura la vita lo riprendeva, i colori del cielo, del mare, delle montagne, degli sguardi amati.

Nella cella passava le sue giornate anche Toll, il più giovane. Come a Giraffa, gli piaceva giocherellare con ciò che trovava, con fantasia e con vero senso del bello.

Una sera fece ballare il tango a due calzini; Giamp aveva riso! Un’altra sera, non tollerando oltre il sonno dell’amico, gli aveva tolto la coperta con uno strattone, vi si era avvolto a mo’ di toga e aveva declamato, puntando l’indice verso di lui:”Usque tandem, Catilina abutere patientia nostra, usque tandem, usque tandem…?” Fino a quando?

Dopo il pasto, in genere, faceva il batterista: corrispondevano al suo estro posate, coperchi, latte, bicchieri.

Se Giraffa era nel circondario, captava all’istante i preparativi “musicali”. Allora spariva.

Se Toll e Sidaun si organizzavano insieme, era …. la corrida! L’aria risuonava di colpi di tacco e suoni secchi, Sidaun s’inarcava con eleganza al passaggio di Toll che, scalciando, balzava dappertutto.

Giamp  si copriva la testa con il lenzuolo, Giraffa assisteva da sopra l’armadio.

Altre serate erano molto più tristi; Sidaun prendeva la sua armonica a bocca e suonava il “Silenzio”.

Succedeva che, a quella musica, monotona e un po’ dolce nelle intenzioni di chi suonava, molti si addormentassero.

Una sera, una come tante altre, Sidaun stava seduto sul bordo della branda ad osservare una formica, entrata chissà come, quando vide, poco distante, qualcosa di nero… un pezzo di carbone!

Lo raccolse, lo osservò, lo passò tra le dita. Poi di colpo… fu preso da un’idea: balzò in piedi e cominciò a tracciare su una parete segni leggeri.

Un rettangolo grande, un telaio, una maniglia per chiudere… ma no, meglio spalancata questa finestra!

Ora, a circa due terzi dell’altezza tracciava una bella linea: l’orizzonte. L’emozione lo catturava, già presentiva ciò che quel disegno avrebbe rappresentato e lavorava intensamente. Cercava di rendere i colori del cielo e del mare al tramonto, con segni sempre più tenui a mano a mano che si avvicinava dal mare al cielo.

Quanti erano stati i tiepidi tramonti d’estate, quando l’acqua lo invitava e lui si lasciava accogliere, avvolgere! Preferiva le serate di calma, con quella superficie dai mille riflessi viola, rosa, azzurri, bianchi… In quelle sere avrebbe voluto nuotare senza spostare l’acqua. Avanti, avanti, ancora avanti verso l’orizzonte. Poi fermarsi, respirare, coricarsi a guardare il cielo.

Adesso nulla esisteva più di quella stanza, nè il pavimento nè le pareti.

Sidaun aveva scoperto un modo di evadere.

Improvisamente pensò ai suoi compagni, per offrire anche a loro una bella occasione. Aveva trovato altri due pezzi di carbone, si mise all’opera.

Stavolta il paesaggio era diverso.

Aveva in mente i momenti in cui scendeva lentamente le scale, a casa di un’amica e osservava con gusto ciò che non notava quando saliva correndo. Disegnò quel giardino.

Collocò nel rettangolo di una nuova finestra un’aiuola con al centro una grossa palma, attorno quattro cespugli, a sinistra un sentiero, una rosa rampicante e, dietro ancora, il muro di una casa bianca. C’era tanta erba fino quasi a coprire una panca di legno verniciato. La palma innalzava il suo tronco  massiccio, mentre piccolissimi datteri verdi scendevano tra i rami.

Sidaun curò particolarmente il disegno dell’erba: quella contro il muro alta e vigorosa e quella nel prato nuova e fresca, dopo la falciatura.

Si allontanò di tre passi: soddisfatto; quel prato invitava al piacere e alla frescura.

In cuor suo sperava che il disegno piacesse ai suoi compagni e, in un certo modo, fosse loro utile.

Toll, sbucciando una mela, si mise a parlare. Gli piaceva quel modo di disegnare, quel paesaggio primaverile. Posò la mela e osservò a lungo.

La scena gli evocava un bel ricordo: l’erba sembrava ondeggiare.  sentiva un profumo…Appoggiò le spalle al muro, chiuse gli occhi.

Silenzio.

Giamp dormiva profondamente, coricato su un fianco, come quando pensava, piangeva o fissava le macchie sul muro.

Sidaun esitò a lungo; soprattutto per lui aveva disegnato, con cui tante volte avrebbe voluto fare a metà dei pensieri; ma dormiva.

Lo guardò: era immobile. Gli toccò una spalla e lui si mosse; si mise a sedere, guardò la coperta, poi l’amico, poi la parete.

Catturato da quella, si alzò lentamente e camminò fino al disegno.

Sorrise, ma un sussulto lo scosse: odore di terra, profumo di rose…

Cominciarono a scendergli lacrime calde che piano piano lo lavavano e gli accarezzavano il viso; sorrise e sorrise ancora verso l’amico.

Sidaun guardava: la finestra, il pianto, l’evasione.

 

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7 commenti »

  1. Interessante metafora. Mi hai stupito. Se hai voglia, leggi le mie favole: Il Coccodroccolo e Penelope la Tessiragna.

  2. Cosa c’è di più appagante del riuscire ad infondere speranza in chi condivide il nostro stesso, tragico destino? Come un padre ad un figlio che piange sconsolato, come un uomo ad una donna che non crede più nell’amore o come qui, un prigioniero ad un compagno di cella che si sta arrendendo alla propria condizione. Che sia la perdita di libertà, che sia la morte, che sia la vita stessa. C’è sempre qualcosa che sembra troppo grande. Bellissimo racconto, bellissima metafora. Grazie e complimenti sinceri.

  3. Grazie Demian, dice un maestro buddista che accendendo una lanterna per gli altri si illumina il proprio cammino!

  4. Possono toglierti tutto: l’amore, la libertà, la dignità, ma nessuno può toglierti la speranza e la speranza ha i contorni sfumati di una finestra, tracciati con un pezzo di carbone sulla parete umida di una cella… Nessuno può rinchiudere un’idea, un sogno… Non so perché ma mentre lo leggevo mi è capitato di pensare a Nelson Mandela. Dieci anni fa sono stato in Sud Africa, ho visto la sua cella a Robben Island… Non dimenticherò mai l’angoscia che ho provato, mi è mancata l’aria… Eppure ci sono rimasto solo per pochi minuti… Complimenti! Sarei curioso do sapere che ne pensi del mio “La Torretta di Guardia”

  5. Si, si riesce ad evadere quando vediamo i muri intorno a noi come tele sui quali disegnare sogni e progetti che prendono corpo e realtà quando vengono condivisi con altri.
    E’ l’atto nuovo che rompe lo schema che ci fa scorrere la vita dentro, come il viaggio delle due sorelle. Auguri!

  6. Molto bella l’immagine della finestra che guarda attraverso il silenzio. Efficace anche il modo in cui rappresenti il modo in cui Giamp, che dei tre sembra quello che ha abbandonato di più la speranza, scopre la possibilità di vedere la vita attraverso il disegno dell’amico.

  7. Molto originale. Leggendolo mi resta addosso un velo di malinconia e di speranza disillusa.
    L’uomo ha bisogno di sopravvivere, sempre, aggrappandosi a qualsiasi cosa.
    E tu questo lo rendi molto bene.
    Bello!

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