Premio Racconti per Corti 2015 “Solo” di Luigi Menna
Categoria: Premio Racconti per Corti 2015La testa di DAVID è poggiata sul pavimento, si sta svegliando da un sonno disturbato, prima di aprire gli occhi farfuglia qualche parola incomprensibile. Il suo corpo è rannicchiato accanto a una parete, si intravede parzialmente a causa della poca luce che a intermittenza proviene dall’esterno e che a malapena riesce a filtrare dalle tende poste alle finestre, ma tanto basta a percepire il luogo. Le palpebre si aprono e chiudono più volte in poco tempo,DAVID si guarda intorno e, dopo qualche secondo di smarrimento, intimorito sussulta con il corpo verso l’indietro, a cercare un sostegno che trova nella nuda parete alle sue spalle.
Facendo forza sulle braccia si posiziona seduto, con le gambe piegate e aderenti al petto, cerca di schiacciarsi il più possibile alla parete, è evidente il terrore che prova.
Gli occhi di DAVID adesso fissano qualcosa di indefinito, dritto davanti a lui.
Un po’ alla volta, grazie alla luce che proviene fuori dalle finestre che come un faro illumina a tratti i vari punti della stanza, scorgiamo una sagoma vagamente umana.
I lineamenti di quello che sembra un uomo sono netti, sembrano disegnati, colpisce la sua rigidità, la postura è dritta come…un manichino! Ma è di questo che si tratta, un MANICHINO, adesso riusciamo a vederlo prima che scompaia dal cono d’ombra causato dall’alternarsi del fascio di luce che riesce a penetrare dalle tende.
Il volto di DAVID quando viene illuminato dalla luce appare segnato dal terrore, che si intensifica quando una voce proveniente dal manichino inizia a gracchiare qualcosa..:
“Curioso…, un… uomo che ha timore di un pezzo di legno…, o è il buio a spaventarti? Aspetta…forse ci sono…tu hai paura di te stesso.. E’così…vero?”
DAVID pur essendo ancora terrorizzato, riesce a pronunciare delle parole: “Chi…chi sei?”
La risposta è serafica: “Oh…se intendi il mio nome ti dico che questo non ha alcuna importanza…E’ certo che posso avere uno o mille nomi, ma per quanto mi riguarda è un dettaglio insignificante…”
David: “ma tu sei…”
IL MANICHINO: “…un manichino? E’ così che mi hanno voluto gli umani.”
La maschera di terrore che prima dominava il volto di DAVID sembra essere stata sostituita da un espressione di perplessità, tuttavia l’uomo non si stacca dalla parete e si rivolge timoroso al suo antagonista: ”Non è possibile, tu sei un robot o qualcosa di simile…, un pezzo di legno non può prendere vita…
“Ti sbagli DAVID …”
L’uomo appare sbalordito: “Come sai il mio nome?
La risposta è secca: “Me lo hai comunicato prima di partire…, lo hai scelto tu…”
“Ma io…non ricordo…non…non è possibile…questo è un incubo…, devo solo risvegliarmi e tutto questo svanirà…
“Ma davvero non ricordi…caro il mio David, davvero non ricordi cosa eri prima di partire..?
DAVID è in preda al panico: “Devo andare via di qua, lontano da questo posto..”
Rasentando la parete, David riesce ad uscire dalla stanza aprendo la porta che era accostata.
La luce fredda di una lampada di emergenza illumina scarsamente il corridoio, ma DAVID riesce a trovare una porta, con la mano destra cerca di afferrare la maniglia e di abbassarla. Ci riesce, la porta si apre, l’ambiente che si trova davanti sembra ancora più buio di quello precedente. Spalancando tutta la porta, la luce della lampada di emergenza proveniente dal corridoio riesce a fare intravedere qualcosa all’interno della stanza, qualcosa che inquieta DAVID.
Sparpagliati, si ergono dritti e immobili tre, quattro, cinque e chissà quanti altri MANICHINI che fissano DAVID. Quest’ultimo non aspetta di contarli tutti, scappa via esempre stando attento a non staccarsi mai dalle pareti rientra di nuovo all’interno della prima stanza, dove si era svegliato poco prima.
DAVID continua a strisciare lungo le pareti, è provato, barcolla e alla fine si lascia scivolare a terra con la schiena attaccata al muro, si tiene la testa tra le mani.
Il torpore dura pochi secondi, una voce lontana poi sempre più vicina pronuncia il suo nome più volte: “DAVID.., DAVID.., DAVID..
L’uomo,spalancando gli occhi guarda davanti a se, dove si trova il manichino, o meglio, dove si trovava il manichino, al suo posto c’è solo una grossa clessidra.
Nell’ampolla superiore della clessidra, un mucchio di granelli di sabbia ha appena iniziato a scivolare nella stretta apertura che collega l’ampolla inferiore.
Ancora: ”DAVID.., DAVID..”.
La voce questa volta proviene da vicino, DAVID di scatto muove la testa verso la sua destra, da dove appunto proviene la voce, ma subito dopo, quasi d’istinto, si sposta repentinamente in direzione opposta cercando di allontanarsi da ciò che gli è accanto.
Infatti, proprio alla destra di DAVID si trova, seduto con le spalle al muro, il MANICHINO che qualche minuto prima aveva parlato con DAVID stesso, si trova giusto di fronte la clessidra, con il braccio destro teso indica con la mano proprio lo strumento che segna il tempo che resta..
DAVID adesso piange sommessamente: “Che cosa vuoi da me…”
“Niente di particolare…voglio solo ricordarti che stai per ritornare tra noi…o forse credi di non appartenere al nostro mondo?”
Nel frattempo la stanza si è popolata di manichini che guardano tutti verso DAVID.
“Il tuo tempo è quasi terminato…, caro DAVID. Vedo nella tua angoscia un senso di smarrimento! Non puoi aver dimenticato chi sei!”
DAVID ha gli occhi ancora gonfi di lacrime, il suo pianto comunque si spegne lentamente, lasciando il posto ad un espressione di consapevolezza, comunque triste.
“No…, adesso ricordo…,purtroppo!”
“…purtroppo? Tu non appartieni all’altro mondo… Hai avuto una straordinaria possibilità di cambiare la tua natura…ma sapevi che era limitata nel tempo…”.
La clessidra sta per svuotare completamente i granelli di sabbia contenuti all’interno dell’ampolla superiore.
DAVID non è più in preda al panico, ma il suo viso è ancora rigato da qualche lacrima.
“DAVID è venuto il momento…”
Mestamente DAVID si rialza, con passo incerto si posiziona accanto a un manichino che gli tende una mano.
La clessidra ha ormai l’ampolla superiore vuota…
Qualche ora dopo, due commessi, in previsione dell’imminente apertura di un negozio dell’aeroporto, stanno provvedendo a sistemare i manichini sulle pedane degli espositori, tra di essi vediamo DAVID, ormai immobile nella sua forma di freddo legno. Uno dei Commessi si sofferma proprio sul manichino, richiamando l’attenzione dell’altro: “Ehi, MARCO vieni un po’ a vedere che strano…, guarda il viso di questo MANICHINO…”. Una guancia di DAVID è rigata da quella che sembra una lacrima.. . Il COMMESSO sfiora con la mano il volto di David: “Uhm…, questo è difettoso…non possiamo tenerlo qui, bisogna sostituirlo…”.
I due uomini provvedono a spostare David. Nel frattempo tutto ci appare sempre più piccolo…, compreso una “fauna” mista di umanità indifferente che comincia ad affollare la zona commerciale dell’aeroporto durante le prime luci del giorno.
Racconto surreale. Interessante la trama e giusto il finale.
Mi piace che i manichini siano di legno. Evoca Collodiani ricordi…
Grazie Valerio. Il legno proviene da Madre Terra, è un materiale “vivo”, non artefatto come altri materiali… . Questo è uno degli elementi che accomuna David agli esseri viventi.
molto intenso, adatto anche per un racconto secondo me, la realtà che vive david è diversa da quello che lo circonda così come i commessi, alla fine, svelano un incontrovertibile destino rappresentato dalla totale passività e impotenza del manichino. quasi una metafora dell’indifferenza del genere umano verso chi si sente, internamente, parte del tutto ma che risulta, a occhi estranei, solo qualcuno da eliminare perché ” inutile”.
Grazie del bel commento Giuseppe. Mi fa piacere che tu abbia colto uno degli aspetti forse più profondi della storia, quello dell’impossibilità di vivere fino in fondo ciò che David sente di essere nonostante tutto…E certo che l’indifferenza, in questo caso, del genere umano non aiuta…Ma David non vive solo in un manichino…: basta guardare il mondo…
Davide si sveglia in un ambiente poco illuminato o illuminato a intermittenza; può essere la metafora della solitudine riservata all’essere umano che ha avuto la sorte di evolversi dallo stato primordiale o primitivo, da elemento amorfo a individuo. C’è il ritorno al mondo inanimato (la morte?) vissuto con angoscia. Bel racconto
Dialogo serrato, funzionale alla storia e al messaggio che, credo, volessi mandare.
Gli uomini a volte si illudono di essere padroni del proprio tempo e del proprio destino… Ma prima o poi sono costretti a fare i conti con la dura realtà… Non siamo altro che manichini in balia degli eventi… Complimenti. Credo potrebbe venirne fuori un corto davvero molto bello. Anche se concordo con Giuseppe sul fatto che la trama si sarebbe ben prestata anche a un racconto più articolato. Sarei curioso di conoscere la tua opinione sul mio “La Torretta di Guardia”
Cari amici, sono più che felice delle emozioni che “Solo” ha suscitato in tutti voi. In fondo è quello che speravo. La storia di David può essere considerata da più punti di vista proprio perchè rappresenta una o più condizioni del genere umano. Che sia un manichino a ricordarci quanto sia importante “vivere” appieno l’esistenza nel “breve” periodo che ci è concesso è certo surreale. Quindi grazie anche a Emanuele e Luigi per aver compreso aspetti e metafore della storia. Per quanto riguarda gli sviluppi e le potenzialità del racconto concordo con voi, ci lavorerò per approfondire sia il personaggio che la storia. “Solo” nasce come soggetto e sceneggiatura per un progetto ben preciso, inespresso, che doveva svilupparsi con un team, adesso c’è questa possibilità con racconti in rete e immagina di Firenze, ma se non dovesse concretizzarsi continuerò da solo.
Ancora grazie per le vostre considerazioni e a presto.