Premio Racconti nella Rete 2015 “Sogno” di Ivan Monasterolo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015Carlo era un ragazzo timido e schivo che non parlava con nessuno. Aveva i capelli castani e gli occhi verdi e potenzialmente poteva essere un bel tipo, ma risultava sciatto, insipido. Una persona qualsiasi. Anche nell’abbigliamento non cambiava, cercava sempre di indossare abiti poco vistosi e appariscenti per non attirare l’attenzione. Una volta laureato aveva trovato un posto di lavoro in una grande azienda dove poteva mischiarsi nella massa e passare in’osservato. Alcuni anni dopo aveva comperato una casa e l’aveva arredata con dei mobili anonimi e privi di gusto. Giorno dopo giorno andava in giro senza farsi notare quando un giorno notò una ragazza molto bella e cercò di avvicinarla, ma lei quasi non lo vide. Era depresso e sconsolato, ma d’altronde cosa si aspettava? Erano anni che cercava di essere invisibile e ora era normale che lo fosse diventato. Camminando lungo una delle strade che percorreva tutti i giorni per tornare a casa dal lavoro notò una cosa che non aveva mai visto. Un negozio di oggetti particolari. Non aveva un’insegna appariscente, ma solamente la scritta luminosa che diceva “Una cosa per ogni cosa”.
«Che nome strano» disse tra se è se guardando la vetrina priva di alcunché. Afferrò la maniglia, spinse e, con un sonoro “Plinplon!”, entrò.
Il negozio era silenzioso e privo di luci a parte qualche candela qua e là che rendeva l’ambiente caldo e accogliente. Sugli scaffali c’era di tutto, dagli oggetti di uso comune a quelli più ricercati. Un rumore di tendine attirò la sua attenzione. Una donna di colore appoggiò le mani nodose al bancone e si guardò intorno con aria interrogativa.
«Vediamo… cosa abbiamo qui?». Lo sguardo era fisso al soffitto come se cercasse di capire cosa la circondasse con sensi di cui lui ignorava l’esistenza.
«Indifferenza, solitudine, apatia… Un sognatore». La sua voce era calda e profonda. Ogni parola pronunciata dalla donna gli fece vibrare l’anima ingrigita dal tempo.
«B… buona sera» disse Carlo incerto mentre si avvicinava.
«Cosa cerchi di speciale? Una distrazione, un po’ di colore… Un sogno?». La voce seducente lo guidava in mondi che non aveva mai esplorato, caldi, vivi, pieni di allegria e completamente privi di indifferenza.
Quando si riprese la donna non c’era più e in mano stringeva una boccetta con dentro un liquido azzurro. Un attimo dopo era fuori dal negozio e poi senza ricordarne il tragitto fu a casa. Ancora vestito si sedette al tavolo e studiò il contenitore in vetro con dentro il liquido. Sembrava acqua colorata e quando aprì il tappo scoprì che sotto di esso c’era scritto qualcosa. Prese gli occhiali, li infilò e lesse le scritte minuscole sporche di azzurro.
“L’elisir dei sogni, una goccia ti farà volare, due ti daranno il potere di creare i tuoi sogni, tre gocce e un capello di una persona ti faranno entrare nei suoi sogni”.
Non poteva essere vero, solo nei film esistevano cose del genere, quella era la vita reale e le pozioni non esistevano. Mentre chiudeva il contenitore una goccia ne uscì da dentro bagnandogli un dito. Più per riflesso che per abitudine si succhiò il dito e quando se ne accorse cercò di pulirsi la bocca con l’acqua. Sicuro di essersi pulito bene si spogliò e fece come tutte le sere, doccia, cena, film mediocre e poi andò a dormire.
Fu un notte come tante altre stipata di sogni grigi e senza sostanza quando notò che stava camminando su un arcobaleno. Un ponte fatto di colori che ad ogni passo si mischiavano e ne creavano altri. Rapito da quella visione non si accorse che il ponte era finito e precipitò nel vuoto. Poco prima di toccare il suolo una farfalla gli passò davanti e fermò la sua caduta. Con un sobbalzò si svegliò, era tutto sudato e ansimava. Era in ritardo. Si alzò di scatto e si vestì senza guardare cosa stava mettendo. Quando fu in ufficio si accorse di aver indossato un capo di un colore differente dall’altro. Tutti lo guardavano. Chi sorrideva, chi bisbigliava qualcosa con l’amico, chi solamente agitava la testa, ma tutti lo stavano guardando. La giornata passò in fretta e fu di nuovo ora di andare a dormire. Prima di coricarsi prese dell’acqua e ci mise dentro due gocce del liquido misterioso pensando a cosa avrebbe sognato quella notte e all’improvviso fu nel vuoto. Non cadeva, ne volava, era sospeso nel nulla. Lui però non voleva quello, voleva sole, mare, una bibita fresca, un giornale e della musica. Appena finì di pensarlo l’odore della salsedine lo circondò, la sensazione della sabbia sotto ai piedi fu vivida e il calore del sole sulla pelle quasi insopportabile. Il panorama era mozzafiato, ma mancava ancora qualcosa. Lentamente il suo sogno fu gremito di persone con la quali parlò e si relazionò per tutta la notte.
Il giorno dopo più ci pensava e più voleva tornare in quel mondo fantastico, ma ancora più grande era la curiosità di provare le tre gocce con un capello di qualcuno. Ma di chi? Decise che lo avrebbe preso dal collega più esuberante, quello che gli sembrava avesse una vita più movimentata di tutti. E così fece. La sera prima di coricarsi lo tagliò in piccoli pezzi e lo mise nell’acqua insieme alle tre gocce e mandò giù tutto di un fiato. Il sogno fu una desolazione. Il collega sognò tutta la notte di essere coricato sul divano senza problemi e senza essere visto da nessuno. Voleva essere lasciato stare da tutti, voleva essere invisibile proprio come lo era lui.
Doveva provarne un’altro. I giorni seguenti li passò ad entrare nei sogni della gente più diversa, dal collega più umile a quello più intelligente allo sconosciuto sul pullman fino a provare quello del direttore. Una notte mentre osservava il sogno molto bizzarro di un uomo apparentemente normale, scoprì che poteva interagire con l’ambiente che lo circondava. Questo signore, sempre elegante e contraddistinto nella realtà, dentro al sogno viveva senza regole. Mangiava schifezze, vestiva con abiti che stonavano tra di loro, aveva i capelli di cinque o sei colori differenti. Voleva evadere dalla realtà di tutti i giorni. In quel momento stava facendo qualcosa di nascosto e lui si avvicinò per osservarlo quando i due si guardarono. Subito non successe niente poi il distinto signore si alzò e cominciò ad insultarlo ed ad inveire contro di lui. Il salto dalle parole alle mani fu breve e i due si azzuffarono.
Non gli era piaciuto un granché entrare in quel sogno, oltretutto quel mattino aveva scoperto che le botte prese gli avevano lasciato il segno sul corpo reale. L’idea lo aveva lasciato basito ed eccitato. Cominciò a modificare i sogni altrui da modi innocui fino a passare ad atti di sadismo e violenza carnale. Nonostante sapesse che i segni sarebbero rimasti lui continuava. Intanto il liquido azzurro era arrivato alla fine. Quella notte erano rimaste quattro gocce e per curiosità le mise tutte. Il sogno non era niente di tutto ciò che aveva ancora provato. Vide se stesso, grigio, atono, isolato da tutti che viveva in una casa ugualmente anonima e poi la scena cambiò con lui che molestava gli altri nei sogni e che, riconoscendolo nella vita di tutti i giorni, lo evitavano con la paura negli occhi. Ad un certo punto si ritrovò nel negozio della donna misteriosa con in mano il flacone di liquido azzurro. Poteva scegliere o continuare o tornare alla vita di prima. Nonostante il divertimento provato sapeva di non essere così, sapeva di essere migliore sia di un se stesso insipido che di quello violento e insensibile. Decise che avrebbe lasciato lì il flacone. Quando riaprì gli occhi era nel suo letto. Si guardò intorno e vide casa sua, spoglia e anonima come se la ricordava. Si alzò fece colazione e prima di uscire quel giorno mise una cravatta che trovò nel cassetto, che mai prima d’ora aveva notato. Era piena di colori. Tutti quel giorno si accorsero di lui e da allora non fu più lo stesso. Carlo divenne un bravo amico, un buon marito e padre, ma visse sempre con un dubbio: quello che aveva vissuto fu davvero reale o tutto un sogno?
Il racconto è ben strutturato. L’idea di base è semplice e gradevole. Il racconto si legge bene fino alla fine. Anche il finale, non semplice, non risulta assolutamente forzato.
Bello.
Grazie mille, la mia idea di scrittura è quella, semplice, lineare, piacevole come un vento fresco che d’estate ti scompiglia i capelli e ti fa amare le belle giornate così come le belle letture fanno amare la parola scritta.