Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2015 “Un incontro” di Sonia Vespa

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Il sole aveva già allungato le ombre e stava per immolarsi tra Alicudi e Filicudi.

Maja non si decideva ad alzarsi, le costava fatica anche pensare a piegare l’asciugamano, radunare le sue cose. Osservava l’orizzonte e provava a sollevare con le dita le isole e spostarle sulla linea del mare. Non era stata un’idea molto felice scappare da Milano. Che poi era solo scappare da Andrea. Il suo profilo si materializzava comunque e ovunque: lo vedeva in ogni uomo alto, coi capelli appena un po’ più lunghi del normale e volutamente spettinati. Al mare con Andrea non era mai stata, ma non faticava a immaginarlo in calzoncini corti e t-shirt. E quell’immagine la tormentava. In ufficio lo spiava dalle veneziane che separavano le scrivanie e lo trovava affascinante in ogni posa: al telefono, di spalle, di fronte, semi sdraiato sulla poltrona, sorridente, adirato, pensieroso.
Vanni stava chiudendo le sedie a sdraio per cambiare la geografia della spiaggia: tra poco sarebbero comparsi i tavolini degli aperitivi al posto degli ombrelloni e il lido sarebbe stato aperto ai giovani, alla musica, alla spensieratezza o forse all’inganno delle promesse estive che illudono di cercare e trovare la felicità a ogni costo.
Ancora due giorni sull’isola, poi il lavoro si sarebbe ripreso molte ore della sua giornata e tante altre settimane.
Maja controllò Vanni, che era ormai arrivato alla sua fila, lui le fece un cenno con la mano come a dirle: Tranquilla, non c’è fretta, stia pure un altro po’, qui c’è tempo.
A Milano non ce n’è mai di tempo, ma forse è meglio così: c’è anche meno tempo per pensare, invece lì su quella spiaggia, davanti a un tramonto così struggente si perde il conto dei pensieri. E si sta male, male da morire. Andrea non stava sicuramente male, lui non le aveva certo dedicato nemmeno un pensiero, se non forse per rilevare qualche problema irrisolto in ufficio. La telefonata della segretaria l’aveva comunque fatta sussultare: il pensiero che Andrea avesse chiesto a Lara di contattarla anche se in vacanza, l’aveva turbata, ma era stata solo una comunicazione di lavoro, la voce di Andrea, impegnato in un’altra telefonata, le era giunta come sfondo a quella di Lara, ma era bastata per rovinarle la giornata.
Come sarà vestito? Che programma avrà per stasera? E’ giovedì, di solito porta in ufficio la borsa del tennis. Avrà offerto a Lara un passaggio? Si era chiesta. E come sempre da un anno a quella parte, le domande erano rimaste senza risposta. Tutti voli della fantasia di Maja, innamorata senza speranza del collega, ex compagno di Università, ex fidanzato di Patrizia, una sua cara amica, ritrovato dopo anni, ora come allora protagonista dei suoi sogni più riservati.
Era sempre stato sicuro di sé, un carrierista convinto, innamorato del suo lavoro, grintoso con poco spazio per le sensibilità altrui, incarnava il vero avvocato vincente sempre. L’opposto di Maja, che era forse più preparata di lui- e alle capacità di lei lui ricorreva spesso- ma molto meno decisa. Da quando lei era arrivata nell’ ufficio di Andrea, Maja aveva realizzato ciò che aveva sempre negato: non aveva affatto dimenticato quell’uomo di cui si era innamorata dieci anni prima e dal quale era stata sempre ignorata. Forse lui non si era mai accorto di lei.

 

Come Andrea girava il cucchiaino nel caffè. Maja sapeva anche quello di lui: teneva il bicchierino nella sinistra, leggermente inclinato e con la destra muoveva il cucchiaino tre volte in un senso e due in un altro, con la spalla contro l’orecchio reggeva il telefono e agitava un poco il bicchierino, poi sorseggiava lento il suo caffè senza pause e si dondolava sulla poltrona: quello era il segnale che la telefonata si stava concludendo, se invece si muoveva svelto intorno alla scrivania, spostando senza un senso preciso gli oggetti o giocherellando con le graffette inanellandole una a una e cambiando spalla per il telefono, la chiamata era privata e poteva durare un po’ di più. Giusto il tempo per Maja di definire i contorni dell’anonima interlocutrice di Andrea. Diritto alla gelosia non ne aveva. Ma era stanca da tempo di essere la collega confidente solo per questioni di lavoro.
E così si era presa venti giorni di ferie comunicandole all’ ultimo minuto, in fondo era socia nello studio e poteva gestirsi il lavoro più o meno come Andrea, con la differenza che prima non l’avrebbe fatto senza consultarsi con lui.
“Ma sei impazzita, Maja? Abbiamo un sacco di appuntamenti la prossima settimana!” le aveva sbarrato la strada verso l’ascensore, l’aveva rincorsa nel corridoio, ma lei con un gesto vago della mano gli aveva risposto:”Sono certa che non sentirai la mia mancanza:”
Adesso Alicudi brillava di rosso, pareva proprio un vulcano acceso, si sarebbe bruciata le dita a spostarlo! Rise di sé che si divertiva ancora con quel giochetto che le aveva insegnato la nonna da bambina; con lei spostavano il Duomo e la Galleria in alto in alto sui fili della luce e li appendevano con le mollette.
Vanni stava apparecchiando , i profumi dei capperi sulle pizzette le risvegliarono l’appetito, Maja si alzò, raccolse le sue cose, si annodò in vita il pareo in tinta col mare verde acqua, indossò le infradito, raggiunse il primo tavolino, si sedette e stette con il mento sui palmi aperti coi gomiti appoggiati alla ceramica gialla e azzurra del tavolino.
“Cosa le portiamo, bella signora?”
“Faccia lei, Vanni. Un assaggio di tutto e un vino bianco frizzante, poi forse mi concederò anche la granita al gelsi con panna. Oggi festeggio la solitudine che mi sono portata da Milano.”
Ma quest’ultima frase la bisbigliò fra sé mentre Vanni si allontanava già.
Una granita con la panna e magari una sigarettina; il pacchetto è ancora chiuso nel fondo della borsa da spiaggia, i buoni propositi di provare a smettere col fumo, pensati all’acquisto delle sigarette all’aeroporto, stanno per essere dimenticati. Prova di resistenza e volontà, mancano pochi giorni, ma la tentazione é tanta.
Eolo si faceva sentire, le scompigliava i capelli, Maja cercò a tastoni nella borsa il fermaglio mentre osservava le collanine che Alì il senegalese ogni giorno passava in spiaggia a offrire; lui era gentile e lei ricambiava sempre col sorriso, ma quella sera non scosse la testa in segno di rifiuto, anzi toccò le collanine, le separò, chiese il

permesso di misurarne un paio. Alì posò a terra i suoi borsoni, sparpagliò sul tavolino il campionario di bigiotteria e Maja lo invitò a sedere spostandogli la seggiola vuota in sua direzione.
“Tu unica che sorride e dice ciao”
“Su,siediti, bevi qualcosa?”
“No, grazie” e si sedette, mostrando disagio e piacere insieme.

 

Maja aspirò il profumo speziato di Alì e si meravigliò del colore degli occhi del senegalese, un colore che era apparso misterioso quando il giovane aveva sollevato sulla fronte gli occhiali, e non si trattenne dal domandargli:
“Da dove arrivano questi occhi azzurri?”
“Papà olandese, mamma senegalese: occhi azzurri, pelle nera”
“Beato te, io mi arrostisco al sole per diventare beige al massimo”
Vanni si fa spazio per posare il vassoio tra le collanine e i bracciali etnici di Alì e Maja gli chiede di portare un altro piatto per il suo ospite. Alì accetta al solo patto di poter pagare il conto. Intanto Andrea sarà già nelle docce del tennis club o starà offrendo lui un aperitivo a qualche nata stanca annoiata al club?
“Cosa fai ,Alì , in inverno?”
“Facevo ingegnere al Senegal come papà, ma soldi pochi. Io qui per solo venti giorni, mie ferie passo in isole , poi torno a Olanda e comincio nuovo lavoro.“
“Bravo! Anch’io ho solo venti giorni di ferie e ormai stanno finendo”
“Prendi questa collana, bella con tuo vestito”.
Maya si lascia convincere e si adorna di una pesantissima vistosa collana di legno colorata pensando già a come Andrea non l’avrebbe notata. Non ce la fa: non riesce a non pensare a lui.
“Anche a ne piacerebbe lavorare in Olanda, ci sono stata l’anno scorso con dei colleghi per un progetto dell’Università di Milano e l’ho trovata splendida:”
“Olanda bella , ma Senegal è Senegal!”
Casa è casa, è vero, ma per lei non è ancora tempo di tornare a Milano e mentre brinda con Alì con negli occhi gli ultimi riflessi del sole e Alicudi alle sue spalle diventata rosa, prende la decisione di rimandare ancora il rientro in ufficio. Domani penserà alla scusa da telefonare ad Andrea, domani. Adesso è tempo di sognare negli occhi di Alì.
“Sei sposata?”
“No, neppure fidanzata,e tu non dirmi che hai già quattro mogli?”
“No, voglio una sola e magari di Olanda o… di Milano !”
Magari, chissà, intanto questo vinello fresco che scende in gola si porta via la stanchezza dei pensieri , e l’immagine di Andrea è il fumo sul vulcano.
Sono meravigliose queste isole, i muri bianchi, le case senza tetto, le buganvillea che si arrampicano alla rinfusa sulle colline, i fiori di cappero che spaccano le crepe dei

muretti bruciati dal sole, l’acqua del mare bianca a riva, azzurra un po’ più in là , verde chiaro dal pontile e blu notte al largo sembra colorata a pennarello dai bambini
con una riga netta di confine tra i colori. E il silenzio, quello che a Milano non c’è mai. Gli occhi e i pensieri di Maya si riempiono di tutti i colori e i sapori delle Eolie.
I bicchieri tintinnano nel brindisi , una stella appare all’orizzonte che è tutt’uno col mare, una lacrima timida scorre sulla sua guancia, non si sa se di commozione o di nostalgia.

 

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5 commenti »

  1. Bene, Sonia.
    Semplice, ma ben scritto.
    Per chi sa percepire più le sfumature che i tratti marcati.

  2. Ben scritto! Leggero e piacevole come una nuvola in una giornata di vento.

  3. triste e dolce allo stesso tempo! mi ha fatto riflettere su alcuni episodi della mia vita, grazie!

  4. Grazie dei vostri commenti !

  5. Scorre veloce e il lettore riesce a scendere nel cuore della protagonista vivendo con lei l’abbandono. Brava Sonia!

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